Paola Labarile (Matera) | Sicilia indelebile | Seconda opera classificata Sezione Diari di viaggio | Thrinakìa Settima edizione Premio internazionale di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche, dedicate alla Sicilia | Motivazione della giuria: La capacità di trasferire al lettore le immagini dei momenti vissuti si amplifica sollecitando abilmente tutti e cinque i sensi, riuscendo a tenere alta l’attenzione del lettore, facendogli scoprire modalità diverse di percezione della realtà. La narrazione accomuna differenti esperienze vissute in Sicilia in tempi diversi ed è intrisa di riferimenti culturali che raccontano l’intensa passione che pervade l’animo della scrittrice.
Thrinakìa septième édition: prix international d'écritures autobiographiques, biographiques et poétiques dédiées à la Sicile | 31 mai 2024 | Le Mai des Livres | Palais de la Culture | Ville de Catane
Per spiegare cosa rappresenti per me la Sicilia, la mia mente torna alla mia infanzia, quando guardavo con curiosità la sua cartina geografica e immaginavo di trasferirmi in quell’isola, in assoluto la più ricca e viva testimonianza della Grecia antica nel Mezzogiorno d’Italia. La mia prima permanenza nell’isola risaliva a una mia gita scolastica nella magnifica Siracusa. Lì ricordo di aver vissuto un’esperienza mistica e catartica nel meraviglioso teatro greco, assistendo a due tragedie, rispettivamente I Sette contro Tebe di Eschilo e l’Antigone di Sofocle, la cui regia era affidata all’immortale Irene Papas. L’acustica, impeccabile, era prova dell’infallibile maestria dei greci nella costruzione dei loro teatri, ancora oggi in uso.
Nel 2015, in occasione del Taormina Opera Stars, avveniva il mio primo e significativo incontro con la più intrinseca e profonda essenza siciliana: il fascino, la voluttuosa e penetrante dolcezza dei suoi dolci, il calore sincero dei suoi abitanti, un popolo raro per genuinità e generosità. La rassegna operistica succitata e tenutasi in estate era diretta dal maestro Enrico Stinchelli, noto regista e conduttore radiofonico che in quell’occasione volle dar visibilità a giovani da lui stesso ascoltati nella sua masterclass precedente alla rassegna. Tre le opere allestite nell’Antico Teatro di Taormina: Nabucco, Traviata e Aida, con la Nona sinfonia di Beethoven in apertura assoluta e un recital di giovani voci emergenti. Mi piace qui ricordare Rebeka Lokar, soprano a cui Stinchelli aveva affidato l’impervio ruolo di Abigaille nel verdiano Nabucco, una possente stella divenuta in quell’occasione mia amica. La musica aveva trovato il suo perfetto corrispettivo nel suggestivo scenario naturale dello stesso teatro. In quelle magiche notti stellate i suoni della natura e di animali notturni facevano quasi da controcanto alle musiche immortali dei nostri compositori.
Presto mi sarei resa conto che quella vacanza in compagnia di mio padre avrebbe significato un’importante sfida vinta con me stessa. Un pomeriggio, dopo aver indossato la muta grazie all’aiuto di una dolcissima ragazza con cui tutt’ora sono in contatto, avevo effettuato un breve percorso nelle affascinanti quanto impervie gole dell’Alcantara col valido aiuto di una guida che non aveva mai condotto fino a quel momento una ragazza con disabilità. Fidandomi completamente avevo potuto provare l’ebrezza di fare per la prima volta body rafting, trasportata e accarezzata dalle fredde acque del fiume. Insieme costituivamo un imbattibile tandem, al termine del quale la soddisfazione della nostra guida rimarrà per me indimenticabile.
Quel giorno avevamo fatto la conoscenza di Carmelo, guida naturalistica professionista, il quale il giorno dopo aveva condotto me e mio padre in visita all’Etna, imponente vulcano e grande madre accogliente e distruttrice. L’irreale silenzio, l’atmosfera rarefatta, l’asprezza di quegli scenari, la nera roccia lavica sotto i nostri piedi mi facevano immaginare di trovarmi immersa in un paesaggio lunare. Il suono caratteristico del terreno friabile al mio passaggio e la sensazione tattile a contatto con un lapillo mi avevano fatto entrare in empatica simbiosi col possente vulcano più alto d’Europa. Di tutta la permanenza di quell’estate in Sicilia, la visita all’Etna ancora oggi si conferma tra le esperienze a più forte impatto emotivo mai vissute.
Nel maggio 2022 l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Basilicata è stata invitata a Catania dal consiglio regionale dell’UICI siciliana per visitare il rinomato polo tattile museale catanese dove al suo interno è possibile esplorare attraverso il tatto le miniature dei monumenti più importanti al mondo. Ho voluto fortemente partecipare a questo viaggio che tuttavia non avrei potuto realizzare senza l’aiuto di Giuliana, una mia cara amica che ha voluto accompagnarmi. Ancora una volta la Trinacria mi ha accolta in tutto il suo splendore. Nonostante fossimo in primavera inoltrata, il meteo in quel fine settimana non è stato particolarmente clemente. Forse proprio per questo la traversata verso Messina si è rivelata particolarmente affascinante.
Dall’inguaribile animo romantico, come l’imperatrice Elisabetta d’Austria, meglio nota come Sissi, ho voluto ammirare il mare piuttosto mosso su uno dei ponti del traghetto. A Catania il nostro albergo vista mare mi ha regalato sensazioni forti: la fresca aria iodata e il suono delle onde. La prima passeggiata sul lungo mare si è fatta ricordare per un’onda che potrei definire anomala, da cui sono stata in parte bagnata. La prima sera, in un ristorante tipico siciliano nei pressi del teatro Massimo Bellini ho potuto assaporare le prelibatezze della cucina locale con antipasti di mare e terra, due primi e ottime polpette di pesce spada. In quei deliziosi sapori gustavo con tutta me stessa la freschezza della Sicilia, autentica, travolgente e irresistibilmente dolce: un enorme cannolo alla ricotta concludeva la serata.
Il giorno dopo, sabato sette maggio, abbiamo visitato il maestoso teatro Massimo Bellini dove abbiamo fatto la conoscenza di una meravigliosa guida, Annalisa, eccellenza catanese e nostri occhi tramite i quali abbiamo potuto vedere la grande sala affrescata, sotto la cui volta campeggia quello che per me è l’affresco più bello: l’apoteosi di Bellini portato in cielo dalle muse. Per me, giovane musicologa e appassionata di lirica, non poteva mancare una visita al rilucente foyer del teatro, al centro del quale domina bronzea la splendida statua del compositore catanese, alto un metro e ottanta, di bell’aspetto e dal portamento simile a un sospiro.
Nel farmi una foto con lui ricordo di aver nettamente avvertito l’ombra acustica di Bellini, come se la statua fosse pervasa dalla sua anima immortale. Più tardi, al Museo Tattile, ho avuto modo di toccarne la riproduzione per godere a pieno delle sue eteree sembianze: alto, dal corpo slanciato, naso dritto, labbra perfette, riccioli che delicatamente gli incorniciano il bel viso, braccia conserte, un lungo cappotto drappeggiato gli scende lungo il corpo che termina con eleganti stivali su di un piedistallo. Ripercorrere tattilmente la bellezza del cigno etneo mi ha dato modo di visualizzarne la bellezza, simile a un Dio greco. Una competente coppia di guide museali per non vedenti ci ha abilmente condotti in una lunga visita della durata di tre ore con particolareggiate spiegazioni su ogni monumento che incontravamo.
Partendo dalla sala siciliana, ho potuto toccare il Duomo di Sant’Agata, il Teatro greco di Siracusa, quello di Taormina, il castello del duca di Camastra e altri beni tra i più rappresentativi dell’isola. È poi giunta la volta del Partenone col bellissimo fregio e le caratteristiche colonne, giungendo metaforicamente a Roma ho provato emozione nel toccare il colonnato del Bernini e l’immensa cupola della basilica di San Pietro, particolari che più tra tutti mi sono rimasti impressi, la riproduzione tattile è fedele pressoché in tutto all’originale. Per un momento mi sembrava non solo di ammirare con i miei occhi, ma anche di possedere nelle mie mani tanta magnificenza.
Grazie a questa imprescindibile realtà, a Catania l’arte viene resa accessibile anche a coloro che non possono vedere. La visita si è conclusa col giardino sensoriale: un percorso tra fiori ed essenze profumate. In quel giardino il caldo sole primaverile siciliano mi avvolgeva e accarezzava, trasmettendomi un senso di pace. Nel pomeriggio ho vissuto una delle esperienze umanamente più toccanti e forti. Una mia cara amica incontrata su un gruppo Facebook prima di partire per la Sicilia, si è offerta di farmi fare un giro per la sua città, dandomi modo di distaccarmi dal resto del gruppo.
Prima meta non poteva essere che il Duomo di Sant’Agata, fulcro religioso per i catanesi a causa dell’indissolubile legame con la santa loro protettrice, le cui reliquie sono protette da una porta in oro. In qualità di fervente estimatrice della produzione belliniana, mi avevano suggerito di recarmi sulla sua tomba per vivere un’irripetibile emozione. I toccanti e bellissimi versi dell’aria di Amina dalla Sonnambula sono scolpiti nel marmo. Le lacrime di viva commozione fino ad allora represse sgorgavano al cospetto del gruppo scultoreo raffigurante il cherubino della musica accompagnato in paradiso dagli angeli. “Ah! Non credea mirarti sì presto, estinto o fiore”, canta Amina nella sua aria finale e ben si addicono questi versi al più illustre figlio catanese, così presto strappato alla vita. La sua anima tuttavia respira, mai come in quel sacro luogo ho avvertito tanto forte la sua presenza, un flusso di energia in diretto dialogo con me.
La mia amica conosciuta virtualmente ha voluto con magnanima generosità dedicarmi il resto del pomeriggio. Passeggiando per il centro storico di Catania siamo giunte in una trattoria dietro la quale il proprietario mi ha mostrato un piccolo balcone dalla significativa storia. Racconta la leggenda infatti che da lì si affacciò la suora che ispirò Giovanni Verga per la sua novella Storia di una capinera. Giunte presso il celebre palazzo Gravina Cruyllas, ci siamo congedate, con l’augurio di rivederci nuovamente. Il palazzo ospita il museo belliniano, un tempo casa natale di Vincenzo Bellini. Nel maggio 2022 esso era composto da sole tre sale che narravano la sua infanzia e giovinezza trascorse a Catania, in una di esse è possibile ammirare lo spartito autografo dell’opera che precede Norma, ossia I Capuleti e i Montecchi, ho provato una forte emozione, a diretto contatto con il pianoforte appartenuto allo zio di Bellini e usato dal compositore stesso. Presente anche un mezzobusto in marmo che richiama la celebre statua nel foyer del Teatro Massimo e un’altra statua in marmo raffigurante Bellini su una poltrona, ormai sofferente e morente in quel doloroso 23 settembre 1835. La terza sala ospita la sua maschera funebre in resina, disponibile alla fruizione da parte dei non vedenti.
Dopo l’intensa visita al museo belliniano, in compagnia della mia amica Giuliana, ho raggiunto villa Bellini, celebre parco di Catania, per concedermi qualche momento di rilassatezza tra i lunghi sentieri, in un pomeriggio nuvoloso, ma non particolarmente freddo. Il busto di Bellini sembrava dominare con autorevolezza la villa in cui frotte di bambini giocavano e correvano felici, nella loro spensieratezza probabilmente ignari di essere figli di quell’antica e maestosa città che ha dato i Natali a uno tra i più sublimi compositori italiani, dalle melodie lunghe lunghe, come ebbe a dire Giuseppe Verdi e raffinato drammaturgo del protoromanticismo. Prima di raggiungere il resto del gruppo per trascorrere insieme una divertente serata accompagnati da un’ottima pizza alla Norma, non ho potuto fare a meno di acquistare un busto belliniano in pietra lavica da custodire gelosamente.
Tornata in albergo a fine serata ho provato un senso di gratitudine verso la mia nuova amica catanese che così generosamente aveva voluto donarmi se stessa e le sue conoscenze. In un vocale WhatsApp, in lacrime l’ho ringraziata, stupita di tanta bontà e gioia nel donarsi all’altro col solo fine di accogliere il visitatore al meglio nella propria città. In piena condivisione con i valori dell’antica Grecia, mai come in quel pomeriggio avevo potuto sperimentare la filoxenia propria del generoso popolo siciliano. Grata e commossa per le dolcissime sensazioni provate nella città alle pendici dell’Etna, ho poi voluto dedicare ai catanesi un post sul noto gruppo Facebook a cui si è fatto cenno.
Come già detto, il nostro albergo, a cinque chilometri dal centro storico, era vista mare e lì ho vissuto una particolare esperienza che mi ha fatto per un attimo sentire isolana: essere svegliata dal motore delle barche alle cinque del mattino, orario che scandisce un nuovo inizio di giornata per i pescatori, pronti a prendere il largo.
La domenica mattina, ultimo giorno di permanenza in Sicilia, è stata dedicata alla visita dell’Etna, dove già avevo potuto godere della particolareggiata escursione già narrata in questa sede. La mattinata è trascorsa in assoluta tranquillità presso uno degli accoglienti rifugi del vulcano.
Nella tranquilla traversata che mi separava dalla terra ferma, mi sono ripromessa di tornare nella mia Sicilia, una terra che sembra richiamarti continuamente a sé, in una sua costante rinnovata scoperta.
In occasione del Bellini International Context, rassegna musicale dedicata al cigno catanese, dal 25 al 28 settembre sono tornata in terra di Sicilia, accompagnata dalla mia amica Irene con cui negli anni ho condiviso viaggi e significative esperienze. Il periodo settembrino è tra i più propizi dal punto di vista climatico per i turisti che vogliano godere delle bellezze dell’isola. Nella mia breve vacanza ho alloggiato presso l’Elios Rooms, delizioso B&B, parallelo alla via Etnea e cuore pulsante di Catania. Raggiungere l’aeroporto di Bari in auto, per poi volare alla volta del Bellini di Catania mi ha donato un senso di libertà. Il meteo lungo la rotta è stato buono, malgrado le turbolenze annunciate.
Al mio arrivo a Catania sono stata accolta nell’antico palazzo ospitante il b and b dalla dolcissima signora Cinzia con cui, fin dalle primissime interlocuzioni per mezzo di messaggi vocali, già mi sentivo a mio agio. Felice di essere a Catania, venivo accolta in una dimensione familiare, come se lei già mi conoscesse. Con straordinaria professionalità Cinzia ci ha illustrato la struttura, dandoci appuntamento all’indomani. Dopo un concerto dedicato a Maria Callas al teatro Sangiorgi, mi sono immersa nella vivace movida catanese, tra suoni e il caratteristico profumo del pesce. In uno dei deliziosi ristoranti, seduta a un tavolino all’aperto, ho potuto assaporare la focaccia sicula di cui ricordo alcuni ingredienti: pomodoro, mozzarella di bufala, origano, olive, pomodori secchi e, naturalmente, tanto ottimo olio extravergine di oliva, un’infinita bontà che, per l’ingente quantità, non sono riuscita a finire, ma ne ho gustato la genuinità dei prodotti utilizzati, perfettamente amalgamati tra loro. Nella passeggiata seguente ho potuto far caso alla roccia basaltica di cui le vie centrali della città sono composte. In ogni istante, a contatto con essa, Catania ricorda al visitatore di essere una città che vive in continua simbiosi con l’Etna, scenografico sfondo della via più rinomata e che dal vulcano prende il nome.
Nella mattinata seguente, piuttosto ventilata e con qualche nube, ho voluto passeggiare per le vie centrali, era un mattino di inizio autunno, nuvoloso e a tratti piovoso. Le strade brulicavano di persone, passando accanto alla pescheria ho potuto ascoltare il tipico richiamo dei pescatori, nota di colore destinata soprattutto ai turisti. Giunta nella cattedrale di Sant’Agata mi sono immediatamente recata presso la tomba di Bellini, a distanza di un anno e qualche mese di assenza. È qui che ho vissuto la più forte esperienza che ancora oggi non saprei descrivere. Posata la mano sul marmo della sua tomba, ho con chiarezza udito un lieve rumore provenire dal suo interno, come uno scricchiolio, suono udito solo da me.
Uscendo dal Duomo, un sole caldo mi accarezzava la pelle e le condizioni meteorologiche erano nettamente volte al meglio. Il cielo azzurro era “senza nube e senza vel”, come direbbe Norma nell’omonimo capolavoro belliniano. Che Bellini avesse voluto mettersi in comunicazione con me? A oggi lo credo fortemente, d’altronde quel 26 settembre non era certo stata la prima volta. Il mio infinito senso di assoluta devozione per lui mi ha spinta a comprare una pianta con dei fiori bianchi accompagnata da una rosa per rendergli omaggio. Io stessa ho voluto porre quel vaso sulla sua tomba e offrire La Rosa a Sant’Agata, protettrice del capoluogo etneo e alla quale lo stesso Bellini era devoto.
Dopo aver visitato piazza Stesicoro e i resti dell’anfiteatro romano, mi sono recata a palazzo Biscari, sontuosa dimora nobiliare costruita dalla famiglia principesca Paternò Castello alla fine del 1600. Tra le più vive testimonianze del barocco catanese, a oggi il palazzo è abitato e ospita importanti manifestazioni culturali quali convegni e concerti. Avanzando tra eleganti stanze finemente affrescate e ascoltando il racconto della nostra bravissima guida sono stata riportata indietro con la mente agli antichi fasti della Sicilia nobiliare che tanto ha ispirato illustri scrittori, i cui immortali romanzi ancora oggi vengono letti. Per pranzo abbiamo scelto di gustare due arancini e una caratteristica Minna di Sant’Agata, tra gli alberi di Villa Bellini. La gastronomia siciliana si conferma a tal punto un’eccellenza da farmi ricordare ancora oggi il gusto di quegli arancini con mozzarella e melanzana. La dolcezza della cassata come dessert è incomparabile: candida glassa che si scioglie in bocca e delicata ricotta simile a crema.
Nel pomeriggio ho assistito al più importante appuntamento del Bellini International Context, ossia ai Puritani al Teatro Massimo Bellini in edizione critica con un ottimo cast, nel quale spiccava il giovane soprano debuttante nel temibile ruolo di Elvira. Assistere a un’opera all’interno della massima istituzione catanese è un’esperienza acustica incomparabile. Il vuoto e La colata lavica al di sotto della platea permettono al pubblico di ascoltare in maniera ottimale da qualsiasi postazione, dai palchi alla platea il suono giunge squillante e magnifico. L’orchestra e il coro del teatro bellini hanno offerto una prova al meglio delle loro possibilità, guidati mirabilmente dal direttore artistico dell’ente lirico catanese. Quel pomeriggio credo di aver vissuto l’apoteosi belliniana, nel suo teatro, con un cast in grazia vocalmente e interpretativamente. Prima di quel giorno non avevo mai avuto modo di assistere dal vivo ai Puritani, ultimo capolavoro belliniano composto nel 1835 e per di più in edizione critica. In un intervallo ho voluto raggiungere il foyer per posare per una foto accanto alla statua di Bellini e a un elegante pianoforte. Nuovamente in quel giorno ho potuto avvertire la viva presenza del compositore che mi piaceva pensare essere compiaciuto dell’ottima resa della sua opera.
Terminata la rappresentazione, in un piccolo ristorante del centro, ho gustato dell’ottimo pesce fritto appena pescato. La frittura particolarmente buona mi ha dato modo di assaporare l’autenticità del pesce fresco, come solo in città di mare può accadere. Nella passeggiata che ha concluso la serata con Irene abbiamo esplorato diverse strade che si snodano dal centro storico, come la celebre via Crociferi, famosa per il passaggio della statua di Sant’Agata durante le celebrazioni Agatine nel mese di febbraio. Il clima era piacevole, il vento fresco era una costante a Catania in quei giorni. Stando a quanto mi hanno detto alcuni tra i miei amici siciliani, quella del vento è una caratteristica dell’intera Sicilia in quanto isola.