Anna Maria Longo (Alessandria) | Mal di Sicilia | Prima opera classificata Sezione Diari di viaggio | Thrinakìa Settima edizione Premio internazionale di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche, dedicate alla Sicilia | Motivazione della giuria: Un diario di viaggio senza confini temporali che ambisce a condividere le emozioni vissute e trascritte con grande abilità. Abbiamo avvertito il battito commosso del cuore dell’autrice stupirsi dinanzi alle opere d’arte del patrimonio artistico siciliano o alle sue incantevoli bellezze naturali, insieme alla sua sincera riconoscenza verso l’innata generosità d’animo e la disponibilità dei siciliani nei rapporti umani.
Thrinakìa settima edizione: premio internazionale di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche, dedicate alla Sicilia | 31 maggio 2024 | Il Maggio dei Libri | Palazzo della Cultura | Città di Catania
Ci sono viaggi che si fanno con un unico bagaglio: il cuore
Il sesto giorno Dio terminò l’opera della creazione, allora lieto di averla creata tanto bella, prese la terra tra le mani e la baciò. Là dove pose le sue labbra, è la Sicilia: un’isola piena di meraviglie, tra paesaggi naturali di sogno, storia, arte e letteratura.
Io compii un primo viaggio in questa terra circa cinquant’anni fa, girando un mese con il mio camper, e rimasi profondamente colpita dalla varietà dei suoi paesaggi marini con spiagge ora biancheggianti, ora nere, dei paesaggi montani e vulcanici, con “a muntagna” che si scorge quasi ovunque, con gole profonde, frutto dei movimenti tettonici millenari, e distese di profumati agrumeti. Per varie circostanze della vita, poi, non ho più potuto farvi ritorno, anche se ho sempre desiderato farlo; tuttavia per i miei studi e per la mia professione, ho continuato a interessarmi alla storia della Sicilia e alle opere letterarie degli autori siciliani, portandola sempre nel mio cuore, perché chi vi è stato anche un sola volta, sente per sempre verso di essa quella nostalgia fortissima che qualcuno chiama “mal di Sicilia”, che lo spinge a tornare e a ritornare sempre.
Finalmente nel febbraio del 2015 si è presentata l’occasione per compiere un altro viaggio in Sicilia, a cui ne sono seguiti poi altri ancora negli anni successivi; con questo racconto voglio presentare alcune immagini dei miei viaggi recenti in quell’isola, nate dalle scelte emotive, che si affastellano nella mia mente, precisando che comunque il modo in cui raccontiamo un viaggio è sempre il riflesso della nostra anima.
Essendomi iscritta a un’associazione culturale femminile con sede a Taormina, a partire dal 2015, sono ritornata nell’isola dei miei sogni, a rivedere di nuovo quel mare che avevo sempre davanti agli occhi, a risentire quello “scrusciu”, di cui parlava Camilleri, quando diceva che era la cosa che gli mancava di più della Sicilia. Ho raggiunto l’isola dei miei sogni in treno, per gli incontri con le signore dell’associazione, per assistere a conferenze, per compiere visite a luoghi interessanti e anche per qualche bagno in mare, con esperienze indimenticabili.
Questo fino al 2020, quando la pandemia del Covid mi ha bloccata a casa; poi finalmente nel 2023 sono ritornata ancora nell’isola del sole. Ma andrò con ordine e inizierò la narrazione delle mie esperienze di viaggi in Sicilia dal 2015.
La prima volta che affrontai il lungo viaggio in treno per raggiungere Taormina, la perla dello Ionio, dove il gruppo di donne amanti della cultura aveva fissato l’ incontro, ero un poco titubante, anche perché i miei familiari, molto perplessi sulla scelta del treno, volevano convincermi a prendere l’aereo, io invece insistetti nella scelta e, a partire da quello, come in tutti i viaggi successivi (tranne nell’ultimo del 2023, di cui dirò più avanti), mi convinsi sempre di più che la scelta del treno era stata ottima.
Salita sul treno alle 21:30, entrai nella cabina di prima classe del vagone letto del treno Intercity, che avevo prenotato, e che mi avrebbe portato direttamente a Taormina. Dopo le formalità del controllo del biglietto e dei documenti, potei stendermi sulla cuccetta già preparata; tuttavia pensavo che, per l’ansia, non sarei riuscita a dormire, e invece, cullata dolcemente proprio dal rumore, mi addormentai quasi subito. Io, che a casa soffro perennemente di insonnia, scoprii da quel primo viaggio, che nel vagone letto dormo benissimo, infatti la cosa si sarebbe ripetuta al ritorno e anche negli altri viaggi. Quella volta mi svegliai verso le 6, quando il treno rallentava per una fermata: guardai dal finestrino e vidi che eravamo già a Salerno. Ormai completamente sveglia, decisi di seguire il percorso del treno, controllando i tempi di percorrenza sull’App del telefonino.
Intanto, affacciatami sul corridoio, mentre passava un ferroviere, che mi confermò che eravamo in orario, potei avere subito un caffè e, dopo poco, la colazione offerta dalle Ferrovie dello Stato. Ecco che iniziava la Calabria, lungo la quale il treno si ferma in tutte, o quasi, le stazioni, evidentemente perché località turistiche, per cui il viaggio in quel tratto risulta particolarmente lungo ed estenuante. Però tra qualche lettura e il panorama, che mi attirava, il tempo sembrò passare rapidamente, e verso le 11, praticamente in orario, il treno arrivò a Villa San Giovanni, dove iniziarono quasi subito le operazioni dell’imbarco sul traghetto, per attraversare lo stretto di Messina. La prima cosa che feci, una volta sul traghetto, fu di andare al bar a gustare un arancino, che avevo sognato da molto tempo, era proprio l’ora di pranzo, tanto per entrare subito nello spirito siciliano. Il ricordo di quel primo arancino, come di tutti quelli, che gustai nei viaggi successivi di andata e ritorno dalla Sicilia, è sempre stato gradevole: un felice benvenuto in terra sicula all’arrivo e un nostalgico arrivederci al ritorno.
Dopo aver gustato quella prelibatezza, decisi di andare sul ponte più alto del traghetto per ammirare lo stretto di Messina, augurandomi di poter assistere allo spettacolo della Fata Morgana, di cui avevo letto qualche cosa. Quest’affascinante leggenda altro non è che la maniera fantastica e folcloristica di descrivere un normalissimo fenomeno atmosferico tipico della zona dello stretto di Messina. Contemplando lo stretto, io speravo di essere testimone del miraggio lungo la linea dell’orizzonte. Il fenomeno è conosciuto con il nome di Fata Morgana, per via, appunto, di una leggenda tramandata dai Normanni: la fata Morgana, sorellastra del Re Artù, affascinata dalla Sicilia aveva preso la sua dimora nella profondità delle sue acque. Si narra che là studiasse come ingannare gli ingenui navigatori, che si trovavano ad attraversare lo stretto, ammaliandoli con le sue visioni, in modo che i marinai, perdendo la rotta, andassero a infrangersi con le loro imbarcazioni lungo la costa, trovando la morte tra le braccia della fata.
Quando nell’XI secolo arrivò Ruggero il Normanno, desideroso di mettere sotto il suo controllo la Sicilia, di nuovo la Fata Morgana si apprestò a tessere il suo inganno, facendo apparire le due estremità della Sicilia e della Calabria talmente vicine da potersi quasi baciare. Intuendo le brame di Ruggero, Morgana finse di voler aiutare l’uomo nella sua impresa, facendo apparire sul pelo dell’acqua un potente vascello e un esercito che avrebbero permesso al sovrano di attraversare lo Stretto e di sconfiggere gli oppressori arabi.
Ruggero, che era un fervente cattolico, diffidò, tuttavia, di quella promessa pagana e rifiutò l’aiuto magico della fata. Si allontanò, quindi, da quel luogo, rinviando soltanto il suo progetto di raggiungere l’Isola. Infatti nel 1061 il sovrano normanno sbarcò in Sicilia con un potente esercito e liberò la regione dalla dominazione araba. Mentre io ripensavo a quelle lontane vicende, che mi affascinano da sempre, il traghetto aveva quasi compiuto l’attraversamento dello stretto, ma il miraggio non mi era apparso. Che delusione!
Si tratta, in realtà, di una reazione atmosferica causata da una variazione della temperatura, che altera la densità e, quindi, la rifrazione della luce. In pratica, quando la temperatura dell’aria vicina all’acqua è minore di quella sovrastante, la luce giunge da una direzione diversa rispetto al normale, alterando la visione degli oggetti all’orizzonte. La reazione più consueta è quella che permette di vedere l’immagine sospesa in cielo e capovolta. È in quel momento che “Morgana” inganna lo spettatore, annullando la distanza e permettendo a Calabria e Sicilia di toccarsi. Devo dire che neanche nei miei viaggi successivi mai mi è capitato di assistere al fenomeno, ma chissà magari in uno dei prossimi, se ci saranno le giuste condizioni atmosferiche…
Era ormai ora di scendere sotto coperta e ritornare nella mia cabina. Fu allora che notai una giovane coppia con un magnifico cane, un meticcio di pastore tedesco che assomigliava molto al mio, ma quello era una femmina. Scambiando qualche parola con i due giovani, venni a sapere che stavano andando in vacanza in Sicilia e avevano deciso di portare il loro cane, che sembrava sopportare benissimo il viaggio. In quel momento provai un forte senso di colpa, perché io avevo affidato il mio a degli amici, che abitavano in campagna, non essendo sicura che il mio Paco potesse affrontare un viaggio così lungo in treno, con tutti i problemi che questo comporta; i ragazzi poi erano in due, mentre io sarei stata sola. Ero comunque sicura che, anche se io non c’ero, il mio cane stava bene in vacanza dai miei amici, che sono amanti degli animali.
Intanto eccoci arrivati nel porto di Messina, dove ci attendevano le operazioni di sbarco del treno, che era sempre in orario quasi perfetto, ma là purtroppo la sosta fu prolungata, ci poteva anche stare un poco di ritardo sulla tabella di marcia.
Nel tratto da Messina a Taormina, la linea ferroviaria, a un solo binario, corre spesso vicino alla costa e così, quando il treno ripartì, decisi di osservare il panorama del mar Ionio e le stazioni delle varie cittadine, dove il treno si fermava. Anche lì, come lungo la costa calabra, il treno effettua quasi tutte le fermate nei vari centri balneari. Mi colpì il nome di Galati Marina, perché il primo deriva dal greco antico, gala significa latte, e il nome fu attribuito in quanto anticamente il territorio del paese era abitato da pastori che praticavano la pastorizia e producevano formaggio con il latte appunto delle loro pecore.
Poiché la linea ferroviaria da Messina a Taormina è a binario unico, come ho detto, capita talvolta che il treno debba effettuare fermate supplementari in qualche stazione, al momento dell’incrocio con il treno che procede in senso inverso, così fu quella volta che feci sosta nella stazione di Santa Teresa di Riva per parecchi minuti, e allora aprii la guida turistica, che porto sempre con me, per conoscere qualcosa di più di quella cittadina, mi piace essere informata sulla storia dei luoghi in cui mi trovo, e questa è sicuramente deformazione professionale!
Un tempo, prima del IX secolo a.C., il territorio era abitato dai Siculi, poi vi si stabilirono mercanti navigatori fenici che crearono una piccola stazione commerciale denominata Tamar (palma). Verso il 400 a.C. il centro abitato si ingrandì per l’arrivo di popolazioni di origine greca provenienti dalla vicina Naxos, sfuggite al massacro voluto dal tiranno di Siracusa Dionisio il Vecchio, che aveva ordinato la distruzione di Naxos, per punirla perché si era alleata con gli Ateniesi, giunti in Sicilia per la conquista dell’isola. Furono proprio i Sicelioti di lingua greca a denominare il villaggio Poinix (Palma), per la presenza di numerose palme nel suo territorio. In epoche successive cambiò nome…
Arrivata a questo punto della lettura, il treno si mise in movimento e in breve giunse all’ultima fermata: Letojanni, che è un località turistica assai rinomata grazie alle sue bellezze paesaggistiche e alla spiaggia lambita dalle acque cristalline del Mar Ionio.
Passato Capo S. Andrea, dopo una breve galleria, ecco che il treno viaggiava a pochi decine di metri dal lido di Mazzarò, da cui si allunga una striscia di sabbia, percorribile con la bassa marea, che porta all’Isola Bella, in quella che è forse la più suggestiva delle baie taorminesi. La sabbia dorata dell’istmo che collega appunto l’isola alla terraferma, quando c’è bassa marea, la vegetazione rigogliosa, che sfiora il mare, le piscine naturali di acqua verdissima, tutto concorre ad accrescere il fascino di uno degli scorci più incantevoli della Sicilia, che si può godere anche dal treno, che proprio lì inizia a rallentare per la fermata alla stazione.
Dopo quasi sedici ore di viaggio ero arrivata alla mia meta: la stazione di Giardini Naxos – Taormina. Appena scesa dal treno, rimasi affascinata dalla bellezza della stazione in stile liberty, armonicamente inquadrata nel paesaggio circostante, posta ai piedi della rocca di Taormina, su un terrapieno affacciato sulla stupenda baia di Naxos. L’intero complesso consiste in un pregevole fabbricato in stile neogotico con un corpo centrale elevato a due piani, affiancato da due corpi laterali allungati. La facciata esterna è arricchita da due torri merlate disposte simmetricamente. L'ingresso è protetto da una tettoia artistica in ferro battuto, mentre le finestre ad arco e sesto acuto riprendono motivi del passato medievale riconducibili al gotico catalano-siculo. Le sale interne sono arredate con mobili in legno scuro in stile siciliano di fine Ottocento, le pareti e i soffitti sono impreziositi da affreschi e decorazioni a rilievo. Sicuramente una delle più belle stazioni che io abbia mai visto!
Provai allora un’emozione fortissima nell’incontro reale con quello che fino ad allora avevo conosciuto solo attraverso lo studio sui libri: Giardini Naxos è la porta splendente della storia, perché là sbarcarono i coloni greci guidati dal coraggioso Teocle, che fondarono la prima colonia greca in Sicilia nel 734 a.C., tra lave aguzze, sabbia finissima, sulle rive di un mare incontaminato, alle pendici delle colline del monte Tauro e dei primi contrafforti dei monti Peloritani, con la sagoma fumante dell’Etna più a Nord-Ovest. Là su quella piccola penisola, grumo di lava raggelata dalle acque, protesa sullo Ionio, presso la magnifica profonda baia, che scorsi appena scesa dal treno, pensai a quegli uomini audaci provenienti dall’isole greche di Eubea e di Naxos, sospinti sulle loro agili navi verso quelle terre rigogliose e bellissime, i quali nel breve volgere di qualche decennio crearono delle città che avrebbero rivaleggiato per fasto, bellezza e potenza con quelle della Grecia stessa.
Dopo aver sufficientemente ammirato la stazione e il paesaggio circostante, immersa nelle mie fantasie, presi un taxi per raggiungere l’hotel al centro di Taormina, la quale si trova a oltre duecento metri di altitudine sul livello del mare. Rinfrancatami un poco dal lungo viaggio, ero ansiosa di fare la conoscenza con le altre donne dell’associazione, tutte di una certa età, come del resto sono io, ma giovani di spirito e amanti della Sicilia, della sua storia, desiderose di ampliare ancora di più le loro conoscenze. Con alcune nacque un bel legame di amicizia, con Grazia in particolare, l’amicizia si è fatta molto stretta, per innata simpatia e per una certa affinità spirituale.
Quel primo soggiorno a Taormina trascorse tra conferenze e visite guidate ai luoghi più significativi della “perla dello Ionio”, innanzi tutto il teatro greco-romano, il massimo monumento di Taormina, che sorge in posizione elevata a Est della città. Molti sono i teatri greci in Sicilia, ma lo spettacolo che si può ammirare dalle gradinate di quello di Taormina è davvero unico: la baia di Giardini Naxos in basso e l’Etna con tutta la sua imponenza di fronte. Seduta su quelle pietre consumate dal tempo, immaginavo i sicelioti attenti a seguire gli spettacoli teatrali, che molto amavano, e poi all’epoca romana i nuovi dominatori che urlavano per i loro beniamini gladiatori, impegnati nei duelli mortali!
Un altro momento indimenticabile del viaggio fu la visita al santuario della Madonna della Rocca, che sorge a circa 300 metri di altitudine, su uno sperone di roccia bianca ed è scavato nella roccia, e poi volevo salire al castello saraceno. Una mattina decisi di salirvi da sola, volendo stare un poco con me stessa. Il cielo era un po' nuvoloso, ma non minacciava pioggia: il tempo ideale per una bella scarpinata! Infatti il castello si erge sul cocuzzolo del monte Tauro, dove i Greci, fondatori della città, avevano costruito l'antica acropoli di Tauromenio (Tauro, perché il monte assomiglia vagamente a un toro+menein, in greco “rimanere”). Per raggiungere la sommità del monte, dovevo percorrere un sentiero a gradoni, tutto curve e risvolti, fiancheggiato da sculture in bronzo raffiguranti le stazioni della Via Crucis.
Dunque mi ero messa in testa di faticare un po' per fare un penitenza e scontare i miei peccati...ma quali peccati, scherzo, naturalmente. In realtà volevo smaltire la colazione, deliziosa, ma troppo abbondante, che non voleva saperne di scendere giù, anzi a tratti sembrava voler salire su. Dopo aver camminato per una decina di minuti, sopraffatta dalla nausea, mi sedetti su un masso, proprio ai piedi della scultura della sesta Stazione della Via Crucis, raffigurante la Veronica, che deterge il sudore di Cristo. Anch'io grondavo sudore, ma non sono blasfema, non voglio certo paragonarmi a Cristo, ma avevo solo bisogno di asciugarmi il mio povero sudore! Sotto di me il mare calmo, che all'orizzonte si confondeva con il cielo; con la leggera brezza, che si era sollevata, mi arrivava l'odore della salsedine.
Allora respirai, respirai profondamente più volte, aspettando che mi passasse la leggera tachicardia, che mi era venuta. Così respirando a pieni polmoni quell'aria marina, contemplavo il mare e all'improvviso incominciarono a scendermi le lacrime, calde e salate. E piangevo, piangevo, come una bimbetta a cui è sfuggito di mano il palloncino colorato. Alla fine mi asciugai sudore e lacrime e ancora con un senso di nausea, ripresi un po' a fatica la salita, raggiungendo lo sprone di pietra bianca, dove si erge, in parte scavato nella roccia, il Santuario della Madonna della Rocca. L’interno della chiesetta è un luogo avvolto nella penombra, che induce l’animo alla meditazione e alla preghiera, un luogo di grande spiritualità. Quella mattina ero sola, nessun turista, nessun rumore, solo io davanti alla statua della Madonna. Incominciai a riflettere sulla mia vita, sulle gioie, sui dolori, sui rimpianti, sugli errori…
Così, favorita dalla spiritualità del luogo, pregai con grande slancio e commozione, e le preghiere venivano dal cuore! Quando uscii, ero rasserenata, ma scoprii con grande rammarico che non si poteva più proseguire perché c'erano dei lavori in corso nell'ultimo tratto di strada per il castello dei Saraceni, che, mi disse un operaio, era comunque chiuso, perché i lavori per la messa in sicurezza si trascinavano da tempo, per intralci burocratici o altro.
Iniziai allora la discesa, un po' triste per non aver potuto raggiungere la cima del monte, da cui, come scrivono le guide turistiche, si può godere di una vista straordinaria di Taormina e di tutto il paesaggio intorno. Un ultimo sguardo al castello, così vicino e così lontano, mentre nuvole basse lo stavano avvolgendo tutto, nascondendolo ai miei occhi...Addio, castello, addio, e mentre discendevo agevolmente, tuttavia ero triste, non so bene per quale motivo, in cuor mio avevo la certezza che non sarei più ritornata a Taormina, mai più.
Ma che cosa sa il cuore? Appena un poco di quello che è accaduto, non certo il futuro… Infatti l’anno dopo vi feci ritorno.