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  • Approches qualitatives et applications dans l'intervention professionnelle
    Lucio Luison (sous la direction de)
    M@gm@ vol.2 n.1 Janvier-Mars 2004

    CONVERSAZIONI AUTOBIOGRAFICHE CON ALBINO SACCO-CASAMASSIMA: cinquant'anni di memorie e narrazioni riguardo alla pianificazione territoriale tra movimento di comunità e sviluppo del mezzogiorno d'Italia


    Orazio Maria Valastro

    valastro@analisiqualitativa.com
    Presidente Osservatorio dei Processi Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com); Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry'' di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio di Sociologia Professionale (Catania).

    INTRODUZIONE

    Ho conosciuto Albino Sacco-Casamassima quando mi trovavo a Roma dopo aver concluso un percorso di formazione e approfondimento dei metodi qualitativi applicati alla ricerca sociale [1], le storie di vita in modo particolare. Stimolato da quest'esperienza ho sollecitato Sacco-Casamassima a narrarmi la sua vita: una biografia in cui la città di Matera, dove nacque nel 1928 risiedendovi fino al 1956, assume un ruolo centrale ed un punto di riferimento essenziale così com'è stata un elemento rappresentativo del dibattito culturale e storico in Italia sulla Questione Meridionale e sul ruolo delle scienze sociali nella realtà meridionale [2]. La collaborazione e l'amicizia con Georges Bertin, maturata con la concretizzazione della rivista elettronica Esprit Critique [3], mi avevano spinto ad incontrare Sacco-Casamassima a Roma, incuriosito dall'esperienza che li accomunava nell'ambito dell'intervento professionale applicato ai contesti sociali e culturali [4].

    L'Union Internationale Animation et Développement, un'associazione non governativa (O.N.G.) fondata da Lucien Trichaud [5], li aveva accomunati nel tentativo di concepire uno strumento per sostenere lo sviluppo sociale ed economico, promovendo la cultura in una prospettiva sistemica e antropologica. L'équipe d'Animation et Développement, elaborando una metodologia fondata su di una riflessione critica dei cambiamenti della nostra società, si riprometteva di sostenere dei progetti culturali ricorrendo ad un approccio essenzialmente socio-etnologico delle comunità locali. L'analisi dei processi di sviluppo locale considerava la complessità delle situazioni in tutte le loro dimensioni, al fine di realizzare dei programmi di sviluppo culturale implementati attraverso una concertazione partecipata tra collettività territoriali e istituzioni locali.

    La connessione tra animazione e sviluppo sociale, attuata con una metodologia innovativa di ricerca etnografica sociale per la preparazione di programmi di sviluppo, si collegava inoltre al processo d'affermazione dell'animazione sociale concepita come una metodologia qualitativa per l'analisi di specifici contesti locali. In quest'accezione l'animazione sociale si è andata affermando come prassi per una consapevole capacità di gestione delle potenzialità d'ogni individuo, preannunciando la recentissima funzione che ha acquisito come azione di connessione del tessuto sociale e delle relazioni sociali di una comunità locale, favorendo forme partecipate di produzione di conoscenze e di cambiamenti.

    L'incontro con Sacco-Casamassima nel suo studio di Roma ha reso possibile la pubblicazione di queste "conversazioni autobiografiche": una selezione delle memorie e delle narrazioni riportate nel corso delle due giornate che mi ha cortesemente dedicato, permettendomi inoltre di riprodurre parte del nostro incontro dopo aver registrato su nastro magnetico quasi nove ore del nostro colloquio. Le memorie e le narrazioni proposte riguardano un periodo di cinquanta anni, compreso tra i primi anni degli anni '40 e la fine degli anni '80: le preziose esperienze vissute a Matera tra impegno culturale e politico con personaggi autorevoli e interessanti, dal Professore Manlio Rossi Doria allo scrittore Carlo Levi; l'impegno per il risanamento dei Sassi di Matera e la collaborazione con Adriano Olivetti; i programmi d'intervento culturale unitamente alla partecipazione attiva e responsabile delle giovani generazioni; la programmazione e l'implementazione sociale nel mezzogiorno tra problematiche e modelli operativi politico - amministrativi nella successione dell'Agenzia per la Promozione dello Sviluppo del Mezzogiorno alla Cassa del Mezzogiorno.

    Dei temi interessanti richiamano senz'altro la nostra attenzione ad un periodo storico in cui si realizzavano dei programmi di sviluppo e decentramento industriale nel Mezzogiorno d'Italia, sperimentando la pianificazione sociale insieme all'introduzione delle scienze sociali nella disciplina urbanistica. Il Movimento di Comunità, il cui programma era stato favorito da Adriano Olivetti, è naturalmente presente nelle problematiche manifestate da questi ricordi, insieme con uno sguardo critico sulle reali capacità di costituire nuove logiche di cooperazione e programmazione per una crescita delle autonomie locali, di attuare dei modelli insediativi adeguati ai bisogni della comunità insieme al tentativo di una ridefinizione della questione fondiaria negli interventi di pianificazione territoriale. Invitando alla lettura di queste "conversazioni autobiografiche" riconosco che andrebbe senz'altro approfondita la lettura che la biografia di Sacco-Casamassima propone di questo periodo storico, sia in relazione alla ricerca sociale applicata alla realtà meridionale negli anni '50, sia in relazione al tentativo di situare l'uomo e la comunità al centro dell'attenzione e del processo di lettura del territorio e della progettazione partecipata dell'esistenza.

    CONVERSAZIONI AUTOBIOGRAFICHE CON ALBINO SACCO-CASAMASSIMA

    L'IMPEGNO PER IL RISANAMENTO DEI SASSI DI MATERA

    " [...] Questo impegno [...] mi ha portato anche a stringere amicizia con questi professori e con altri fino a formare un gruppo che cominciava a interessarsi di Matera [...]. "

    "Io sono nato a Matera, una città contadina del sud, nel 1928 e ho vissuto lì fino al 1956. Praticamente, in questa città, io non ho vissuto soltanto come studente ma diciamo ho operato, nel senso più largo del termine, ho operato politicamente. Per esempio io sono stato uno dei giovani, credo forse uno dei primi iscritto al partito d'azione, avevo quattordici, quindici anni nel 1943, anzi sedici, nel 1944. Perché Matera è stata liberata il 21 settembre del 1943 ed è diventata una retrovia dell'armata che era sbarcata a Salerno, in Italia, che veniva dalla Sicilia, l'armata americana, l'armata alleata. Matera è diventata una retrovia perché tutte le truppe di tutte le nazioni, io ho trovato praticamente a Matera dai sud africani agli indonesiani, dai francesi agli inglesi, iugoslavi, polacchi, scozzesi. Tutti quanti stavano a Matera ed erano praticamente a riposo perché andavano a combattere ogni quindici giorni verso monte Cassino, verso queste zone dove la guerra continuava, lì c'è stato il fronte fino al 1944 e qualche cosa, quasi fino al maggio del 1944 insomma.

    Il 21 settembre del 1943 Matera ha avuto un fatto straordinario, è stata la prima città che si è difesa, che si è ribellata ai tedeschi, prima di Napoli. [...] La cosa più strana è che tra questi personaggi che si erano rivoltati c'era qualche professore di quelli che appunto stavano a Matera perché non potevano andare a raggiungere le proprie sedi, perché c'era diciamo questo fronte. Si capisce che da quel momento in poi noi aspettavamo gli americani che arrivassero e nel frattempo gli americani non arrivavano. Sono arrivati solo dopo qualche giorno e questo gruppo di professori fece la marcia di trionfo dopo questa diciamo rivoluzione, questa specie di ribellione, e occupammo una sede al centro che non so se era del fascio, non so di chi era, una stanza, e lì fondammo questa sezione del partito d'azione. Io stavo lì con loro e diventai praticamente il consegnatario di questa storia […].

    Noi avevamo fatto una lista che si chiamava il Galletto dove c'era una lista di personaggi, per me e poi in Italia sono i più conosciuti. Era una lista in cui ci stava come capolista Guido Dorso, che è un grande analista, il più grande analista che si ha. Guido Dorso era di Avellino, poi c'era Carlo Levi, c'era anche Rossi Doria, il professore Rossi Doria, anche lui antifascista, c'era Guido Macera, un giornalista romano, insomma c'era un gruppo di persone. C'era Michele Scivarelli di Bari che è stato il segretario del primo convegno del partito azionista e che è diventato non so, sottosegretario, senatore, poi repubblicano, è uno dei personaggi famosi meridionalisti, ex giudice, lui era stato condannato e arrestato diciamo durante il fascismo, al suo tempo era antifascista e quindi è stato espulso dalla magistratura, insomma una persona di una squisitezza e di una cultura unica. E' stato per un po' mio maestro e allora praticamente come dire, questo impegno, minoritario in una città come Matera dove c'erano molti monarchici, molta gente così, mi ha portato anche a stringere amicizia con questi professori e con altri fino a formare un gruppo che cominciava a interessarsi di Matera nel senso dei problemi di Matera. E quale era il problema cui noi pensavamo di più? Cui io pensavo di più con gli altri? I sassi."

    ADRIANO OLIVETTI, IL MOVIMENTO DI COMUNITÀ E L'INTRODUZIONE DELLE SCIENZE SOCIALI NELLA DISCIPLINA URBANISTICA

    " [...] Adriano Olivetti, ne avevo sentito parlare però non avevo mai visto quest'uomo con gli occhi celesti, minuto, coi capelli bianchi, riccioluto, con una cravatta bianca, cosa che mi fece impressione, una specie di angelo. "

    "Nel 1948 venne Olivetti a Matera. Olivetti venne a Matera con un certo ambasciatore americano che praticamente aveva preparato o stava dando una mano per il piano Marschall, venne a Matera e mi vollero incontrare. Io sono stato chiamato dalla piazza, stavo nella piazza, era il mese di luglio, una cosa di questo genere, e andai in un bar, un bar ad angolo mi ricordo in Via Don Minzioni, dove questo Olivetti mi disse 'ma lei che cosa fa coi sassi?' 'Che cos'è questa storia?' Gli raccontai un po' che cosa facevo io con questi amici, avevamo fatto questo, insomma tutto quello che avevamo fatto nei sassi e che volevamo preparare ancora per presentare a qualcuno un piano di revisionamento dei sassi. Mi ricordo, era la prima volta che avevo visto Adriano Olivetti, ne avevo sentito parlare però non avevo mai visto quest'uomo con gli occhi celesti, minuto, coi capelli bianchi, riccioluto, con una cravatta bianca, cosa che mi fece impressione, una specie di angelo.

    Mi disse 'manderemo un aiuto, manderemo qualcuno' e difatti dopo sei sette mesi arriva questo ingegnere che si chiamava Martoglio. Questo viene da me, si capisce, e comincia a dire 'dobbiamo fare questo, dobbiamo fare quell'altro, che dici tu che noi facciamo?' Allora io presentai i miei amici che insomma li conoscevo, professori che stavano con me nel partito repubblicano. Allora io mi ero un po' distaccato, no distaccato, non avevo più una cosa più fattiva, meno politica, oramai nel 1948 c'era poco da fare politica, lì c'era la marea democristiana. Mi ricordo che avevo già dei rapporti con Rocco Scotellaro, già nel 1946, io mi ricordo sempre questa poesia La Pozzanghera Nera del 18 aprile, era una delle poesie più belle che siano state fatte in quel periodo per quel tipo di discorso che era avvenuto.

    [...] Da là cominciammo praticamente ad avere contatti con alcuni amici locali i quali erano interessati, erano quelli più impegnati e Olivetti era impegnato anche dal punto di vista nazionale, lui era membro dell'Unrra-Casas [...] che praticamente aveva aiutato tutta l'Europa non solo l'Italia a diventare, a ritornare alla normalità o quasi, tanto è vero che c'era l'Unra Tessile, l'Unra quello, l'Unrra quell'altro, e c'era l'Unrra-Casas. Ci fu questo accordo tra il governo italiano e gli americani per fare questo comitato amministrativo, vedi seconda parte Casas, comitato di pronto soccorso ai senza tetto, perché era un modo per aiutare le persone che dalla Sicilia in poi avevano avuto le case distrutte sia nelle città ma anche nei piccoli comuni o in campagna, perché la guerra era avvenuta in tutti, non c'era stato soltanto un punto. [...]

    Quindi in effetti questo Unrra-Casas aveva il compito di costruire queste case, fare dei veri e propri villaggi per chi non aveva una casa propria, oppure dare contributi per la costruzione della casa a chi aveva avuto la casa distrutta [...]. l'Italia è stata costruita attraverso questo sistema, attraverso il sistema dell'aiuto diretto con materiale, e io appunto a Matera, il Signor Ingegnere Olivetti, il quale mi aveva preso a simpatia e mi aveva fatto lavorare, essendo anche presidente poi dopo dell'Unrra-Casas, praticamente aveva assunto per me un grande successo, era diventato un personaggio il quale aveva poi finanziato uno studio dell'Unrra-Casas su Matera e aveva fatto fare una commissione di studi e questa commissione di studi era formata da un gruppo di professori, archeologi, eccetera, per esempio il professore Friedman americano, il quale avendo avuto una borsa di studio dalla Rochkwell Fondation [...]."

    LA RIDEFINIZIONE DELLA QUESTIONE FONDIARIA NEGLI INTERVENTI DI PIANIFICAZIONE TERRITORIALE

    " [...] Il primo piano regolatore in Italia approvato, fu quello di Matera [...]come esempio mettemmo la Martella [...]. Ma anche questo cozzò contro un altro problema, un altro punto di vista, perché in quel momento si faceva il discorso della riforma agraria [...]. "

    "Fatto questo lavoro è chiaro che abbiamo preparato con architetti, con Quadroni, con quel materiale, il piano regolatore che voleva Olivetti, però il Ministero non volle affidarlo a Quaroni e in effetti lo affidò a Piccinato e Piccinato ha firmato il piano regolatore [...], ed è stato il primo piano regolatore in Italia approvato, fu quello di Matera. Noi abbiamo dato il materiale, tutto il materiale, al ministro, allora sottosegretario Quaroni, il quale presentò la legge per i sassi di Matera che fu approvata nel 17 maggio del 1952. Questa legge però prevedeva alcune cose, che cosa prevedeva in effetti? Almeno più che la legge non era così precisa com'era lo studio, Matera andava praticamente non tutta evacuata ma una parte. I contadini e altra gente che avevano la casa proprio in una condizione igienica impossibile andavano trasferiti. Il resto potevano rimanere nei sassi ma premesso che cosa? Premesso un sistema di ristrutturazione o di consolidamento delle case [...]. Quindi fu fatto un enorme sforzo e sulla base di questo noi preparammo anche i progetti per i sei villaggi che dovevano essere costruiti e come esempio mettemmo la Martella che oggi è ancora, si discute, un villaggio che qualcuno per scherzo ha chiamato, tra l'altro in modo molto criticato per altri versi, il villaggio di Biancaneve e i Sette Nani [...].

    A fare questa roba erano stati chiamati altri [...] era un gruppo di grossi personaggi, architetti […]. Abbiamo sottoposto ai contadini che dovevano andare che tipo di casa volevano, in effetti, la casa che il contadino voleva, era praticamente avere una casa magari più moderna ma la casa che aveva in campagna, cioè addirittura la stalla nella casa. Noi non l'abbiamo fatta separata ma l'abbiamo fatta in una maniera tale per cui il mulo è rimasto dall'altra parte però con sopra il fienile, in modo che praticamente il contadino aveva tutta la sua struttura con il giardino, un grande giardino dove c'era il suo orticello e la sua casa, unifamiliare a due piani, ecco, tutto quanto quello che gli serviva, non le stalle da una parte e quelle dall'altra. Ma anche questo cozzò contro un altro problema, un altro punto di vista, perché in quel momento si faceva il discorso della riforma agraria e la riforma agraria fatta dai democristiani [...].

    Intanto era una riforma stralcio, non era una riforma agraria nel senso classico del termine, riforma stralcio significa pezzi di terra espropriati e se uno va a guardare veramente come sono andate le cose nel mezzogiorno d'Italia sono state espropriate le meno favorevoli, le più sfavorite proprio dal punto di vista di tutto e più marginali se vuoi, sia in montagna, sia in pianura, anche malariche come la zona di Metaponto, e non solo. Con l'aggravante, poi qualcuno l'ha visto, che se io prendo un feudatario, un personaggio che ha duemila ettari di terra e ne esproprio duecento, io per portare l'acqua a queste duecento abitazioni devo portare l'acqua praticamente a tutti, anche il proprietario terriero che è stato espropriato riceve l'acqua, la luce e le strade senza aver fatto niente. Quindi lo Stato ha pagato praticamente la ristrutturazione di tutto il mezzogiorno attraverso questa storia di dare, perché se io devo dare l'acqua a Pinco Pallino è chiaro che deve passare tramite il terreno da una parte all'altra, quindi immaginati una battaglia che è stata una battaglia dura contro questa riforma magari anche stralcio però in effetti era tutta una invenzione della destra agraria la quale attraverso questo sistema si è praticamente arricchita perché ha avuto strade, ha avuto acqua, ha avuto luce senza far niente.

    Questo è stato il dramma, cinico proprio, il cinismo di questa classe politica, a me non interessa se erano rossi o erano bianchi ma era questa la realtà. Eppure ho detto le zone più sfavorite sono state quelle che sono costate anche di più perché se uno le case me le mette addirittura a mezza collina io devo lavorare molto di più per portare la roba e poi gli do cinque o sei ettari di terra a secondo quanti erano un altro contadino non gli conveniva proprio. [...] Ma il problema era anche un altro, la teoria Fanfaniana era quella della casa isolata. Perché? Perché sul piano diciamo politico il contadino che abitava isolatamente non sarebbe stato più diciamo oggetto di propaganda per stare contro il governo, non avrebbe avuto la possibilità di incontrarsi con l'altro compagno mentre il villaggio era in effetti diciamo magari un poco più piccolo ma aveva lo stesso difetto del rione dei sassi di Matera dove tutti si guardavano nei vicinati e si discuteva. L'isolamento per loro doveva essere un isolamento psicologico tanto è vero che chi studia un poco il problema del mezzogiorno e vedo quello che è avvenuto, tutte le case che sono state fatte ad eccezione di qualche piccolo esempio sono tutte case isolate, i contadini hanno avuto la casa isolata, si sono trovati lì, poi dopo queste case si sono vendute e se ne sono scappati. Perché? Perché non andavano se non in alcune parti del metapontino dove sono venuti i pugliesi, sono venuti gli altri a comprare, il contadino locale se n'è andato perché non riusciva a vivere con la terra che stava lì.

    [...] In quel periodo, che va dal '53 al '55, io mi sono occupato appunto della Martella e di completare quel lavoro che avevo iniziato prima, cioè quello di dare ai contadini il centro sociale, la biblioteca, eccetera, c'era tutto, di dare una coscienza [...]. E si era riusciti a fare questo. E invece lì c'era un gruppo di democristiani o pseudo democristiani che erano venuti apposta a studiare che cosa faceva questo Unrra-Casas che in effetti fece in modo che il gruppo non si costituisse perché per loro significava un'altra forma di aggregazione contraria ai loro principi. Ed erano personaggi di grosse dimensioni, italiani, filosofi, sociologi, tutti della scuola democristiana o pseudo democristiana. Io posso fare i nomi, da Baldo Scasellati a addirittura se vogliamo mettere in mezzo a Baggio Buozzo, e addirittura Achille Ardigò e se vogliamo mettere altra gente in mezzo, possiamo dire, ma non so quanti ce ne sono, Aldo Musacchio, tutta gente che sembravano tutti amici tuoi, engagés, erano aperti, erano addirittura democristiani comunisti, i famosi comunisti bianchi, bianco rossi o rosso bianco, e invece erano quelli che erano venuti là per distruggere perché il riferimento qual'era? Era distruggere questa idea di fare una comunità, di mettere in pratica ciò che loro avevano scritto, mettere l'uomo al centro, l'attenzione assoluta verso il suo benessere e il benessere della sua comunità."

    L'INCAPACITÀ DI ATTUARE DEI MODELLI INSEDIATIVI ADEGUATI AI BISOGNI DELLA COMUNITÀ

    " [...] questa autorità costituita che ci ha fatto venire qua alla Martella e non ci dà gli strumenti per vivere [...] un documentario che fu trasmesso, si chiamava il Villaggio Moderno, in cui raccontava la storia di questa rivoluzione contadina [...]. "

    "Ma noi non avevamo fatto uno stage per capire queste cose, noi avevamo questa mentalità, avevamo questo tipo se vuoi di indirizzo filosofico di creare una comunità vera, di dare all'uomo tutte le possibilità per auto governarsi servendosi di strumenti che erano messi a disposizione dallo Stato, dalla legge, conoscere le leggi, conoscere le proprie esigenze. Io per esempio ho fatto la rivoluzione, nel senso che alla Martella ho condotto io i contadini della Martella ad occupare la Prefettura, io e con il prete addirittura e con altri due assistenti sociali amici miei. Perché i singoli enti e tra l'altro l'Unrra-Casas dove io ero impiegato, non avevano completato le strutture, non aveva ancora aperto la posta malgrado ci fosse tutta l'attrezzatura, gli asili nido, l'asilo nido che stava lì, [...] la scuola non si apriva, la scuola elementare non si apriva. Allora io ho detto una sera, 'facciamo una riunione' e siamo partiti da un discorso che si parlava del brigantaggio nel mezzogiorno, e quindi dal brigantaggio, dall'assalto alla città, perché i briganti non erano briganti, però erano personaggi i quali in un certo senso volevano creare un sistema sociale diverso di vita visto che il governo, tutta una polemica sulla quale si discuteva e si arrivò a parlare contro l'autorità costituita, questa autorità costituita che ci ha fatto venire qua alla Martella e non ci dà gli strumenti per vivere. Perché la scuola non funziona? La posta non funziona? Perché? Allora noi abbiamo fatto un comitato e abbiamo deciso di andare a Matera e occupare la Prefettura. Qual è l'unica forma dello Stato Italiano che si presenta sul territorio? I Carabinieri.

    L'unica cosa che funzionava era la caserma dei Carabinieri, allora fu informata che l'indomani mattina noi avremmo fatto la marcia su Matera. Loro pensavano che la marcia su Matera la facessimo a piedi, quindi si misero lungo la strada nella parte più alta per fermarci, invece noi pensammo ai pullman e partimmo dandoci un orario alle dieci e mezza in piazza davanti alla Prefettura. Quando arrivammo, tutti i pullman arrivarono, allora sfondammo il portone della Prefettura e fummo ricevuti dal Prefetto e gli chiedemmo queste cose, io rischiando di essere cacciato, uno che si mette contro il suo Ente, però lo avevo fatto perché era giusto, poi ne avrei pianto le conseguenze, chi se ne frega. Però il risultato quale fu? Il Prefetto dinanzi a questa rivolta, questa occupazione della Prefettura, chiamò tutti questi, finalmente non so com'è successo il miracolo, dopo un giorno le scuole si aprirono, l'asilo nido si aprì, si aprì tutto, tanto è vero che allora vennero gli americani, una compagnia americana che allora lavorava con la RAI TV, un certo Scelba Cenco che era il regista il quale fece un documentario che fu trasmesso, si chiamava il Villaggio Moderno, in cui raccontava la storia di questa rivoluzione contadina, quella rivolta contro la Prefettura e io sono stato l'attore, io e gli altri abbiamo fatto l'attore ed è uscito questo documentario che durava 40 minuti. Il regime assolse tutti, addirittura fece propaganda che veniva fuori questa cosa in televisione, sul radio corriere con le nostre fotografie, e il giorno in cui si faceva questa cosa, Luca Di Schiena era il giornalista che fece l'articolo appunto su questa rivista settimanale della Radio Televisione in cui diceva che si faceva questa trasmissione.

    Non successe niente ma successe invece una cosa molto importante, successe che i signori democristiani che stavano legati al Ministro Colombo, sottosegretario allora, decisero di fare andar via Sacco, perché Sacco non poteva più stare a Matera, primo perché conosceva il piano regolatore di Matera, io non lo davo a nessuno, ero depositario con l'Unrra-Casas. L'Unrra-Casas aveva fatto il piano, il comune lo aveva approvato, però gli speculatori di Matera che volevano? Volevano sapere subito dove si andava a costruire perché volevano comprare e chi poteva darglielo? Sacco. Sacco non voleva darglielo e allora non c'era altro che cacciare via Sacco, promuoverlo e cacciarlo, e io in 24 ore ho avuto un telegramma, sono stato trasferito a Cassino, un'altra zona distrutta dalla guerra, sempre con l'Unrra-Casas, come capo ufficio, dirigente di un ufficio più grande, tutto il cassinate, tutto il frosinate, pur di mandarmi via. E il signor Ministro Colombo, lui che fu rimandato anche da mio fratello che fece un articolo sul Mondo di Pannunzio, mi fece mandare via e in 24 ore ho lasciato casa mia e sono andato. Potevo fare due strade, o andare via, dimettermi o andare via. Mandato via quindi ho dovuto consegnare tutto il materiale ai signori del genio civile che poi ne fecero l'uso che volevano, perché quando si sono approvvigionati di questo materiale è chiaro che questo materiale è servito molto."

    PROGRAMMI D'INTERVENTO PER LA PARTECIPAZIONE E LA RESPONSABILIZZAZIONE DELLE GIOVANI GENERAZIONI

    " [...] lì cominciai la mia seconda avventura [...] noi davamo valore alla conoscenza dei problemi e alla soluzione dei problemi della città attraverso i gruppi dei giovani [...] con questa novità che era quella di capire la vita, cioè leggere il territorio. "

    "E lì cominciai la mia seconda avventura, molto più promettente, perché a Matera nel frattempo, negli anni '50, mentre io facevo quel discorso sui Sassi di Matera, sono arrivati i francesi. Monsieur Lucien Trichaud con il suo gruppo, il quale venne a vedere come si faceva a Matera ,come si era fatto alla Martella, e allora cominciarono a scrivere nella loro rivista 'Pas à Pas' che cosa era successo a Matera, i contadini e i sassi. Fu in quel momento che noi cominciammo un lavoro con loro. Io ho cominciato personalmente, poi diventò una cosa istituzionale, l'Unrra-Casas e la Maison des Jeunes et de la Culture, perché noi come Unrra-Casas avevamo i centri sociali, noi avevamo costruito non solo la chiesa ma anche il centro sociale dove c'era la biblioteca, c'era addirittura la macchina da scrivere, c'era la sala di lettura con il ciclostile perché dovevamo fare il giornale, c'era un centro in cui c'era attività di formazione e svago.

    Allora i francesi che avevano questi centri di jeunesse, si riunivano per fare attività sportive con i ragazzi, e quando si resero conto del nostro modo di fare, anche noi facevamo lo sport però facevamo anche cultura, cominciò la collaborazione con i francesi, con questa federazione che allora era la più grande in Francia, che aveva mi pare 480 o 500 centri di jeunesse in tutta la Francia a livello nazionale, con una autonomia finanziaria molto sviluppata nei singoli comuni, in cui ci fu appunto uno scambio completo non solo di novità, di cosa facevamo, di studi, di ricerche, cosa facevamo noi con i nostri giovani, ma addirittura uno scambio culturale, i giovani francesi venivano da noi per vedere cosa facevamo, quindi ci fu già negli anni '52 '53 questa collaborazione con la Francia che fu operata da Albino Sacco e Lucien Trichaud.

    Noi praticamente abbiamo trasformato il centro francese da Centres de Jeunesse che dipendevano dalla Jeunesse e Sport, facevano delle attività sportive, diventò invece un centro di cultura nel senso classico del termine che io poi trasformai ancora meglio in centro di servizi culturali facendo ancora di più di quanto faceva prima perché a parte la biblioteca, a parte i ciclostili, a parte queste cose, avevamo anche un piccolo comitato di giovani che era la miniatura del consiglio comunale, quindi facevamo in modo che il centro diritti sociali e culturali, così veniva chiamato, ci fosse una giunta, una mini giunta che si occupasse di tutti i problemi del territorio, fatta da giovani, in contrapposizione semmai dialettica con il Comune.

    Per cui sono avvenute delle cose straordinarie perché da quel momento in poi il centro servizi sociali e culturali diventava antagonista del comune e il comune, anche di sinistra, non accettava questo discorso perché le critiche erano molte, perché la città non funzionava, perché noi pensavamo che non erano preparati e noi preparavamo i giovani a essere gli amministratori contro quelli che erano amministratori per caso, eletti dai partiti, nessuno dei quali aveva una propria competenza. Invece i nostri erano preparati, li preparavamo per questo motivo e molti sono diventati consiglieri comunali, molti anche consiglieri provinciali, molti sono andati a finire alle regioni. Noi pensavamo chi fa l'amministratore deve sapere che significa amministrare la città, uno può anche essere un barbiere ma se un barbiere non ha nemmeno il senso di che cosa significa un bilancio deve essere sempre costretto a subire le conseguenze di qualcosa, oppure le direttive di qualcuno che ne sa.

    Quindi noi davamo valore alla conoscenza dei problemi e alla soluzione dei problemi della città attraverso i gruppi dei giovani, i quali potevano fare tutti i mestieri, però tutti con questa novità che era quella di capire la vita, cioè leggere il territorio. Devi essere consapevole che dalla conoscenza del territorio si può arrivare al controllo e quindi diciamo non dico cancellazione di quelle che noi chiamiamo magagne e sotterfugi per rubare, per fare sottogoverno, per avere piaceri, eccetera, ma un modo per evitare che arrivasse la degenerazione completa. Perché noi sapevamo che significava questo, lo avevamo visto tutti i giorni perché c'era anche allora la corruzione, a livello minore ma c'era. In tutto il territorio, non solo nel sud ma anche al nord, io ho avuto addirittura centri sociali anche a Trento, in Val d'Aosta, anche a Milano, anche lì c'era, magari di meno ma anche lì c'era la stessa cosa, perché amministrando una comunità piccola o grande c'è sempre qualcuno che cerca di approfittarne ma se non metti in condizione la gente si sapere perché, come e quando, come non conosci una legge nemmeno al nord la conoscono.

    Noi, si vuol dare l'idea di che cosa veramente è l'ignoranza dell'amministratore, addirittura leggi emanate che erano a favore dei comuni non erano mai applicate perché non le conoscevano, non le leggevano nemmeno, non le sapevano neanche interpretare, leggi a favore dei comuni che potevano avere anche contributi, niente, non le leggevano nemmeno. Questo non è successo soltanto dove stavo io ma in tutta l'Italia, centinaia, migliaia di leggi fatte a favore dei comuni, delle comunità locali, che non sono state mai applicate per ignoranza. Sembra incredibile ma è vero e noi abbiamo dovuto dare, dove stavamo noi, dove eravamo presenti, far vedere ad un sindaco guarda che tu puoi chiedere queste cose perché la legge te la dà la possibilità. Aprivamo gli occhi a questa gente e quindi siamo diventati un pericolo, poi dopo, per tutti, di destra o di sinistra, perché noi a questo punto eravamo un contro potere che poteva dare solo fastidio e quindi il potere costituito di qualsiasi dimensione fosse è diventato nemico dei centri culturali che dipendevano da noi, ma dipendevano anche dall'Ises, dipendevano anche da altre associazioni, perché il Ministero con la Cassa del Mezzogiorno ha dato parecchi di questi soldi a tutti quanti."

    PROGRAMMAZIONE E IMPLEMENTAZIONE SOCIALE NEL MEZZOGIORNO TRA PROBLEMATICHE E MODELLI OPERATIVI POLITICO / AMMINISTRATIVI

    " [...] La programmazione è stata soltanto una cosa fittizia [...] il mezzo italiano è stato quello di fare più studi per gli Enti pubblici e per altri Enti, però senza per questo passare alla realizzazione. "

    "In Italia è successo questo, la programmazione è stata soltanto una cosa fittizia, fatta apposta per prendere in giro la gente o quasi, mentre la programmazione doveva avere come seguito anche il discorso della spesa e quindi del controllo della spesa. Per esempio, attualmente c'è il discorso del bilancio, programmazione e tesoro insieme, un super Ministero come ce ne stanno da altre parti, se dovrebbe riuscire perché è unico a fare tutte e tre le cose insieme, non basta programmare la spesa, bisogna pure farla ma farla in quel momento in cui la programmazione dice spendi mille lire per l'istruzione però in questa maniera significa controllo della spesa. La programmazione per la sanità, la programmazione per l'istruzione, per le grandi opere pubbliche, deve avere un seguito e deve avere un'unitarietà diciamo d'intervento, non può essere suddivisa e quindi parcellizzata perché altrimenti non se ne esce fuori.

    L'esempio della Gesca. Quando è stata chiusa la Gesca, perché i sindacati hanno detto di chiudere la Gesca che era l'Ente che fabbricava le case per i lavoratori? Perché i sindacati si erano accorti che loro facevano la programmazione però l'esecuzione era affidata ad un Ente di gestione che era completamente diverso dai sindacati e come tale lui spendeva come voleva. La programmazione non serviva a niente. Erano enti inutili perché faceva comodo a loro prendere in mano questa situazione che significava poi adepti, significava clientele da servire, iscritti, gonfiare gli iscritti, rosse, bianche, celeste, azzurre, erano tutte cooperative che vivevano con questa tecnica di avere i soldi dallo Stato e di fare le case, quindi era un modo come un altro di sottrarre ad un gruppo politico una parte considerevole del bilancio dello Stato.

    Quindi tutte le volte che la programmazione è stata fatta, il sogno della programmazione, ma noi siamo partiti, guarda che quando il centro sinistra cominciò, una delle prime cose fu la programmazione la quale era una specie di sogno altro che utopia. E tutti quanti pensavano finalmente c'era scritto tutto, come si doveva spendere, come si doveva fare, questi non hanno fatto niente, Giolitti se n'è scappato dopo qualche mese perché non c'era più niente da fare, perché ognuno dei Ministeri che aveva il suo budget non aveva nessuna intenzione di portare avanti la programmazione. Programmare la vita di qualcuno, questo è proprio personale, sei tu che ti programmi la vita, chiaro che la devi confrontare con l'esterno, però il primo discorso da fare è che tu devi controllare e amministrarti quello che hai deciso di fare. Hai capito quale è il discorso? Allora, questo dalla piccola scuola fino ad arrivare alle grandi cose, qualunque piccolo esercizio, qualunque attività che si fa della vita umana è che chi programma deve avere anche la possibilità di spendere perché in questa maniera riesce a fare e realizzare quello che ha programmato.

    Io avevo fatto un'inchiesta in cui avevo scoperto che la Cassa per il Mezzogiorno aveva speso cinque mila miliardi nella sua esistenza di studi, cinquemila miliardi distrutti, allora io chiedo vediamo questi studi, essendo io il responsabile chiedo alla Direzione Generale, [...] per capire dove stavano questi studi e non ne abbiamo trovato quasi nessuno, solo carte, cioè solo foglietti o paginette. Questi studi servivano invece per dare qualche cosa a qualcuno perché questo poi non lo facesse e gli studi non esistevano proprio. Non esistevano. Abbiamo speso cinque mila miliardi in studi inesistenti perché tecnicamente, se ci sono, tu fai due libri di studi e sai che ci sono degli studi su questo e quest'altro, invece no, era un modo come un altro perché si dessero dei soldi a qualcuno, qualche studioso. Non c'erano neanche gli studi, ce ne sono stati altri di studi ma sono rimasti lì, cioè, perché non c'è la mentalità di fare un discorso serio e quello che è lo studio intanto tu lo hai chiesto perché da quello studio tu devi ricavare il materiale o le idee per realizzare quello che ti sei prefisso di realizzare. Lo studio è una conoscenza del problema più chiaro e sulla base di questo devi prendere la decisione di come fare ad evitare se esiste un problema, ad evitare che questo problema resti irrisolto. [...] Quindi noi abbiamo una situazione di questo tipo nel sud. Questo che significa? Significa appunto che il mezzo italiano è stato quello di fare più studi per gli Enti pubblici e per altri Enti, però senza per questo passare alla realizzazione."

    " [...] Facevamo programmazione, ricerca e attività, e finanziamenti [...] l'esperienza personale che ho io nei cinquant'anni d'attività che ho avuto è praticamente [...]che in effetti noi non abbiamo mai avuto, mai avuto, o avuto in piccolissima parte, una classe politica la quale facesse il bene pubblico [...]. "

    "Io dalla Cassa sono andato via nel 1974, quando la Cassa non aveva più la funzione che aveva prima perché lo Stato appunto aveva già fatto quella operazione di facciata, non dava più alla Cassa quei soldi, però io che stavo nella programmazione e negli studi, nelle ricerche, io ho potuto vedere esattamente il contrario, cioè quando all'imprenditore non è convenuto più investire nel sud perché c'erano più controlli, perché c'era più attenzione, allora ha cominciato a dire che la Cassa del Mezzogiorno non andava bene ma perché c'era anche un altro fatto. C'era anche l'appoggio indiretto della struttura meridionale a livello regionale, dopo il settanta abbiamo le regioni, le quali si sono date uno statuto ancora più rigido dello Stato, non è diciamo uno statuto democratico al punto tale per cui la legge deve andare avanti, più burocratiche di quanto era lo Stato le regioni erano divenute e si è creato una classe politica e amministrativa nel Mezzogiorno che ha partecipato a lucrare con quelle del nord gli stanziamenti del sud. Quando si sono accorti che non avevano più soldi hanno cominciato a criticare la cassa che non andava ma non era vero, era il contrario, era che non potevano rubare più in quella maniera lì, come rubavano prima, come lucravano prima.

    Noi facevamo tutto, facevamo programmazione, ricerca e attività, e finanziamenti, e quello è che ha dato fastidio agli altri. Non so se mi sono spiegato. Perché era tutto insieme, non solo ma noi lo facevamo d'accordo con la Regione, però la Regione non lo sopportavano questo perché li volevano loro i quattrini per poter fare loro poi gli affari. Fino agli anni settanta noi siamo andati bene perché non c'erano le Regioni, sembra strano, noi pensavamo che con le Regioni, addirittura, dovevamo andare avanti, dovevamo avere meno handicap, quindi la Regione più vicina, noi avevamo fatto tutti uffici regionali prima ancor che le Regioni nascessero, perché in questa maniera si potesse colloquiare meglio e ragionare meglio, invece le Regioni sono diventate un handicap fortissimo perché era un modo di sviluppare un altro tipo ancora peggiore, mi sono spiegato, diciamo di taglieggiamento o direi di latrocinio proprio o di sperpero del denaro pubblico attraverso le lobby clientelari e quindi è chiaro che se tu devi fare questa opera è chiaro che la Regione che voleva fare lei, voleva prendere i soldi, però i soldi non per fare soltanto per lucrare semmai.

    [...] Bisogna intendersi su quali sono state le cose che non sono state prese in considerazione. Io, ripeto, l'esperienza personale che ho io nei cinquant'anni d'attività che ho avuto è praticamente, e questo è stato un accumulo di conoscenze, è che in effetti noi non abbiamo mai avuto, mai avuto, o avuto in piccolissima parte, una classe politica la quale facesse il bene pubblico, nel senso classico del termine, per la società. E' stato sempre un fatto particolare di qualcuno, il quale concepiva il potere per il potere e basta per mantenerlo, e per mantenerlo usava tutte le armi necessarie perché il consenso delle persone fosse concentrato verso quella situazione che era un consenso clientelare, non era un consenso dovuto alla conoscenza e quindi all'approfondimento e non solo e all'apprezzamento della popolazione verso l'azione di governo fatta da qualcuno. Perché? Perché alla base c'era una volontà di non far conoscere queste cose a queste persone. [...]

    Non c'è stata in Italia una scuola di Democrazia vera, c'è stata una scuola di clientelismo, allora tutti i partiti, poi non è tutti i partiti, hanno fatto questo discorso perché purtroppo chi si metteva a fare qualche piccola cosa veniva ostacolato. […] Allora chi non ha clientela non può avere, non può esercitare potere, ma la clientela si ha soltanto se questa clientela è la meno capace di giudicare, oppure se sa che può giudicare, ma dato che guadagna lei perché è interessata se quelli rimangono, è chiaro che non esercita nessun potere. Ci sono dei gruppi di pressione e anche questi gruppi di pressione riescono qualche volta ad ottenere qualche cosa, però diciamolo francamente, questi gruppi di pressione poi diventano delle lobby pure loro, perché anche loro hanno un potere, un piccolo potere che esercitano. [...]"


    NOTE

    1] "Teoria e Analisi Qualitativa nella Ricerca Sociale", Corso di Perfezionamento diretto dal Professore Franco Ferrarotti, Scuole di Specializzazione e Corsi di Perfezionamento, 1999-2000, Dipartimento di Sociologia, Università degli Studi di Roma La Sapienza, Roma, Italia.
    2] Leonardo Sacco, "Matera contemporanea: cultura e società", Matera, Basilicata Editrice (Politica Scienze Arti & Mestieri), 1982.
    3] Esprit critique, rivista internazionale francofona di sociologia e di scienze sociali: uno spazio internazionale di comunicazione aperto a tutti i ricercatori ed esperti in scienze sociali, si tratta di una pubblicazione scientifica specializzata nel settore della sociologia e delle scienze sociali che presenta degli articoli originali in lingua francese, fondata il 1° novembre 1999, è diffusa gratuitamente su Internet sotto forma di rivista elettronica;
    www.espritcritique.org/
    4] Orazio Maria Valastro, "Intervento sociale e sviluppo locale: intervista a Georges Bertin", m @ g m @, rivista elettronica di scienze umane e sociali, gennaio - marzo 2004:
    www.analisiqualitativa.com/magma/0201/articolo_06.htm
    5] Partecipavano al Comitato Direttivo dell' "Union Internationale Animation et Développement" (O.N.G.), la cui sede era a Parigi, Albino Sacco-Casamassima e Georges Bertin insieme a Lucien Trichaud, il fondatore dell'associazione, Bertrand Duruflé e Jean Lesuisse.
    Lucien Trichaud (Presidente): fondatore delle Maisons des Jeunes et de la Culture; consulente all'UNESCO; fondatore di FONJEP; inventore di un metodo di ricerca di etnografia sociale per la preparazione di programmi di sviluppo; Chevalier della Légion d'honneur; Commandeur nell'Ordre national du Mérite; Chevalier de l'Ordre du Cèdre du Liban.
    Bertrand Duruflé (Vice Presidente Nazionale): allievo dell'Ecole Française d'Outre Mer; Amministratore civile; Consulente presso i Ministeri per la Coopération, Jeunesse e Sports; Direttore del Cabinet du Président de l'Assemblée Nationale; Segretario Generale della fondazione Toxicomanie-Prévention-Jeunesse; Chevalier de la Légion d'honneur.
    Albino Sacco-Casamassima (Vice Presidente Internazionale): Dottore in Scienze Umane è stato allievo di J. Piaget e Cl. Levi-Strauss; Direttore Generale dell'Ufficio Studi Programmazione e Ricerche della Cassa per il Mezzogiorno fino al 1974; impegnato in progetti di sviluppo locale nell'Italia del Sud nel contesto degli interventi promossi dall'Unrra-Casas (United Nations Relief and Rehabilitation Administration / Comitato Amministrativo Soccorso ai Senzatetto) e dall'ISES (Istituto Sviluppo Edilizia Sociale); ha partecipato a numerosi colloqui internazionali sullo sviluppo dei paesi e delle regioni del mediterraneo.
    Jean Lesuisse (Tesoriere): Vice Presidente dell'URJCAD (Union Régionale Culturelle Animation et Développement d'Ile-de-France); diplomato all'Institut des Sciences Politiques; Commandeur nell'Ordre des Palmes Académiques.
    Georges Bertin (Segretario Generale): Direttore dell'Office Départemental de la Culture Orne-Animation; membro del Comité Economique et Social de Basse-Normandie; Presidente del Cercle d'Etudes Normand d'antropologia; Chevalier nell'Ordre National du Mérite.


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