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Istituzionalizzazione / deistituzionalizzazione: sguardi reciproci sulla legge 180 in Europa e nel mondo / A cura di Cecilia Edelstein / Vol.17 N.2 2019

La riforma psichiatrica in Grecia: una storia incompiuta

Valeria Pomini

vpomini@med.uoa.gr

Psicologa clinica e psicoterapeuta sistemica. Fino al 1987 ha lavorato in Italia nei Servizi di Salute Mentale e per le Tossicodipendenze della Regione Veneto. Membro di Psichiatria Democratica negli anni ’70 e ’80. Dal 1988 lavora come psicologa clinica, didatta e supervisore presso la Clinica Psichiatrica dell’Università di Atene. Responsabile dell’Unità di Terapia Familiare e responsabile della formazione in terapia sistemica presso l’Istituto Universitario di Ricerca sulla Salute Mentale di Atene.


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"Diritti... e rovescio" - Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo, progetto realizzato all'interno del laboratorio "Atelier d'Arte" del Centro Diurno Day Care dell'Ospedale di Bergamo.

Ringrazio caldamente Cecilia Edelstein e i colleghi del CIPRA per avermi dato l’opportunità di partecipare a questo importante evento, che mi ricollega ad un passato di 40 anni fa. La mia storia professionale si intreccia sin dall’inizio con il movimento di Psichiatria Democratica, Franco Basaglia e la legge 180. Nel 1977 ero studentessa di Psicologia a Padova: Franco Basaglia era per noi un mito e un punto di riferimento. La sua idea di società più giusta, che non discriminasse e segregasse i diversi, combaciava con gli ideali dei giovani dei movimenti studenteschi.

 

Molti fra noi, aspiranti psicologi, trovarono nella lotta al manicomio l’impegno e il senso da dare al proprio ruolo sociale e una via alternativa agli stretti ambienti accademici. Pensavamo al ruolo dello psicologo nella società non come “professione tecnica” ma come impegno sociale nel supportare i più fragili e coloro che soffrono, partecipando e incentivando le reti di aiuto nella comunità. Le visite all’OP di Trieste e ai nuovi servizi nelle zone circostanti erano frequenti, e molti di noi erano in lista di attesa per tirocini di sei mesi o anche più lunghi. Fu proprio la difficoltà di accedere velocemente al tirocinio a Trieste che mi dirottò a Firenze, nel settembre 1977: uno stretto collaboratore e amico di Basaglia, lo psicologo Paolo Tranchina, si era insediato all’OP S. Salvi e con un gruppo di colleghi psichiatri, primo fra tutti l’allora primario, aveva di recente “aperto” uno dei reparti, e stava organizzando il servizio di comunità nella zona di Prato. Mi trasferii a Firenze con un piccolo gruppo di compagni d’università e iniziò un lungo periodo, più di un anno, di lavoro come volontaria all’OP, esperienza che mi ha formato in modo fondamentale.

 

Il mio mentore, Paolo Tranchina, è uno psicoanalista junghiano, forse unico psicologo nel gruppo iniziale di Psichiatria Democratica a Gorizia, uno dei pochi che a quel tempo, all’interno del movimento, non fosse contrario all’uso delle “tecniche”. Era l’anno di lunghe e appassionate discussioni sulla legge e poi della sua approvazione, non sempre accolta con entusiasmo da colleghi del movimento che ne criticavano alcuni aspetti di compromesso. Pochi si rendevano conto in quel momento dell’unicità al mondo della legge 180, che in seguito avrebbe ispirato la riforma psichiatrica di altri Paesi e resistito a tanti tentativi restauratori. Un altro evento di quel periodo, 1977 e 1978, che voglio ricordare e a cui partecipai attivamente, fu l’organizzazione di un convegno sulla condizione femminile e il disagio psichico delle donne, da parte di un gruppo di colleghe di Firenze, appartenenti a Psichiatria Democratica e a collettivi femministi della città. Il convegno “Donna e Follia” fu organizzato all’interno dell’OP, e vide la partecipazione di oltre 5.000 donne arrivate da tutta Europa, Stati Uniti e altrove che lavorarono insieme per giorni. Un evento straordinario, al di sopra di ogni nostra aspettativa, che promosse grandemente il dibattito sulle specificità del disagio psichico nella donna e sulla sua doppia discriminazione come paziente psichiatrica.

 

La mia partecipazione a Psichiatria Democratica continuò in seguito nel gruppo di Venezia. Lavorando nei servizi psichiatrici nel territorio sentivo l’esigenza di apprendere nuovi strumenti per affrontare il disagio psichico a livello individuale e famigliare, e fu così che mi formai in terapia sistemica al Centro Milanese di Terapia della Famiglia, con Luigi Boscolo e Gianfranco Cecchin. Mi rivolsi alla Scuola di Via Leopardi, come altri operatori di Psichiatria Democratica, poiché riconoscevo nel pensiero sistemico fondamentali aspetti comuni con l’approccio di Basaglia, seppur formulati su altre basi epistemologiche. Basaglia punta al recupero della dignità umana della persona che presenta una sofferenza psichica e alla salvaguardia degli elementari diritti umani, ponendosi in una dimensione che definiva politica, ma che è soprattutto etica. Evidenzia la dimensione sociale del disagio psichico e denuncia le pratiche di segregazione e discriminazione, che, definite come “cura”, sono in realtà ingiuste e disumane. Bateson formula la teoria del doppio legame che ridefinisce il sintomo psicotico calandolo in un contesto relazionale, ridando forza alla dimensione interattiva, cioè umana, della sofferenza psichica.  Entrambi promuovono la comprensione della follia come espressione di un disagio in un determinato contesto.

 

Il mio lavoro in ambito psichiatrico continua da 30 anni in Grecia, ad Atene, dove sono responsabile di un servizio di psicoterapia familiare in un contesto psichiatrico universitario e dove coordino una scuola di formazione in terapia sistemica. Il mio lavoro con famiglie che presentano gravi difficoltà psichiche è costantemente ispirato dal pensiero basagliano e batesoniano e dalle “voci” dei grandi maestri che ho avuto la fortuna di incontrare. Una delle aree del nostro impegno è l’intervento con famiglie all’esordio psicotico, volto soprattutto a ridurre la medicalizzazione e prevenire la cronicità.

 

Le fasi della recente storia della psichiatria in Grecia si possono così riassumere:

- Gli anni ’80, l’influenza di Basaglia, lo scandalo di Leros

- La riforma psichiatrica e il programma Psichargos

- La crisi economica e la crisi migratoria

 

Franco Basaglia e il movimento di Psichiatria Democratica ebbero una chiara influenza sulla mobilitazione per la riforma psichiatrica in Grecia: negli anni ‘70 molti studenti greci, anche per sfuggire al regime dei colonnelli, vennero a studiare in Italia e in altri paesi europei, entrando direttamente in contatto con Psichiatria Democratica e l’antipsichiatria di Inghilterra e Francia. Tornati in patria, iniziarono a reagire e denunciare le terribili condizioni dei manicomi del Paese.

 

Il caso più famoso e clamoroso fu Leros, l’isola dell’Egeo dove dal 1958 funzionava un’istituzione particolarmente segregante e barbara, la cosiddetta “colonia dei malati mentali”, che allora contava 1.700 ricoverati, anzi segregati. Chi ci entrava difficilmente ne usciva, e perdeva ogni contatto con il mondo esterno o il luogo di provenienza. Persino bambini e adolescenti vi furono rinchiusi e passarono lì il resto della loro vita. I cosiddetti “casi incurabili” di tutti gli altri manicomi venivano convogliati a Leros, spesso senza che le famiglie ne fossero a conoscenza.

 

Già dal 1981 un gruppo di psichiatri di Salonicco, guidati da Kostas Bairaktaris, si era recato a Leros e ne aveva denunciato le condizioni disumane, ma lo scandalo vero e proprio scoppiò qualche anno più tardi dopo la pubblicazione di foto agghiaccianti su un giornale greco, Tachidromos e sulla rivista inglese “The Observer” che intitolò il servizio “il segreto colpevole dell’Europa”.

 

La mobilitazione delle istituzioni Europee fu immediata, minacciò la Grecia di ricorrere al tribunale per la violazione dei diritti umani e al tribunale europeo, ma mise nello stesso tempo a disposizione dei fondi comunitari per affrontare la situazione.

 

Nel 1989 un gruppo di operatori dei servizi psichiatrici di Trieste, coordinato dallo psichiatra Franco Rotelli, si trasferì a Leros con la missione di iniziare il processo di chiusura dell’OP (“L’impossibile che divenne possibile”: il pensiero di Franco Basaglia si realizzò in Grecia a Leros). Ciò che trovarono furono circa 1.300 persone rinchiuse in condizioni disumane. Fino ad allora la psichiatria ufficiale greca aveva chiuso gli occhi di fronte alle denunce di pochi coraggiosi colleghi. Alla task force europea partecipò anche un gruppo olandese, la cui azione non fu altrettanto efficace, probabilmente anche per motivi di distanza culturale. Nuove forze si affiancarono da Atene, operatori e volontari che si offrirono di partecipare al progetto.

 

Dal 1990 al 1999 lo psichiatra Theodoros Magalooikonomos coordinò l’ulteriore smantellamento dell’ospedale, come testimonia il suo libro pubblicato recentemente.  Fu un processo faticoso e difficile, in molti aspetti controverso poiché l’improvvisa “liberazione” di molti ricoverati significò in alcuni casi anche un abbandono terapeutico, mentre la creazione di strutture protette nelle comunità della terraferma trovò spesso ostacoli enormi da parte della popolazione, influenzata dallo stigma legato alla condizione di paziente psichiatrico. Và riconosciuto che, nel caso di Leros, lo smantellamento fu possibile grazie anche alla partecipazione attiva della popolazione locale, per la quale l’ospedale rappresentava una fonte di lavoro, ma che in larga parte reagì positivamente al cambiamento. Si tratta di una popolazione abituata da secoli all’accoglienza forzata o meno del “diverso”.

 

Leros infatti era stata occupata dagli italiani durante il periodo fascista fino al 1947 e gli edifici dell’OP erano stati costruiti con funzione di caserma per le truppe italiane. Negli anni immediatamente successivi, durante la guerra civile, a Leros furono inviati al confino decine di prigionieri politici o “indesiderati”. Infine, come una storia che si ripete, negli ultimi anni Leros è diventata una delle isole di approdo per migliaia di migranti provenienti dalla vicina costa turca. Lo spazio esterno del vecchio OP è ora circondato da containers dove vengono alloggiati individui e famiglie che sperano di lasciare l’isola e approdare in Europa. Una nuova segregazione nei luoghi della vecchia come testimoniano le foto di Antonella Pizzamiglio che ne testimoniano il passato e il presente.

 

Cosa succedeva nel frattempo negli altri ospedali psichiatrici della Grecia? Nel 1984, subito dopo l’entrata della Grecia nella EU e la creazione del servizio sanitario nazionale (1983) venne inaugurato un programma a lunga scadenza supportato da fondi europei per il cambiamento radicale dei servizi di salute mentale, impostati fino ad allora quasi esclusivamente sul ricovero in grandi OP, a quel tempo nove, con un totale di 7.500 ricoverati, dei quali il 69% aveva un periodo di permanenza di più di tre anni. Il programma prevedeva la graduale deistituzionalizzazione dei ricoverati lungodegenti e la creazione di strutture nel territorio.

 

Una delle prime strutture di psichiatria di comunità fu istituita a quel tempo dalla Clinica Psichiatrica dell’Università di Atene nel quartiere di Vironas – Kesariani comprendente un centro di salute mentale, un day hospital, un laboratorio protetto e un centro di psichiatria dell’età evolutiva. Contemporaneamente, reparti di psichiatria furono creati negli ospedali generali come alternativa al ricovero negli OP. Altre strutture iniziarono in quegli anni a svilupparsi quasi esclusivamente nelle due principali città, Atene e Salonicco, come la rete dei Centri di Igiene Mentale, mentre un’importante esperienza di psichiatria di comunità fu avviata dallo psichiatra Panayotis Sachellaropoulos nella Focide.

 

Si dovrà aspettare il 1995 per la pianificazione più strutturata della riforma psichiatrica, che si poneva come obbiettivo la chiusura degli OP, la creazione di nuovi reparti negli ospedali generali e di strutture intermedie nella comunità, di centri di salute mentale nel territorio e di riabilitazione professionale per gli utenti ed ex-utenti degli OP. 

 

Il programma Psychargos

 

Il programma “Psychargos” (Figura 1.) deve il nome al mito degli argonauti. La fragile nave di Giasone deve compiere un lungo e travagliato tragitto in mari sconosciuti e passare attraverso le Symplegades, le rocce ai lati dello stretto del Bosforo che, secondo il mito, si avvicinavano fra loro stritolando le navi che passavano. Mai come oggi questa immagine simbolica rappresenta lo stato attuale delle cose: le odierne Symplegades che minacciano il viaggio della navicella “Psychargos” sono rappresentate dalla crisi economica, dall’emergenza migratoria e dalle rigidità del sistema amministrativo verso il cambiamento.

 

Sviluppato alla fine degli anni 90 (1999) con un primo piano di azione per il decennio 2000-2009, il programma di riforma aveva lo scopo di trasformare la psichiatria in Grecia da un modello di asilo ad un modello di servizi inseriti nella comunità, nonché di avviare la deistituzionalizzazione dei 3.500 ricoverati, a quel tempo, nei nove ospedali psichiatrici del Paese. Il programma prevedeva la chiusura degli OP entro il 2015 e la diminuzione del 40% della durata media dei ricoveri, l’ampliamento della rete dei servizi territoriali e la creazione di strutture intermedie in tutto il Paese. Un significativo passo fu la chiusura definitiva dell’ospedale pedopsichiatrico dell’Attica, un'istituzione di internamento per minori, grazie a neuropsichiatri dell’Infanzia e Adolescenza come Dimitris Georgiadis e altri, che portò alla creazione di quattro reparti per minori in altrettanti ospedali generali e di numerosi centri per l’età evolutiva nel territorio.

 

Attualmente ci troviamo nella terza fase del programma (2011-2020), la cui realizzazione è stata rallentata dalla crisi economica e i cui obiettivi sono stati in parte disattesi. Infatti, dei nove OP, tre sono ancora in funzione ed hanno al contrario registrato un aumento dei ricoveri, in particolare dei ricoveri coatti. I tre assi principali del programma sono: la territorializzazione dei servizi, con la creazione di strutture nelle zone periferiche, la promozione di attività preventive e di educazione alla salute, la modernizzazione del sistema amministrativo e la formazione del personale.

 

La situazione dei servizi nel 2014, registrata dall’ultimo rapporto disponibile di valutazione del programma Psichargos da parte di una commissione internazionale, appare nelle allegate Figura 2 e Tabella 1.

 

Non ci sono dati più recenti disponibili a livello globale nazionale, ma è noto che parecchi dei servizi inaugurati da Psichargos sono stati smantellati per via dei tagli alla sanità effettuati dal 2012 e in particolare alla spesa relativa alla salute mentale. Molte strutture hanno dovuto chiudere dopo il licenziamento degli operatori e in molti casi gli ospiti sono rientrati negli OP, anche se è evidente che il manicomio non risulta meno costoso delle strutture comunitarie.

 

Gli effetti della crisi economica sulla salute mentale della popolazione greca sono stati analizzati da molti. Un mese fa in occasione del forum internazionale sulla salute mentale che si tenne a Londra, il ministro della salute e della solidarietà sociale A. Xanthos dichiarò che “è stato dimostrato che la disoccupazione e il default economico del Paese hanno influenzato grandemente gli indici di salute mentale della popolazione e il funzionamento dei servizi per la salute mentale. L’aumento delle patologie durante la crisi economica è stato dimostrato e in particolare la prevalenza della depressione nella popolazione generale è aumentata dal 3.3% del 2008 al 12.3% nel 2013”. Và detto che lo stesso indice è ritornato negli anni successivi a valori minori, come se la società dopo il primo impatto avesse in qualche modo metabolizzato gli effetti della crisi e sviluppato meccanismi resilienti.

 

La mancata realizzazione di ulteriori servizi territoriali e la chiusura di molti hanno non solo ritardato lo smantellamento dei tre OP ancora funzionanti, ma al contrario aumentato la loro attività, seppur in regime di tagli economici e del personale. Per dare un’idea del funzionamento dell’Ospedale Psichiatrico Statale dell’Attica, nell’anno in corso nel reparto urgenze a settembre 2018 sono state effettuate 357 visite, 192 ricoveri, di cui 97 obbligatori e questo dato è in accordo con i dati relativi al periodo 2012-2017: da 4.400 a 4.650 visite all’anno, 2.200-2.400 ricoveri, di cui 57% ricoveri coatti, 56% rappresenta il primo ricovero, quindi la metà dei ricoverati non rappresenta pazienti cronici. Nel 60% si tratta di persone di sesso maschile e, dato relativo al 2018, nel 81.4% sono di nazionalità greca, 4.4% Albanese e 14.2% di altre nazionalità (extra EU) (www.psychat.com).

 

“Dafni”, questo il nome usuale del più grande OP del Paese, situato nell’omonimo Comune alle porte di Atene, ospita circa 600 ricoverati in totale e comprende anche tre centri di salute mentale distribuiti nella regione dell’Attica, un’Unità di Terapia Famigliare, 15 strutture intermedie fino a 15 ospiti, e 51 appartamenti protetti da uno a quattro ospiti (www.psychat.com).

 

L’altro OP, “Dromokaiteio”, nella zona di Atene rappresenta anche l’istituzione psichiatrica più antica (edificato dal 1887) e comprende 500 posti letto in totale in cinque reparti, sei strutture intermedie esterne più due interne, nove appartamenti protetti (4-6 ospiti), due centri di salute mentale (www.dromokaiteio.gr).

 

La chiusura di queste due istituzioni e dell’OP funzionante a Salonicco sembra essere ancora molto lontana.

 

Negli ultimi anni e in base alla riforma, furono create due istituzioni rispondenti al Ministero della Salute: l’Osservatorio sulla Salute Mentale e la Commissione Salvaguardia dei Diritti degli Utenti dei Servizi Psichiatrici. Quest’ultima fu istituita nel 2000, ma divenne particolarmente attiva negli anni fra il 2009 e il 2015, con coordinatore Vlassis Tomaras (professore di Psichiatria all’ Università di Atene) che si impegnò in un’ opera sistematica di verifica e spesso denuncia delle condizioni di ricovero negli OP e nei reparti di psichiatria degli ospedali generali, nella difesa di molte istanze da parte di pazienti e famigliari, e nell’aprire al dibattito pubblico i temi legati alla salute mentale, allo stigma e alla necessità di un maggior sviluppo delle strutture comunitarie e alternative al ricovero (ad esempio, l’esperienza con le famiglie affidatarie).

 

Bisogna aggiungere a questo quadro complesso lo sviluppo negli ultimi due decenni di NGOs e organizzazioni no profit impegnate nel campo della salute mentale e supportate da fondi sia governativi sia Europei, che, come succede in Italia, ma ancora non in modo altrettanto capillare, affiancano i servizi pubblici nell’affrontare i problemi di salute mentale della popolazione sia adulta che minore. Le unità mobili di salute mentale attive nelle Cicladi (EPAPSY) e in zone periferiche del continente offrono un fondamentale supporto a popolazioni isolate e prive di accesso alla rete dei servizi di salute mentale. La presenza di questi operatori nelle isole ha introdotto grandi cambiamenti nella mentalità della popolazione riguardo al modo di affrontare i problemi psichici.

 

Inoltre, molte ONGs si sono attivate nel supporto ai migranti e ai rifugiati, soprattutto ai minori non accompagnati, ma ciò nonostante la rete dell’accoglienza non è ancora sufficiente ne abbastanza organizzata per affrontare le necessità di questi gruppi di popolazione.

 

La crisi economica che ha attanagliato la Grecia negli ultimi dieci anni ha avuto conseguenze enormi sulla salute psichica dei suoi cittadini, e nello stesso tempo ha rallentato in modo significativo la realizzazione di servizi di salute mentale nella comunità, se non in molti casi smantellato quelli che già esistevano. È più che mai necessario il rilancio della riforma psichiatrica e delle strutture previste dal Programma Psychargos, in modo ancora più urgente nel campo dei servizi per la salute mentale di bambini e adolescenti, l’ottimizzazione delle risorse e il contenimento degli sprechi, la formazione del personale e la de-burocratizzazione del sistema amministrativo, tenendo conto dei veloci cambiamenti in atto in una società che, nonostante le difficoltà, ha dato prova di grande resistenza e resilienza.

 

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Figura 1. "Psychargos" Fonte: D. Georgiades (2017).

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Figura 2. Strutture del sistema dei servizi di salute mentale. Fonte: Ministero della Salute e Solidarieta' Sociale, 2015, www.psychargos.gr.

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Tabella 1. Mental Health Units.

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