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  • Lo sport dans les sciences sociales : de chimère à réalité
    Marco Pasini (sous la direction de)

    M@gm@ vol.11 n.1 Janvier-Avril 2013

    LE FUNZIONI SOCIALI DELL’ASSOCIAZIONISMO SPORTIVO PER GLI IMMIGRATI IN DUE CONTESTI URBANI EUROPEI


    Sabrina Granata

    sabrinagranata@yahoo.it
    Dottore di Ricerca in Scienze Umane con il tema “sport e multiculturalismo”, ha conseguito il master di II livello in Diritti dei Migranti presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Catania. È Cultore della materia in Sociologia Generale ed ha collaborato con le cattedre di Sociologia della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Catania e con la Facoltà di Scienze economiche e sociali dell’Università Kore di Enna.

    Lo sport ha il potere di cambiare il mondo,
    ha il potere di ispirare,

    ha il potere di unire il popolo,
    come poche altre cose fanno.
    (Nelson Mandela)

    Introduzione

    L’attività sportiva e motoria praticata da migranti rappresenta un nuovo scenario di studi configurandosi come modalità verso l’integrazione sociale degli immigrati. Come messo in evidenza da alcuni studi di Giess Stüber, Didierjean, Fialovà, Heine, Mielcarek (2008, 25-35), Gasparini (2008b, 74-82; 2008a, 110-116), Aledda, Fabbris, Spallino (2006), Henry (2005, 1-22), Duran Gonzalez (2002), Porro (2002, 36-48), Medina Xavier (2002, 18-23) la pratica sportiva è diffusa e rappresenta per il “migrante” la conquista di uno spazio fisico e sociale che rappresenta la costruzione della propria identità in un contesto sociale diverso da quello di origine.

    Concordando con quanto dice Consoli (2006, 124), ovvero che «uno studio sistematico dell’associazionismo straniero e pro-immigrati potrebbe offrire interessanti spunti di riflessione, sia sulle caratteristiche del fenomeno migratorio sia sulle istanze di rappresentanza, focalizzando proprio la relazione tra dimensione territoriale dell’area di insediamento e diffusione del fenomeno associativo», si osserva che per gli studiosi del fenomeno migratorio è di particolare interesse l’aggregarsi in gruppi sportivi dei migranti nei luoghi di destinazione, apparentemente senza finalità o richieste specifiche ma palesemente intenzionati a conquistare uno spazio sociale.

    L’obiettivo del presente saggio è passare al vaglio l’ipotesi secondo la quale sia possibile sostenere che l’associazionismo sportivo costituito dai migranti o per i migranti, possa costituire una forma di interazione per promuovere, controllare e/o prevenire cambiamenti sociali e culturali. Attraverso i risultati di un’analisi comparativa tra le associazioni sportive di migranti in due metropoli europee [1], Roma e Madrid, si metterà alla prova l’ipotesi che pone in stretta connessione associazioni sportive ed integrazione degli immigrati, tentando di offrire una panoramica dalle innumerevoli sfaccettature sul tema dell’associazionismo sportivo dei migranti.

    Come fa notare Ambrosini (2003) «il consolidamento delle reti etniche in forme associative democratiche, trasparenti e aperte può segnare il passaggio a forme più sviluppate di rappresentanza». In particolare si riscontra tale discorso sulle reti migranti analizzate e che come sarà precisato meglio nel proseguo di questo lavoro, ruotano intorno alle pratiche sportive. Alla luce di queste premesse, le ragioni per cui gli immigrati scelgono e sostengono il gruppo sportivo sono diverse, da un lato riconducibili alla considerazione dello sport in quanto forma di linguaggio universale contribuisce alla costruzione ed al consolidamento dei legami tra le persone, dall’altro lato permette un riconoscimento concreto dell’identità degli stranieri nel territorio di destinazione.

    L’interesse per le migrazioni ed i piani attuati a favore del processo di integrazione degli stranieri in tutti i paesi europei sono incrementati nell’ultimo decennio [2] e non si evidenziano solo per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, ma anche per le iniziative di promozione sociale. Si sottolinea che «la promozione dello sport e dei suoi valori nel quadro dell’istruzione formale e informale può anche contribuire a combattere tutti i tipi di discriminazione operata in base alla razza, all’origine, al sesso o a qualunque altra circostanza personale, soprattutto in ambienti multiculturali» [3].

    Lo sport come momento costitutivo di un percorso per l’immigrato come occasione per integrarsi in una società diversa dalla propria può essere un’esperienza rilevante non solo sul profilo di un’integrazione lavorativa, ma anche legata alla sfera di vita sociale in particolare quella possibile in un contesto metropolitano [4]. Se si vuole favorire il processo di inserimento sociale degli immigrati che non sia visto come soluzione alla questione dell’ordine pubblico, occorre sviluppare forme di mediazione socioculturale creando la possibilità per ogni cultura di partecipare alla costruzione della cittadinanza locale [5].

    1. L’esperienza associativa degli immigrati per l’integrazione sociale

    L’integrazione degli immigrati è stato, e continua ad essere, tema focale ed argomento che sempre più si trova sotto i riflettori di quanti si occupano del fenomeno migratorio, ma anche di coloro che interagiscono con stranieri, per una continua situazione di sospensione, quella liminarità di cui parla Kaczyński (2000), in cui lo straniero si trova. Ma lo straniero non è più tale, nel senso che se il suo spostamento diviene stabile, è totalmente inserito nella società di arrivo e ne assorbe usi e costumi. Inoltre si parla sempre di più dei diritti di cittadinanza dal momento che la permanenza stabile degli immigrati genera politiche di integrazione sempre più mirate, costituendo spesso gruppi autonomi e spontanei e/o sempre più istituzionalizzati che entrano nel sistema organizzativo del paese ospite. Si ravvisa la volontà dei migranti di intraprendere percorsi di integrazione sociale attraverso la costituzione di gruppi ed associazioni.

    L’associazionismo è una forma molto diffusa tra gli stranieri che vivono in un territorio differente dal proprio e pare rappresentare oggi una modalità concreta e organizzata per rendere visibile la propria presenza come parte attiva della società. Seppur sia discutibile l’ipotesi che lo sviluppo dell’associazionismo rappresenti il diffondersi di progetti e pratiche d’integrazione politica e sociale [6], è pur vero che l’associarsi rappresenta una via possibile per mantenere viva l’attività sportiva che si praticava nel paese d’origine con la conseguenza di portare un po’ della propria cultura con sé.

    Va rilevato che un forte fattore di differenziazione è dovuto alla massiccia presenza di stranieri, soprattutto nelle grandi città [7], ed è dunque di particolare interesse evidenziare la maniera in cui queste diversità, etniche, religiose e culturali, vengono gestite [8].

    Nell’ottica dell’associazionismo cosmopolita numerosi studi hanno preso in considerazione i rapporti che si instaurano tra comunità migranti e paesi ospitanti sulla base di diverse variabili come la provenienza geografica e l’appartenenza etnica e sulle differenze culturali più evidenti. Tali rapporti implicano in ogni caso l’incontro con le istituzioni a volte problematico, ma decisivo nel riconoscimento di identità e diritti. Come sostiene Zanfrini (1998) «le associazioni di migranti possono giocare un ruolo fondamentale nei processi di integrazione dei migranti stessi all’interno della società che li ospita» [9]. A tal proposito è possibile osservare attraverso la considerazione di Ambrosini (2005), l’aspetto solidaristico dello sviluppo dell’associazionismo legato al processo di accoglienza e permanenza degli stranieri [10]. Forme associative di immigrati sono state fondate in tutti i paesi europei con fini sia di auto espressione culturale (incontro con i connazionali, celebrazione di feste e ricorrenze, ecc) che di affermazione della propria identità verso la società circostante [11]. All’inizio le associazioni hanno di solito carattere informale agendo da ponte tra le comunità di origine e le istituzioni politiche del paese di residenza, mediando tra istanze differenti ed attenuando i conflitti (Layton in Zincone 2000, 370).

    È emersa spesso la necessità di costruire misure di sintesi atte ad evidenziare differenze o similitudini nei comportamenti e nelle situazioni che coinvolgono immigrati e nazionali. Anche Oussaifi riferendosi alla presenza dei giovani immigrati [12] sostiene che lo sport, che è innegabilmente un agente d’inclusione, è «elemento qualificante delle politiche pubbliche fondate sull’integrazione come mezzo contro la dispersione e il disagio giovanile».

    Le città di Roma e Madrid costituiscono osservatorio privilegiato sulla base di quanto esposto precedentemente, perché caratterizzate da una storia di immigrazione simile diventando sempre più paesi di destinazione rispetto ad un passato di emigrazione (Pugliese 2002; Kaczyński 2006; Valero, Girone 2007) [13]. Le due città considerate rappresentano la realtà dei rispettivi Paesi differenziandosi per le caratteristiche associative dedicate allo sport ed alle politiche di integrazione attuate.

    1.2 Breve nota sulla metodologia di ricerca

    Prima di addentrarci, seppur sinteticamente nel tema proposto, è da sottolineare che la dimensione qualitativa della ricerca contribuisce ad una lettura critica dei dati raccolti attraverso le interviste i testimoni privilegiati che interpretando la realtà sociale offrono, in quanto componenti e attori del fenomeno osservato, un dato importante.
    Gli argomenti fondamentali affrontati nelle interviste rivolte ai presidenti e/o responsabili delle associazioni, riguardano aspetti motivazionali e problematiche legate alla vita associativa multietnica tra le quali: convivenza etnica nel gruppo ed in famiglia, la capacità di socializzazione dello sport, le opinioni sulle potenzialità dello sport di poter creare percorsi di integrazione sociale, le influenze del linguaggio sportivo sui costumi tradizionali ed in particolare le peculiarità etniche [14].

    La scelta metodologica dello strumento dell’intervista deriva innanzitutto dalla considerazione che l’espressione di motivazioni e atteggiamenti cercando di lasciare gli intervistati liberi di strutturare un proprio discorso cercando di evitare interruzioni della narrazione ricorrendo solo quando necessario a rilanci [15].

    L’ordine delle questioni affrontate non è stato sempre lo stesso, dunque la traccia elaborata preliminarmente all’effettuazione delle interviste è stata applicata come suggerisce Corbetta (1999: 405) secondo «uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione».

    2. Specificità locali a confronto: Roma e Madrid

    La pratica sportiva associativa ha costituito il campo di osservazione privilegiato nell’ambito degli studi sociologici, ma anche di natura economico-politica laddove la mobilitazione intorno alla migrazione genera o può influenzare cambiamenti sociali e culturali nel contesto urbano ed anche trasformazioni nelle politiche pubbliche. Dunque al fine di approntare uno studio sull’integrazione degli stranieri saranno presentate una serie di interviste in profondità mettendo in evidenza i tratti salienti delle conclusioni della ricerca sul campo.

    La realtà sportivo-associativa di Madrid è parecchio variegata; è rilevante che le associazioni volontarie a finalità sportiva sono riconosciute ed incentivate alla crescita dalle istituzioni locali, ed inoltre offrono diverse opportunità per impiegare il tempo libero a quanti si trovano nella grande metropoli spagnola sia occasionalmente sia stabilmente. Tramite alcuni primi contatti estrapolati da un indagine svolta presso l’Inef (Istitudo Nacional de Educacion Física) di Madrid, è stato possibile costruire una serie quanto più completa di contatti. Sono stati intervistati tredici presidenti delle associazioni sportive di migranti esistenti sul territorio [16].

    Emerge fondamentalmente che la presenza associativa a Madrid è sempre più preponderante e minuziosamente organizzata per cui la Federaliga a cui aderiscono la maggior parte delle associazioni, testimonia l’articolazione in varie figure e differenti organi di controllo oltreché di gestione sia delle singole partite sia degli eventi più importanti [17]; in secondo luogo si segnala un alto livello di integrazione all’interno delle comunità immigrate da parte di tutte le nazionalità seppure un’eccezione va rilevata per quanto riguarda gli immigrati di origine magrebina; infine merita attenzione l’assistenza ed il mutuo soccorso che le associazioni offrono agli immigrati non solo attraverso attività sportive, ma anche attività di inserimento sia dal punto di vista linguistico sia da un punto di vista professionale.

    Una certa riconoscenza è manifestata a vari livelli verso la comunità autoctona per piccoli, ma concreti gesti di aiuto e sostegno e per il superamento della condizione di straniero. Non si escludono né si sottovalutano quei casi in cui ancora si riscontra ostilità e diffidenza nei confronti degli immigrati, soprattutto quando si tratta dell’assenza dei necessari permessi di soggiorno.

    Diverse motivazioni spingono all’associazionismo ed il deporte inmigrante, così come lo denominano in Spagna,può contribuire ad attivare processi di identificazione interna al gruppo, ma anche di appartenenza comunitaria locale. I membri delle associazioni sono prevalentemente si nazionalità latino-americana ed in particolare si è rilevata la presenza in maggior misura di ecuadoriani, boliviani, paraguai, mentre in misura minore vi sono magrebini, africani e spagnoli.

    L’esperienza personale dei responsabili e presidenti delle associazioni assieme alla nascita delle loro associazioni sportive fornisce una prima chiave di lettura del movimento associazionistico in una prospettiva comparativa. Nel caso di Madrid occorre tener presente la condizione che gli immigrati vivevano prima che ci fosse un vero e proprio fenomeno di associazionismo, fenomeno divenuto quasi una necessità per via del divieto di giocare nei luoghi pubblici all’aperto, per cui l’unico modo per continuare a praticare lo sport era associarsi [18].

    L’esistenza delle associazioni ha dato anche il giusto sostegno, permettendo la regolarizzazione innanzitutto trovando lavoro e conseguendo il permesso di soggiorno (DNI). Ma le motivazioni non sono esclusivamente utilitaristiche. A questo proposito ci sembra interessante notare ciò che è stato precisato dal presidente della Confradernidad Ecuadoriana (che si chiama così sia per la composizione di differenti nazionalità, sia per sottolineare la volontà di con-fraternizzare)

    quando si è lontani dalla famiglia d’origine: attraverso lo sport è possibile conoscere ed integrarsi con altre persone.

    La lontananza è un tema ricorrente nelle dichiarazioni degli intervistati a Madrid, le cui associazioni rispondono all’esigenza di occupare il tempo libero. Riportando quanto detto da un intervistato

    il fatto di stare lontani dal tuo paese come immigrato significa molte cose. La lontananza della famiglia, degli amici può anche causare diverse cose ed anche farsi trascinare nell’alcool, ciò che non è permesso dalla società» (René 50 anni).

    Lo sport costituisce non solo un importante mezzo di integrazione, ma anche di allontanamento dalle cattive pratiche. Lo sport, secondo quanto sostenuto da Heinemann (2002, 25) [19], «parla tutte le lingue, si dice sia un fenomeno globale, superculturale, sulla base di alcune caratteristiche» come la comprensione comune delle regole. Lo sport per tutti che non conosce frontiere di origini sociali, culturali religiose ed anche il carattere socializzante attraverso il quale si trasmettono norme e valori. Infatti dalle testimonianze raccolte emerge anche che

    nello sport non c’è molto da scoprire (René 50 anni)

    e che molte questioni hanno trovato diverse risposte come ad esempio la partecipazione della donna a giochi di squadra.

    Il risultato, però, potrebbe anche essere quello di marginalizzare tutti gli immigrati nelle associazioni sportive anche se dall’altro lato non pochi confessano una grande disponibilità della popolazione autoctona ad accogliere la diversità.

    Come riferito da Duran Gonzalez (2002, 179-200), vi è sempre una condizione di ingiustizia che tende a marginalizzare questi gruppi etnici in ghetti, in particolare ci troviamo di fronte ad una serie di concetti strettamente intrecciati: immigrazione, classe sociale, marginalità urbana. Il ruolo più importante dell’attività sportiva «è aiutare a facilitare un intercambio sperimentando l’accettazione da parte di gruppi molto diversi. Così attraverso la stessa pratica sportiva si possono stabilire nuovi equilibri, che partono più che dalla persona dal dialogo astratto tra le culture […] permette di aiutare un processo di sviluppo. L’incorporazione di determinati individui e gruppi con problemi importanti di esclusione sociale attraverso un meccanismo di bricolage» (Maza Gutiérrez 2002, 65).

    La maggior parte degli intervistati sottolinea entusiasticamente il carattere di amicizia che si instaura e che scaturisce proprio dall’aggregarsi. L’amicizia si configura come risultato e, come rilevato dalle testimonianze che sostengono il

    beneficio che deriva dallo stare nello sport (Wilson 45 anni)

    e precisando che nelle associazioni sportive di cui fanno parte

    la cosa più bella è che si fa amicizia con moltissime persone di differenti nazionalità, di differenti abitudini e che da questo si impara moltissimo […] con le persone che mai hai conosciuto» (Jaime 40 anni).

    Come emerge dall’esperienza spagnola, il fenomeno dell’associazionismo può a pieno titolo definirsi di ampia portata; il deporte inmigrante costruisce un processo di integrazione coinvolgendo il tessuto sociale compreso il dialogo con gli organi istituzionali. Infatti si registra la partecipazione dell’Assessorato all’immigrazione alle manifestazioni promosse dalle associazioni sportive dei migranti di Madrid.

    Una consistenza differente assume il movimento associazionistico a Roma, dove i flussi migratori hanno origine da meccanismi diversi da quelli della Spagna. La realtà sportivo-associativa a Roma assume differenti forme rispetto a quella spagnola ed in particolare riguarda la proposta associativa per iniziativa di autoctoni più che di migranti.

    Nel rintracciare associazioni sportive esistenti a Roma in cui fossero presenti immigrati si è riscontrata una certa difficoltà sia per l’incompletezza delle informazioni all’interno delle associazioni interpellate, sia perché si è verificata spesso una carenza di immigrati in esse presenti e conseguentemente dei soggetti ritenuti testimoni privilegiati. È stato possibile rintracciare le più importanti associazioni sportive e di assistenza agli immigrati legandole ad un unico filo rosso che è quello del coinvolgimento degli immigrati nella comunità di accoglienza mediante le pratiche sportive [20].

    L’indagine nella metropoli italiana è stata condotta grazie ai contatti con le associazioni sportive più grandi come il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e l’Unione Italiana Sport per tutti (UISP), ma anche con quelle di dimensioni più ridotte prevalentemente pro-immigrati e nate spontaneamente. Attraverso il CONI (contando soprattutto sul fatto che si tratta di una tra le più grosse associazioni con un grande numero di tesserati) non è stato evidenziato alcun risultato rilevante dal punto di vista dell’integrazione degli stranieri [21]; mentre con l’UISP si è risaliti ad una rete di contatti con associazioni sportive e solidaristiche (che svolgono attività di incontro e di impegno costante e soprattutto la preparazione ai Mondiali Antirazzisti). Abbiamo intervistato in totale otto tra presidenti e responsabili di associazioni e gruppi ove fossero presenti immigrati [22].

    Le altre associazioni sportive che si occupano di integrazione degli stranieri sono: l’Arci, che è principalmente un’associazione solidaristica rivolta all’accoglienza degli immigrati ed opera per un inserimento lavorativo e sociale e si occupa in buona parte dei Rom [23]; l’Acli (Associazione Cattolica Lavoratori Italiani), nella fattispecie è l’Associazione Sportiva Acli che si organizza per offrire assistenza soprattutto legale anche a stranieri, ma anche occasioni di svago, ed infine anche l’associazione ecuadoriana di calcio.

    L’atto volontaristico di riunirsi, secondo quanto raccontato dal presidente dell’associazione ecuadoriana, si è posto quasi come una modalità per contrastare l’etichetta di migranti e di extracomunitari e poter fare dei passi avanti nello sport, sostenendo che

    la verità su questa esperienza è che sto qui in associazione, e si vede all’inizio da quando noi come migranti volevamo unirci per questa associazione, dal momento che siamo tutti migranti, siamo extracomunitari, perché non si può fare nessun passo avanti nel campo sportivo se non siamo associazione. Così abbiamo pensato di riunirci in associazioni e darci maggior forza con il Comune, con l’Uisp, ecc (Andres 52 anni)

    È rilevante l’importanza attribuita all’associarsi che rappresenta un modo di essere per relazionarsi con gli altri [24].

    Attraverso lo sport e la formazione dell’associazione dal punto di vista istituzionale si vede la possibilità concreta di far parte del contesto sociale, di avere una vera e propria visibilità, uno spazio concreto, una possibilità ottenuta attraverso il campo da gioco come una sorta di diritto che consegue dal trovarsi in Italia. L’associazione sportiva è un’alternativa ed una valida risposta al processo di accettazione nel contesto. Infatti come riferito dal presidente del gruppo “operatore dei campi nomadi”

    sicuramente viviamo in un contesto culturale dove l’altro è diverso da noi; è un altro che va allontanato, a volte va picchiato, mentre nella nostra esperienza, nel calcio, abbiamo trovato una sorta di luogo di incontro perché se nel calcio è insito il fatto che nel rettangolo di gioco avviene una guerra, perché è uno che si scontra contro l’altro, una squadra che è contro l’altra; però poi ci sono degli squilibri dati dalle regole che ci sono all’interno di questo rettangolo e del rispetto dell’avversario, perché senza avversario non ci sarebbe stata questa partita di calcio. Per cui tutta una serie di situazioni hanno fatto si che il campo di calcio diventasse il luogo dove la guerra diventa simbolica, nel senso che fuori dal rettangolo di gioco esiste il conflitto, ma all’interno del calcio si può costruire multiculturalità, si può costruire fratellanza, si può costruire pace (Rino 45 anni)

    Tra le motivazioni che spingono gli operatori e gli educatori sportivi alle attività svolte con gli stranieri ed i rifugiati politici vi è il tema della lotta al razzismo, alle discriminazioni di ogni genere. Sostanzialmente l’obiettivo fondamentale delle associazioni che hanno natura volontaria, auto-gestita ed auto-finanziata –riportando le parole del responsabile sportivo dei Liberi Nantes, è quello di

    diffondere l’attività sportiva e ricreativa all’interno della comunità degli immigrati (Gianluca 38 anni)

    soprattutto nei casi in cui è ancora presente una forte componente razzista e discriminante.

    Anche il presidente della polisportiva All Reds Giovanni (43 anni) della All Reds sostiene che lo sport contenga forti potenzialità anche se esistono delle contraddizioni per cui il progetto che porta avanti con la squadra

    è un progetto di carattere totalmente auto-organizzato che nasce da una questione particolare legata allo sport e alle contraddizioni del mondo sportivo e che ha pensato fosse ad un certo punto importante cominciare ad offrire delle proposte di critica al mondo sportivo per come sta funzionando in questo paese (Giovanni 43 anni)

    Le associazioni di migranti e per i migranti rappresentano un reale modo di integrarsi nella comunità autoctona e l’elaborazione ermeneutica delle testimonianze raccolte può consentire di stilare una serie di considerazioni conclusive in risposta al quesito principale dell’indagine.

    3. Conclusioni

    Sebbene non si possa pervenire a conclusioni definitive, sia per la tematica affrontata, oggi in continua evoluzione, che per la metodologia adottata, si possono mettere in evidenza alcune considerazioni conclusive che sembrano maggiormente significative per cogliere e comprendere l’associazionistico sportivo degli immigrati [25].

    Dalla lettura ermeneutica delle interviste emergono anche altri elementi fondamentali, ovvero che la realtà sportivo-associativa crea sicuramente una rete tra coloro che praticano sport ma anche con i non praticanti vivendo sul medesimo territorio dei gruppi di immigrati che praticano sport.

    Lo sport nella sua veste di attività preposta alla socializzazione, possedendo un proprio linguaggio comunicativo universale, può essere utilizzato anche come mezzo di apprendimento e conoscenza di tutto un contesto che ha un linguaggio differente dal proprio. Come dice anche Medina Xavier (2002, 22) «lo sport è capace di integrare, di convertire simbolicamente “quelli di fuori” in “quelli di dentro”; questo avviene esattamente perché è uno strumento capace di dare identità, di generare identificazione negli individui e perciò, di renderli partecipi, anche simbolicamente, di una stessa realtà, di condividere e sentirsi parte di qualcosa di comune; in definitiva, di convivere».

    Come ha scritto Smelser (1991, 599) a proposito del comportamento collettivo, esso può essere ascritto al gruppo sportivo che provoca un tentativo di cambiare la situazione sociale, per cui gli spazi occupati dagli stranieri sembrano destinati ad essere importanti in un ampio discorso sul movimento sociale.

    In entrambe le realtà metropolitane prese in esame si nota una carente politica d’integrazione mirata e, quand’anche vi fosse qualche iniziativa, si tratta di chiaroscuri sui quali sarebbe necessario far luce presto. A tale realtà politica si oppone con una certa energia l’iniziativa spontanea, che diventa sempre più organizzata per poter soddisfare i propri bisogni. La realtà di Madrid pare sia più aperta ad accogliere le associazioni di stranieri che praticano sport, soprattutto dal punto di vista istituzionale. L’associazionismo che si intesse grazie al dialogo con le autorità locali, spesso aperto alle sole comunità di stranieri, soprattutto latino-americani [26], evidenzia una sorta di auto-segregazione dove pare che l’accettazione da parte della comunità corrisponda alla conservazione dei propri costumi e tradizioni anche nel modo di praticare il gioco del calcio.

    Mentre la situazione italiana appare non solo limitata ed inconsistente rispetto al numero di stranieri presenti nella metropoli, ma anche caratterizzata dall’atto volontaristico dei suoi protagonisti. Gli italiani, infatti, sono prevalentemente gli organizzatori delle attività che coinvolgono stranieri di varie nazionalità. In queste osservazioni si riscontra la verità di quanto afferma Golini (2006, 53-74) riferendosi ai processi migratori ed all’integrazione nella società di arrivo; egli sostiene che si tratta di «fenomeni complessi e dinamici che coinvolgono un vasto insieme di soggetti e che richiedono un articolato spettro di risposte e interventi da parte dell’autorità».

    Se il percorso per la costruzione dell’identità compiuto dagli stranieri attraverso lo sport si attua attraverso il dialogo con le istituzioni, per alcune categorie di immigrati la propria integrazione si può definire raggiunta, come è possibile evincere soprattutto nel caso di Madrid, meno nel caso di Roma, in cui il riferimento all’integrazione è spesso compiuto sulla base delle condizioni abitative, del disbrigo delle pratiche di regolarità dei permessi di soggiorno, ma poco riguarda la vita sociale e del tempo libero.

    Nel caso di Madrid l’interazione tra i membri della comunità autoctona e straniera è in atto ed in generale si respira tolleranza e scambio culturale mentre a Roma a parte i pochi sensibili ai problemi delle persone straniere si registrano alti livelli di intolleranza.

    Il mezzo sportivo come mezzo d’integrazione è di recente concezione e trova pochi spazi. La questione fondamentale, ostacolo all’integrazione è sempre quella legale; sono molti operatori che continuano a ritenere che, finché le condizioni per accedere alla cittadinanza rimarranno rigide, sarà difficile includere gli stranieri nel sistema dando vita ad una condizione in cui diritti e doveri siano strettamente interconnessi. Come aggiunge Golini (2006, 64) «non è pensabile che un bambino nato in Italia da genitori stranieri, che viva con continuità in Italia e ne frequenti le scuole, resti straniero fino al diciottesimo anno d’età».

    Nello scenario attuale l’inserimento degli immigrati nella nuova società deve passare attraverso il rispetto doveroso delle culture e dei principi fondamentali, come l’uguaglianza di fronte alla legge, l’inviolabilità dei diritti umani individuali, la laicità dello Stato e la democrazia come strumento di convivenza in un clima di pluralismo culturale e di tolleranza, e tale progetto relazionale in Italia non si è ancora certamente attuato.

    Il dibattito a livello europeo sta sempre più alimentandosi di contributi che sottolineano quanto sia imprescindibile la pratica sportiva come modalità di coinvolgimento degli stranieri nella vita sociale [27]. Aledda (2006, 37) sottolinea che lo sport nel tempo tende ad attenuare i confini tra le diverse etnie, che si mostrano così fortemente intrecciate tra loro e spesso anche tramite vincoli familiari e matrimoni misti. Lo sport “parla” un linguaggio universale da tutti compreso, che può superare le barriere linguistiche riducendo le distanze culturali.

    Orientare dunque la pratica sportiva all’integrazione potrebbe costituire un prezioso contributo all’integrazione, in una società pluralista in cui la diversità non dovrebbe essere più considerata come uno stigma, ma come fonte di arricchimento personale e collettivo.

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    Note

    1] Il presente articolo riprende anche alcuni dati della ricerca di Granata (2011) realizzata attraverso la raccolta di interviste in profondità tra Aprile ed Ottobre 2009.

    2] Si vedano a tal proposito Di Sciullo L., Pittau F., Schmitz K. (a cura di) (2008), Da immigrato a cittadino: esperienze in Germania e in Italia, Roma, Idos, ed il testo di Federici S., Pittau F. (a cura di) (2012), Comunicare l’immigrazione, Bologna, Idos.

    3] Per approfondire il tema vedi il documento dal titolo «Sport come fattore di integrazione sociale» stilato in occasione del XXI Forum europeo tenutosi nel 2004 proclamato Anno Europeo dello Sport.

    4] Tratti sociologici distintivi si possono riscontrare nelle metropoli in quanto spazi di convivenza ed anche di affermazione della propria identità come hanno messo in evidenza Diamanti e Bordignon (quinto rapporto Immigrazione e Cittadinanza in Europa 2005). Utili approfondimenti sul nesso spazi urbani e integrazione degli immigrati possono leggersi anche con La Cecla (1987, 69-70), Giacalone (2005, 13) e Santagati (2004, 35-50),

    5] La legge del 1992 rafforzò il carattere ereditario della cittadinanza italiana; l’elemento di jus sanguinis come principale criterio di acquisizione, rispetto alla legge del 1912. Secondo quanto osservato da Zincone (2000, 94) «i Paesi di emigrazione tendono a privilegiare lo jus sanguinis (la discendenza) per mantenere i legami con gli espatriati e i paesi di immigrazione tendono a privilegiare lo jus soli (la nascita sul territorio) per favorire la stabilizzazione e l’integrazione». Dunque l’Italia ha fatto una legge da paese di emigrazione quando era già diventata paese di immigrazione non offrendo ancora soluzioni opportune in risposta alla questione della cittadinanza per coloro che vivono e si comportano da cittadini dello Stato italiano.

    6] In una ricerca del Cnel del 2002 si è tentato di rispondere a degli interrogativi sulle associazioni promosse da stranieri: quante sono? Come e dove nascono? A quali gruppi fanno riferimento e come questi guidano le diverse strategie di inserimento sul territorio? Tradardi (2002, 53-60) riporta che il numero di associazioni censite dall’indagine è superiore rispetto a quello reale, e che le associazioni di stranieri, eccetto le più grandi ed “istituzionalizzate” sono soggette a continui cambiamenti. La questione della partecipazione alla vita pubblica è essenziale nel quadro normativo in materia di integrazione come, appunto riporta il Testo Unico sull’immigrazione affidando all’associazionismo un ruolo decisivo per l’inserimento sociale.

    7] La scelta della città, come sostiene Sassen (1999, 9) «si è rivelata in ogni epoca luogo dell’eterogeneità, in particolare nei contesti che hanno subito l’impatto della rivoluzione industriale: le migrazioni, internazionali e interregionali, di lavoratori in Europa hanno rappresentato una componente strategica nella storia dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione negli ultimi trecento anni».

    8] Procacci (1999) a proposito del dibattito sul tema della differenza evidenzia come la riflessione sociologica privilegi le diversità culturali, individuando come principale sfida il bisogno di rendere compatibili le differenze e la coesistenza dei gruppi, accantonando i problemi di cittadinanza sociale e senza intervenire sulle disuguaglianze.

    9] Interessanti studi sull’associazionismo sono quelli di Caselli (2008, 127, 115-116) nell’area milanese che ha prodotto un utile excursus breve sull’evoluzione storica del fenomeno associazionistico di migranti in Italia ed ha messo in evidenza non solo come il fenomeno associazionistico sia poco studiato, ma anche che «le associazioni di migranti hanno la possibilità di porsi come attore fondamentale nei processi di integrazione e nella gestione di problemi legati alla multi etnicità». Le associazioni di migranti potrebbero essere considerare il punto di riferimento chiave per una funzione di intermediazione tra i migranti stessi e le istituzioni locali, ponendosi come risolutrici di problematiche legate all’immigrazione. Un significativo contributo proviene anche da Consoli (2006, 126-130) analizzando l’associazionismo straniero sul territorio catanese, evidenziandone il carattere di tipo solidaristico e culturale, ma anche con un orientamento di apertura alle relazioni con le istituzioni politiche.

    10] La ricerca condotta dalla Fondazione Corazzin di Venezia promossa dal Cnel (Tradardi 2002, 54) pur sottolineando la difficoltà di raccolta dei dati per l’individuazione di tutte le tipologie associative attive sul territorio nazionale, evidenzia che in Italia sono circa 893 le associazioni di cittadini stranieri di cui sono stati ottenuti circa 600 nominativi e l’individuazione di 200 associazioni prevalentemente si natura comunitaria. Molte sono solo costituite come gruppo costitutivo con scarso rapporto con il mondo esterno, altre pur mantenendo una forte etnicità di riferimento tendono ad attivare uno scambio interetnico.

    11] Come testimoniato attraverso alcune ricerche svolte in Italia, il Terzo settore è effettivamente capace di valorizzare e rafforzare il capitale sociale nelle sue forme, ma non vi è visibilità e comunicazione delle organizzazioni del terzo settore e ciò comporta effetti negativi come la difficoltà di diffondere le razioni della solidarietà in una cultura spesso conflittuale, economicistica oltreché la debolezza nel promuovere nuove opportunità di crescita civile nella società. Martelli in Donati e Colozzi 2006, 249.

    12] Per giovani immigrati ci si riferisce a coloro che sono arrivati in Italia tramite il ricongiungimento familiare, affrontano sfide molto dure come emigrare in un paese di cui spesso non conoscono la lingua, le usanze, la cultura e pertanto devono ricostruire da capo legami sociali spesso in una fase delicata come l’adolescenza. Oussaifi in www.anolf.it (2010).

    13] Come riportano Domingo e Gil (2007, 75) i paesi del sud dell’Europa ed in particolare Italia e Spagna sono stati senza dubbio i due principali protagonisti della crescita dell’immigrazione straniera durante il primo quinquennio del XXI secolo nell’Unione Europea, assieme ad altri paesi come l’Irlanda, che si caratterizzava fino a poco tempo fa per essere Paese d’emigrazione.

    14] Per ulteriori approfondimenti vedi Granata 2011, 154 e 163. Un’analisi più approfondita sulla vita associativa (numero di associati e provenienza, squadre, siti web e utilizzo dei social network) è parte di un work in progress.

    15] Secondo la classificazione compiuta da Bichi questa modalità di intervista è “individuale” e possiede le proprietà di standardizzazione, ossia la stabilità come invarianza orizzontale degli atti di interrogazione, che non mutano da intervistato a intervistato, e la direttività cioè la possibilità da parte del ricercatore di stabilire i contenuti dell’intervista o anche, rovesciando il punto di osservazione, la non-libertà, da parte dell’intervistato, di decidere i contenuti delle sue risposte. Bichi, 2007: 20-34.

    16] Le associazioni, denominate Liga appartenenti alla Federaliga, che hanno accettato la realizzazione dell’intervista sono: la Liga Colombiana, la Confederacion sudamericana de futbol, la Liga APEM (Asociación de Pueblos del Ecuador en Madrid), la Liga de la Asociación Deportiva Amistad, la Liga por la integracion, la Liga Amistad Pan Bendito, la Liga Hispano Ecuatoriana, la Liga Integración Latinoamericana, la Liga Mundo Deportivo, la Liga Confraternidad Ecuatoriana, la Liga Multicultural, la Liga de la Asociación de Inmigrantes de Fuenlabrada (Asodefu), la Liga de Fútbol Residentes en Madrid.

    17] Il presidente della Federaliga sottolinea un suo consistente impegno ed una responsabilità non solo nei confronti di tutti gli immigrati associati e delle loro famiglie, ma anche nei confronti della comunità autoctona verso cui si mostra una certa riconoscenza.

    18] Alcuni problemi permangono per il noleggio dei campi da gioco idonei sia per i costi elevati sia per la penuria sul territorio.

    19] Heinemann, sociologo dell’Università di Amburgo ha partecipato al convegno tenutosi a Barcellona su Sport e immigrazione comparando l’immigrazione spagnola a quella tedesca e le possibilità di progetti di integrazione attraverso lo sport. In Apunts, Educación física y deporte. Deporte e inmigración, n° 68, Barcellona, II trimestre 2002, 24-35.

    20] Diversi sono stati i canali informativi per costruire la mappa delle associazioni, ma il più consistente contributo è stato dato dall’Uisp che si occupa di organizzare i mondiali antirazzisti evento rilevante nel discorso dell’inclusione sociale.

    21] Nelle circa 30 Federazioni principali del Coni vi è sempre un tetto massimo di possibili tesseramenti per stranieri presenti regolarmente sul territorio.

    22] Le associazioni di Roma che hanno concesso l’intervista in profondità sono: Ecuador Amazzonico, Liberi Nantes, Polisportiva All Reds, Operatori campi nomadi, Squadra Rom, Arci-Rom, Unione Sportiva Acli. Le nazionalità riscontrate nelle associazioni sono prevalentemente: latino-americana, magrebina, africana ed i Rom sono provenienti per lo più dalla Bosnia-Erzegovina.

    23] A proposito dei Rom si evince dalle dichiarazioni degli intervistati che si tratta di persone presenti sul territorio da molti anni e che dunque non si dovrebbero considerare “stranieri”, ma allo stesso tempo non sono inclusi ed integrati e continuano ad essere considerati dei diversi. Vedi Enar 2008 su www.programmaintegra.it. L’Arci gestisce, nella complessità della macchina organizzativa sociale, dei progetti di durata annuale sulla scolarizzazione dei bambini Rom che comprendono il legame tra la scuola e famiglia ed anche le attività ludico-sportive.

    24] È da sottolineare che lo sport risulta essere una componente della cultura ecuadoriana e delle popolazioni latino-americane. Un’interessante ricerca dell’Osservatorio Romano sulle migrazioni (Caritas di Roma 2008, 307-315) rileva una presenza massiccia di associazioni latinoamericane a Roma.

    25] Il metodo di rilevazione non consente generalizzazioni perché molte associazioni e gruppi volontari andrebbero ancora scoperti per cui il campo d’indagine è vasto in entrambe le realtà associative metropolitane prese in esame.

    26] L’inserimento di comunità latino-americane in Spagna è incoraggiato sicuramente dalla lingua comune e da una certa comunanza di tradizioni culturali.

    27] Ci sono numerosi esempi a riguardo e come specificano Henry (2005, 11) Maza Gutiérrez (2002, 58) e Kennett (2005) si tratta del capitale personale, dallo sviluppo di alcune abilità e di competenze personali delle quali beneficia l’individuo ma anche la comunità nella quale vive.

     



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