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  • Lo sport dans les sciences sociales : de chimère à réalité
    Marco Pasini (sous la direction de)

    M@gm@ vol.11 n.1 Janvier-Avril 2013

    FILOSOFIA E SPORT: LA PECULIARITÀ DEL LABORATORIO ATRIANO


    Luca Gasbarro

    lgasbarro@unite.it
    Dottore di ricerca in Critica storica, giuridica ed economica dello Sport (XXI Ciclo) presso l'Università degli Studi di Teramo con un lavoro dal titolo Tra gioco e sport. Un'analisi dello sport professionistico alla luce della dottrina sociale della Chiesa, ha conseguito presso lo stesso Ateneo, oltre la Laurea in Scienze Politiche (V.O.) con una tesi in Storia della Filosofia Politica dal titolo La prestazione politica. Potere, autorità, Stato in Thomas Hobbes e Carl Schmitt, il Master di Primo Livello in Diritto ed Economia dello Sport.

    Introduzione

    La poliedricità e la fertilità scientifica del fenomeno sportivo ormai è cosa nota. Anche in Italia, negli ultimi anni, sono stati sviluppati numerosi studi sullo sport. A tal proposito risulta rilevante l’attività di ricerca svolta nell’Università degli Studi di Teramo dal così definito “laboratorio atriano” [1]. Vale a dire il centro di studi [2] sito nella sede distaccata dell’Ateneo teramano della città di Atri.

    All’interno di tale “laboratorio”, fin dall’inizio delle sue attività, la riflessione filosofica intorno allo sport [3] si è andata ritagliando un significativo spazio. Non sono, tuttavia, da negare le problematicità riscontrate nel far emergere un tale tentativo speculativo.

    Le difficoltà possono essere rintracciate nell’impostazione metodologica scelta dalle più generali “scienze dello sport”. In particolare, ad esempio, quando queste si sono trovate a rispondere circa la “vera natura” dello fenomeno sportivo.

    Un problema metodologico?

    Nel 2009, Giuseppe Sorgi afferma: “L’opinione, ancora viva oggi, è che in questi anni, non si è evitato che una lettura riduzionistica e meccanica della pratica sportiva sia divenuta una tra le cause più ingombranti del ritardo della nascita di un autonomo sapere scientifico dello sport capace di tracciare – con autorevolezza – i confini del proprio oggetto, decretando, inoltre, nei confronti di alcuni fenomeni recenti diverse letture particolaristiche e relativistiche povere di contenuti e di prospettiva” [4].

    Il problema metodologico è sollevato anche in altre circostanze da Giuseppe Sorgi. In occasione, ad esempio, dell’Introduzione a Ripensare lo sport. Per una filosofia del fenomeno sportivo [5], edito da Guaraldi nel 2010, oppure, più recentemente, nell’intervento, Per un’etica dello sport oggi, all’interno del Convegno, Le scienze dello sport: il Laboratorio atriano,tenuto ad Atri nel maggio scorso, i cui atti sono stati pubblicati dall’Edizioni Nuova Cultura [6].

    Ripercorrendo e ricomponendo in sintesi tali spunti è possibile notare come la problematica sia presa in considerazione sostanzialmente su due piani.

    Il primo, quello generale, si riferisce all’approccio di studio nei confronti del fenomeno sportivo. Fino alla nascita dell’esperienza teramana, infatti, lo sport aveva trovato accoglimento scientifico solo in un ambito medico-motorio in particolare nell’esperienza degli ISEF e, poi, nelle facoltà di Scienze Motorie. Dunque, l’esigenza rilevata era quella di rivolgere lo sguardo allo stesso fenomeno con un taglio multidisciplinare al fine di evitare un tipo di indagine soggetta a chiavi di lettura semplificate. Tale particolare passaggio è riconducibile ad un ulteriore riferimento: il «Manifesto di Atri» [7], del maggio 2006, che “pubblicizza” e chiarisce i motivi della scelta operata dall’Ateneo teramano anni addietro nel volersi aprire ad uno studio dello sport su basi differenti [8]. Tale documento può essere richiamato quale segno distintivo dell’opera scientifico-formativa portata avanti nel tempo, in particolare, quando si afferma che “sport e cultura si possono far confluire in un unico concetto, semplicemente accentando quella congiunzione” allora “Sport è cultura, sia nella sua dimensione tecnico-scientifica che come espressione dell’individuo o di una comunità” [9]. Il concepire lo sport come “fatto culturale” e non solo, quindi, come attività fisico-motoria, conduce a diverse conseguenze tra cui il considerare, sullo stesso piano, nel senso di pari “dignità scientifica”, le varie prospettive ermeneutiche per mezzo delle quali tale fenomeno può essere indagato [10].

    Il secondo piano, circa la riflessione sul metodo, attiene ad una presumibile precedenza logica della prospettiva filosofica – si badi bene precedenza non superiorità – rispetto alle scienze empiriche riguardo ai problemi che affliggono l’universo sportivo. In particolare quando le scienze empiriche “si sono trovate a rispondere con non poche difficoltà – non sul come, ma sul perché – di alcune problematiche sempre più pressanti. Per citarne solo alcune si pensi alla questione del doping; alla violenza; al non rispetto delle regole; alla violazione del fair play; alla professionalizzazione “esasperata” dello sportivo praticante; alla continua ingerenza dei mezzi comunicativi nella pratica sportiva” [11].

     “L’errore intellettuale che in molte occasioni si è compiuto”, sostiene Sorgi, “è stato proprio quello di ritenere metodologicamente corretto affidare a tali riflessioni il compito di chiarire la vera essenza dell’oggetto della ricerca, cioè lo sport. E, poi, chiedere a queste le possibili risposte o rimedi alle questioni prima evidenziate. Rimedi che però si sono rivelati semplicisticamente parziali oltre che inefficaci, appunto perché limitati ad una descrizione fattuale (del come) dei fenomeni in atto” [12].

    Quindi, dando seguito a tale riflessione “mentre le scienze (come la psicologia, la sociologia, la pedagogia  ecc. ecc.) hanno per oggetto dei fatti, studiati mediante rapporti necessari di causa-effetto (scienza come sfera dell’essere), la filosofia si concentra, al contrario, sull’indagine dei “valori” propri nel caso specifico del mondo sportivo (filosofia come sfera del dover essere)” [13].

    Tradotto in termini più chiari: alla filosofia, anche in tema di sport, spetta metodologicamente il compito di cogliere quei principi etici che dovrebbero governare [14] lo stesso modus agendi dell’uomo sopperendo alla mancanza – oramai constatata – di mezzi teoretici per collocare un’etica dello sport all’interno dell’ordine globale della società e, soprattutto, per decidere, nei casi pratici, a quali finalità sociali lo sport debba essere sottoposto e a quali debba al contrario essere anteposto [15]. Offrendo, quindi, risposte filosoficamente fondateai perché delle problematiche citate in precedenza [16].

    Alcune prospettive ermeneutiche

    Su questa traccia sono da accogliere e da analizzare alcuni testi pubblicati in seno al laboratorio “atriano”.

    Trovare, infatti, la giusta collocazione dello sport all’interno dell’ordine dei fini su cui la società prende forma è il tentativo condotto da Giovanni Franchi in Appunti di etica sociale dello sport (Aracne 2007), trasfondendo un metodo d’analisi filosofico-morale – fondato su basi politologiche, giuridiche, storiche e di teoria delle culture – nell’ambito particolare dello studio del mondo ludico-sportivo.

    Il percorso proposto da Giovanni Franchi è strutturato su un’analisi filosofica dello sport mediante una chiave di lettura rintracciabile nel concetto di differenziazione materiale e spirituale dell’essere umano nella storia della civiltà occidentale. È grazie ad esso che l’autore introduce e fissa i termini speculativi della sua indagine chiarendo propedeuticamente non solo la natura dello sport, ma la strutturazione della società composta di vari sottosistemi di cui lo sport stesso fa parte e dei quali viene messa in evidenza l’essenza e il rapporto reciproco.

    La riflessione più strettamente riferita al fenomeno sportivo è articolata in una ricostruzione analitica dell’atto sportivo sotto quattro aspetti: l’oggetto (dimensione fisico corporea), il fine (conseguimento di un risultato in una pratica ludico agonistica), il risultato (gioia dello sport) e gli elementi che lo compongono (piano antropologico, piano normativo istituzionale, piano etico) [17].

    Conseguentemente è indagata la comunità sportiva con l’individuazione delle proprie sotto-comunità di cui è precisato l’atto fondamentale che le caratterizza: la comunità dei giocatori, il cui atto caratterizzante è quello ludico-competitivo; l’organizzazione normativa che si concretizza nel creare le regole del gioco, nel farle rispettare e che ingloba figure come arbitri e giudici; l’organizzazione materiale che comprende la gestione economica e tecnica e che è realizzata dalla comunità economica e aziendale dello sport; infine, la comunità composta dal pubblico, cioè da coloro i quali fruiscono visivamente dello spettacolo sportivo [18].

    Fissato il quadro generale in cui muovere la propria riflessione, Franchi evidenzia il dato per cui l’attività sportiva è il terreno fecondo dove maturare e prendere coscienza di sé quale sportivo e quale uomo. Incisivo, in tal senso, appare il ricorso alla figura umana pienamente differenziata come principale modello di ciò che deve essere la pratica sportiva. L’autore coglie, così, all’interno della sua indagine, il soggetto-sportivo come persona, valorizzandone primariamente il luogo più inviolabile che è la coscienza. Un concetto che scorge nell’uomo una reale possibilità di funzione critica, di discernimento e di giudizio secondo i principi di libertà, responsabilità e giustizia. La comunità sportiva è indicata di conseguenza non come semplice somma dei suoi singoli componenti, ma come una realtà sistemica, che vive, cresce, matura per la reciproca relazione dei suoi protagonisti orientati al “bene comune”. Principi guida che inevitabilmente vengono trasposti nell’agire sportivo a tutti i livelli. Dalla semplice azione ludica alla più complessa organizzazione istituzionale che formalizza il sistema sportivo nella sua interezza ed eterogeneità.

    In questo ordine di idee la riflessione, sviluppata da Franchi, è funzionale ad offrire alla considerazione iniziale una valida concretizzazione. Chiarire il rapporto intercorrente tra mezzi e fini, all’interno della pratica sportiva, contiene la vocazione filosofica di discernere, individuandola, la giusta collocazione del mondo sportivo all’interno del mondo sociale complesso.

    L’assunto, prospettato dall’autore, che il fine dello sport e l’atto che lo realizza non possono e non debbono mai farsi mezzi per altri fini,garantisce al sottosistema sportivo una particolare caratterizzazione all’interno della società, una propria sfera interdipendente ma non succube delle altre, siano queste, ad esempio, l’economica, la politica e la comunicativa, con conseguenze concettuali importanti per l’identità della dimensione sportiva e, in particolare, per l’uomo in quanto apre ad esso stesso una dimensione che lo completa.

    Come ha sottolineato lo stesso Giuseppe Sorgi nella Postfazione allo studio di Franchi, mettere al centro della riflessione l’uomo ha significato non solo riconoscergli la capacità di cogliere la possibilità di crescere grazie al rapporto con l’altro, possibilità concreta e irrinunciabile della pratica sportiva, ma soprattutto evidenziarne la intima grandezza nell’aprirsi a qualcosa che trascende la realtà percepibile che nell’altro si manifesta anche in un semplice incontro sportivo [19].

    Individuare, allora, una funzione razionale di tipo spirituale all’interno della dimensione sportiva, specificata nel riconoscimento della propria e dell’altrui appartenenza ad un “unico ordine di senso” fondato nella sfera della trascendenza, come propone Franchi nello stimolante capitolo “Metafisica della relazione”, risulta essereil primo passo per affidare allo sport una posizione privilegiata tra i fini che la società in generale riconosce e sceglie come vitali. Condizione per anteporre nei casi concreti e a vari livelli il “bene” dello sport e di chi lo pratica davanti ad altre motivazioni mutuate dalle altre sfere che sempre più spesso prendono il sopravvento fagocitando l’ethos sportivo.

    Nel 2008, per l’editore Guaraldi, viene pubblicato, a cura di Giuseppe Sorgi, il volume di Martin A. Bertman dal titolo Filosofia dello sport: norme e azione competitiva [20].

    Martin Bertman, Presidente della International Hobbes Association, nonché Direttore responsabile della Rivista “Hobbes Studies”, è stato docente di Filosofia politica presso il Colorado College degli Stati Uniti e si è occupato di Filosofia morale presso l’Università di Helsinki in Finlandia.

    Durante gli anni, sono state numerose le occasioni in cui si è potuta apprezzare la “vivacità” scientifica di uno studioso hobbesiano “alle prese” con il fenomeno sportivo. Dall’anno accademico 2001-2002, infatti, Bertman è stato coinvolto nel laboratorio atriano, su invito di Giuseppe Sorgi, in iniziative seminariali intorno a tematiche sportive che lo hanno portato, poi, all’elaborazione di Filosofia dello sport: norme e azione competitiva. Tra i vari appuntamenti è possibile ricordare: Culture and Law via Sport e The Character of Sport (Marzo 2002); On the Expression “Sport is my Religion” (Marzo 2003); Sport and Ideology (Maggio 2004); Sport and Aesthetics e Certainty and Uncertainty in Sport (Marzo 2005); Human Decision and Sport: Symbol of Society e Sport Ethics: The Problem of Doping (Novembre 2006).

    Tornando al testo, quello offerto da Martin Bertman è un duplice tentativo. Il primo può essere ricondotto ad un piano descrittivo, legato, cioè alla conferma del dato per cui lo sport è una componente attiva della vita sociale dell’uomo. Il secondo sforzo è di natura prescrittiva. L’intento dell’autore, in questo caso, risiede nel fornire una articolazione teorica capace di stabilire cosa sia realmente un’attività sportiva distinguendola da altre attività – quali possono essere le semplici attività ludiche – che pur confondendosi con essa non mostrano il suo nucleo caratterizzante. Il tutto nella prospettiva di confrontarsi sul terreno spinoso dell’identità dell’uomo per riflettere circa la consistenza dello sport come luogo ideale per la crescita della persona.

    Per mezzo dell’integrazione di tali componenti è delineata la struttura del testo che presenta una novità editoriale stimolante. Il volume – bifronte – propone una doppia versione in lingua italiano/inglese. La parte iniziale è incentrata sulla definizione di sport per mezzo di una ricostruzione analitica delle varie tipologie sportive: dallo sport individuale a quello di squadra, dalle attività condotte con l’ausilio di una macchina a quelle “giocate” insieme ad un animale. La sezione centrale richiama strumentalmente la psicologia, sia sociale che estetica, con l’obbiettivo propedeutico di fissare le chiavi interpretative per la parte conclusiva dell’opera dedicata ad una prospettiva etico-sportiva.

    Come indica Giuseppe Sorgi nella Prefazione al volume [21], a colpire il lettore è l’eterogeneità di percorso sviluppata all’interno della riflessione di Bertman. Le premesse di natura hobbesiana, poste a monte della trattazione, vengono messe in disparte nella conclusione. Con questa scelta l’autore evidenzia l’impossibilità di risolvere all’interno della sola formalizzazione regolamentare l’intera tematica del dover essere dell’atleta.

    Le “radici hobbesiane” danno i loro frutti nel momento in cui l’autore si dedica alla definizione dello sport. Secondo Bertman l’attività sportiva è una competizione inquadrata in un sistema rigido di “regole costitutive” che non ammette deroghe se non in questioni marginali lasciate all’agire delle “regole regolative” [22]. Centrale resta – anche per l’attività sportiva – il concetto d’autorità. La presenza del soggetto giudicante, che per mezzo del suo agire fa rispettare le regole, risulta fondamentale per ricomporre contrasti, ma soprattutto per offrire legittimità al risultato finale della competizione. Il passaggio tra la pratica di un semplice gioco e il “fare sport” risiede, per l’autore, nella scelta consapevole e libera dei concorrenti di gareggiare, rispettando regole stabilite a priori, con un arbitro riconosciuto come “custode” del regolamento il quale, in virtù di tale investitura, agisce per il rispetto di questo [23]. Secondo Bertman, è nella scelta libera dei concorrenti che si formalizza la legittimazione dell’autorità riconosciuta, che a sua volta si riversa sulla legittimità del risultato finale.

    Accolto positivamente lo sforzo compiuto per una definizione di sport, utile per ricomporre una realtà sportiva altrimenti caotica, Bertman gioca la sua partita più difficile aprendosi ad una discontinuità con le premesse prima argomentate.

    L’autore insegue il suo obiettivo rilevando una differenza fondamentale tra due azioni comuni dell’uomo: vivere in società e praticare uno sport. La prima gode di una stabilità aleatoria in quanto la lealtà civica seppur formalizzata dall’esistenza di regole uniformi risente e, spesse volte, si piega alla guerra interiore che ciascun individuo combatte con se stesso nella quale a prevalere è la logica utilitaristica condizionata dall’interesse personalistico. Differentemente, secondo Bertman, l’equilibrio sportivo assume dei connotati di maggiore stabilità in quanto può contare sull’amore/caring. Come lo stesso filosofo chiarisce, l’amore/caring può essere definito come “amicizia con l’umanità” e più specificatamente in tema sportivo in “una lealtà individuale verso uno specifico sport o un particolare atleta o una determinata squadra” [24].

    Con questo riconoscimento, il distacco dalle premesse antropologiche hobbesiane è compiuto. Bertman conviene sull’idea che un comportamento sportivo, relegato al mero rispetto delle regole, seppur formalmente corretto, non è sufficiente a risolvere le cogenti problematiche di carattere etico con cui il l’agire sportivo si confronta nella pratica.

    Secondo Bertman, come evidenzia Giuseppe Sorgi nella Prefazione [25], è possibile riconoscere alla definizione di sport – quale competizione regolamentata su basi contrattualistiche – una caratterizzazione più profonda. Chi si cimenta in una attività sportiva, infatti, ha l’opportunità di “ri-conoscere” se stesso, e contemporaneamente di “ri-conoscere” l’altro, l’avversario, il compagno di squadra, il tifoso, per mezzo della concretizzazione del concetto di amore. La discontinuità con le premesse antropologiche meccanicistiche è chiarita, quindi, nell’accoglimento di una diversa idea di uomo-sportivo aperto a se stesso e all’altro.

    L’amore presente nell’attività sportiva va oltre la semplice sportività legata al freddo rispetto del regolamento. Il che si traduce nell’affidare allo sport “un valore veramente umano[26] che pone al centro la relazionalità positiva dell’uomo con l’altro suo simile, non più caratterizzata dal contenimento di un potenziale conflitto tra le parti, ma dalla valorizzazione della possibile crescita di entrambi, mediante la pratica di una attività sportiva.

    Sempre edito da Guaraldi è il libro curato da Giuseppe Sorgi, nel 2009, Lo sport dopo le ideologie. Il calcio ultima ideologia? Atti del convegno di Atri. La pubblicazione presenta sia il testo di Gehrard Vinnai Il calcio come ideologia. Sport e alienazione nel mondo capitalista, sia gli Atti del Convegno tenutosi ad Atri nel 2004, Il calcio ultima ideologia?.

    Le osservazioni contenute nell’opera di Vinnai supportavano in via generale la critica della “Scuola di Francoforte” al mondo capitalistico e sviluppavano, all’interno di una visione marxista di taglio psicanalitico, la tesi specifica del gioco del calcio inteso, all’indomani della “crisi delle ideologie”, come reduplicazione del mondo del lavoro capitalistico e come baluardo dell’ideologia capitalistica nei suoi lati negativi, che si sviluppavano entro il connubio sport-economia.

    Con il convegno, e la relativa pubblicazione degli Atti, tali osservazioni vengono analizzate, discusse e criticate dai vari studiosi che a diverso livello e sotto i più ampi profili, si interessano o si sono interessati di calcio e in via più generale di sport.

    La pubblicazione degli Atti del Convegno vede la luce all’indomani di quel fenomeno sportivo italiano denominato “calciopoli” e pone all’attenzione questioni di ordine “pratico” che toccano gli ambiti della politica, dell’etica e del diritto; evento, quello di “calciopoli”, per certi versi preannunciato dalle stesse tesi di Vinnai, volte a rilevare, nel loro insieme, i momenti negativi di tale gioco, connessi al cattivo rapporto dello sport con una visione economica distorta, figlia della modernità e di una dimensione tutta “poietica” dell’agire umano.

    Il volume in esame, quindi,  partendo dall’esposizione analitica del calcio effettuata da Vinnai, evidenzia gli elementi anti-etici legati a tale gioco; ma si presenta anche, al lettore contemporaneo, come una possibilità privilegiata di discussione e di ripensamento di tale pratica sportiva, finalizzata a tentare di rifondare anche il gioco del calcio, come lo sport in generale, all’insegna etica “pratica” del fair play, per “dar forma”, in ultima analisi, come rilevato nella stessa Presentazione [27], non solo a delle “figure professionali”, ma soprattutto “a degli uomini” virtuosi che, anche nello sport, possano trovare il “giusto modo” di educarsi ed educare gli altri soggetti della relazione sportiva al “bene comune”.

    Nel 2010, Giuseppe Sorgi cura, per Guaraldi, l’edizione del testo Ripensare lo sport. Per una filosofia del fenomeno sportivo. Come chiarisce lo stesso curatore nella sua Introduzione, “mediante la presente pubblicazione, si è sperimentata la definizione di un possibile percorso di filosofia dello sport tenendo presente lo stretto rapporto tra l’interrelazione sportiva e quella sociale al fine di mantenere sullo stesso piano d’analisi critica la dimensione storica della pratica sportiva e una normatività fondata sulla dignità e sul pieno sviluppo dell’essere umano” [28].

    La struttura del testo presenta quattro sezioni principali che chiariscono anche le direttrici di ricerca sviluppate durante gli anni dalla sezione filosofica del laboratorio atriano. Prima di affrontare lo sport da un punto di vista strettamente morale, ci si è interrogati sulla natura in sé dello sport (Prima sezione: La natura dello sport), sui suoi elementi fondamentali e sulla possibilità stessa di dare dello sport una definizione univoca. Sono stati presi così in considerazione diversi approcci di filosofia del gioco e dello sport, che interpretano il gioco sportivo come prassi, ovvero come sistema formale soggetto ad una regola “costitutiva”, come composizione di elementi antropologici e normativi, oppure come un sistema di regole dipendente dal contesto culturale in cui queste sono applicate [29].

    Nella seconda sezione (L’etica sportiva nella vita sociale e politica) il fenomeno dello sport è calato e interpretato a partire dalla realtà sociale e dalle dinamiche politico-istituzionali nelle quali è cresciuto. Su quest’ultimo aspetto, utilizzando, in via sperimentale, alcune categorie filosofico-politiche si è analizzato il paragone, operato da Thomas Hobbes nel suo Elementi di legge naturale e politica, tra la vita umana e la corsa svelando, per una impostazione contrattualistica dell’attività sportiva, l’imprescindibilità della trilogia uomo-regole-autorità. Oltre tale tentativo viene sviluppata la tematica dello sport come “filosofia pratica” a partire dal Fair Play, tracciando, altresì, una riflessione circa una possibile etica dello sport professionistico con particolare riguardo all’atleta e all’impresa sportiva [30].

    La terza sezione (I valori dello sport), mira alla ricerca dei “valori” di cui è portatore lo sport o a cui lo sport deve assoggettarsi per essere, appunto, un fenomeno morale: lo sport è analizzato come realtà che si pone a cavallo dello sviluppo del corpo e dell’anima; come fenomeno relazionale, in cui la ricerca della vittoria non deve prevalere sul riconoscimento della pari dignità di chi partecipa alla competizione; lo sport, poi, viene interpretato come una “filosofia di vita” e analizzato filosoficamente nella peculiarità del suo atto [31].

    L’ultima sezione (I problemi dell’etica sportiva) è dedicata all’esame dei problemi più attuali ed urgenti dello sport: dopo la descrizione di alcune spie rivelatrici della più generale “crisi della cultura sportiva”, tra cui: il processo di delegittimazione dell’autorità sportive, il fenomeno della ‘quotidianizzazione’, la professionalizzazione esasperata dello sportivo, ci si sofferma sull’applicazione dell’etica e della bioetica al fine di fornire innovative chiavi d’analisi su ulteriori problematiche cogenti, quali la violenza e il doping [32].

    Dinamismo intellettuale

    Come evidenziano gli spunti ermeneutici ricostruiti in precedenza, la riflessione filosofica sullo sport si sta ritagliando un rilevante riconoscimento sia sul piano nazionale che sul piano internazionale anche mediante la vivacità del “laboratorio atriano”.

    Un dinamismo intellettuale che, durante gli anni, si è arricchito grazie pure all’organizzazione di diversi convegni e seminari al fine di garantire momenti di approfondimento culturale e di confronto nella stessa comunità scientifica [33].

    Tale fertile contesto rappresenta – come ha tenuto a sottolineare Giuseppe Sorgi – uno tra i più concreti tentativi, scientificamente fondati – anche in ambito filosofico – di “giocare” la “combattutissima partita”, attorno allo studio di un fenomeno complesso come lo sport, tentando di evitare, così, “letture particolaristiche e relativistiche povere di contenuti e di prospettiva” [34].

    Note

    1] Per un approfondimento circa l’attività scientifica del “laboratorio atriano” in tema di sport si tenga conto della recente pubblicazione: G. Sorgi (a cura di), Le scienze dello sport: il Laboratorio atriano. Atti del Convegno: Atri 14-15 maggio 2012, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2012. Come ha tenuto a precisare Giuseppe Sorgi nell’intervento introduttivo all’appuntamento, il Convegno “ha rappresentato un modo per sperimentare il percorso scientifico e culturale del progetto formativo sui temi dello sport e per fare il punto sullo stato dell’arte attuale del nostro “Laboratorio”. Per l’occasione si è inteso, così, ripercorrere l’evoluzione degli studi condotti a partire dall’impronta lasciata dal suo ideatore, il compianto collega Luciano Russi” (G. Sorgi, Per un’etica dello sport oggi, in Ivi, p. 17). Il Convegno, da un punto di vista organizzativo, ha vissuto tre sessioni principali. La prima, dedicata a tematiche dell’area critico-storico-politica. La seconda sessione legata a problematiche dell’area giuridico-istituzionale, e la terza, dell’area economico-aziendale-comunicativa. La discussione ha coinvolto, oltre che competenti studiosi, anche operatori del settore, con particolare riguardo a quanti, formatisi ad Atri, costituiscono il collante tra un’esperienza formativa consolidata e la realtà professionale in continuo divenire. Puntando l’attenzione alla sezione filosofica, sono intervenuti: Giuseppe Sorgi con l’intervento Per un’etica dello sport oggi; Claudio Bonvecchio, Lo Sport: un mito della vita; Fiammetta Ricci, Il corpo come variabile ideologica. Atletismo e personificazione del potere nelle ideologie del XX secolo; Giovanni Franchi, L’analisi filosofica dello sport; Oreste Tolone, Antropologia del gioco: Adolf Portmann e Luca Gasbarro, Per una lettura simbolica del fenomeno ultrà.

    2] La peculiarità del polo atriano di studi intorno alfenomeno sportivo può contare su una ormai pluriennale esperienza che ha consentito nel tempo di mettere a disposizione di docenti, ricercatori, dottori di ricerca, dottorandi, corsisti, professionisti una biblioteca tematica di pregio, giunta ormai alla soglia di 4000 titoli, oltre a circa 600 titoli del fondo dei libri antichi o rari e 80 reperti museali.  

    3] Oltre ai contributi in tema di rapporto filosofia e sport elaborati all’interno delle attività del “laboratorio atriano” e di cui si farà menzione nel presente contributo, tra i più recenti si possono citare anche: B. Welte, Filosofia del calcio, a cura di O. Tolone, Editrice Morcelliana, Brescia 2010; E. Isidori-H.L. Reid, Filosofia dello sport, Mondadori, Milano 2011; E. Matassi, La pausa del calcio, Il ramo, Rapallo 2012.

    4] G. Sorgi, Presentazione a G. Sorgi (a cura di), Lo sport dopo le ideologie. Il Calcio ultima ideologia? Atti del convegno di Atri, Guaraldi, Rimini, 2009, pp. 14-15.

    5] G. Sorgi, Introduzione a  G. Sorgi (a cura di), Ripensare lo sport. Per una filosofia del fenomeno sportivo, Guaraldi, Rimini 2010, pp. 7-9.

    6] G. Sorgi, Per un’etica dello sport oggi, inG. Sorgi (a cura di), Le scienze dello sport: il Laboratorio atriano. Atti del Convegno: Atri 14-15 maggio 2012, cit., pp. 17-30.

    7] Il testo del “Manifesto di Atri” è consultabile al link: https://www.unite.it/News/news_2006/news_88.htm.

    8] Per una ricostruzione storica dei passaggi che hanno condotto alla creazione di tale peculiarità è possibile far riferimento ad A. Noto, Le scienze dello sport. Un primato abruzzese in L. Mastrangelo (a cura di), Giochi e sport in Abruzzo dall'antichità ai nostri giorni, Edizioni Scientifiche Abruzzesi, Pescara, 2009, pp. 267-278.

    9] Tra i vari interventi in merito ai rapporti tra cultura e sport si vedano il classico J. Huizinga, Homo Ludens, 1939, Amsterdam, trad. it. Einaudi, Torino 1946 e il più recente M.A. Bertman, Lo sport come cultura, MondOperaio, n. 4-5, 2003.

    10] “Come dimostrano le due giornate di studio sull’opera di Vinnai e la relativa pubblicazione degli Atti, l’esperienza atriana rappresenta, in questo senso, forse il primo tentativo scientificamente fondato di delineare e di percorrere una strada alternativa”: G. Sorgi, Presentazione a G. Sorgi (a cura di), Lo sport dopo le ideologie. Il Calcio ultima ideologia? Atti del convegno di Atri, cit., p. 15.

    11] G. Sorgi, Introduzione a  G. Sorgi (a cura di), Ripensare lo sport. Per una filosofia del fenomeno sportivo, Guaraldi, Rimini 2010, p. 8.

    12] Ibidem.

    13] Ivi, p. 9.

    14] G. Sorgi, Presentazione a G. Sorgi (a cura di), Lo sport dopo le ideologie, cit., pp. 11-15.

    15] Cfr. G. Sorgi, Postfazione a G. Franchi, Appunti di etica sociale dello sport, Aracne, Roma 2007, p. 77.

    16] G. Sorgi, Introduzione a  G. Sorgi (a cura di), Ripensare lo sport. Per una filosofia del fenomeno sportivo, cit., p. 9.

    17] G. Franchi, Appunti di etica sociale dello sport, cit., pp. 33-45.

    18] Ivi, pp. 47-53.

    19] G. Sorgi, Postfazione a G. Franchi, Appunti di etica sociale dello sport, cit., pp. 81-82.

    20] M.A. Bertman, Filosofia dello sport: norme e azione competitiva, a cura di G. Sorgi, Guaraldi, Rimini2008.

    21] G. Sorgi, Prefazione a M.A. Bertman, Filosofia dello sport: norme e azione competitiva, cit., p. 11.

    22] M.A. Bertman, Filosofia dello sport: norme e azione competitiva, cit., p. 37.

    23] Ivi, p. 38.

    24] Ivi, p. 113.

    25] G. Sorgi, Prefazione a M.A. Bertman, Filosofia dello sport: norme e azione competitiva, cit., p. 18.

    26] Ivi, p. 10.

    27] G. Sorgi, Presentazione a G. Sorgi (a cura di),  Lo sport dopo le ideologie. Il calcio ultima ideologia? Atti del convegno di Atri, cit., pp. 12-13.

    28] G. Sorgi, Introduzione a G. Sorgi (a cura di), Ripensare lo sport. Per una filosofia del fenomeno sportivo, cit., pp. 10-11.

    29] VediG. Sorgi, Sport e pace alla luce della fraternità in ivi, pp. 17-32; G. Franchi, Filosofie novecentesche del giuoco sportivo in ivi, pp. 33-50; L. Gasbarro, Formalismo giuridico e regole sportive in ivi, pp. 51-68.

    30] Vedi G. Di Salvatore, Il Fair Play quale espressione della “filosofia pratica”. Principi, caratteri ed applicazioni in ivi, pp. 69-78;L. Gasbarro, La dimensione “sociale” del lavoro sportivo in ivi, pp. 79-102 ; G. Borghi, Etica dell’impresa sportiva. Un ossimoro praticabile? in ivi, pp. 103-122;  G. Sorgi, Hobbes e la metafora della corsa in ivi, pp. 123-138.

    31]VediG. Sorgi-G. Franchi, Verso una nuova etica dello sport in ivi, pp. 139-148; A. Rigobello, “Epimeleia”, cura dell’anima e cura del corpo in ivi, pp. 163-168; F. Ricci, L’etica agonale dell’uomo greco. Il corpo a corpo dell’esistenza in ivi, pp. 169-212; P. Crepaz, Una cultura della sconfitta, per una nuova cultura della vittoria in ivi, pp. 149-162.

    32] Vedi G. Sorgi, La crisi della cultura sportiva in ivi, pp. 213-229; G. Sorgi., Sport e violenza in ivi, pp. 229-234; A. Di Giandomenico, Biotetica e doping in ivi, pp. 235-247.

    33] Di seguito vengono riportati i principali convegni-seminari organizzati e presieduti da Giuseppe Sorgi all’interno delle attività, in ambito filosofico, del “laboratorio atriano”: a.a. 2001-2002: Sport versus cultura? (con Giuliano Borghi); Marzo 2002: Culture and Law via Sport e The Character of Sport (con Martin Bertman); Lo sport come cultura (con Martin Bertman); a.a. 2002-2003: On the Expression “Sport is my Religion” (con Martin Bertman); Per una possibile etica dello sport (con Giuliano Borghi); Maggio 2003, per il Corso di Laurea in “Scienze giuridiche, economiche e manageriali dello sport”, in collaborazione con il Premio Nazionale “Giuseppe Prisco”, Convegno “La lealtà nello sport”; Maggio 2004: Lo sport dopo le ideologie. Il Calcio ultima Ideologia? (con Gerhard Vinnai, Martin Bertman, Fabrizio Ravaglioli, Luciano Pellicani, Vittorio Dini); Marzo 2005: Sport and Aesthetics e Certainty and Uncertainty in Sport (con Martin Bertman); Novembre 2006: Human decision and sport: Simbol of society (con Martin Bertman, Giovanni Franchi); Novembre 2006: Sport ethics: the problem of doping (con Martin Bertman, Anna Di Giandomenico); Marzo 2007: in collaborazione con il Premio Nazionale “Giuseppe Prisco”, Convegno Etica e sport. Da “calciopoli” a campioni del mondo: quali riflessioni (con Sergio Zavoli, Edmondo Berselli, Candido Cannavò, Italo Cucci, Antonio Ghirelli, Corinto Zocchi, Adolfo Noto); Maggio 2007: The Philosophical Atlete (con Heather Read, Fiammetta Ricci); Maggio 2008: Politiche della corporeità. Sport e Biopolitica (con Laura Bazzicalupo e Fiammetta Ricci); Maggio 2008: La filosofia dello sport (con Martin Bertman, Anna Di Giandomenico, Fiammetta Ricci, Giovanni Franchi); Dicembre 2008: Immagini antropologiche e significati dell’azione sportiva e Sport tra dono e seduzione economica (con Giuliano Borghi); Dicembre 2008: Saper vincere, saper perdere: si può imparare dallo sport? (con Paolo Crepaz); Maggio 2009: Fair Play ed Etica sportiva, (con Graziella Di Salvatore, G. Franchi, F. Ricci, A. Di Giandomenico, Luca Gasbarro); Dicembre 2009: Etica-impresa-sport: un ossimoro praticabile? (con Giuliano Borghi e Luca Gasbarro); Dicembre 2009: Economia-dono-sport (con Giuliano Borghi e Luca Gasbarro); Marzo-Maggio 2010: Diritti in gioco. Lo sport come strumento di non discriminazione (VIII Corso Universitario Multidisciplinare di Educazione allo Sviluppo (CUMES) – UNICEF); Settembre 2011: per “La Nottola di Minerva” La filosofia incontra la realtà (III edizione Anno 2011) “Il Sabato di Montecompatri” Sport diritto società (con Adolfo Noto, Giovanni Franchi, Fiammetta Ricci, Anna Di Giandomenico, Barbara Mazza, Graziella Di Salvatore, Luca Gasbarro); Maggio 2012: Le scienze dello sport: il Laboratorio atriano. Convegno di Studi in ricordo di Luciano Russi, con la specifica sezione filosofica.

    34] G. Sorgi, Presentazione a G. Sorgi (a cura di), Lo sport dopo le ideologie. Il Calcio ultima ideologia? Atti del convegno di Atri, cit., pp. 14-15. Tale “auspicio” è alla base anche del Corso di Dottorato in Critica storica, giuridica ed economica dello sport (Coordinatore Prof. Giuseppe Sorgi). Tra le pubblicazioni che raccolgono vari lavori maturati in tale esperienza formativa si segnala, tra i più recenti, A. Di Giandomenico, a cura di, Le luci dello sport. Una lettura prismatica del fenomeno,Edizioni Nuova Cultura,Roma 2011.

     



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