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M@gm@ vol.5 n.3 Juillet-Septembre 2007
IL CAREGIVER: l’esperienza di un “Centro Ascolto” in un Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata - Azienda Sanitaria n. 2 di Castrovillari (CS)
Raffaele Crescenzo
creraf@virgilio.it
        Psicopedagogista, operatore della 
                    pastorale familiare, operatore della pastorale sanitaria, 
                    perfezionato in pedagogia per il territorio, educazione degli 
                    adulti e psichiatria di consultazione e clinica psicosomatica; 
                    Responsabile progetto "Centro Assistenza Ascolto" Servizio 
                    A.D.I. Distrettuale per le famiglie ed i malati a domicilio; 
                    Giudice Onorario Tribunale dei Minori Catanzaro; Consulente 
                    Associazione Volontari Ospedalieri (AVO) Azienda Sanitaria 
                    Castrovillari(CS); Già docente di Sociologia dei processi 
                    culturali e comunicativi presso Università “Magna Greacia” 
                    di Catanzaro; Tra le sue aree di interesse il rapporto adolescenti 
                    famiglie, nei suoi campi di intervento forme individuali o 
                    di gruppo per prevenzione disagio e nelle situazioni di psicopatologie 
                    giovanili. Sostegno alle famiglie nel fronteggiare situazioni 
      di difficoltà relazionali.
E’ opportuno 
                    sottolineare che la malattia di un familiare, con tutti i 
                    risvolti psicologici ed emozionali, colpisce principalmente 
                    il “caregiver” (supporter), cioè una “persona attorno alla 
                    quale, sostenendola e potenziandola, si può costruire una 
                    sorta di “impalcatura psicologica” in grado di sostenere il 
                    peso della situazione e ridistribuirlo emotivamente, compensato, 
                    agli altri componenti del nucleo (Andreoni B. et alt.2000). 
                    Se la malattia si protrae molto a lungo, subentra, ad un certo 
                    punto, quasi immancabilmente, la crisi del caregiver. Essa 
                    non appare tanto legata agli aspetti, alle espressioni medico-cliniche 
                    dalla malattia (gravità delle condizioni, disturbi comportamentali, 
                    perdita completa della autosufficienza, ecc.) quanto all’incapacità, 
                    avvertita da parte del caregiver, di continuare la sua funzione. 
                    Egli si sente sopraffatto dalla situazione, che sembra sfuggirgli 
                    di mano; ha l’impressione di perdere il controllo sul comportamento 
                    del paziente e, soprattutto, sulle sue stesse reazioni emotive, 
                    arrivando in questo modo ad un punto di rottura.
                    
                    La “resistenza” del caregiver d’altra parte varia da soggetto 
                    a soggetto e dipende da numerosi fattori: dall’età, dalle 
                    condizioni di salute e di resistenza fisica, dalle motivazioni 
                    psicologiche e dalle relazioni interpersonali preesistenti 
                    alla malattia, dalle convinzioni morali e religiose, dalle 
                    abitudini di vita, dalle condizioni economiche, dalle aspettative 
                    individuali, ecc. L’intervento mediante un’attività di sostegno 
                    e/o di consulenza psico-educativa deve essere finalizzata 
                    ad individuare, valutare e modificare situazioni di disagio 
                    e sentimenti di emarginazione, espresse a livello individuale 
                    o familiare, attraverso il recupero delle risorse personali 
                    e familiari, spesso latenti, e attraverso la responsabilizzazione 
                    e la partecipazione dell’utenza stessa ad interventi integrati 
                    del servizio territoriale. Molte volte risulta un lavoro “nascosto”, 
                    concretizzato attraverso colloqui e visite domiciliari, nei 
                    quali l’operatore diventa anche stimolo e strumento di crescita 
                    e di cambiamenti all’interno del nucleo, dando modo alle persone 
                    di attivarsi da sole per trovare le soluzioni più idonee al 
                    raggiungimento degli obiettivi insieme prefissati. Nell'ambito 
                    delle attività del servizio di assistenza domiciliare e del 
                    “Centro Ascolto” per le famiglie, territorio Distrettuale 
                    Sanitario, nel ritenere che sarebbe ritornato utile monitorizzare, 
                    oltre che l'assistito, anche la famiglia allo scopo di poter 
                    individuare precocemente eventuali difficoltà e pericoli nel 
                    percorso assistenziale domiciliare che può porsi come rischioso 
                    per il loro benessere psicologico.
                    
                    Partendo da queste premesse, il “Progetto Centro Ascolto”, 
                    si prefigge di favorire anche, lo sviluppo e la diffusione 
                    di una conoscenza della situazione dei caregivers famigliari 
                    di persone anziane del territorio in questione, rispetto alla 
                    esistenza, uso ed accettabilità di servizi di supporto, al 
                    fine di una implementazione di politiche socio-assistenziali 
                    territoriali più concrete a livello programmatico, per favorire 
                    la collaborazione tra enti erogatori di servizi; a livello 
                    familiare, per una migliore comprensione delle dinamiche interpersonali, 
                    onde poter migliorare la qualità della vita del caregiver 
                    e quindi la qualità dell’assistenza da questi erogata al proprio 
                    congiunto malato.
                    
                    Il presente studio intende quindi indagare quali iniziative 
                    sono disponibili e in grado di promuovere effetti positivi 
                    e prevenire conseguenze ed implicazioni negative per l’assistenza 
                    di famigliari anziani, quali sono i loro punti di forza e 
                    di debolezza, qual è l’esperienza dei caregivers famigliari 
                    nell’usarli, e quali sono le eventuali barriere che ne ostacolano 
                    appunto l’uso, per individuare criteri idonei a realizzare 
                    interventi efficaci e strategie di supporto, al fine di rimodulare 
                    il più possibile interventi e servizi rispetto alle esigenze 
                    provenienti dai destinatari degli stessi.
                    
                    Nell’arco di circa tre anni hanno usufruito di questo intervento 
                    170 nuclei familiari e circa 183 caregiver. Obiettivo principale 
                    del lavoro è stato la verifica del forte coinvolgimento della 
                    famiglia nella cura e nell’assistenza del malato mentre, dal 
                    punto di vista dell’approccio metodologico, si è scelto di 
                    sottolineare il punto di vista del caregiver (cioè il familiare 
                    responsabile della cura del malato che assiste in maniera 
                    continuativa) le caratteristiche e l’impatto emotivo con la 
                    malattia, attraverso il metodo dell’intervista e/o il colloquio 
                    diretto associato, anche, alla somministrazione della “scheda 
                    di valutazione dello stress del caregiver”(Marvardi M., 2001).
|   Nuclei Familiari  | 
                        Numero Caregiver  | 
                        Età M edia  | 
                    
N. 170  | 
                      N.183  | 
                      Anni 54  | 
                    
Scolarità  | 
                      Grado di parentela/ Legame col pz  | 
                      Assistenza a pagamento ed altro  | 
                    
Anni 8  | 
                      N.156  | 
                      N.22  | 
                    
| Tabella N.1 | 
Il quadro emerso dal lavoro condotto 
                    conferma, a volte in modo drammatico, il carattere “familiare” 
                    delle malattie cronico-degenarative, e ciò in un duplice aspetto: 
                    totale è risultato il coinvolgimento della famiglia nella 
                    cura, nell’assistenza, nel sostegno psicologico del proprio 
                    congiunto, che la progressione della malattia rende non solo 
                    sempre più dipendente ma anche sempre più debole ed indifeso 
                    dagli effetti della patologia, della vecchiaia e della cronicità; 
                    a questo si deve aggiungere la difficoltà dei servizi assistenziali 
                    territoriali che, quotidianamente, si trovano a cercare di 
                    soddisfare sempre più pressanti bisogni di assistenza.
                    
                    Le non sufficienti risposte istituzionali accentuano il peso 
                    e le richieste esercitate dalla malattia sulla famiglia, provocando 
                    risposte emotive negative ed esprimendo una “temperatura emotiva” 
                    a svantaggio dell’ottimizzazione del micro-clima familiare. 
                    In tal senso, tale lavoro, a partire dalla valutazione delle 
                    esigenze delle famiglie e degli aspetti psicologici, ha consentito 
                    di evidenziare e di appurare come il potenziamento ed una 
                    fattiva politica territoriale, può aiutare le famiglie a sopportare 
                    il peso assistenziale del proprio congiunto. I dati raccolti 
                    evidenziano come la malattia e le sue caratteristiche, hanno 
                    un notevole impatto sul nucleo familiare in termini di assistenza 
                    ma soprattutto anche di coinvolgimento emotivo di tutti i 
                    membri e particolarmente del caregiver. La lenta progressione 
                    della malattia, le difficoltà del malato, diversi disturbi 
                    legati all’invecchiamento, continue recidive e ricadute rappresentano 
                    buoni indicatori non solo del livello di gravità della malattia, 
                    ma anche della complessità dei bisogni e delle funzioni di 
                    assistenza in presenza di determinate esigenze e livelli di 
                    dipendenza.
                    
                    Attraverso le indicazioni del caregiver, circa il livello 
                    di dipendenza ed indipendenza del paziente, sono state effettuate 
                    le valutazioni della mobilità e situazione funzionali attraverso 
                    le Basic Activities of Daily Living (ADL indice dell’autAonomia 
                    funzionale nelle attività della vita quotidiana), cioè le 
                    attività basilari della vita quotidiana (muoversi, vestirsi, 
                    lavarsi, espletare le funzioni fisiologiche, mangiare) e le 
                    Instrumental Activities of Daily Living (IADL), cioè le attività 
                    della vita quotidiana che richiedono una certa abilità nell’uso 
                    di strumenti, quali l’uso del telefono e dei mezzi di trasporto, 
                    fare la spesa, preparare i pasti, eseguire i lavori domestici, 
                    assumere correttamente i farmaci e gestire il denaro (Katz 
                    S., Moskowitz R.W., Jackson B.A. et alt., 1963).
                    
                    In questo lavoro ci siamo avvalsi di tali strumenti per giungere 
                    a dei risultati che mettono in risalto la problematicità assistenziale: 
                    39% di pazienti totalmente dipendenti e 42% di pazienti dipendenti; 
                    se guardiamo alle abilità residue dal punto di vista motorio 
                    e funzionale delle persone valutate si può affermare che almeno 
                    un 63% delle persone per le quali il dato è disponibile hanno 
                    bisogno di una qualche forma di assistenza per muoversi (sorveglianza 
                    continua), mentre il 19% è dipendente, il 18% totalmente dipendente 
                    nelle attività di base della vita quotidiana (ADL e informazioni 
                    raccolte mediante intervista ai caregivers).
                    
                    Curare a domicilio comporta un sostanziale cambiamento di 
                    prospettiva: da un modello in cui il malato ruota attorno 
                    a strutture erogatrici di servizi si passa ad un modello in 
                    cui struttura e professioni interagiscono assumendo come centro 
                    di gravità la persona assistita e i suoi bisogni. Ciò richiede 
                    la realizzazione di interventi basati su metodi di valutazione 
                    multidimensionali, che tengano conto di tutti gli aspetti 
                    della qualità di vita dell’assistito e della famiglia.
                    
                    La continuità assistenziale deve essere garantita mediante 
                    l’integrazione con i servizi ospedalieri e quelli socio-assistenziali 
                    e con il coinvolgimento costante delle famiglie attraverso 
                    la loro preparazione, con una particolare attenzione all’umanizzazione 
                    dell’assistenza prestata, alla maggiore permanenza a domicilio 
                    dei pazienti non autosufficienti e inguaribili,A con una risposta 
                    adeguata ai bisogni di cura, una crescente soddisfazione degli 
                    assistiti e dei loro familiari e minori costi per il sistema 
                    sanitario. Infine, tale lavoro ha voluto e vuole fornire conoscenza 
                    ed informazioni sulle aree considerate prioritarie: la famiglia, 
                    gli ammalati e loro centralità, l’attività e la pianificazione 
                    assistenziale. Tali indicazioni forniscono un quadro abbastanza 
                    chiaro delle necessità di cura ed assistenza dei pazienti, 
                    che richiedono, in significative percentuali, un sostegno 
                    continuato nello svolgimento dei compiti quotidiani, l’informazione 
                    sanitaria, una certa sorveglianza, forme di rassicurazione 
                    e sostegno psicologico ripetute che impattano in modo consistente 
                    sul caregiver e sulle risorse psichiche e fisiche che egli 
                    è in grado di investire nell’assistenza al familiare.
                    
                    E, ancora, l’importante gamma di funzioni coinvolte e più 
                    o meno compromesse richiamano il quadro di una patologia/e, 
                    non solo invalidante, ma dal forte impatto emotivo sulla famiglia.
Attività lavorativa 
                          principale  | 
                      Vive con il/la paziente  | 
                      Non vive con il/la paziente  | 
                      Condizioni economiche  | 
                      Ore dedicate mediamente 
                          assistenza e sorveglianza del paziente  | 
                    
Casalinghe n.64  | 
                      n. 119 
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                         | 
                      n. 64 
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                         | 
                      Mediamente Sufficienti 
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                         | 
                      7 ore al giorno all’assistenza 
                        
                        
                        
                        
                        
                        
                        11 ore al giorno alla sua sorveglianza  | 
                    
Pensionati n. 46  | 
                    ||||
Artigiano n. 8  | 
                    ||||
Operaio n.7  | 
                    ||||
Agricoltore n. 15  | 
                    ||||
Impiegato n. 9  | 
                    ||||
Insegnanti n. 12  | 
                    ||||
Altro n. 22  | 
                    ||||
| Tabella N.2 | 
Alcuni dati possono essere utile 
                    per esprimere le dimensioni e l’onerosità dell’impegno dei 
                    caregiver: i familiari dei malati incontrati, dedicano mediamente 
                    7-8 ore al giorno all’assistenza diretta (intese le attività 
                    rivolte direttamente al paziente ed alla sua cura) e quasi 
                    11-12 ore alla sua sorveglianza (si fa riferimento al tempo 
                    trascorso con il paziente, tempo dedicato anche ad altre attività).
                    
                    Le conseguenze fisiche dell'assistenza come la perdita di 
                    ore di sonno, possono ulteriormente danneggiare la loro salute. 
                    Inoltre, la vita sociale dei caregivers è compromessa e molti 
                    di loro si sentono isolati. Lo stress mentale, fisico e sociale 
                    può gravare sulla loro capacità di affrontare le situazioni 
                    e danneggiare seriamente la qualità di vita con conseguenze 
                    sul benessere della persona malata. I dati raccolti, evidenziano 
                    tutta la problematicità emotiva e psicologica alla quale il 
                    caregiver, se non sostenuto ed aiutato, va incontro: ansia 
                    (nervosismo, paura, agitazione, ecc.) nella misura del 70%; 
                    depressione lieve (senso di solitudine, moralmente giù,ecc.) 
                    tra il 19-20%; depressione moderata (mancanza di interesse, 
                    sentirsi vuota,ecc.) tra il 6-7%; la depressione grave si 
                    attesta al 2-3%. Inoltre, l’impatto dell’attività assistenziale 
                    è tanto più rilevante quanto più essa, come accade per una 
                    parte consistente dei caregiver, finisce per sommarsi all’impegno 
                    legato allo svolgimento di altri ruoli, professionali, familiari, 
                    genitoriali, con tutte le conseguenze che ciò comporta sulla 
                    dimensione affettiva, la disponibilità di tempo, lo stress 
                    psicofisico.
                    
                    Infatti, i caregiver sono in prevalenza donne con famiglia 
                    e figli che, soprattutto nei casi di malattia grave, ospitano 
                    il malato in casa. Circa il 70% dei caregiver è di sesso femminile 
                    e nel 65% circa dei casi, per le situazioni di malattia grave, 
                    caregiverconvive col malato. La solidarietà intergenerazionale 
                    è confermata dal fatto che sono i figli e, soprattutto , le 
                    figlie dei malati i soggetti più attivi sotto il profilo assistenziale 
                    (i caregivers sono, nel 55-57% circa dei casi, figli/e degli 
                    assistiti, nel 17-18% partner/coniuge, nel 12-13% nuore, nipoti 
                    ecc., nel 12-13% altro). Dal punto di vista professionale, 
                    emerge che circa per il 25% dei caregiver si tratta di pensionati, 
                    il 35% racchiude le casalinghe, gli artigiani gli operai,gli 
                    agricoltori e gliimpiegati ,gli insegnanti il costituiscono 
                    il 28% del campione, e il 12% circa corrisponde alla voce 
                    altro.
                    
                    In particolare, in merito alle conseguenze della situazione 
                    di malattia del congiunto, sulla condizione di vita del caregiver 
                    meritano di essere richiamati alcuni aspetti. Il primo concerne 
                    l’impatto sulla vita lavorativa: tra coloro che hanno avuto 
                    effetti negativi sul lavoro per impegni e problemi legati 
                    alla malattia del familiare, è emerso che un’alta percentuale 
                    (circa l’85%) si è trovato ad affrontare incomprensione, richiesta 
                    di part-time, modificazione del rapporto di lavoro, rinuncia 
                    a recarsi a lavoro con perdita di ore lavorative. Più in generale 
                    va sottolineato che l’impatto economico della malattia sul 
                    caregiver e sulla famiglia è particolarmente rilevante e si 
                    esercita sia sul versante delle entrate che da quello delle 
                    uscite, con le spese direttamente sostenute per l’assistenza 
                    (a pagamento). A questi costi, in qualche modo quantificabili, 
                    si devono aggiungere, infine, quei costi definiti “intangibili” 
                    e rappresentati dal carico psicologico cui il caregiver è 
                    sottoposto. Infine un ulteriore riferimento è sulla salute 
                    fisica.
                    
                    La maggior parte dei caregiver incontrati lamentano sonno 
                    insufficiente, stanchezza, anche notevole, ed effetti negativi 
                    sullo stato di salute generale con aumentata fragilità fisica. 
                    In sostanza, i nuclei familiari coinvolti per l’insorgere 
                    della malattia presso un congiunto sono stati costretti a 
                    mettere in campo risorse aggiuntive rispetto a quelle necessarie 
                    per portare avanti le ordinarie attività, ed a ridefinire 
                    gli equilibri familiari (affettivi, di gestione delle risorse) 
                    alla luce delle esigenze assistenziali del malato, peraltro 
                    crescenti con l’aggravarsi della malattia. Di fronte alla 
                    impossibilità, per molteplici motivi, per le istituzioni di 
                    farsi pienamente carico delle esigenze di questi malati e 
                    alla disponibilità e/o incapacità dei familiari di assumersi 
                    gran parte dell’impegno assistenziale, si presenta allora 
                    come indispensabile un sostegno/aiuto che si realizzi non 
                    solo attraverso la centralità del malato ma, anche e parimenti, 
                    mediante la famiglia.
                    
                    Auspicabile e necessario l’avvio di programmi di educazione 
                    per operatori e caregiver, costituzione di gruppi di incontro 
                    per le famiglie, raccordi sinergici con forme ed espressioni 
                    di volontariato, una maggiore informazione della loro operatività 
                    e dinamicità, attraverso opuscoli informativi , incontri, 
                    seminari ecc. Questi, tutti strumenti che potrebbero dare 
                    una risposta più efficace ed efficiente alla sfida posta da 
                    vecchie e nuove patologie cronico-degenerative, migliorando 
                    la qualità della vita dei caregiver e dei loro congiunti, 
                    riducendo quelle situazioni, spesso esistenti, di isolamento 
                    e marginalizzazione per i malati e le loro famiglie.
                    
                    E’ importante che la politica dei servizi assistenziali territoriali 
                    preveda che, la componente psicoeducativa e sociale sia integrata 
                    e resa sinergica al trattamento medico ed al processo assistenziale, 
                    per garantire un’assistenza unitaria in grado di rispondere 
                    a tutte le esigenze e per aumentare le capacità di auto ed 
                    etero accudimento (self-care). Mediante la valorizzazione 
                    del ruolo attivo della famiglia all’interno del processo globale 
                    assistenziale, stimolandone la partecipazione, fornendogli 
                    sostegno-aiuto, offrendogli consulenza su diversi problemi 
                    per poter ridurre e circoscrivere le tensioni familiari (temperatura 
                    emotiva) che influiscono negativamente sul micro-clima e sistema 
                    relazionale intrafamiliare. Il riferimento e il “luogo” più 
                    ampio dell’intervento/i è la comunità nel suo insieme e in 
                    tale quadro, la famiglia è un soggetto fondamentale che va 
                    sostenuto ed educato.
                    
                    Perché questo studio/ricerca?
                    Questa ricerca nasce e si realizza, tra non poche difficoltà, 
                    sulla base di tre presupposti fondamentali:
                    
                    1. il “Centro Assistenza Ascolto” deve essere il punto di 
                    riferimento per gli ammalati, anziani e famiglie per poter 
                    sviluppare una politica sociale – educativa – sanitaria, vista 
                    nella interezza degli interventi e dei bisogni, in modo da 
                    ridurre il disagio; l’assistenza all’uomo malato deve essere 
                    globale; maggiore integrazione tra il lavoro degli operatori 
                    dell’area sanitaria, del sociale e gli attori territoriali 
                    per un completamento del processo assistenziale domiciliare.
                    
                    2. Sostenere la famiglia ed i “rcaregivers” che svolgono un 
                    ruolo importante non solo nel facilitare il processo assistenziale/terapeutico, 
                    ma anche nella prevenzione e nel trattamento di eventuali 
                    problemi di adattamento personale del malato dal punto di 
                    vista fisico, psicoeducativo e sociale. Esistono famiglie 
                    che pur funzionando nel complesso in modo adeguato desiderano 
                    migliorare le proprie competenze nell’affrontare le difficoltà 
                    e richiedono un potenziamento di queste capacità; altre che 
                    in condizioni di normalità risultano adeguate, ma in alcune 
                    situazioni critiche non si sentono in grado di prevenire l’insorgenza 
                    di un problema; altre ancora che hanno già visto insorgere 
                    il problema e richiedono interventi mirati a contenere la 
                    crisi; infine famiglie che trovandosi in una situazione di 
                    crisi conclamata o di disturbo ormai cronicizzato hanno bisogno 
                    di interventi molto specifici.
                    
                    3. Scopo conoscitivo: delineare l’identikit della realtà del 
                    territorio del Distretto Sanitario n. 1 (comprendente 13 comuni), 
                    al fine di tracciare una programmazione di lavoro che si ponga 
                    come guida per ulteriori miglioramenti; e un obiettivo operativo: 
                    affiancare al lavoro già svolto dalle linee guida di intervento 
                    sanitario, interventi di sostegno psicoeducativo per i familiari 
                    ed i malati, che partano dai dati emersi.
                    
                    Aspetto “trainante” e “stimolante” è stato l’incidenza delle 
                    malattie cronico degenerative nel territorio in questione 
                    (cardiopatie, vasculopatie periferiche, Alzheimer, demenza, 
                    diabete, vasculopatie cerebrali, ictus, malattie ematologiche, 
                    ulcere, fratture, L.d.D., tumori ed altro), con indice di 
                    vecchiaia dello 0,76 e con una popolazione anziana (tra i 
                    65 e i 75 anni) del 16,97%, per i maschi del 21%, e 33 % per 
                    le femmine. Dati, questi, che hanno permesso di individuare 
                    le esigenze, i bisogni, le sofferenze fisiche, psichiche e 
                    sociali delle famiglie degli ammalati assistiti domiciliarmene 
                    e, nel contempo, di individuare e formulare una “scheda di 
                    valutazione del caregiver” il più possibile attinente alle 
                    reali risposte emotive, espresse e non espresse, dai familiari 
                    nel contesto “malattia del congiunto”.
                    
                    Negli incontri a domicilio e presso il “Centro Ascolto, è 
                    emerso come, a volte, i familiari sentono la sicurezza riguardo 
                    a un buon esito, ma già il giorno dopo, sopraffatti dalla 
                    loro impotenza, si sentono disperati. Si vedono costretti 
                    a modificare completamente l’organizzazione della loro giornata 
                    per adattarla alle esigenze del malato. Da una parte ci sono 
                    il normale lavoro domestico e l’attività professionale. Dall’altra 
                    parte c’è la cura individuale dell’ammalato, la quale nella 
                    maggior parte dei casi, richiede molto tempo. Alimentazione 
                    particolare ad orari precisi, terapie e medicamenti. A causa 
                    della malattia e della sua dipendenza, capita che il familiare 
                    deve alzarsi più volte di notte. Ogni minuto libero per una 
                    semplice passeggiata o per incontrarsi con gli amici, deve 
                    esser pianificato. L’improvvisazione è una cosa impossibile. 
                    Oltre a questa presenza costante sull’arco di tutta la giornata, 
                    è costantemente presente anche lo stress mentale e l’ansia.
                    
                    Le relazioni intrafamiliare ne soffrono. Questa tensione può 
                    causare problemi di salute in famiglia, allorquando raggiunge 
                    gradi troppo elevati (temperatura emotiva). Le loro reazioni 
                    possono essere molto diverse. Molti mettono in secondo piano 
                    le loro esigenze e aiutano attivamente nella cura del malato 
                    (ipercoinvolgimento). Per altri la tensione diventa insostenibile 
                    e avvertono senso di solitudine o si sentono lasciati in disparte 
                    (ostilità, distacco). Magari perdono il controllo proprio 
                    perché si vergognano di questi loro sentimenti. Tutto ciò 
                    non ha niente a che vedere con il fatto di non amare il familiare. 
                    Famiglie che, con l’aumentare della solitudine, percepiscono 
                    quotidianamente una diminuzione della speranza, della capacità 
                    di “essere per l’altro”, di mettersi in relazione con il malato 
                    (senso di inutilità). Comincia a percepire la situazione con 
                    senso di estraneità, di ostilità e critica ed inizia, cercando 
                    disperatamente, un rapporto che ha ed avrà poco da offrire 
                    al familiare malato. Questo, inevitabilmente, diventa il punto 
                    di partenza di situazioni di disagio personale, che proprio 
                    all’interno del nucleo familiare comincia a farsi strada nei 
                    modi più vari, e non sempre prevedibili.
                    
                    Sono tanti, svariati e molteplici i motivi per i quali molte 
                    famiglie avvertono fortemente, anche in modo non esplicito, 
                    l’esigenza ed il bisogno di aiuto e sostegno educativo, di 
                    comunicazione in famiglia, di una pianificazione e progettualità 
                    che possa fronteggiare i bisogni e le difficoltà del parente 
                    ammalato, che riesca a contenere le diverse manifestazioni 
                    emotive. Già nella fase della diagnosi si riscontra come nella 
                    famiglia in cui è presente il malato tendenzialmente il lavoro 
                    di cura e di assistenza viene svolto principalmente da una 
                    sola persona che viene denominata caregiver.
                    
                    A volte la convivenza, il grado di intimità relazionale, la 
                    tendenza a saper dominare meglio situazioni stressanti, la 
                    capacità di saper mediare tra le necessità della famiglia 
                    e la rete sociale, sono fattori che contribuiscono all’attribuzione 
                    del compito di caregiver nei confronti del paziente. Quello 
                    che si riscontra è che il continuo carico di assistenza provoca 
                    con il tempo un affaticamento rilevante soprattutto nel caregiver 
                    che può causare disturbi di una certa rilevanza. Egli diventa 
                    il fulcro dell’assistenza del malato e l’ospedalizzazione 
                    del paziente è frequentemente correlata non al peggioramento 
                    della malattia ma piuttosto alla difficoltà del caregiver 
                    di far fronte, ad un certo punto della malattia, ai bisogni 
                    del paziente per troppo carico fisico e psichico.
                    
                    Quello che si è riscontrato è che le tonalità emotive del 
                    caregiver e dei famigliari sono fortemente correlate tra loro 
                    e tanto più i famigliari riescono a stare vicini e a comprendere 
                    il caregiver tanto più egli riesce a gestire al meglio la 
                    relazione con il paziente. In questa fase è importante che 
                    la famiglia sia accompagnata nell’accettazione della diagnosi, 
                    nella ricerca delle informazioni relative la patologia e nell’aiutarla 
                    a prefigurarsi eventuali necessità future del malato che inevitabilmente 
                    insorgeranno nel decorso della malattia e che richiedono un’organizzazione 
                    familiare specifica. La malattia ha un significativo impatto 
                    sul funzionamento della famiglia in quanto essa provoca non 
                    solo un incremento considerevole del lavoro di cura, ma anche 
                    un cambiamento sostanziale nelle relazioni familiari. Infatti, 
                    un aspetto molto importante nella relazione tra i famigliari 
                    e il malato è il cambiamento di ruoli che inevitabilmente 
                    avviene. Se ad esempio le decisioni per la gestione economica 
                    familiare veniva presa dal padre, ora, la moglie deve farsi 
                    carico anche dei problemi economici e questo può provocarle 
                    un senso di incompetenza, di frustrazione e di stanchezza. 
                    Modificare ruoli in un momento doloroso come quello che sta 
                    vivendo, e magari in età avanzata, può essere per lei molto 
                    difficoltoso e creare disagio e fatica psichica. Inoltre accettare 
                    un ruolo diverso dal proprio significa ancora una volta prendere 
                    contatto con il fatto che il proprio congiunto non riesce 
                    più ad essere quello di una volta e significa dovere fare 
                    i conti con l’inadeguatezza dell’altro che diventa sempre 
                    più manifesta. L’inversione di ruoli è altrettanto drammatica 
                    se è il genitore ad essere malato ed è il figlio ad assisterlo. 
                    Un tempo, punto di riferimento e di sicurezza, il genitore 
                    deve essere accudito come se fosse un bambino piccolo. Questo 
                    richiede una maturità interna e un equilibrio non sempre facile 
                    da raggiungere.
                    
                    Quello che si è riscontrato è che le variegate manifestazioni 
                    emotive del caregiver e dei famigliari sono fortemente correlate 
                    tra loro e tanto più i famigliari riescono a stare vicini 
                    e a comprendere il caregiverr tanto più egli riesce a gestire 
                    al meglio la relazione con il paziente. I famigliari sono 
                    particolarmente disturbati dal riscontrare che le modalità 
                    relazionali da loro utilizzate prima della malattia devono 
                    essere inevitabilmente modificate in funzione dei nuovi e 
                    diversificati bisogni del paziente. Anche la persona prima 
                    autonoma e indipendente, che all’interno del contesto familiare 
                    aveva un ruolo di guida, diventa gradatamente dipendente e 
                    incapace di muoversi in maniera autonoma, anche per le più 
                    semplici attività ha necessità di essere guidata e accompagnata. 
                    Questo seguire in tutto e per tutto il paziente è particolarmente 
                    gravoso e a volte provoca irritazione e tensione nei famigliari. 
                    Alcuni conflitti connessi al passato di queste famiglie possono 
                    emergere proprio per l’elevato stress a cui sono sottoposte. 
                    Solo i famigliari che riescono ad adattare la propria modalità 
                    interattiva alle mutate caratteristiche del malato mantengono 
                    un livello di soddisfazione relazionale discreto. Quelli che, 
                    viceversa, non adeguano le proprie modalità comportamentali 
                    al decorso della malattia sono più in difficoltà ad espletare 
                    i compiti assistenziali necessari. Quello che avviene dipende 
                    dal fatto che essi non sono all’altezza della situazione. 
                    Ci vogliono spazi per comunicare, il nucleo familiare deve 
                    poter esprimere i propri sentimenti e le proprie paure. Un 
                    aiuto esterno può sollevarli, permettendo loro di occuparsi 
                    anche degli altri componenti del nucleo familiare. Nel caso 
                    ideale ci sono parenti e amici per questo. Ma ciò non è sempre 
                    possibile. Chi per troppo tempo non può riposarsi, a lunga 
                    scadenza mette in pericolo la propria salute fisica e psichica. 
                    Chi per troppo tempo relegati nell’isolamento e nel vuoto 
                    dell’indifferenza, che li fa sentire più a pezzi, scontenti, 
                    indifesi alla continua ricerca di un po’ di comprensione. 
                    Altri si battono spesso per il diritto a parlare, a chiedere 
                    aiuto. Troppi poco ascoltano.
                    
                    
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