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  • Approches qualitatives et applications dans l'intervention professionnelle
    Lucio Luison (sous la direction de)
    M@gm@ vol.2 n.1 Janvier-Mars 2004

    INTERVENTO SOCIALE E SVILUPPO LOCALE: INTERVISTA A GEORGES BERTIN


    Orazio Maria Valastro

    valastro@analisiqualitativa.com
    Presidente Osservatorio dei Processi Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com); Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry'' di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio di Sociologia Professionale (Catania).

    INTRODUZIONE

    La proposta di quest'intervista, scaturita da una collaborazione con Georges Bertin sulla problematica relazione tra sviluppo locale e intervento sociale [1], intende presentare e sostenere un approccio sociologico capace di situarsi tra teoria e azione, integrando una prospettiva multi-referenziale. Sono lieto che Lucio Luison abbia accolto favorevolmente l'inserimento di questo testo [2], nonostante sia già stato presentato e diffuso precedentemente [3], permettendoci pertanto di riconoscere ulteriormente l'impegno profuso liberamente e con continuità da parte del nostro amico e collaboratore Georges Bertin [4]. Riprendendo inoltre quest'intervento in un progetto editoriale che ha dimostrato di svilupparsi al di là delle stesse aspettative iniziali che lo hanno sostenuto [5], possiamo proporre ai nostri lettori un'ulteriore lettura critica degli interventi professionali in contesti sociali e culturali che privilegiano gli approcci qualitativi, strumenti e procedure indispensabili per considerare la produzione e l'emergere dell'immaginario sociale nelle condizioni sociali e nella realizzazione delle pratiche dello sviluppo locale. L'inscindibilità tra sviluppo locale e immaginario sociale, sperimentata nelle esperienze concrete di progetti culturali e studi etno-sociologici sulle comunità locali e lo sviluppo locale [6], rinvia e si collega all'esperienza di Albino Sacco-Casamassima [7] che presentiamo in questa stessa rubrica tematica in relazione alla programmazione d'interventi concertati per lo sviluppo locale tra collettività territoriali e istituzioni locali.

    Accostandosi alla complessità delle situazioni e delle dimensioni sociali e culturali, condividendo un'esperienza comune in seno all'Union internationale Animation et Développement, G. Bertin e A. Sacco-Casamassima si sono interessati di animazione culturale e educativa, sociale ed economica, al fine di promuovere e sostenere dei programmi locali di animazione socioculturale concertati e partecipati, sostenendo una prospettiva sistemica - antropologica e facilitando da più di trent'anni lo sviluppo locale attraverso la partecipazione attiva dei cittadini e dei gruppi sociali all'animazione degli spazi sociali. In una prospettiva che consideri conoscenze ed esperienze professionali come momento d'incontro e di confronto con la pratica professionale di ognuno di noi, ho creduto quindi opportuno stimolare una riflessione su alcune considerazioni in merito all'intervento sociologico. Credo sia importante riflettere sul ruolo che la nostra professione e la nostra professionalità sono in grado di avere nell'ambito della programmazione sociale, in modo particolare nella relazione tra questa e la realizzazione di progetti d'intervento, momento fondamentale per orientare e rendere operative delle politiche sociali a livello locale.

    Questa riflessione parte dal presupposto che l'elaborazione di un processo di programmazione, in cui generalmente sono impegnati degli esperti, considerati in grado di esaminare e valutare risorse ed obiettivi tenendo conto dei bisogni della popolazione e della condizione dei servizi, renda concreti degli interventi e nello stesso tempo sia messo in discussione e sottoposto ad una rimodulazione in conformità a precise verifiche e valutazioni. In questo processo entra in gioco una variabile determinante, quella relativa alla complessità sociale, che mette in risalto la nostra formazione sociologica e le nostre competenze professionali come appropriate a non eludere la complessità sociale ed a confrontarsi con quest'ultima. Le problematiche sollevate dell'intervento sociale in questo processo, all'interno dei differenti modelli della programmazione sociale mutuati dalla conoscenza sociologica e la loro evoluzione in quanto modelli operativi, deve necessariamente prendere in considerazione gli attori sociali coinvolti in questo stesso processo, nell'ambito di quella complessità sociale che ne determina e al contempo è la risultante del loro agire sociale.

    La finalità di quest'intervista, conseguente a queste riflessioni iniziali, è quella di prospettare una sociologia che suggerisce una comprensione ed un'interpretazione delle problematiche connesse allo sviluppo locale in funzione d'argomentazioni che non dipendono esclusivamente da elementi quantitativi, relativi esclusivamente alla dimensione economica. Intendo quindi focalizzare un approccio che mette in luce gli aspetti qualitativi della complessità sociale, insiti nelle dinamiche relazionali e sociali degli attori implicati nel processo d'intervento, nelle loro strategie individuali e di gruppo, nella struttura e nell'organizzazione delle rappresentazioni che presiedono alle pratiche sociali in atto, come anche nelle pratiche sociali complessive che rilevano dei sistemi simbolici in costruzione e condivisi e che si sviluppano attraverso una conflittualità ed una trasformazione permanente.

    I riferimenti alle attività professionali di Georges Bertin rimandano essenzialmente all'elaborazione di un percorso di formazione sull'immaginario, applicato alle situazioni sociali e culturali per analizzare e gestire la complessità di queste nell'ambito dell'intervento sociale, e alle sue esperienze sullo sviluppo locale in ambito urbano e rurale inteso come sviluppo socio culturale, insieme alla ricerca e alla sperimentazione sociale in questo stesso settore. Le attività sviluppate da Gorges Bertin in questi ambiti come docente di "Sociologia dello Sviluppo Locale" all'Università degli Studi di Angers, Francia, e in qualità di direttore dell'Istituto di Formazione e Ricerca in Intervento Sociale di Angers, sono dunque valorizzate rilevando anzitutto la sua stessa esortazione a evitare di reificare la programmazione sociale, realizzando in caso contrario una morte programmata dell'intervento sociale.

    INTERVISTA A GEORGES BERTIN

    - (O.M.V.) "Sulla base delle riflessioni e delle metodologie sviluppate nell'ambito dell'azione sociale e culturale, con riferimento alle sue attività professionali, lei, come concepisce oggi il ruolo e la funzione del sociologo all'interno delle comunità locali? In modo particolare rispetto alle problematiche concernenti lo sviluppo locale e l'intervento sociale."

    - (G.B.) "La domanda merita che ci si soffermi, forse perché lei pone giustamente i problemi nei termini e in senso inverso rispetto a come sono posti abitualmente. In effetti, situato all'interno delle collettività, come lei stesso lo sottolinea, il sociologo è percepito prima di tutto nel suo ruolo (e non nel suo statuto di ricercatore o di missus dominicus). Implicato (dal latino implicare) in una funzione che lo destinerebbe piuttosto all'explicare, egli di conseguenza si coinvolge e quest'implicazione è, per lui, il nuovo appellativo della capacità di comprendere.

    Infatti, le situazioni di sviluppo locale sono percepite, da lui e dagli altri attori locali, come pretesti alla ricerca e all'intervento sociale sul piano politico, sociale e culturale, e il sociologo non può fare a meno di quest'attitudine che mira a cogliere i movimenti interni, i contesti (l'indicalità degli etnometodologi) che li animano, il tragico quotidiano (citando Michel Maffesoli) dimorante nelle comunità locali. Perché, quello che scopre il sociologo dello sviluppo locale, nelle sue ricerche sociologiche, è puntualmente il fatto di doversi confrontare con delle comunità viventi in società. Egli è difatti spinto, se non è addirittura il risultato, dalla sua stessa funzione e le rappresentazioni operanti nelle popolazioni, rappresentanti istituzionali, attori, ogni altro agente interveniente, e dalle intimazioni prodotte dagli ambienti sociali e naturali considerati. In questo modo egli realizza il progetto di qualunque intervento sociale, (intervenire vuol dire venire tra), preso com'è giustamente tra due rappresentazioni o definizioni dello sviluppo, che potremmo distinguere, comparandole, nella rappresentazione francese e italiana dello sviluppo.

    Versante francese, il nostro razionalismo cartesiano positivista e piuttosto dominatore, soprattutto nel momento in cui la nostra rappresentazione dello sviluppo è un'eredità del periodo coloniale, ci ha appreso a trattare la questione dello sviluppo nell'accezione di sviluppare, ossia di dispiegare, partendo da un progetto esterno al territorio e alla situazione. Versante italiano, il termine sviluppo (avvolgere), fa riferimento all'etimologia della curva, del cerchio, della spirale. Lo sviluppo avviene quindi attraverso un movimento certamente ascendente, ma che si concede dei continui riscontri con il terreno d'intervento, originandosi all'interno delle comunità locali, con i soggetti attori interessati. Non può fare a meno di riferirsi al regime notturno di un immaginario sociale percepito come matrice di sviluppo. Lo sviluppo locale è qui pensato sulla base della complessità, questa si nutre di meta- e di trans-, e mira a conciliare tra loro i contrari.

    L'intervento sociale è dunque una delle soluzioni dello sviluppo locale percepito nella sua capacità di mediare le relazioni del sociologo col suo ambiente di lavoro, l'intervento sociale non trascura il necessario distacco dalle situazioni incontrate e dall'implicazione del sociologo, sempre provvisoria, incompleta, e dunque un'analisi permanente è indispensabile per comprenderne gli effetti in un ambito che lo perturba e da cui è perturbato."

    - (O.M.V.) "Lei ha messo in risalto come il sociologo dello sviluppo locale cerca di introdurre il sociale nella sua attività professionale, in quanto deve confrontarsi con delle comunità viventi in società. Di conseguenza, in che modo deve essere considerato l'intervento sociologico all'interno delle comunità locali quando l'immaginario sociale è individuato, e riconosciuto, come matrice dello sviluppo?"

    - (G.B.) "L'intervento sociologico mirato alle comunità locali mi sembra collocato tra l'ambiguità e l'implicazione (nel senso metodologico). Ambiguità: perché radicalmente in opposizione ad un management operazionale degli uomini e dei progetti alimentati da una prassiologia dello sviluppo. Pertinente con i fini perseguiti dalle organizzazioni pubbliche e private, questa si articola in un progetto globale attraverso la negoziazione, l'assunzione di competenze e la distribuzione di poteri in seno ad una società istituita. Nell'universo delle comunità, (pongo qui volutamente in opposizione sociale e comunitario), l'intenzione implicita e inerente all'idea dello sviluppo locale si propone in misura minore di garantire il raggiungimento di risultati conformi a dei programmi questi stessi pre-formati (dal governo, la provincia, l'Europa, le ONG, eccetera), cercando piuttosto di consolidare l'essere insieme, quello che costituisce la solida trama della socialità: comportamenti quotidiani, ritualità, tutto quello che consente di mettere insieme, di agglutinare, le persone implicate nel processo di sviluppo.

    Quest'idea di comunità di vita funziona, giustamente, in base al paradigma dell'ambiguità, nel considerare non tanto dei modelli unici ma l'antagonismo delle posizioni in apparenza contraddittorie. La comunità di vita, la cui attenta valutazione è indispensabile a qualsiasi azione in profondità nell'ambito dello sviluppo locale, originandosi quest'ultimo attraverso un approccio endogeno, si riferisce, in effetti, più all'ordinamento delle organizzazioni che al costume, - impronta, per Michel Maffesoli, del perdurare societario -, agli usi sociali della vita quotidiana formanti, poco a poco, l'identità collettiva.

    Implicazione: la posizione del sociologo o ricercatore professionista (nel senso etimologico di circare, ruotare attorno a ...), non può che fare riferimento ad una metodologia dell'implicazione. Come lo evidenzia giustamente Jacques Ardoino (Education et Politique, 1977), il sociologo, analista sociale, non può essere neutro. I soggetti oggetti con i quali si trova ad essere confrontato nella sua pratica, sono ugualmente implicati nelle situazioni incontrate e dovrà impegnarsi nel rendere manifeste le posizioni e le appartenenze degli uni e degli altri, di indagare sulle condizioni della loro indicalità, cioè a dire le condizioni, le determinazioni che gravano su ogni situazione particolare incontrata. Nell'ambito dello sviluppo locale, i significati che emergono dall'immaginario sociale come magma (citando Cornélius Castoriadis), traggono il loro senso dal loro contesto e non da una qualunque imposizione dogmatica o tecnocratica.

    La nozione d'implicazione è a questo punto problematica e deve essere postulata come tale, supposta dal fatto stesso della sua ambivalenza poiché essa ha attinenza a comportamenti simbolici. Questa duplicità dell'implicazione, può ricercarsi a differenti livelli della realtà: quello della libido del ricercatore stesso, determinato dalle relazioni psico-affettive che intrattiene col suo terreno d'intervento, e noi sappiamo che non ci è mai indifferente; quello dell'istituzione perché lo sviluppo locale è anche una rete simbolica, socialmente sancita, e che lo diventa maggiormente e nella misura in cui il suo intervento crea dei rapporti di forza, non fosse altro per il fatto dell'attenzione che noi diamo alle situazioni incontrate; quello dei miti o degli archetipi sottostanti, sintetizzando nella noosfera le radici dei comportamenti collettivi, in un movimento di ricorrente/attualizzazione.

    Se vuole evitare la trappola della reificazione, il sociologo empirico, assegnato facilmente al posto d'esperto (quello che osserva dall'esterno) dai suoi contemporanei, deve conquistare questa lucidità che lo guida a negoziare i propri contro transfert, in un movimento di separazione/implicazione che può avere origine solo nella prassi dei gruppi sociali, nella ricerca azione partecipata. Questo suppone un impegno d'educazione e d'animazione. Come lo evidenzia ancora Jacques Ardoino, "l'educazione dei popoli è fondamentale per una tale impresa che cerca di disoccultare e non potrebbe essere né spontaneista né provvidenziale, ma il frutto di un'auto-organizzazione implicante un impegno d'interpretazione", come citato in precedenza. In questo senso, la critica della vita quotidiana, facendo emergere le contraddizioni dagli abissi dei gruppi sociali interessati, è uno strumento di una sociologia d'intervento nella misura in cui, al contrario delle pretese egemoniche della tecnocrazia politico amministrativa, ha per oggetto di ristabilire la differenza nel cuore delle comunità locali, mettendo in luce le procedure attraverso le quali gli attori interpretano la vita sociale."

    - (O.M.V.) "E' molto interessante, riguardo all'azione del sociologo dello sviluppo locale, l'articolazione del suo ragionamento sulle conoscenze sociologiche che ci aiutano ad analizzare e gestire le situazioni sociali e culturali. Praticare una sociologia d'intervento caratterizza quindi un atteggiamento ben definito del sociologo, orientato verso l'osservazione e l'interpretazione critica della vita quotidiana. Quest'attitudine, sottoposta all'imperativo di riconoscere e rilevare la contingenza del proprio terreno d'intervento, di scoprire e distinguere i saperi e le pratiche dei gruppi sociali interessati, che cosa comporta e attraverso quali strumenti si mette in pratica?"

    - (G.B.) "Essa comporta due aspetti: conoscere e riconoscere le categorie e la particolarità del proprio terreno di ricerca e d'azione, d'intervento. Lei suggerisce nella prima parte della domanda la mia risposta (ricerca azione): per quello che mi riguarda, io mi riferisco a due strumenti, uno propriamente euristico, la postura etnometodologica, e l'altro paradossalmente eterogeneo, l'intervento sociologico, e più operativo. Il primo, l'etnometodologia, postula che gli individui nelle attività banali della vita quotidiana, agiscono e sono guidati dai contesti dove sono inseriti. Difatti, ogni significato sociale è sempre locale, non generalizzabile al di fuori di situazioni stabilite, e la sociologia del particolare, è innanzi tutto, una sociologia del quotidiano. Il ricercatore avrà a cuore di determinare, nelle situazioni circoscritte alle quali si trova confrontato e nei discorsi espressi dagli attori locali, le condizioni della loro formulazione, legandole alle condizioni d'esistenza delle popolazioni interessate. Per ogni membro della società, in effetti, il significato del suo linguaggio quotidiano rinvia ad un sapere comune socialmente distribuito, dotato di significato per il ricercatore che dovrà adattare la sua postura alle situazioni incontrate.

    L'etnometodologia postula egualmente che i fenomeni quotidiani si modificano nel momento in cui sono presi in esamine attraverso le griglie della descrizione scientifica (nell'accezione positivista), il ricercatore non si trova nella giusta distanza rispetto ai suoi oggetti-soggetti di ricerca ma partecipa della loro reificazione. Nell'ambito dello sviluppo locale, questa logica ci conduce paradossalmente ad optare pedagogicamente, dopo le risoluzioni necessarie, a far proprio, consapevolmente, l'intervento sociale ma in tutta lucidità. Da qui il postulato di ricerca azione istituzionale, l'istituzione essendo la base inconscia dei comportamenti sociali, che sviluppa una nuova scientificità diffondendo in modo mediatico dei termini antinomici, ossia: contribuire alla trasformazione sociale, allo sviluppo; a partire da questo punto, partecipare alla produzione di conoscenze operative tenendo conto della relatività delle situazioni e della temporalità delle comunità locali, del vissuto sociale. L'intervento istituzionale, al cuore della Ricerca Azione, passa attraverso la negoziazione, l'arbitraggio, la conciliazione, la perturbazione delle parti in presenza.

    Partendo dall'osservazione dell'attualità dei gruppi sociali nella ricerca azione e delle fonti d'informazione offerte dal terreno d'intervento, la Ricerca Azione, il cui obiettivo è ben orientato sullo sviluppo, è proiettata verso: l'analisi situazionale dei contesti; la consapevolezza degli stessi gruppi, e non soltanto del ricercatore, delle conoscenze sulle istituzioni che operano e il funzionamento delle loro organizzazioni; la valutazione degli effetti delle azioni realizzate. La Ricerca Azione ritrova in tutto ciò le premesse contenute nella postura etnometodologica, contribuendo a chiarire, per gli individui ed i gruppi interessati, i metodi che essi stessi utilizzano per dare un significato alla loro azione e nello stesso tempo realizzare le azioni di ogni giorno: comunicare, prendere decisioni, ragionare nel cuore della turbolenza del vissuto sociale, nello choc dei valori. Si tratta qui di una sociologia in atto, tendente verso il cambiamento sociale attraverso un movimento che diventa parte integrante della ricerca."

    - (O.M.V.) "Adottando un tale approccio riguardo all'interpretazione e alla comprensione della complessità sociale, come diventano efficaci, agendo su un piano strettamente sociale, quello delle pratiche degli agenti sociali, gli strumenti dell'intervento sociologico?"

    - (G.B.) "L'esercizio dell'intervento sociologico in Europa occidentale è contrassegnato da un'enorme diversità delle pratiche e degli statuti professionali. Le formazioni che vi sono associate ne sono il riflesso più evidente. L'intervento sociologico, come pratica e come luogo d'interrogazione, mi sembra corrispondere ad un'intenzione di comprensione e di descrizione di una prassi sulla quale s'inseriscono delle pratiche. Nella misura in cui l'intervento sociologico tenta e favorisce l'incontro di progetti individuali e istituzionali, questo resta, effettivamente, continuamente lacerato tra due piani: quello di una filosofia dell'assistenza, integrativa nelle sue ambizioni, regolatrice, tendente a migliorare la comunicazione, in questo caso, soltanto la descrizione delle azioni realizzate basta a renderne conto; e quello di una filosofia della rottura, fondando il suo approccio sull'analisi sociale, il coscienzialismo, lo sviluppo comunitario. Agendo direttamente sulla vita quotidiana, questa mira alla liberazione dell'immaginario sociale (o fondante). E' una filosofia dell'intervento.

    Sul terreno dell'intervento, le interazioni vissute dagli attori sono invece situate all'interno di ambiti paradossali che sembrano segnati da reali complementarità, non fosse altro che per le cooperazioni che tendono a incrociare le modalità d'intervento. Tra le realtà statutarie legate alle missioni del sociologo (che derivano dagli incarichi) e le rappresentazioni sociali che vi sono associate insieme alle interazioni vissute dagli attori (politici, rappresentanti istituzionali, associazioni, lavoratori sociali, funzionari, insegnanti, universitari), al di là delle realtà oggettivamente vissute (costrizioni sociali, culturali, naturali e urbanistiche, sistemi di comunicazione, tecnologie partecipate ...) alle quali sono più o meno asserviti i comportamenti riferiti alle prassiologie esistenti (sistema mezzi-fini coordinato per migliorare la qualità della vita, la compensazione sociale ...), l'intervento sociologico si fonda nei sistemi simbolici che tentano di conciliare l'inconciliabile, di mettere insieme con un impegno che ha una postura paradossale, le intimazioni dei soggetti agenti in quest'ambito e gli imperativi scaturiti dai settori interessati. O meglio, questa costituisce, essa stessa, un insieme di comportamenti simbolici che interroga il sociale. L'immaginario sociale, culturale, psicologico, in azione, agisce, in effetti, riversandosi sulle rappresentazioni dei sociologi, quelle dei loro interlocutori e del pubblico interessato."

    - (O.M.V.) "A che livello operativo bisogna posizionare alcuni approcci metodologici dell'azione sociale? Penso, ad esempio, all'approccio multi-referenziale di Jacques Ardoino e quello trasversale e dell'ascolto mito poietico di René Barbier. E come sviluppare questi strumenti sociologici nella pratica professionale del sociologo?"

    - (G.B.) "Su un piano teorico, l'intervento sociologico funziona come una trasversalità, poiché ogni riflessione sul proprio oggetto, lo sviluppo locale "si esercita su diversi ambiti: il vissuto, il detto (ed il non detto), l'istituzione ed i suoi apparati, le istanze determinanti come la politica, l'ideologia, l'individuo ed i gruppi ai quali appartiene, ecc." [8] Per il sociologo, mostrare queste capacità culturali significa sapersi orientare, e di fronte a delle condizioni di lavoro estremamente differenti, saperle unire tra loro, comprendere come loro si contraddicono, si articolano (Levy Leblond) [9]. Da qui la postura multi-referenziale che postula Ardoino [10], che ai sistemi esplicativi esclusivi devono sostituirsi delle metodologie comprensive. Per lui, l'implicazione è realmente il nuovo nome della comprensione. L'opposizione tra l'interpretazione (ex-plicare, fare uscire da ...) e l'implicazione (im-plicare, amalgamare), si posiziona all'interno stesso dell'ambito studiato, proprio accanto agli stessi attori.

    Per questo, bisogna prendere in considerazione due tipi di condizionamenti operanti sull'intervento sociologico: i filtri linguistici e culturali prodotti dagli attori, quelli del loro ambiente di lavoro, quelli dei rappresentanti istituzionali e dei loro collaboratori, quelli delle popolazioni, da qui l'importanza di un lavoro di traduzione, di decodificazione, d'ermeneutica, nel cuore stesso dei processi di lavoro del terreno d'intervento; e il fatto che l'intervento sociologico sia anche un oggetto culturale, sottoposto alla temporalità, all'elaborazione, lo rende sinuoso ed è questo che determina delle difficoltà nel tentare di cogliere questa temporalità attraverso degli avvenimenti segnati dalla regolarità, da interventi complessi e multiformi. L'intervento sociologico partecipa al simbolismo esprimendo un certo numero di realtà socio culturali nel loro legame con la sfera del linguaggio. La ricerca azione, prendendo in prestito alcuni elementi di riflessione dalla corrente della prassiologia che sovrasta in senso dialettico, suscita un lavoro di questo tipo costituendone un modello logico. Questo modello, bisogna considerarlo nel contesto ben definito descritto dagli autori che lo hanno teorizzato ed elaborato (René Barbier). Lontano dall'idea di separazione, di norma, di controllo, si tratta di una riflessione che si forma partendo da pratiche reali, attraverso un ascolto sensibile, mito poetico, scrive Barbier.

    L'intervento sociologico è in questo modo una sociologia clinica quando tende a svelare, a rivelare l'inconscio sociale e culturale delle comunità osservate e vissute, e consente di accedere a un insieme di figure sociali immaginarie. Possiamo individuare tre momenti: arcaico, nei comportamenti verso la gloria di un tempo mitico, di una società consensuale consacrata al lavoro e al culto della Terra-Madre-Natura. Penso ai dispositivi che invitano alla regressione nelle comunità di tipo "Patriarcali" ricostituenti quasi magicamente l'ordine della tribù primitiva, sottomessa alla potenza del padre dell'orda. Economico, quando le norme del mercato si ergono sovrane nella società, scopo ultimo degli individui che la compongono, ed è il tempo del consumo omogeneizzante e deificante; suscettibile di alterazione, quando ci si affronta e spesso si affermano differenti tipologie di rappresentazioni sociali e culturali che sovente non possono fare a meno le une delle altre, ma tengono in considerazione delle determinazioni eterogenee tra loro.

    Qui, l'intervento sociologico, tenta l'impossibile sintesi tra gli imperativi della sfera tecnocratica e quelli delle aspirazioni delle popolazioni locali, tra controllo e valutazione. I riferimenti non potrebbero ridursi ad una visione psico-sociale, economica, sociale o puramente culturale. L'intervento sociologico è composto di tutto questo, è multi-referenziale, antropologico, nello spirito dei lavori avviati da due correnti scientifiche differenti e complementari, l'antropologia simbolica (aspetti sincronici) e l'analisi istituzionale (aspetti diacronici). Sono delle correnti teoriche legate agli approcci dell'immaginario (mythocritique, mythodologie, analisi culturale, etnometodologia, pedagogia e terapie istituzionali ...) che tentano di lavorare sulle componenti di questi comportamenti simbolici che costituiscono il quotidiano esercizio dell'intervento sociologico e s'indirizzano verso un riconoscimento costruito di questa complessità tra: i miti fondatori e la storia delle comunità, la loro evoluzione e i loro invarianti (morfologia e dinamiche) nel contesto culturale che è il loro dei modelli preesistenti, con l'analisi comparativa dei mestieri, degli usi culturali ..., è tutto l'universo dei riferimenti impliciti, degli usi sociali dello sviluppo locale nelle loro relazioni con l'istituito globale, economico, politico, sociologico ... (le organizzazioni dello sviluppo locale partecipano all'istituzione immaginaria della società) per esempio, inventariando i luoghi d'attività delle professioni interessate e le modalità di realizzazione pratica degli attori, dei comportamenti immaginari legati ai contesti psicologici e socio psicologici degli intervenenti, alle loro interazioni, ai loro investimenti personali e professionali.

    Questo giustifica, bisogna convenirne, il fatto di impossessarsi di strumenti adatti che una sociologia razionalista ed empirica, non sarebbe capace di costruire. Fenomeno globale, lo sviluppo locale interessa l'insieme dell'organizzazione sociale e culturale politica e Marcel Mauss c'insegnava recentemente che, "uno dei principali vantaggi di una conoscenza completa e concreta delle società e delle tipologie di società, è che questa consente di prevedere infine quello che può essere una sociologia applicata o politica". Citava abitualmente Durkheim affermando che la sociologia non varrebbe "un'ora di pena se non avrebbe alcun'utilità pratica". E' quello cui, da quasi un quarto di secolo, ci adoperiamo."


    NOTE

    1] "Développement local et intervention sociale", sous la direction de Georges Bertin, Paris, L'Harmattan (Educations et Sociétés), 2003.
    Scheda bibliografica:
    www.analisiqualitativa.com/portale/biblio/0021.htm
    2] "L'approccio qualitativo e le sue applicazioni nell'intervento professionale", rubrica tematica a cura di Lucio Luison, m @ g m @, rivista elettronica di scienze umane e sociali, gennaio - marzo 2004:
    www.analisiqualitativa.com/magma/0201/index.htm
    3] "Intervento sociologico e sviluppo locale: intervista a Georges Bertin", a cura di Orazio Maria Valastro, Societing, rivista elettronica di sociologia, novembre 2001:
    members.xoom.virgilio.it/_XOOM/societing/
    La versione originale in lingua francese è stata pubblicata in "L'intervention sociologique", sous la direction de Orazio Maria Valastro, Esprit Critique, revue internationale francophone de sociologie et de sciences sociales, numéro thématique, printemps 2002:
    www.espritcritique.org/0404/index.html
    4] I contributi di Georges Bertin pubblicati su m @ g m @, rivista elettronica di scienze umane e sociali, e l'esprit critique, revue internationale francophone de sociologie et de sciences sociales, sono accessibili in formato full text dagli archivi delle riviste elettroniche:
    www.analisiqualitativa.com/magma/archivio.htm
    www.espritcritique.fr/
    5] "Un anno dopo: interpretazione critica e cambiamento partecipato della vita quotidiana", a cura di Orazio Maria Valastro, m @ g m @, rivista elettronica di scienze umane e sociali, ottobre - dicembre 2003:
    www.analisiqualitativa.com/magma/0104/editoriale.htm
    6] L'intervento di Gorges Bertin "Mythe, politique et formation, l'exemple du développement local" al Congresso dell'AFIRSE (Imaginaire du politique et développement local, Association Francophone Internationale de Recherche Scientifique en Education, Colloque International, 10-12 septembre 1998, Lisbonne), considerava in parte gli esiti delle esperienze realizzate tra il 1977 e il 1992 con l'Università Rurale della Normandie-Maine-Perche e l'Union internationale Animation et Développement, fondata insieme a Lucien Trichaud, Bertrand Duruflé e Albino Sacco-Casamassima (G. Bertin ne è stato il Segretario Generale insieme ad Albino Sacco-Casamassima che ne era il Vice Presidente Internazionale):
    membres.lycos.fr/imaginouest/newpage3.html
    7] "Conversazioni autobiografiche con Albino Sacco-Casamassima", a cura di Orazio Maria Valastro, m @ g m @, rivista elettronica di scienze umane e sociali, gennaio - marzo 2004:
    www.analisiqualitativa.com/magma/0201/articolo_07.htm
    8] Thomas Louis-Vincent in Avant-propos à Brohm Jean-Marie, Sociologie Politique du Sport, Nancy, Presses Universitaires, de Nancy, 1992, p.16.
    9] Levy-Leblond J.M. in Culture Technique et Formation, Pratiques de Formation-Analyses, U. Paris VIII.
    10] Ardoino Jacques, Education et Politique, Paris, Gauthier Villars, 1977.


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