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    Barbara Poggio - Orazio Maria Valastro (a cura di)

    M@gm@ vol.10 n.1 Gennaio-Aprile 2012

    NARRAZIONI E MIGRAZIONI


    Serena Piovesan

    serena.piovesan@unitn.it
    Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università di Trento.

    Orazio Maria Valastro

    valastro@analisiqualitativa.com
    Dottore di Ricerca in Sociologia, IRSA-CRI/LERSEM, Università Paul Valéry Montpellier.

    La migrazione come fatto sociale totale (Sayad, 2002) nell’esperienza umana che la caratterizza, implica l’interdipendenza di ogni aspetto e rappresentazione dell’economia, della politica e della cultura di una società. Le migrazioni assumono in questa prospettiva una funzione specchio, rivelandoci le contraddizioni delle società che prendono forma nelle relazioni tra autoctoni e migranti. Emigrazione ed immigrazione, complementari nella sociologia d’Abdelmalek Sayad, rinviano reciprocamente l’una all’altra come un fenomeno sociale complessivo: ad ogni immigrazione in una società, corrisponde sempre un’emigrazione da un’altra società.

    Le relazioni tra gli esseri umani sono trasformate dalle migrazioni, dall’arrivo e della permanenza dei migranti, rinnovando la coabitazione e la compresenza di gruppi sociali ed individui sul territorio e nelle comunità. Le modalità di relazione nel rapporto all’altro ed all’alterità (Simmel, 1908), nella concettualizzazione sociologica delle categorie interpretative simmeliane della distanza e della prossimità, della differenza e della similitudine, configurano dei sentimenti contrastanti propri a queste relazioni. Lo straniero, pur appartenendo alla comunità nella quale è collocato, è definito da questo rapporto di lontananza e vicinanza originando dei meccanismi di accettazione o di rifiuto. L’ambivalenza della categoria sociologica dello straniero, nella relazione che si instaura con l’altro, è pertanto portatrice di un mutamento dello spazio sociale consolidato.

    Le scienze sociali, muovendo dalle problematiche collegate all’insediamento di chi arriva, hanno inizialmente esaminato le migrazioni in funzione di un’economia dell’immigrazione e del processo d’integrazione sociale e nazionale (Rea, Tripier, 2003). L’antropologia sociale anglosassone ha privilegiato la nozione di rete sociale (Hily, Berthomière, Mihaylova, 2004) e la dimensione transnazionale di queste reti, messa in risalto dall’approccio francese (Tarrius, 1995), ha sollecitato la comprensione di una forma transnazionale della migrazione fondata sulla comunità d’itineranza (Escofier, 2009). La rilevanza e le caratteristiche contemporanee delle migrazioni, richiedono pertanto di cogliere i modi di esistenza collettiva dei migranti e la dimensione soggettiva dell’esperienza delle comunità d’itineranza, dove gli individui sono accomunati dal loro passaggio in Europa e da una trasmigrazione mutevole che finisce per favorire il metissaggio e sollecitare dei sistemi di appartenenza multipli.

    La migrazione, da oggetto di ricerca marginale nell’ambito delle scienze umane e sociali, come rimarcava Abdelmalek Sayad, assurge nell’epoca attuale ad oggetto di ricerca fondamentale per interrogarsi sul legame sociale e sulla relazione con l’alterità dove l’altro, portatore di una differenza oggettiva con il suo arrivo e la sua permanenza, porta con sé storie sociali che vanno ri-conosciute, ri-elaborate e approfondite, insieme alle strutture che ne caratterizzano la persona (Sayad, 2002): le strutture sociali, le tradizioni e le religioni, le strutture politiche e mentali.

    L’erranza dei migranti, la transmigrazione di persone e storie sociali tra mondi e culture, comporta dei cambiamenti ed à al tempo stesso fecondazione reciproca di diversità che si arricchiscono reciprocamente (Le Quéau, 2007). L’erranza richiede tuttavia uno spazio d’incontro (Cambi, 2006) tra sensibilità e patrimoni culturali differenti, in parte negato da una società che ha paura dell’alterità, dove l’incontro diventa narrazione di due o più alterità (Tarsia, 2010). Il tema e l’esperienza della narrazione, divenuta elemento significativo della cultura contemporanea (Melucci, 2000) e pratica sociale dove più persone mettono in comune una storia (Jedlowski, 2000), si costituisce come approccio fondamentale al rapporto con culture diverse. Se la ricerca sociale non può pertanto trascurare ed ignorare la storia sociale delle persone, non vi è osservazione e comprensione delle relazioni umane che possa al tempo stesso sottovalutare gli spazi attraverso i quali transitano e vivono le persone (Augé, 1992), considerando il rapporto con noi stessi e l’altro nell’ambito del rapporto con lo spazio di vita.

    Nei due contributi presentati in questa sezione le narrazioni vengono infatti utilizzate come strumenti per aprire un punto d’osservazione su alcuni aspetti del fenomeno migratorio a partire dai vissuti individuali dei migranti. La raccolta delle narrazioni – integrata con percorsi etnografici – fa emergere spunti molto interessanti non solo sui percorsi di vita dei singoli migranti o sulle categorie di significato da loro utilizzate per dare senso all’esperienza migratoria, ma anche sulla migrazione in generale. Viene inoltre problematizzato l’utilizzo delle narrazioni, interrogandosi sul reale contributo conoscitivo di questa fonte e sulla sua capacità di comunicare le caratteristiche del contesto in cui agisce l’intervistato e le interazioni che in esso hanno luogo.

    Nel lavoro di Rizzo, l’analisi dei racconti di vita è volta a mettere in luce i processi di socializzazione delle cosiddette seconde generazioni, e consente di coglierne la dinamicità e la complessità. A partire dai percorsi biografici di alcuni ragazzi stranieri che frequentano un centro di aggregazione giovanile, Rizzo descrive la composizione e ricomposizione identitaria che caratterizza le esperienze di questi minori. Se è vero che tra i giovani migranti i riferimenti culturali del paese d’origine continuano ad avere forza nel momento in cui si stabiliscono in Italia, è altrettanto chiaro che le pratiche e le norme acquisite prima dell’esperienza migratoria non sono statiche né monolitiche, ma sono piuttosto dinamiche e ibride. Vengono infatti attraversate da processi di ristrutturazione, ridefinizione e rinegoziazione in funzione del nuovo contesto di interazione. A giudicare dalle narrazioni dei ragazzi, l’esito di questo processo si gioca nell’interazione tra risorse interne ed esterne ai soggetti, tra caratteristiche individuali e fattori sociali, in un processo volto costantemente a ricomporre le diverse istanze emergenti, spesso conflittuali. E lo spazio extra-scolastico al centro dell’analisi di Rizzo risulta essere un contesto che rinforza i meccanismi che conducono a una riuscita positiva dei percorsi di socializzazione, accompagnando e orientando i ragazzi nelle sfide insite nel cambiamento socio-culturale indotto dalla migrazione.

    Il contributo di Ostanel si focalizza sui processi di “costruzione”, di “produzione” e di uso del territorio cittadino derivanti dalle molteplici e diverse forme di interazione sociale, rese più complesse e multisfaccettate dalla migrazione. Analizza dunque le modalità e i luoghi in cui la differenza viene costruita e utilizzata. Vengono presentati due casi studio accomunati dal fatto di descrivere zone di confine che, pur in assenza di dispositivi fisici di separazione, nelle narrazioni dei migranti e altri abitanti si configurano come zone di no tresapassing, con eguale capacità di separare. Una è Via Anelli a Padova, l’altra è la “zona di eccezione” (come viene definita dall’autrice) costruita dai migranti mozambicani a Johannesburg. Nelle testimonianze raccolte in Via Anelli si descrive un contesto fisico in cui gli abitanti producono territorio mettendo spesso in crisi le forme consolidate di residenza e uso dello spazio pubblico: la via, consolidatasi nel tempo come risorsa per i migranti in termini di spazio di socialità e di fruizione di attività economiche informali, non rimane un microcosmo a se stante, ma diventa uno spazio fortemente visibile anche a chi non lo abita, ben presente nell’immaginario collettivo. A Johannesburg, invece, i migranti mozambicani hanno prodotto uno spazio dove la loro marginalità nel sistema sociale produce invisibilità, ma nello stesso tempo azione sul territorio e trasformazione dello spazio urbano. La segregazione dei mozambicani, a differenza di quanto accadeva nel caso dei neri durante l’apartheid, non è pianificata attraverso regole e strategie, ma lasciata agire, venendo ricercata in particolare nei confronti di alcune categorie che potrebbero mettere a rischio una condizione già di per sé delicata.

    Bibliografia

    Augé M. (1992), Non-lieux: introduction à une antropologie de la surmodernité, Paris, Seuil.
    Cambi F. (2006), Incontro e dialogo: prospettive della pedagogia interculturale, Roma, Carocci.
    Escofier C. (2009), Transmigration et communautés d’itinérances au Maghreb, in Bensaad A. (a cura di), Le Maghreb à l’épreuve des migrations subsahariennes: immigration sur émigration, Paris, Karthala Editions.
    Hfily M.-A., Berthomiere W., Mihaylova D. (2004), La notion de rosea sociaux en migration, Hommes et migrations, n. 1250.
    Jedlowski P. (2000), Storie comuni: la narrazione nella vita quotidiana, Torino, Pearson Italia.
    Le Quéau P. (2007), L’homme en clair-obscur: lecture de Michel Maffesoli, Saint-Nicolas (Québec), Les Presses de l’Université de Laval.
    Melucci A. (2000), Costruzione di sé, narrazione, riconoscimento, in Della Porta D., Greco M., Szakolezai A. (a cura di), Identità, riconoscimento, scambio, Roma-Bari, Laterza.
    Rea A. e Tripier M. (2003), Sociologie de l’immigration, Paris, La Découverte.
    Sayad A. (2002), La doppia assenza: dalle illusioni dell'emigrato alle sofferenze dell'immigrato, Milano, Cortina.
    Simmel G. (1908), Digressions sur l’étranger, in Grafmeyer Y. Joseph I., L’Ecole de Chicago, Paris, Aubier.
    Tarrius A. (1989), Perspectives phénoménologiques dans l’étude de la mobilité, Questions de méthode, Pardigme.
    Tarsia T. (2010), Aver cura del conflitto: migrazioni e professionalità sociali oltre i confini del welfare, Milano, Franco Angeli.



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