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  • Immagine & Società
    Fabio La Rocca (a cura di)

    M@gm@ vol.6 n.2 Maggio-Agosto 2008

    IL LINGUAGGIO, L’IMMAGINE ED IL FUTURO DELL’UMANO


    (Traduzione Marco Pasini)

    Elisa Reinhardt Piedras

    elisapiedras@hotmail.com
    Dottoranda in Comunicazione Sociale all’Università Pontificia Cattolica Rio Grande do Sul; Titolare di un master in Comunicazione e Informazione (UFRGS); Laureata in Comunicazione Sociale/Pubblicità e Propaganda (UCPel) e Arti Visive/Progettazione Grafica (UFPel); Insegnante della Scuola di Comunicazione Sociale dell'Università Cattolica di Pelotas.

    Civilizzazione dell’immagine, iconoclastia e pubblicità

    L'immagine pubblicitaria ci popola, ci chiama, ci coinvolge. Senza di essa, è difficile pensare il quotidiano urbano, le esperienze sensoriali (visive, sonore, tattili, olfattive, gustative), le pratiche, i percorsi, il consumo e gli immaginari contemporanei.

    Prima "di vedere" l'immagine pubblicitaria come una componente importante della nostra socialità, e quindi comprenderne tutta la complessità, è importante contestualizzarne la tematica. Viviamo in una "civilizzazione dell'immagine" ovvero una civilizzazione dell'informazione e della comunicazione con l'immagine (Thibault-Laulan, 1971), della complementarità immagine-testo (Joly, 1993), al superamento della scrittura con l'immagine (Durand, 1998). Si tratta di un superamento che Durand (1998, p.32) spiega come una sorta di "effetto perverso" dell’iconoclastia che regna in occidente, notando che malgrado tutte le resistenze all'immaginario, quest'ultimo "supera la galassia di Gutenberg" con l' "esplosione del video", della televisione, del cinema, della fotografia. Si può dire lo stesso della pubblicità?

    Se oggi l'immagine è onnipresente, una delle tecnologie dell'immaginario, descritta da Silva (2003) come responsabile di questa crescita, è la comunicazione persuasiva. La comunicazione persuasiva utilizza immagini create proprio per sedurre, per risvegliare in ciascuno l’essere consumatore, grazie ai sensi messi in gioco nelle immagini. Di conseguenza, grazie alla diffusione nel nostro quotidiano attraverso gli annunci esposti su muri, vetrine, strade, oggetti, stampe, periodici, televisioni, radio e sale cinematografiche, è difficile accettare che l'immagine pubblicitaria non sia stata già esplorata nella sua complessità. Oltre Barthes (1989), che a suo tempo decifrò la polisemia dell'immagine persuasiva, ci sono pochi studiosi che riconoscono il ruolo della pubblicità nella democratizzazione dell'immagine nella società e nell'attribuzione di nuove funzioni al linguaggio visuale. Dobbiamo dunque sottolineare il contributo della scienza a questa negazione dell'immagine e dei suoi effetti polisemici, soggettivi, non razionali, il cui risultato è una confusione dei modelli esplicativi che riguardano l'esperienza quotidiana tessuta attraverso le immagini.

    A questo proposito, Maffesoli (2007, p.179-180) spiega come, sebbene l'immagine occupi tutto lo spazio pubblico, bombardando e spettacolarizzando le esperienze, i nostri intellettuali la screditino, cessando di vederla e continuando a criticarla. Un'eccezione in questo contesto è la sociologia visuale, che considera le immagini una risorsa "per raccogliere dati su aspetti non verbali del comportamento" (La Rocca, 2007, p.36). Secondo La Rocca (2007) la sociologia visuale, disciplina in armonia con "l'esplosione dell’immaginario sociale", si occupa di tre dimensioni della ricerca sociale: la "sociologia con le immagini", la "sociologia sulle immagini" e la "restituzione dei risultati" (La Rocca, 2007, p.38). La sociologia visuale utilizza la produzione di immagini come strumento metodologico di raccolta di informazioni, interpreta le immagini esistenti come vettori di significati simbolici, e visualizza i risultati attraverso resoconti di immagini, mettendo i secondo piano i resoconti testuali.

    Dunque, l'immagine pubblicitaria già esistente può essere compresa solamente se messa in relazione al suo contesto, rappresentando la sua costruzione e la sua appropriazione, rivelando la sua forma. Quest'esplorazione, occorre sottolinearlo, "non rivela alcun contenuto preciso, ma si accontenta di descrivere un contenitore, una forma", seguendo i passi del "formismo", proposto da Maffesoli (1998, p.21). Il presente articolo dunque, non silimita all'interpretazione del contenuto delle immagini di un messaggio o di una campagna pubblicitaria specifica ma, prima di tutto, propone percorsi per la comprensione generica del suo contenitore, il flusso delle immagini pubblicitarie che interpellano il quotidiano.

    Contesto sociale dell'immagine pubblicitaria

    L'immagine cambia con la società e stabilisce con essa delle relazioni complesse. Come suggerisce Thibault-Laulan (1971, p.41), "delle opinioni che riguardano l'immagine, di solito diffuse, appaiono spesso come altrettanti problemi falsi; citiamo ad esempio l'alienazione del consumatore con l'immagine pubblicitaria, l'istupidimento dei bambini con il fumetto, il conservatorismo generato dalla televisione, il gusto deplorevole del pubblico cinematografico (...). Una volta rimessi nel loro contesto sociale, economico, culturale, gli stessi 'fatti' assumono tutt’altro significato". Stabilendo la relazione (Hall, 2003, p.196) della pubblicità con il suo contesto economico politico e culturale, si può scorgere una relazione circostanziale e non essenzialmente determinata, cioè, dotata di reversibilità. Se si inizia a studiare il rapporto tra immagine e contesto economico, il modo di produzione capitalista è il grande determinante della pubblicità e delle sue immagini poiché, dalla rivoluzione industriale, viene incentivata questa attività, come dimostra Williams (1995). Già nel contesto politico risultante dalle trasformazioni degli anni 80, per esempio la privatizzazione dei sistemi di radiodiffusione, la flessibilità della regolamentazione e l’autodisciplina delle pratiche comunicative, la produzione, la diffusione e la ricezione delle immagini pubblicitarie sono state alterate. Così, il modello pubblicitario transnazionale, ancorato nel libero scambio e nella libertà di espressione commerciale (Mattelart, 1991), organizza la produzione e la diffusione di immagini in grandi reti e agglomerati, secondo la logica della "globalizzazione neo-liberale".

    Come forma di sostegno ai numerosi veicoli di comunicazione di massa, la pubblicità ha visto la sua importanza commerciale intensificarsi, parallelamente al suo ruolo in una cultura che si è democratizzata dalla seconda metà del ventesimo secolo (Williams, 1995). Questi processi di informazioni mediatiche e la massificazione della cultura, rimandano a quelli che Hall (1997) chiama la "centralità della cultura", dove l'immagine ha un ruolo fondamentale, e la pubblicità si costituisce come "(...) una forma discorsiva che permette l'incorporazione delle diverse classi sociali ad una cultura di mercato" (Zayas, 2001, p.17).

    Emerge allora il ruolo fondamentale dell'immagine pubblicitaria nell'emergenza della "cultura di consumo" (Schudson, 1984, p. 238), che si trova nelle condizioni e nelle caratteristiche prodotte dal sistema capitalista, nella sua infrastruttura e nella pubblicità combinata al marketing, alla sovrastruttura. Nel legame tra pubblicità e "cultura di consumo", viene esplorata la traiettoria di quest'ultima forma sociale contemporanea, per evitare i determinismi. La porosità delle categorie d'argomento e d'oggetto, in compenetrazione costante, rinvia a questo tragitto tra persone ed oggetti tecnici trasformati in totem dei loro gruppi, come suggerisce Maffesoli (2007, p.173). In questa prospettiva, il fenomeno di consumo rivela la sua complessità, che invalida ogni determinazione di una sola fonte, anche se l'influenza della pubblicità nelle pratiche relative all'offerta di servizi e l'acquisizione di beni, nel suo significato sociale, va ben oltre al suo valore d'utilizzo.

    Costruzione ed appropriazione della pubblicità nel quotidiano

    Nel contesto della "civilizzazione dell'immagine", la sua naturalizzazione è fonte di sfiducia per quelli che si impegnano nella sua critica. Infatti, è utile ricordare che l'immagine, soprattutto quella pubblicitaria, è una costruzione. Joly (1993, p.5) vede chiaramente il paradosso: "da un lato leggiamo le immagini in un modo che ci sembra completamente 'naturale', che non richiede apparentemente alcun apprendistato e, dall'altra parte, c'è il 'know-how' di alcuni iniziati che ci possono 'manipolare' e sommergere di immagini segretamente codificate, prendendosi gioco della nostra ingenuità".

    In questo universo ambiguo, è necessario, prima di criticare i supposti poteri di manipolazione dell'immagine pubblicitaria, adottare la prospettiva empatica, e riconciliarsi con il mondo concreto delle pratiche di produzione (costruzione) ed o di ricezione (appropriazione) nel quotidiano contemporaneo.

    Definiamo allora l'immagine pubblicitaria come il vettore di un processo comunicativo o circuito culturale (Hall, 1997; Johnson, 2004), dove sono implicati produttori (pubblicitari) e ricettori (consumatori), impegnati nelle loro pratiche quotidiane nelle quali si inserisce il contesto più ampio che abbiamo già presentato. Ciò è esplicito nella socialità: la logica contraddittoria domina le correlazioni e le modalità d'azione dei pubblicitari e dei consumatori, oltre a condizionare la produzione di senso delle immagini che circolano tra loro.

    Nell'universo dei pubblicitari, le pratiche di produzione sono il luogo della costruzione delle immagini, attraverso una logica istituzionalizzata specifica delle agenzie di pubblicità. Infatti, il messaggio viene costruito attraverso le immagini degli annunci e delle campagne pubblicitarie, con l'obiettivo chiaro di diffondere beni e servizi e stimolare la loro acquisizione.

    Le pratiche di produzione pubblicitaria seguono un modo d'azione d’ordine istituzionale, che Michel De Certeau chiama strategico (ibid, 1998, p.99), poiché hanno un luogo proprio (l'agenzia e l'impresa che comunica) dal quale sono calcolate le relazioni con gli obiettivi o le minacce (consumatori o concorrenti). L'osservazione di queste pratiche di produzione di immagini da parte dei pubblicitari occupa uno spazio privilegiato nelle agenzie, in cui si possono vivere intensamente i metodi che, secondo Martín-Barbero (2003, p.311-312) la caratterizzano, come ad esempio la "competitività industriale", la "competenza comunicativa", i "livelli e le fasi di decisione nella produzione del modello", le "ideologie professionali", le "routine di produzione" e le "strategie di commercializzazione".

    Dal punto di vista dei consumatori, le pratiche di ricezione fanno riferimento invece all'appropriazione delle immagini, che si effettua attraverso una moltitudine di logiche, non istituzionali ma che fanno parte della socialità quotidiana. Diversamente dalle pratiche di produzione, quelle di ricezione non hanno un obiettivo chiaro e sono impressioni di soggettività, che possono variare dal semplice interesse per le informazioni e l’intrattenimento, al consumo dei beni e/o dei servizi che sono oggetto della pubblicità.

    Dipendendo dalla socialità, le pratiche di ricezione dell'immagine pubblicitaria funzionano in modo tattico, come suggerisce De Certeau (1998, p.100). Infatti, le pratiche di ricezione giocano su un terreno (l'ambiente e gli annunci) offerto ed organizzato da altri (agenzie e società pubblicitarie). L’osservazione delle logiche d'appropriazione che i consumatori fanno dell’immagine pubblicitaria, esige un'analisi nei collegamenti del quotidiano, che sveli le diverse utilizzazioni che le persone fanno dei mezzi di comunicazione, e che consideri i condizionamenti indicati da Martín-Barbero (2003, p.311-312), quali differenze socioculturali che marcano i loro contesti, i loro "habitus" e le loro "competenze culturali".

    Si forma così un modello che presenta da un lato i pubblicitari e le loro strategie di costruzione, dall'altro le tattiche di appropriazione dei consumatori, lo spazio evocato dall'immagine pubblicitaria ed il suo potenziale di unione. Secondo Thibault-Laulan (1971, p.92-94) i pubblicitari, quali esperti nel campo, utilizzano l'immagine come uno strumento non soltanto "per vendere saponette", ma anche per esprimersi e prendere posizione. A loro volta, i consumatori, visti da alcuni come vittime della standardizzazione dei gusti e degli stili di vita, difficilmente integrano in modo naturale le immagini proposte dalla pubblicità, poichè sono condizionati filtri cognitivi sia collettivi che soggettivi.

    Tuttavia, nonostante le contraddizioni, le pratiche dei pubblicitari e dei consumatori si incrociano spesso proprio nell'immagine pubblicitaria, che di conseguenza rafforza la sua importanza sociale. Nelle agenzie di pubblicità, ad esempio, il consumatore è al centro del lavoro dei vari professionisti, sia nel processo di pianificazione e creazione di una determinata pubblicitàe che durante la produzione finale della pubblicità stessa. A dimostrazione di quanto detto, si noti che alla pianificazione di una campagna pubblicitaria vengono sempre affiancate indagini di mercato atte ad identificare, anche a livello preliminare, le necessità dei consumatori. Quindi, i professionisti della pubblicità fanno appello ai repertori culturali delle persone per cap avvicinandosi ai loro contesti grazie alle immagini utilizzate nelle pubblicità. La scelta del tipo di medium attraverso i quali i messaggi pubblicitari sono propagati, compito che spetta al professionista dei mass media, ha come base i dati sulle abitudini di consumo dei vari gruppi di consumatori sono forniti dai sondaggisti.

    D'altra parte, i consumatori sono attratti dalle immagini inserite nello scenario quotidiano, create e propagate dai pubblicitari, come abbiamo visto, pensando proprio al consumatore. L'interazione concreta pubblicitario-consumatore comincia nel momento in cui questi ultimi, di fatto si appropriano delle immagini create per loro, come i beni che rivelano, entrando nel gioco simbolico proposto dalle immagini.

    La complessità si rivela ed impone la domanda: oltre ad uno strumento dell'economia capitalista e della società di consumo, la pubblicità svolge un altro ruolo, ha un'altra funzione? (Thibault-Laulan, 1971, p.93) Sappiamo che la pubblicità contemporanea, inserita in un contesto economico politico e culturale, implica una configurazione ambigua, dove si mescolano nature, funzioni, ruoli (Piedras, 2005). Da un' "istituzione" costituita a partire "dalle nuove esigenze di mercato e dal sistema capitalista imprenditoriale" (Zayas, 2001, p. 86), la pubblicità è divenuta "un fenomeno culturale nuovo e, si è allargata a settori di valori sociali, economici ed esplicitamente politici, come un nuovo tipo "di istituzione cultural imprenditoriale"(Williams, 1992a, p. 53).

    Come "sistema commerciale", essenziale nell'organizzazione e la riproduzione del capitalismo, la pubblicità si riferisce anche ad "induzioni” e soddisfazioni "magiche", funzionalmente molto simili ai sistemi magici di società più semplici, ma stranamente, coesistente con una tecnologia scientifica altamente sviluppata" Williams (1995, p. 334).

    Questo aspetto magico e onirico dei messaggi pubblicitari rinvia ad una dimensione artistica: per Williams (1995, p. 334), la pubblicità è "l'arte" ufficiale della società capitalista moderna. In accordo su questo punto, Schudson (1984, p. 5) ricorda che paradossalmente, questa "arte" è anche "un'industria che fabbrica prodotti culturali chiamati campagne e pubblicità".

    Sulla base di queste indicazioni, sulla natura e gli aspetti multipli della pubblicità, proviamo a tener conto di questa "dialettica fondo-forma", secondo la proposta di Maffesoli (2007, p.192) di lavorare con le analogie e le metafore. Così, quest'ambiguità di fondo può essere meglio capita se si descrive la propria forma, il suo aspetto, e che si insiste sul contenitore dell'immagine pubblicitaria, da cui l'analogia del flusso.

    Forma dell'immagine nel flusso pubblicitario

    Non il messaggio in sé, ma la forma del suo insieme; non il contenuto, ma il recipiente, sono ciò che guida il nostro tentativo di comprendere l'immagine pubblicitaria. Per capire la pubblicità nella sua complessità quotidiana, non dobbiamo interessarci alle sole rappresentazioni del messaggio, ma anche alla presentazione in sequenza delle immagini che penetrano la vita sociale.

    Siamo interpellati quotidianamente dalle immagini pubblicitarie nei giornali e riviste, radio e televisioni, Internet, cartelloni pubblicitari nelle vie, opuscoli, manifesti nei depositi ed altri spazi.

    Questa forma diffusa dell'immagine pubblicitaria, del suo contenitore, rinvia ad un flusso multiforme, smaltato di cammini simultanei con i quali il nostro sguardo può trasmettere, ed attraverso i quali costruiamo la nostra esperienza quotidiana.

    Avvalendoci del modello di Williams (1992b), che ha adottato quest'idea per comprendere la televisione, "lasciamo vedere" un flusso pubblicitario, che "formalizza" le relazioni di "base" tra l'economia e la cultura, il commerciale ed il magico, l'informazione e l'intrattenimento.

    Inoltre, l'analogia del flusso rinvia ad un contesto più ampio che il mediatico, come suggerisce Faccioli (2007, p.10): "la nostra riflessione sul flusso di immagini che ci circondano non deve riferirsi soltanto alle immagini veicolate dai mass media elettronici, ma anche a quelle rappresentate dalle dimensioni visuali del mondo che ci circonda ed attraverso le quali noi facciamo ogni giorno l'esperienza del mondo". Il flusso pubblicitario è allora più di un flusso a carattere esclusivamente persuasivo, che ci interroga e lega agli oggetti, architetture, urbanità, corpi, arti e paesaggi.

    Più specificamente, il flusso dell'immagine pubblicitaria è un insieme multiforme di messaggi, un discorso continuo che non si limita ad una campagna particolare. Questo tipo di immagine, sequenziale ed interrotta, è pensata per staccarsi dalle altre in un breve spazio e/o tempo, Il flusso pubblicitario è dunque composto da messaggi presentati su vari tipi di supporti e con vari mezzi di comunicazione, in particolare quelli di massa, e nei veicoli esistenti in un contesto spazio-temporale determinato. Ciò include le immagini diffuse da vari annunci ed agenzie, propagate dai mezzi di comunicazione di massa o digitale, elettronica o stampata. Come abbiamo visto, la diversità di supporti che compongono il flusso rivela infatti come l'immagine pubblicitaria si rivolge al nostro quotidiano: trasmissioni televisive, radiofoniche, giornali, riviste specializzate, Internet (siti, reti sociali, e-mail), pannelli, insegne, manifesti, posti sul suolo e sulle pareti dei depositi, in ristoranti, negli stadi o in aeroporti, opuscoli, cataloghi, regali, punti vendita, eventi promozionali (Piedras, 2005).

    Oltre al fatto di rinviare al contesto (base) ed alla configurazione ambigua della pubblicità, il flusso pubblicitario implica anche pratiche legate alla costruzione e all'appropriazione dell'immagine pubblicitaria. Non si tratta di un flusso di immagini prodotte da pubblicitari e percepite dai consumatori meccanicamente, bensì della reversibilità tra un flusso di immagini offerte come il risultato delle strategie dei pubblicitari, e costituita dai consumatori attraverso la loro esperienza tattica di appropriazione: percepire, identificare, accettare, respingere alcune di queste immagini. Lungi dall'essere uno strumento unidirezionale, il gioco del flusso delle immagini della pubblicità non è un contenitore stabile, ma fluido ed intertestuale.

    Il flusso delle immagini pubblicitarie si articola con altre forme di mezzi di comunicazione (informazioni, intrattenimenti... ecc.), interrompendo e allo stesso tempo collegando le informazioni della televisione, della radio, del giornale. La correlazione dei vari messaggi che compongono il flusso permette la costruzione di associazioni tra il contenuto delle immagini e, allora, troviamo un percorso per andare al di là del contenitore. L’intertestualità è, per Jensen (1995, p.120), "(...) il processo nel quale gli elementi del discorso comunicano dei significati specifici per il pubblico, dovuti ai loro riferimenti impliciti ad altri discorsi, temi, tipi o situazioni familiari, che possono essere presenti o implicati nel contesto della ricezione". Nell'immagine pubblicitaria, l’intertestualità può essere trovata tra le immagini ed i testi dei messaggi, tra gli ambienti e i sostegni, tra il contesto dei pubblicitari, dei consumatori e dei flussi.

    Sostegni, formati, veicoli, contesti, tempi, spazi, persone, senso. Alcune piste per comprendere l'immagine pubblicitaria che, come oggetto di studio fa riferimento al "fenomeno (che) invita alla modestia, con la sua complessità ed anche con la sua indecisione" (Maffesoli, 2007, p.189).


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