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  • La narrazione e l'empowerment
    Federico Batini (a cura di)

    M@gm@ vol.4 n.3 Luglio-Settembre 2006

    COM’È ANDATA? RACCONTAMI



    Paola Frezza

    paola.frezza@libero.it
    Laureata in Lettere Classiche presso l’Università di Roma “La Sapienza” (1972); Formatrice dal 1998 processi di Orientamento seguendo il metodo CORA; Orientatrice sociale presso lo Sportello Donna promosso dal Comune di Roma e realizzato dalla CORAROMA Onlus con la quale collabora dal 1998 e di cui è Vice-Presidente dal 2002; Consulente ha svolto azioni di bilanci di competenze e attività di orientamento (2002: azioni di bilanci di competenze ad alcuni imprenditori di PMI delle province meridionali del Lazio per un ricerca gestita dal CENSIS; 2003: ha partecipato alla ricerca–azione “Rachele” per l'Amministrazione Comunale di Roma sui climi lavorativi, le pari opportunità, ha svolto colloqui di selezione nell’ambito del Progetto Penelope pel SRL Formare; 2004: ha collaborato alla ricerca per la Provincia di Roma “Carattere Maiuscolo”sui processi di cambiamento e le pari opportunità, ha svolto attività di consulenza per la Provincia di Roma all’interno dei CPI con particolare riferimento all’attività “Sportello di Genere" ha svolto azione di bilanci di competenze ad architette ed architetti nell’ambito del Progetto Equal A.CANT.O Architetti in Cantiere per le Pari Opportunità, ha svolto consulenza agli operatori Servizi per l’impiego di Perugia nell’ambito del Progetto Cora –Galgano sulle azioni di scambio in tema di pari opportunità, consulenza agli operatori Servizi per l’impiego di Perugia nell’ambito del Progetto Cora –Galgano sulle azioni di scambio in tema di pari opportunità); Docente corsi di formazione; Ha collaborato con Assolei - Sportello Donna (Associazione di donne) inizialmente in qualità di tutor d’aula nel Progetto NOW Euroinf, e successivamente come coordinatrice locale nell’ambito dello stesso progetto, e come redattrice delle unità didattiche per la formazione a distanza, da settembre 2002 a febbraio 2004 ha ricoperto la carica di Presidente dell’associazione ASSOLEI Sportello donna Durante questo periodo ha partecipato alla stesura del Vademecum sulle Pari Opportunità e alla stesura di un “Quaderno per un laboratorio per le pari opportunità nelle scuole” nell’ambito del Progetto Equal “Donne Manager delle Risorse Umane”.

    Rappresentazioni del sé in orientamento

    Walter Ong, noto studioso d’antropologia culturale e storia della cultura, scriveva nel 1982: “Noi sappiamo ciò che ricordiamo” (Ong, 1986, p. 61), sottolineando il carattere elettivo della memoria individuale e collettiva. Perchè ricordiamo alcuni eventi e non altri? Perchè il bambino chiede alla mamma: “Mamma, raccontami di quando ero piccolo...”? Perchè i nonni raccontano ai nipotini la loro giovinezza?

    L’uomo struttura se stesso e la sua identità attorno ai ricordi di sé, sia a livello individuale che collettivo. La stessa storia potrebbe essere letta, in sintesi, come un processo di ricostruzione del sé e dell’identità collettiva attraverso la creazione di un passato condiviso. Benedict Anderson (Anderson, 1996) parla a questo proposito dell’identità nazionale come “comunità immaginate”, il cui senso di appartenenza si fonda proprio sulla condivisione di una storia e di un passato.

    Il passato, la storia condivisa, dunque, si radica nell’identità collettiva attraverso la memoria e la narrazione. In questa prospettiva il racconto del nonno dei tempi della guerra e il testo di storia dei nostri figli si collocano nella stessa dimensione funzionale, svolgendo lo stesso ruolo per la costruzione del sé. L’atto del narrare, infatti, prevede non solo la rielaborazione in forma compiuta e consequenziale di ricordi e impressioni, spesso frammentate nella memoria, ma anche e soprattutto la creazione di una struttura significante, poiché pieno di significato non è tanto il ricordo quanto l’atto del raccontarlo.

    Nel corso della propria vita professionale e personale ognuno di noi si è imbattuto almeno una volta nella dimensione della narrazione di sé come momento di rielaborazione individuale dell’esperienza. Nella mia esperienza come formatrice C.O.R.A. il processo narrativo della ricostruzione autobiografica è il punto di partenza del colloquio orientativo. Allo sportello di orientamento, infatti, giungono donne che quasi sempre si trovano in quella fase di smarrimento del sé (”Ho bisogno di lavorare, datemi un lavoro qualunque”), che segue cambiamenti sostanziali dello stile di vita come ad esempio il divorzio o la perdita del lavoro. Il problema di queste donne non è solo la mancanza effettiva di un lavoro o la ricerca di informazioni, ma piuttosto il bisogno di rielaborare e accettare il cambiamento, di recuperare la prospettiva del futuro. L’orientamento al lavoro non risponde ad esigenze concrete di formazione ed informazione, ma si concentra sul processo di ri-collocamento del sé in uno spazio storico e sociale. Concretamente questo processo di rielaborazione avviene attraverso la narrazione della propria storia di vita, in altri termini è necessario che le donne trovino “le parole per dirlo”, prima ancora del “coraggio di farlo”.

    Tuttavia, non c’è un solo modo di raccontare la propria esperienza, ma tanti modi quanti sono i momenti in cui un individuo sente la necessità di apprendere dalla sua stessa esperienza, come modificare aspetti della sua vita, riposizionando ricordi, memorie, sensazioni. Ogni narrazione è legata al “qui ed ora”, alle possibilità di cambiamento che lo specifico e peculiare contesto di vita di ciascun permette. Questa dimensione soggettiva della narrazione diventa momento cruciale della formazione quando è la differenza culturale a dividere utente e consulente.

    Nel mio lavoro con le donne immigrate, per esempio, ho potuto notare come il processo della narrazione si arricchisce della scoperta di nuovi modi di essere, di sentire e di vivere scontrandosi con la difficoltà di trovare prima di tutto un linguaggio condiviso. Durante i colloqui orientativi infatti si percepisce nell’utente non solo la difficoltà di vivere in un sistema di valori, modi di vita, punti di vista completamente alieno, ma anche la difficoltà a confrontarsi con la lingua della narrazione. A prima vista l’utente può sembrare incapace di elaborare una struttura narrativa, in realtà si tratta solo di inserire la narrazione in un contesto familiare e conosciuto per l’utente e non il contrario. L’esperienza dell’emigrazione ha bisogno della creazione di un nuovo contesto condiviso da utente e consulente, un terreno di scambio dove la differenza culturale è compresa in quanto ricchezza, poiché è in essa che si cela la vita vissuta, vita che in quel momento ha perso significato e senso. Il momento dell’accoglienza rappresenta il luogo in cui riempire con la narrazione una mancanza e una assenza.

    “Le rappresentazioni di come pensiamo e vediamo il mondo (la nostra cultura) comprendono e influenzano la concezione che abbiamo del mondo del lavoro, rispecchiando la fluidità della moderna globalità. Nuovi contesti, tempi, abitudini, tipi di relazione diversi e in mutamento spesso rendono l’inserimento lavorativo difficile e frammentario, soprattutto dove è presente una differenza culturale; la narrazione, in questi casi, costituisce uno strumento di valorizzazione e di rielaborazione. La narrazione può essere, infatti, una maniera potente di guardare alla propria vita in modo distaccato. Lo strumento narrativo ci consente così di trovare un modo originale di rileggere la nostra esperienza con quella oggettività di cui spesso avvertiamo il bisogno: per vedere, prendendo in prestito la famosa espressione di Ricoeur, se stesso come un altro.” (Leone, 2001, p. 95)

    La narrazione di sé ha a che fare con la ricerca della propria identità e con l’insolubile paradosso del “sono sempre lo stesso ma sono anche diverso”. E’ attraverso il confronto fra il mio “essere oggi” e “ l’essere stato nel passato” che può rinascere una soggettività nuova. Il discorso che si esprime a questo punto spesso è un discorso fatto di frammenti, di accenni di eventi che non hanno collocazione, di emozioni non filtrate al pensiero, di azioni inconsapevoli, di necessità impellenti. Inizia così un discorso, non più un monologo, in cui si incontrano narrazione, l’analisi delle ragioni, degli obiettivi, degli strumenti e soprattutto della molteplicità delle esperienze per costruire e ricostruire il filo delle esperienze che sono generatrici di identità personali sociali lavorative e proiettarle così in futuro possibile. Tutto questo si verifica se si innesca il processo di autoapprendimento, in cui l’utente impara a riposizionare autonomamente le sue esperienze, creando interconnessioni tra ieri ed oggi e coniugando la dimensione soggettiva con la realtà esterna.

    La metodologia C.O.R.A. prevede nel colloquio orientativo che il consulente sia una figura di raccordo tra diversi saperi, emozioni, competenze, contesti ed organizzazioni e che esso abbia la capacità di elaborare pratiche e strumenti per gestire quei processi complessi che investono il personale, il sociale, l’organizzativo. I punti fondamentali che il metodo prevede per l’acquisizione delle competenze dei formatori sono fondamentalmente dieci:

    1. utilizzare tecniche specifiche e adottare strategie per costruire la relazione orientativa;
    2. creare di un setting adeguato alla rielaborazione dell’esperienza;
    3. limitarsi ad un arco di tempo prestabilito per il colloquio;
    4. stabilire un “patto” con l’utente sulle modalità del percorso di formazione;
    5. offrire “ascolto attivo”;
    6. relazionarsi in modo empatico, ma senza colludere e coinvolgersi emotivamente;
    7. porre domande che sappiano aprire spazi di riflessione e conoscenza di sé;
    8. rispettare i tempi dell’utente;
    9. coniugare storia personale e contesto socio-lavorativo;
    10. comunicare fiducia e apertura.

    In questo modo, il processo di orientamento presidia la narrazione delle persone da una parte e dall’altra le realtà di processi economico sociali, le politiche del lavoro, le opportunità dei territori e attraverso una presentazione della realtà rende possibile e concreto lo sviluppo del potenziale soggettivo. La capacità dell’operatore di porre le domande “giuste”, che individuano elementi e somiglianze, permette all’utente di cogliere elementi nuovi della realtà sociolavorativa, obbligando a diventare gli agenti della propria formazione: l’ orientamento diventa auto-orientamento.

    Solo a questo punto l’esperienza di vita raccontata diventa narrazione strutturata ed esperienza fruibile dei diversi contesti socioculturali delle loro possibilità. Questa re-interpretazione del soggettivo sviluppa la capacità di rileggere gli insuccessi e di imparare da questi, rafforza la capacità di distinguere e scegliere e di attivare le azioni di cambiamento. Infatti, è proprio nel momento della narrazione che l’utente impara a costruire la sua azione per gradi e non secondo la logica del “tutto e subito”. Dal confronto di realtà, emotività e razionalità, la semplice necessità di un lavoro si trasforma sostanzialmente, investendo il progetto di vita nel suo insieme “Come posso cambiare la mia vita? Quali azioni devo intraprendere? Di cosa ho bisogno per raggiungere l’obiettivo?”

    E’solo a questo punto che è possibile costruire un progetto di lavoro concreto, poiché l’esperienza soggettiva e intima ha incontrato la realtà socioculturale esterna, ora intelligibile; l’elaborazione finale del curriculum vitae non è il risultato diretto e conseguente dell’analisi delle esperienze formative e lavorative, ma incarna e oggettivizza in una forma reale proprio una pratica narrativa.

    Il processo narrativo che ha dunque aperto il percorso di ri-creazione del sé durante il colloquio orientativo rigenera se stesso all’interno del processo di auto-formazione continua, attraverso l’interiorizzazione del metodo di analisi che l’orientatore ha trasmesso all’utente permettendogli di narrarsi. Il circolo narrativo è ora completo, l’esperienza e la narrazione si completano in una visione di sé e del mondo integrata e che a sua volta integra differenza e individualità, aprendo la strada ad interventi ed azioni concrete nel mondo e non al di là di esso.


    BIBLIOGRAFIA

    Anderson B., 1996, Comunità immaginate, Roma, Manifestolibri
    Batini F., 2000, Per un orientamento narrativo, Milano,Franco Angeli
    Batini F., 2005, Manuale per orientatori, Trento,Erickson
    Demetrio D., 1996, Raccontarsi, Milano, Raffaello Cortina
    Leone G., 2001,, La memoria autobiografica, Roma, Carocci
    Nannicini A, 2002, Le parole per farlo, Roma, Derive Approdi
    Ong W. J., 1986, Oralità e scrittura, Bologna,Il Mulino
    Serino C., 2001, Percorsi autobiografici, Roma, Carocci


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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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