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  • Letterature e forme di socializzazione
    Panagiotis Christias (sous la direction de)

    M@gm@ vol.3 n.1 Gennaio-Marzo 2005

    L'IMMAGINAZIONE CREATIVA E TRASFORMATRICE NELLA PRODUZIONE LETTERARIA DI SHERMAN ALEXIE

    Orazio Maria Valastro

    valastro@analisiqualitativa.com
    Presidente Osservatorio dei Processi Comunicativi, Associazione Culturale Scientifica (www.analisiqualitativa.com); Dottorando di Ricerca all'IRSA-CRI (Institut de Recherches Sociologiques et Anthropologiques - Centre de Recherches sur l'Imaginaire) presso l'Università degli Studi ''Paul Valéry'' di Montpellier; Laureato in Sociologia (Università degli Studi René Descartes, Parigi V, Sorbona); Fondatore, Direttore Editoriale e Responsabile della rivista elettronica in scienze umane e sociali "m@gm@"; Collaboratore e Membro del Comitato Scientifico della "Revue Algérienne des Etudes Sociologiques", Université de Jijel-Algeria; Sociologo e Libero Professionista, Studio di Sociologia Professionale (Catania).

    La narrazione di sé nelle nuove forme narrative della letteratura indiano americana tra poesia, prosa e romanzo

    "Oggi, niente è morto, niente è cambiato al punto di divenire irriconoscibile." (Alexie, Il powwow della fine del mondo, 2003, p.29)

    Lo scrittore Sherman Alexie, indiano Spokane, nato nel 1966 in una riserva indiana dello Stato di Washington, nella Spokane Indian Reservation di Wellpinit, rappresenta una letteratura indiano americana in lingua inglese che ha assunto un'indubbia identità letteraria, essenzialmente nel Novecento, diffondendosi con varie forme d'espressione narrativa: poesia, prosa, racconti, romanzi e testi teatrali. Possiamo considerare quest'espressione letteraria come il prodotto di una fase successiva alla brutale e violenta politica coloniale che ha determinato il genocidio degli indiani d'America (Braschi, 1995).

    Il passaggio tra oralità e scrittura nella produzione letteraria, dal patrimonio delle conoscenze orali espressione delle comunità indiane, alle prime scritture autobiografie attraverso le quali si rappresentano la storia e la cultura tribale in lingua inglese, precede un'altra rilevante transizione verso una letteratura indiano americana orientata ad altre forme letterarie. Un problematico e ambivalente processo d'acculturazione e cristianizzazione ha sostenuto questa transizione, sebbene "l'acquisizione della scrittura, e della lingua straniera in cui scrivere, furono processi inseparabili dalla violenza del colonialismo e dai tentativi di cancellazione degli indiani in quanto tali." (Mariani, 2003, p.100)

    Le prime autobiografie in lingua inglese raccolte e curate da antropologi, come quella di 'Tuono che si Schianta' (Radin, 1963) e di 'Donna Lupo di Montagna' (Lurie, 1961), appartenenti entrambi alla stessa tribù, o quelle scritte in prima persona (Winnemucca, 1883), documentano l'esistenza di un popolo e delle sue comunità attraverso il racconto di sé che propone delle narrazioni differenti dalle interpretazioni della politica coloniale. La storia di vita di Donna Lupo di Montagna è di grande interesse poiché poche di queste storie appartengono a donne, invece l'autobiografia di Sarah Winnemucca è maggiormente significativa non solo perché scritta direttamente da una donna, ma soprattutto in quanto espressione di racconti di sé in lingua inglese, non realizzati tramite l'intervento d'antropologi nativi americani o non originari di questa stessa cultura. Sarah Winnemucca era un interprete, le promesse orali fatte al suo popolo che tradusse nella sua lingua non corrisposero alle scritture dei trattati che furono siglati, e la sua autobiografia testimonia emblematicamente il contrasto tra la cultura orale e la cultura scritta strumentalizzata dalla politica coloniale. La scrittura di sé in lingua inglese permise inoltre di scoprire le autobiografie d'individui che delinearono una storia differente dalla versione colonizzatrice, l'autobiografia di Sarah Winnemucca conferma la deportazione del suo popolo, dimostrando come "appropriarsi del potere di descrizione, significa insinuare altre definizioni nella circolazione dei segni che compongono la griglia di lettura del mondo dominante." (Larré, 2004)

    Molti scrittori contemporanei insieme a Sherman Alexie rappresentano lo sperimentarsi di una recente letteratura indiano americana in lingua inglese attraverso diverse forme letterarie: Paula Gunn Allen, Nia Francisco, Joy Harjo, Linda Hogan, Thomas King, Louis Owens, Leslie Marmon Silko, Lucy Tapahonso, Roberta Hill Whiteman, James Welch, Wendy Rose, Elizabeth Woody. Rimandiamo alle analisi di Giorgio Mariani (Mariani, 2003) per una maggiore ed approfondita presentazione della letteratura indiano americana e della produzione letteraria di Sherman Alexie, i suoi studi ci forniscono numerose stimoli e importanti indicazioni per considerare questo stesso autore rispetto ad alcune tematiche proposte in nel numero trimestrale della rivista m @ g m @ dedicato alla letteratura e alle forme di socializzazione.

    Avviandoci ad esaminare la produzione letteraria di Sherman Alexie è significativo allacciarci alla sollecitazione iniziale di questa rubrica tematica. Panagiotis Christias ci invita a considerare la volontà di dominazione, laddove dominare si configura in quanto creazione di uno spazio di verità, aiutandoci a considerare conseguentemente la scrittura di questo autore come una forma di reazione e di rifiuto della dominazione. Nessuna pretesa quindi di ambire ad alcuna verità come certezza e questa stessa rinunzia alla pretesa della verità è una critica alla modernità, alla cultura nazionale americana, e al tempo stesso una rinuncia della tradizione tribale mitica e originaria in qualità di esclusiva ancora di salvezza e rifugio privilegiato per la sopravvivenza indiana rispetto all'assimilazione della propria cultura. Non possiamo tuttavia considerare Sherman Alexie un "portavoce degli indiani d'America" (Alexie, 1997, p.4), è invece più rilevante, rispetto alla sua produzione letteraria, prestare attenzione a quanto lui stesso ci riferisce in una recente intervista: la sua scrittura è una scrittura per sé, egli "scrive per sé" (Alexie, 1997, p.4). "Vorrei sottolineare il fatto che non sono un portavoce degli Indiani d'America, né un portavoce della mia tribù. E' un onore, un incarico, che non mi è mai stato affidato. Sono un artista che scrive per sé, e che è stato influenzato da questo retroterra. E' di questo che vi vorrei parlare." (Alexie, 1997, p.4)

    Una scrittura per sé si situa nel registro della cura di sé e dell'appropriazione di saperi e conoscenze trasmesse (Foucault, 1983), è una scrittura per sé come ricerca e narrazione individuale di una maggiore consapevolezza del nostro passato, atto di costruzione individuale dell'immaginario sociale come rapporto al mondo e alle cose del mondo. In questo senso scrivere per sé diviene narrazione di sé, "un sé che si immagina parte di quell'insieme più vasto che è la comunità tribale" (Mariani, 2003, p.99), situato nella collisione tra culture diverse. L'immaginario nella scrittura di Sherman Alexie, in questa transizione dell'esperienza narrativa della produzione letteraria indiano americana verso nuove forme letterarie, evoca la memoria collettiva attraverso la narrazione di storie immaginarie e le forme immaginative letterarie che le esprimono, dalla poesia alla prosa e al romanzo. Invalida la fatale scomparsa di una cultura rispetto ad un'altra dominante, attraverso la capacità dell'immaginazione creativa e trasformatrice che delinea e accompagna una diversa ricomposizione in divenire delle identità e delle forme di socializzazione di donne e uomini che al di là delle loro origini, immaginano il loro passato ed il loro presente senza pretendere ad alcuna certezza ma aprendosi verso altre strade possibili, per protendersi verso il loro stesso divenire ed un futuro comune.

    Lo scrivere per sé è possibilità di considerare, evocandola, una memoria collettiva per restituire un senso al sentirsi indiani in quest'epoca. Non si tratta semplicemente di interrogare la memoria per rivolgersi verso un passato delle tradizioni come ancora di salvezza, quanto di evocare un passato e questa stessa memoria non come unica alternativa, reinserendo le storie dei vissuti, delle speranze, dei progetti di vita dei nativi americani. In questo modo la cultura indiana è posta su un piano di pari dignità con quella dominante, la cultura nazionale americana che tende a marginalizzare le altre culture in quanto culture minoritarie, deplorando un infruttuoso ritorno alle origini. "Naturalmente mi sento indiano e quindi del tutto isolato dalla cultura prevalente. (...) Ma gli indiani sono ignorati anche dalle altre minoranze. Marginalizzati? Altro che. Siamo colonizzati (...). Perciò in questo senso certamente mi sento marginalizzato. E il vero paradosso è che da qualche tempo molti indiani si rivolgono alla nostra cultura, specialmente alla nostra religione, in cerca di qualche specie di salvezza." (Alexie, 1997, p.6) Il tentativo d'introdurre gli indiani nella storia americana, attraverso l'immaginario e l'immaginazione dei suoi personaggi e delle loro storie, rivela l'immaginazione dell'autore come "un'arma formidabile" (Mariani - a cura di, 2003, p.184).

    L'immaginazione creativa e trasformatrice è implicita nella narrazione delle storie definendo lo scrittore come soggetto di collegamento tra realtà differenti, elemento di conciliazione per un cambiamento ed una ricomposizione di una nuova identità indiana rispetto al modo di pensare etnocentrico della cultura dominante. "Voi sapete che in tutte le culture sono gli artisti che cambiano il mondo: sono i poeti e i pittori e i musicisti che cambiano il mondo. Certo, il cambiamento avviene a piccoli passi. (...) Gli artisti indiani cambiano il modo in cui vengono pensati gli indiani." (Alexie, 1997, p.7) Ma vi è qualcosa di inquietante nel ruolo dello scrittore quando modifica le griglie di rappresentazione e interpretazione dell'altro diverso da noi poiché "(...) spesso anche quelli che rispettano il nostro lavoro ci mettono in una specie di scatola, una specie di riserva letteraria da cui non abbiamo il permesso di uscire." (Alexie, 1997, p.8) Questo modesto contributo diviene rilevante se concorriamo a far conoscere e stimolare alla lettura delle nuove forme letterarie indiano americane, perché non si trasformino in altrettante riserve indiane letterarie come simbolo di decadenza e disfacimento di una cultura. Queste forme letterarie rappresentano una trasformazione inedita, attraverso il retroterra che le caratterizza, di un divenire e un futuro visto con gli occhi di un'altra cultura che si ricongiunge con ciò che ci accomuna nell'immaginare e desiderare un futuro.

    Sherman Alexie narratore postmoderno dell'immaginario sociale

    "Immagina una fuga. Immagina che la tua ombra sul muro sia una perfetta porta. Immagina un canto più forte della penicillina. Immagina una fonte da cui sgorghi un'acqua capace di saldare le fratture delle ossa. Immagina un tamburo che si avvolga intorno al tuo cuore. Immagina una storia che alimenti di legna il focolare." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.54)

    Le storie narrate nelle opere di Sherman Alexie, ricorrendo a forme immaginative che si esprimono attraverso la lirica e la prosa, manifestano il rimpianto del passato, di quelle tradizioni verso cui non è più possibile tornare indietro. "Specchi deformanti, pensai, quegli specchi che non potranno mai cambiare il buio dei tuoi occhi e la pagina ormai chiusa della parte buona del tuo passato." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.58) L'attenzione che rivolge al passato, alle tradizioni, scarta il possibile ritorno alle tradizioni tribali nei suoi racconti di indiani che si sentono esclusi, emarginati e sradicati dalla modernità e dalla cultura nazionale americana. "Talvolta ho l'impressione che metà di me sia persa nella città, col piede impigliato nella grata di un tombino o roba simile." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.208) Questi stessi personaggi non vivono come alternativa probabile il ritorno alle origini poiché esprimono anche uno sradicamento ed una rimozione della cultura tradizione tribale delle comunità indiane. Un sentimento di rabbia ha origine in questa stessa impossibilità di radicarsi nella realtà delle città metropolitane. "Tutti quei programmi di trasferimento rilocavano gli indiani delle riserve in città, dove qualche volta venivano inghiottiti e basta." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.214) Nell'impossibilità di rivivere le tradizioni tramandate nella misera realtà delle riserve indiane, una rabbia vissuta come consapevole e doloroso vissuto della sopraffazione e della menzogna nei confronti degli indiani, e il modo di educarsi e prepararsi ad un'integrazione segnata da un'angoscia ancestrale rispetto all'annientamento fisico e spirituale. "Ma, America, penso a come i tuoi uomini troveranno sempre un modo più efficace che uccidere. Nessun indiano avrebbe mai inventato un arco e frecce automatico ma ti amo lo stesso nel modo in cui m'hanno insegnato ad amarti: con la paura." (Alexie, Il powwow della fine del mondo, 2003, p.163)

    Ritroviamo nel racconto per sé di Sherman Alexie le sue esperienze e la sua stessa storia, la sua vita nella riserva indiana, che si esprimono nella complessiva difficoltà di identificarsi e ritrovarsi in quanto indiani. "Insomma, dovevo capire cosa significasse essere un ragazzino, e anche un uomo. E soprattutto, dovevo capire cosa significasse essere indiano, e su questo argomento non ci sono manuali che ti spiegano come fare" (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.213). Come se non vi fosse possibilità di riuscirci quando è il nostro stesso passato a determinare un vissuto come sopravvivenza istintiva rispetto a minacce incombenti e inevitabili, "(…) gli indiani hanno un loro modo di sopravvivere. Sembra però che siano capaci di superare solo le cose grosse. Stermini di massa, perdita della lingua e delle terre. Sono le cose piccole quelle più dolorose." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.50) Trovare un significato al sentirsi un indiano oggi corrisponde a porsi la domanda: cos'è un indiano? Domanda alla quale Alexie suggerisce un'angosciante riformulazione di questo interrogarsi: "Cos'è un indiano? E' l'attore protagonista di un miracolo o il testimone che ricorda il miracolo?" (Alexie, The Toughest Indian in the World, 2000, p.252)

    Non si tratta nella letteratura di Sherman Alexie di veicolare e abbandonarsi nostalgicamente ai ricordi di un passato ormai lontano, riferendosi ad una realtà ed una tradizione come alternativa alla condizione attuale degli Indiani d'America. Questo passato pesa come un macigno e la condizione sembra un destino ineluttabile quello di lottare per sopravvivere all'infinito come attribuisce lui stesso ad un suo personaggio. "(...) Essere indiana era soprattutto un problema di sopravvivenza, e aveva lottato così duramente per sopravvivere da non sapere più se un giorno sarebbe stata capace di smettere." (Indian Killer, New York, Atlantic Monthly Press, 1996, p.60)

    Un passato che permane come riferimento identitario insufficiente, in conseguenza di ciò l'impossibilità per i suoi personaggi di rincorrere un'identità come essenza fondamentale, come universale identità indiana, avvicinandosi fra l'altro alle questioni identitarie della stessa postmodernità. L'interesse di Sherman Alexie ad occuparsi di questo senso di sradicamento rispetto alle tradizioni tribali, come prodotto di condizioni storiche e politiche, porta l'autore ad interrogarsi e porsi la questione del significato d'essere indiano oggi, pur non cancellando le responsabilità storiche di questa stessa difficoltà di riconoscersi in quanto indiano. L'autore cerca attraverso l'immaginazione letteraria di considerare nuove forme di socialità, di convivenza e di solidarietà umane possibili. Nel tema narrativo della sopravvivenza rispetto alla realtà della riserva e della città, l'integrazione nel tessuto sociale simbolicamente rappresentato dal tema della città opposto a quello della riserva, ritroviamo quella stessa difficoltà dei suoi personaggi nello loro ricerca identitaria. "Nel grande Romanzo indiano-americano, quando sarà finalmente scritto, tutti i bianchi saranno indiani e tutti gli indiani saranno fantasmi." (Alexie, Il powwow della fine del mondo, 2003, p.127) Da questa enunciazione verifichiamo come sia problematico porsi il senso dell'identità indiana rispetto al processo di assimilazione e assorbimento di questa cultura o alla storica sopraffazione colonialista, al pericolo di perire e al senso di sopravvivenza espresso e risentito nel vissuto indiano. Un senso di sopravvivenza alimentato da quelle condizioni storiche e politiche che hanno praticato il genocidio e la deportazione di intere popolazioni di nativi, nutre l'incapacità di vivere nelle città. "Un vecchio poeta indiano ha detto che gli indiani possono risiedere in città ma non possono mai viverci. E questo è molto vicino alla verità." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.188-189)

    L'identità indiana si confronta con le antiche tradizioni e la modernità della vita attuale. Il simbolico confronto e le storie dei vissuti tra riserve e città necessitano un inno di protezione perché nessuno perda la memoria che necessariamente è evocata. "Tutti trattennero il fiato quando superarono il confine della riserva. (...) C'erano ombre. Quelle ombre presero forma, divennero cavalli che correvano di fianco al furgoncino. (...) Quei cavalli li accompagnavano, guidavano indiani verso la città (...). Grande Mamma era sulla sua sedia a dondolo (...). Cantava un inno di protezione, in modo che nessuno degli indiani, neppure uno, dimenticasse chi era." (Alexie, Reservation Blues, 1995, p.318) Sherman Alexie conosce la realtà delle riserve, traendo dalla sua esperienza personale dei temi narrativi significativi che pongono il confronto tra le riserve e le città come confronto esistenziale di individui che necessariamente si accostano con il resto del mondo, con una cultura più ampia. La riserva diventa allora "(...) un piccolo mondo. (...) E' la riserva. I giornali non ne danno notizia. Sì, è un piccolo mondo che diventa più piccolo, più piccolo, più piccolo." (Alexie, Reservation Blues, 1995, p.254) Questo senso di confronto e apertura verso il mondo è ambivalente perché sottende allo stesso tempo la valorizzazione e l'importanza delle origini e delle tradizioni che oggi sono rappresentate in ogni caso dalle stesse riserve. "Nel frattempo, la riserva rimaneva alle loro spalle. Non si può dire che provasse nostalgia per ogni indiano che la lasciava, per tutti coloro i cui corpi erano trascinati rapidamente e silenziosamente nel Ventesimo secolo mentre le loro anime erano lasciate dietro in qualche parte del Diciannovesimo. Ma la riserva c'era, c'era sempre stata e ci sarebbe stata sempre (...)." (Alexie, Reservation Blues, 1995, p.227) I personaggi immaginati dallo scrittore lasciano la propria gente e la riserva sospinti da un'identica ambizione, la stessa ambizione che incalza qualsiasi altro giovane di ogni origine e luogo, non perché non amino la riserva ma perché diventano consapevoli dei suoi limiti geografici, sociali, economici e spirituali, mentre avevano creduto che la riserva fosse un luogo magico, senza limiti.

    Forme immaginative e consapevolezza del perdono

    "Sopravvivenza = Rabbia x Immaginazione. L'immaginazione è la sola arma della riserva." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.150)

    "Poesia = Rabbia x Immaginazione." (Alexie S., Old Shirts and New Skins, Los Angeles, University of California Press, 1993)

    La forma immaginativa si esprime attraverso la forma letteraria del racconto di storie, dalle poesie alla prosa, come espressione adeguata per simboleggiare e interpretare un tema specifico: la rabbia. L'immaginazione è affascinante, intuita come possibilità e modalità di sopravvivenza che al tempo stesso diventa fatale poiché dà vigore, vivifica forme immaginative che rivelano ed esprimono la rabbia. "Nel minimarket della riserva ci sono tante possibilità, tanti modi per sopravvivere. (…) L'immaginazione è la politica dei sogni; l'immaginazione trasforma ogni parola in una bottiglia molotov." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.153) La rabbia diviene in Sherman Alexie una demarcazione, un confine tra quel risentimento e furore, che hanno origine dalle condizioni storiche e politiche, e la consapevolezza di queste stesse condizioni rispetto all'esistenza degli indiani. Questa demarcazione evidenzia le responsabilità di queste condizioni storiche e politiche che non possono essere occultate né tanto meno possono essere cancellate. Dalla rabbia emerge il perdono, non un perdono assoluto che rimuova senza più riconoscerle quelle stesse responsabilità, tanto che dalla realtà della riserva l'energia ancora presente sprigionata dagli antichi canti tradizionali genera il perdono. "Nella riserva non si canta più ma le canzoni aleggiano ancora nell'aria. Ogni molecola attende un rullo di tamburi; ogni elemento sogna il testo di una canzone. Oggi cammino nell'acqua, due parti di idrogeno e una di ossigeno, e l'energia generata si chiama Perdono." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.150)

    La lirica di Sherman Alexie esprime la rabbia attraverso l'immaginazione. "(...) Molte delle sue poesie nascono dal tentativo di trovare una forma immaginativa, retorica o lirica, adeguata a esprimere la rabbia nei confronti di quelle realtà - presenti o passate, personali o collettive - segnate dalla sofferenza, l'ingiustizia, l'inganno." (Mariani, 2003, p.118) Le sue storie esprimono la rabbia tramite l'immaginazione dei racconti manifestando un sentimento di sopravvivenza che confluisce verso una necessaria consapevolezza del perdono. "C'è una ragazza in cima al mondo. Ci racconta la sua storia. Una storia che è la misura dell'inizio di tutte le nostre vite. Ascolta, ascolta, cosa mai sarà questo richiamo? E' per lei che le nostre paure respingono ogni definizione. E' la danzatrice; è il perdono." (Alexie, The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, 1993, p.198) Ritrovare la propria storia attraverso una narrazione per sé conduce l'autore a porsi un interrogativo connesso all'intero patrimonio storico del suo popolo: come evocare la storia indiana senza lasciarsi afferrare completamente dall'odio? "(...) Se la rabbia del poeta indiano serve a segnare un confine che impedisca la cancellazione delle responsabilità storiche (...) pur senza trascendere quel confine, lo rendono percorribile. (...) Non lascia mai spazio all'odio, e spesso serve a gettare le basi per quella solidarietà umana (...)."(Mariani, 2003, p.120)

    Conclusione: l'immaginazione letteraria come forma di socializzazione inedita, creatrice e trasformatrice del rapporto al mondo e alle cose del mondo

    "Si amavano al di là delle distanze" (Alexie, The Toughest Indian in the World, 2000, p.23).

    La forma immaginativa della letteratura di Sherman Alexie esprime quindi una rabbia atavica seppure maturi e prenda forma, attraverso la demarcazione operata dall'immaginazione rispetto ad un passato ormai smarrito e sconfitto, come capacità trasformatrice in grado di creare una diversa connessione tra passato, presente e futuro, inserendo i nativi americani nella cultura nazionale. Scrittore postmoderno Sherman Alexie utilizza l'immaginario indiano per reinserire una cultura in un presente che muta, considerando e proiettando sullo sfondo delle sue storie altre forme necessarie di socialità e solidarietà umane per consentire ai suoi personaggi di proiettarsi in un altro futuro. Un futuro dove la "(...) costruzione di una nuova identità indiana consiste proprio nel tentativo di liberare la temporalità dalle tentazioni mito/genealogiche, di modo che la disintegrazione della comunità sia preludio a una sua più aperta e flessibile ricomposizione." (Mariani, 2003, p.143) La storia emblematica di donne e uomini che si amano al di là delle distanze prodotte dalle loro diverse origini documenta il vissuto di esistenze dove "(...) bianchi e indiani paiono alla ricerca di una stessa trama individuale e collettiva, di un modo, cioè, per riannodare passato e presente, e riuscire a proiettarsi nel futuro." (Mariani, 2003, p.142)

    L'immaginario di una società in ricomposizione si svela attraverso la ricerca incessante di senso delle identità smarrite dei suoi personaggi, nei vissuti di donne e uomini che convivono in una società multi culturale, un mosaico di elementi apparentemente separati e senza coerenza. La produzione letteraria di Sherman Alexie fa emergere e dà vita ad un immaginario sociale differente dal processo storico istituito, come creazione immaginaria di forme ed espressioni (Castoriadis, 1975) che inaugurano e avviano inedite convivenze e solidarietà sociali rispetto alla politica colonizzatrice dei bianchi d'america. La trasformazione del rapporto al mondo e alle cose del mondo è insito nell'immaginazione letteraria come tensione e istanza di una reciprocità culturale e mutua fecondazione tra culture, è una forma immaginativa creatrice e trasformatrice come la creazione sociale e storica del processo di costruzione del metissaggio (Gruzinski, 1999). Sherman Alexie ci rende forse partecipi dell'origine di un nuovo processo di trasfigurazione etnica (Ribeiro, 1979) tra le culture del mondo, benché l'attività creativa avvenga in questo caso indubbiamente al di fuori della separazione interiore, alla società e all'esistente, e non più subordinata ad una cultura dominante. Ritroviamo dunque in Sherman Alexie un legame maggiore con l'alterità (Laplantine, 1999), intesa come infinita possibilità di differenti punti vista su ciò che è potenzialmente in divenire, nonostante l'importanza dell'identità che ci permette di comprenderci a partire da quel che si è stati e rispetto a quello che si diventa.


    BIBLIOGRAFIA

    Opere di Sherman Alexie:

    2003
    Ten Little Indians, Grove/Atlantic, 2003 (romanzo); tr. fr. M. Lederer, Dix Petits Indiens, Paris, Albin Michel (Terres d'Amérique), 2004.
    Il powwow della fine del mondo, trad. it. G. Mariani, Urbino, Quattro Venti (Crossroads, Collana diretta da Laura Coltelli), 2003 (il volume presenta una scelta di poesie tratte da The Summer of Black Windows del 1996 e da The Business of Fancydancing del 1991).

    2000
    One Stick Song, New York, Hanging Loose Press, 2000 (poesia e prosa).
    The Toughest Indian in the World, New York, Atlantic Monthly Press, 2000 (racconti); tr. it. C. Ferro, Salmon Boy, Milano, Frassinelli (Strade), 2004; tr. fr., La Vie aux Trousses, Paris, Albin Michel (Terres d'Amérique), 2001.

    1998
    The Man Who Loved Salmon, Boise, Limberlost Press, 1998 (poesia e prosa).
    Smoke Signals: The Screenplay, Miramax Book, 1998.
    Phoenix: Arizona et autres nouvelles, tr. fr., Paris, Albin Michel (Terres d'Amérique), 2004.

    1997
    "Me Indian, you Italian: incontro con Sherman Alexie", Acoma Rivista internazionale di studi nordamericani, f.9, v.4, 1997, pp.4-8 (Intervista).

    1996
    The Summer of Black Windows, New York, Hanging Loose Press, 1996 (poesia e prosa).
    Indian Killer, New York, Atlantic Monthly Press, 1996 (romanzo); tr. it. M. Bocchiola, Indian Killer, Milano, Frassinelli, 1997; tr. fr., Indian Killer, Paris, Albin Michel (Terres D'Amérique), 1998.

    1995
    Reservation Blues, New York, Atlantic Monthly Press, 1995 (romanzo); tr. it. F. Saba Sardi, Reservation Blues, Milano, Frassinelli, 1996; tr. fr., Indian Blues, Paris, Albin Michel (Terres D'Amérique), 1997.
    Water Flowing Home, Boise, Idaho, Limberlost Press, 1995 (poesia e prosa).

    1993
    The Lone Ranger and Tonto Fistfight in Heaven, New York, Atlantic Monthly Press, 1993 (racconti); tr. it . M.T. Marengo, Lone Ranger fa a pugni in paradiso, Milano, Frassinelli, 1995.
    Old Shirts and New Skins, Los Angeles, University of California Press, 1993 (poesia e prosa).
    I Would Steal Horses, Niagara Falls, New York, Hanging Loose Press, 1993 (poesia e prosa).
    First Indian on the Moon, New York, Hangin Loose Press, 1993 (poesia e prosa).

    1991
    The Business of Fancydancing, New York, Hanging Loose Press, 1991 (poesia e prosa).

    Saggi sulla letteratura degli Indiani d'America e Sherman Alexie:

    Braschi E., Sono tra noi: Storia del genocidio degli indiani d'America, Milano, Mursia, 1995.
    Larré L., "L'écriture comme acte de résistence", Passat, n.48, avril-juin 2004.
    Mariani G., La penna e il tamburo: gli indiani d'America e la letteratura degli Stati Uniti, Verona, Ombre Corte (Americane, Collana diretta da Roberto Cagliero e Stefano Rosso), 2003.
    Mariani G. (a cura di), Il powwow della fine del mondo, Urbino, Quattro Venti (Crossroads, Collana diretta da Laura Coltelli), 2003 (il volume presenta una scelta di poesie di Sherman Alexie tratte da The Summer of Black Windows del 1996 e da The Business of Fancydancing del 1991).

    Autobiografie d'indiani d'America:

    Lurie N. (a cura di), Mountain Wolf Woman, Sister of Crashing Thunder: the Autobiography of a Winnebago Indian, University of Michigan Press, USA, 1961; tr. it. Piero D'Oro, Donna Lupo di Montagna: autobiografia di un'indiana winnebago, Milano, Bompiani, 2002.
    Radin P. (a cura di), Autobiography of a Winnebago Indian, Dover Publications, 1963; tr. it. Eleonora Chiavetta, Autobiografia di un indiano Winnebago, Palermo, Gelka, 1992; tr. fr., Autobiographie d'un indien Winnebago: moeurs et religion traditionnelle, le culte du Peyotl, Monaco, Editions du Rocher, 1989.
    Winnemucca S. (1883), Life Among the Piutes: Teir Wrongs and Claims, Reno, Las Vegas, University of Nevada Press, 1994.

    Altri autori citati:

    Castoriadis C., L' institution imaginaire de la société, Paris, Seuil, 1975; tr. it. Fabio Ciaramelli, L'istituzione immaginaria della società, Torino, Bollati Boringhieri, 1995.
    Foucault M. (1983), "L'écriture de soi", Corps écrit, n.5, L'Autoportrait, pp.3-23; ristampato in Foucault M., Dits et Écrits, 1954-1988, t.IV, pp.415-430.
    Gruzinski S., La pensée métisse, Paris, Fayard, 1999.
    Laplantine F., Je, nous et les autres, Paris, Le Pommier, 1999; tr. it. Carlo Milani, Identità e metissage: umani al di là delle appartenenze, Milano, Eleuthera, 2004.
    Ribeiro D., Frontières indigènes de la civilisation, Paris, U.G.E. (Collection 10/18), 1979.

    SITOGRAFIA

    Il sito web ufficiale di Sherman Alexie:
    www.fallsapart.com


    Collana Quaderni M@GM@


    Volumi pubblicati

    www.quaderni.analisiqualitativa.com

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    M@gm@ ISSN 1721-9809
    Indexed in DOAJ since 2002

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