• Home
  • Rivista M@gm@
  • Quaderni M@gm@
  • Portale Analisi Qualitativa
  • Forum Analisi Qualitativa
  • Advertising
  • Accesso Riservato


  • Contributi su aree tematiche differenti
    M@gm@ vol.2 n.2 Aprile-Giugno 2004

    NEO TELEVISIONE E POSTMODERNITÀ: L'APPROCCIO DISCORSIVO COME POSSIBILITÀ D'ANALISI DEL TESTO AUDIOVISIVO


    Claudia Chiurazzi

    claudia.chiurazzi@fastwebnet.it
    Sociologa, laureata presso la Facoltà di Sociologia Federico II di Napoli con tesi in Psicologia delle comunicazioni sociali; attualmente impegnata nel Master "Ricerche di mercato e data mining" presso l' Università di Bologna; si interessa all' analisi dei processi comunicativi in una prospettiva discorsiva attenta alle strategie retoriche e argomentative.

    La comunicazione è un fenomeno intenzionale e processuale nel quale gli interlocutori cooperano nella produzione del significato. In tal senso, la comunicazione televisiva é sempre riconducibile ad un processo interattivo nel quale, se pure uno dei due poli del processo è implicito, inscritto in esso, l'altro è presente, "un destinatario anche solo virtuale, che sempre influenza ciò che viene detto" [1]. La comunicazione televisiva è pertanto un generatore di discorsi sociali; nel testo audiovisivo, anche in formati votati tradizionalmente all'informazione, quali ad esempio il telegiornale, è riconoscibile tanto una struttura narrativa (costituita da esordio, sviluppo, culmine) quanto uno sviluppo discorsivo, che, esplicitando la relazione di reciprocità tra emittente e destinatario, contiene in sé un progetto di scambio immanente alla stessa produzione del testo.

    L'approccio semiotico ha contribuito all'analisi dei testi audiovisivi poiché la narrazione non è solo una modalità di rappresentazione ma un'euristica che può essere utilmente impiegata nell'individuazione delle parti semanticamente rilevanti all'interno dei processi comunicativi. Questa, d'altra parte, si rivela insufficiente nel momento in cui ci proponiamo di considerare la relazione o per meglio dire l'interazione tra testualità televisiva e testualità sociale, di tracciarne le possibili dinamiche e comprendere come il testo audiovisivo sia contemporaneamente un prodotto ed un processo, un luogo di scambio comunicativo, di produzioni discorsive orientate verso scopi e situazioni reciprocamente condivise da coloro che cooperano nello scambio comunicativo.

    L'utilizzo di una struttura narrativa con sviluppo dialogico nella comunicazione televisiva, in quanto allude e mima gli scambi discorsivi caratteristici di quella interpersonale, consente il coinvolgimento del telespettatore nell'universo funzionale messo in scena attraverso il testo audiovisivo [2] e, per reciprocità, consente al mezzo televisivo stesso di costituirsi come soggetto all'interno dello spazio della quotidianità condivisa con il telespettatore. Se la capacità canonizzante della narrazione consente così di restituire allo spettatore una realtà posta come continua rispetto a quella da lui esperibile e pensabile quotidianamente, lo stile comunicativo, ponendo al centro la dialogicità, sollecita lo spettatore ad impegnarsi attivamente nelle pratiche significative messe in atto nel e con il testo televisivo.

    Lo strutturarsi della comunicazione televisiva dagli anni Ottanta secondo un modello a flusso, che vedeva l'abbandono di una programmazione riconoscibile dallo spettatore in base alle regolarità del genere, la paleotelevisione, in favore di una programmazione caratterizzata dall'ibridazione dei generi, la neotelevisione, non si è limitata a registrare il mutamento e il riallineamento del sistema di fruizione e perciò d'attesa dei destinatari con i modelli di produzione degli emittenti ma, questo fenomeno nella sua complessità, esprime quella che è la progressione tipica dell'epoca postmoderna verso la destrutturazione della rigidità degli apparati categoriali non in grado di contenere la discontinuità, la frammentazione, la complessità dei fenomeni e delle relazioni tra essi. Così com'è sempre più il flusso articolato e contraddittorio di frammenti percettivi dell'esperienza a guidare il soggetto nel suo rapporto con la realtà, allo stesso modo nella programmazione televisiva lo sfumarsi delle forti connotazioni identificative dei programmi ed il suo intrecciarsi con le pratiche quotidiane (che per certi versi realizza la fine dello spettacolo inteso come rottura della normalità), segnala l'avanzare verso la vaghezza, verso la fuzzification [3], l'adeguamento ad una "logica di pugno aperto" che insiste sul gioco tra logos ed antilogos, più che sulle rigidi distinzioni" [4]. L'adeguamento dell'esperienza alla contrazione spazio temporale che non ne consente la sedimentazione e il venir meno della stabilità dei sistemi di concettualizzazione basati sull'opposizione, producono congiuntamente un'apertura verso la permeabilità delle categorie.

    La soggettività rinunciando ad ogni pretesa fondativa, si costituisce e si rivela in un esser-ci nella quotidianità, un'istanza topologica e cronologica che si realizza attraverso un movimento pendolare tra la polarità dell'idem e dell'ipse, tra la similitudine e la differenza. L'individuale ed il collettivo si rivelano intrattenendo "tra loro dei rapporti reversibili di figura e sfondo, per usare una metafora di M. Cavalloni, come avviene per gli elementi di una gestalt, ciascuno dei quali può essere percepito in maniera cosciente solo a condizione che l'altro non lo sia più e viceversa" [5]. Questo si traduce sul piano della comunicazione televisiva fondandola così come uno spazio neo barocco d'infinita variazione nella ripetizione, in cui la continua ricombinazione di testi autoreferenziali rivela uno sguardo che non avendo più la pretesa di cogliere la realtà nella sua complessità si affida a frammenti di essa, seleziona e ricostruisce gli "oggetti" della sua visione come verosimili, celando e/o rivelando le tracce del suo passaggio, assumendo il ruolo di maieuta e mentore nei confronti dello spettatore, stabilendo rapporti sempre reversibili tra figura e sfondo, visibile e invisibile [6].

    Venuta meno la possibilità di discorsi universali in grado di costituire un compatto piano di riferimento normativo, quale la categorizzazione attraverso la generalizzazione, le grands recits, si afferma una pluralità di voci la cui possibilità di sintesi è riconosciuta come operazione problematica, caratterizzata da contingenza e non considerata come un procedere della ragione illuministicamente intesa [7]. La frantumazione dell'unità, tipica della cultura post moderna < < è decentramento del soggetto, è caduta dell'idea dello stile unico e personale, è dominio di categorie spaziali e non temporali, è inattingibilità della storia passata e del mondo reale, è muoversi fra immagini, è impossibilità di organizzare passato e futuro in un'esperienza coerente, è testualità, scrittura schizofrenica, è pastiche, poiché - con la caduta dello stile - "i produttori di cultura non possono rivolgersi che al passato: all'imitazione di stili morti, ad un eloquio costituito da tutte le maschere e le voci immagazzinate nel museo immaginario in una cultura divenuta globale". Il postmoderno è regno del simulacro: "si può dire che la cultura del simulacro prenda vita in una società in cui il valore di scambio si è talmente generalizzato da cancellare la stessa memoria del valore d'uso, una società in cui, come ha osservato Guy Debord con una frase straordinaria, l'immagine è diventata la forma finale della reificazione". Il passato scompare e diventa un magazzino d'immagini: a noi non restano altro che testi > > [8].

    La destrutturazione dei generi, intesi come "sistema d'ancoraggio dell'imprevedibilità dello scambio comunicativo" [9] rende palese la maggiore variabilità dei codici culturali, del sistema di attese dei destinatari e dei modelli di produzione degli emittenti, dell'eterogeneità delle pratiche sociali, il riattivarsi della dinamica tra esterno ed interno intesa come momento di costruzione della soggettività, riflessività disancorata da un istanza fondante. L'impossibilità da parte del soggetto di tenere separati i campi dell'esperienza, l'impossibilità di uno sguardo onnicomprensivo e fondativo, in grado di registrare la complessità del reale, viene ad essere riflesso nella strutturazione a flusso della neotelevisione, costruita attraverso una rete fatta di rimandi, simmetrie, autoreferenzialità. L'ibridazione dei generi viene così ad essere speculare della "pastache personality", del soggetto che costruisce il proprio sé non ricorrendo ad un'idea a priori dell'identità "vera", ma in relazione alle situazioni in cui è inserito [10].

    L'interesse in definitiva verso un'analisi discorsiva della comunicazione televisiva, si congiunge così naturalmente con la riflessione sulla soggettività che si costituisce all'interno di una realtà dialogante, valorizzando la natura sociale, retorica, argomentativa, la capacità creativa e trasformativa, ossia pragmatica del linguaggio. Se come scrive Merleau-Ponty [11], l'uomo per conoscersi deve uscire da se stesso, proiettarsi attraverso mediatori che agiscono come specchi, consentendogli di ritrovarsi o - aggiungerei - rischiare di perdersi, diviene rilevante considerare come il mezzo televisivo costituendosi esso stesso soggetto in grado di intervenire nelle pratiche significative interagisca nella costruzione simbolica della realtà, e come ed in che misura queste siano in grado di dialogare con le pratiche sociali dei suoi destinatari; perché d'altra parte solo individuato il discorso sostenuto nel testo, è possibile costruire il relativo anti discorso [12].


    NOTE

    1] De Grada E., Bonaiuto M., Introduzione alla psicologia sociale discorsiva, Editori Laterza, Roma-Bari, 2002, p.6.
    2] Wolf M., Generi e mass media in "Il palinsesto"Angeli, Milano, 1986.
    3] Per "fuzzification" si intende una logica relazionale che ammette più valori di verità che non rientrano nella formulazione binaria classica. (Susan Haacck Filosofie delle logiche,FrancoAngeli,Milano,1983 pag. 197). Scrive a tale proposito G. Ferraro "D' altro canto, la compattezza è importante quando un sistema culturale deve garantirsi una forte identità, una coesione che gli permetta con energia a sistemi alternativi. Ma essa non è più utile nel momento in cui il sistema culturale si presenta piuttosto come forma unica e inglobante, variegato al suo interno ma retto da logiche di tipo fuzzy, piuttosto che da architetture che esplicitano le loro basi oppositive. Si tratta di un sistema che tende a rappresentarsi agli occhi dei suoi utenti come sistema aperto, modulare, capace di agire a vari livelli senza porre vincoli di forte sistematicità" (Ferraro G., La pubblicità nell' era di Internet,Meltemi, Roma,1999 pag.36).
    4] Billing M., Discutere e pensare: un approccio retorico alla psicologia sociale, Cortina Editore, Milano, 2003, pag. 182-189.
    5] Dechamps J., Serino C., Mondi al singolare, pag.39.
    6] N'è esempio la crescente attenzione verso i dietro le quinte dei così detti programmi-evento come il Festival di San Remo, in cui si il rapporto figura/sfondo, scena e retroscena è invertito.
    7] Lyotard F., La condizione postmoderna: rapporto sul sapere, Garzanti, Milano, 1981.
    8] Nacci M., Postmoderno,in La filosofia (a cura di) Rossi P. Stili e modelli teorici del novecento, Volume IV, Utet, Torino, 1995, pag.367.
    9] Losito G., Il potere dei media, Carocci, Roma, 2000, pag.123.
    10] Gergen, J.K., The satured Self, Basic Book, New York,1991.
    11] Merleau-Ponty M., Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano, 2003.
    12] Buonaiuto M., De Grada E., Introduzione alla psicologia sociale discorsiva, Editori Laterza, Milano,2002, pag.144.


    Collana Quaderni M@GM@


    Volumi pubblicati

    www.quaderni.analisiqualitativa.com

    DOAJ Content


    M@gm@ ISSN 1721-9809
    Indexed in DOAJ since 2002

    Directory of Open Access Journals »



    newsletter subscription

    www.analisiqualitativa.com