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    UNO SGUARDO SISTEMICO SULL’INTERCULTURALITÀ

    Cecilia Edelstein (a cura di)

    M@gm@ vol.11 n.3 Settembre-Dicembre 2013

      Introduzione

    • Cecilia Edelstein

      Questo numero monografico è frutto delle riflessioni di professionisti che lavorano in ambito sistemico interculturale e nella relazione di aiuto con la popolazione migrante. Circa quattrocento persone si sono riunite in occasione del Convegno Nazionale “L’approccio sistemico in ambito interculturale”, organizzato da Shinui e tenutosi a Bergamo nel maggio 2012. Dare visibilità allo sviluppo delle idee sistemiche in ambito interculturale, produrre documentazione e creare una rete di professionisti erano gli obiettivi principali del convegno; di conseguenza, era di importanza fondamentale poterne pubblicare gli atti, raggruppandoli in questo numero monografico. La scelta metodologica di produzione del materiale è stata quella di riportare in modo colloquiale e il più fedele possibile gli interventi, attraverso la sbobinatura e una rielaborazione leggibile degli stessi. Gli interventi sono stati, quindi, riadattati per la pubblicazione, nel rispetto dei contenuti e del pensiero degli autori.

    • PARTE I - Modelli a confronto: dialogo fra esponenti di diversi modelli di lavoro con i migranti oggi in Italia

    • Cecilia Edelstein

      L’articolo illustra il modello di lavoro che si è sviluppato negli ultimi trent’anni, attraverso l’intreccio tra ricerca, formazione, clinica e lavori di comunità, e che ha dato spazio all’approccio sistemico pluralista in ambito interculturale. Quest’ultimo ha sviluppato una cornice che comprende lo sviluppo di nuovi concetti, metodologie di lavoro e tecniche specifiche che attingono a teorie diverse. L’articolo, quindi, offre un quadro epistemologico, ma anche metodologico e concettuale.

    • Giuseppe Cardamone - Cecilia Edelstein - Salvatore Inglese - Natale Losi - Caterina Mattea

      L’articolo riporta il dialogo, avvenuto sotto forma di tavola rotonda durante il Convegno sulla sistemica interculturale. Il dialogo ha visto confrontarsi esponenti del dispositivo etnopsichiatrico con alcuni loro sviluppi e con l’approccio sistemico pluralista in ambito interculturale, con l’intento di chiarire l’evoluzione dell’etnopsichiatria, le sue contaminazioni nella pratica clinica e le interconnessioni tra i vari approcci. Punti salienti del dibattito sono: l’analisi della pratica clinica con i migranti nel Dipartimento di Salute Mentale e nel privato; l’importanza della narrazione; la riflessione sui significati e sull’uso della lingua – a volte vera e propria barriera linguistica – soprattutto in riferimento ai contesti di emergenza e all’utilizzo della figura del mediatore interculturale. La riflessione si conclude mettendo in evidenza i punti di condivisione dai due approcci: la consapevolezza della necessità di diffidare dei propri saperi, soprattutto nell’incontro con le culture Altre e dell’importanza dell’interazione, nei contesti clinici, con l’intero gruppo sociale d’appartenenza dei clienti.

    • PARTE II - Il lavoro con gli stranieri: storie di accoglienza

    • Ilaria Baldin - Rosalma Gaddi

      Il “Progetto Incontriamoci”, attivo già da nove anni nella provincia di Treviso, ha l’obiettivo di promuovere a livello scolastico e territoriale l’accoglienza e l’integrazione dei minori stranieri e delle loro famiglie. Nel corso della presentazione le autrici descrivono le varie fasi del progetto, mettendo in evidenza i benefici apportati dal modello sistemico pluralista nella comprensione e gestione dei singoli casi che vengono loro proposti. In particolare, le autrici mostrano l’importanza di una lettura relazionale delle situazioni, dell’uso del pensiero ipotetico, del lavoro in rete e dell’équipe multidisciplinare che intende trasformarsi in équipe interdisciplinare, soprattutto in ambito interculturale.

    • Tiziana Mantovani

      Un corso di catering multietnico rivolto a donne di diversa provenienza e nazionalità come occasione per mescolare ingredienti culturali diversi. L’autrice, nelle vesti di counselor, ha lavorato utilizzando tecniche diverse (genogramma paesaggistico, collage, calligrammi) per rendere coeso e collaborante il gruppo delle partecipanti, attraverso la reciproca conoscenza e il riconoscimento del loro “essere diverse” nel paese di accoglienza. Nelle narrazioni fatte dalle partecipanti sono emersi vissuti emotivi, che, sapientemente incanalati, hanno permesso una ridefinizione (reframing) del loro percorso in termini di positività e significatività.

    • Carlotta Monini

      Partendo dalla presentazione di tre studi di casi, scelti da una più ampia ricerca qualitativa in materia, l’articolo intende analizzare alcune delle dinamiche relazionali che si possono sviluppare nell’ambito dell’assistenza per persone anziane fornita privatamente a domicilio da un gran numero di donne migranti. In particolar modo, questa ricerca si concentra sui vissuti degli anziani e dei loro famigliari caregiver e sull’analisi, di matrice sistemica, dei principali pattern relazionali e dei significati attribuiti all’assistenza in questo tipo di setting residenziale. Senza avere pretese di esaustività né di generalizzazione, lo studio di questi tre casi si propone di chiarire la persistenza di un modello domestico di presa in carico e di riflettere sui vissuti contraddittori che accompagnano la delega della cura da parte dei familiari alle collaboratrici domestiche migranti, assistenti agli anziani, comunemente conosciute come “badanti”. L’analisi della fase d’accoglienza della badante in seno al nucleo domestico così come quella della storia familiare della persona assistita permettono di indagare alcuni dei significati attribuiti alla cura e di meglio precisare l’uso che viene fatto della propria esperienza personale e familiare di cura nell’ambito di un rapporto d’interdipendenza reciproca di natura complessa (economica, fisica e affettiva). Una particolare attenzione è perciò rivolta alle attese reciproche in grado di co-costruire una dinamica circolare o, al contrario, di alimentare tensioni e conflitti. In un contesto caratterizzato da forti asimmetrie e da una sostanziale confusione tra ambito di intervento familiare e professionale, si tratterà infine di interrogare la sostenibilità di un tale modello di presa in carico e, inoltre, di riflettere su alcune delle implicazioni pratiche che possono risultare utili in quest’ambito per un lavoro di mediazione e di counseling sistemico interculturale.

    • Orietta Sponchiado

      Il testo mira a far sui movimenti di cambiamento del sé in una relazione psicoterapeutica, in cui il cliente appartiene ad una cultura differente. Verranno illustrati i passaggi fondamentali del lavoro clinico svolto con una donna brasiliana, la cui richiesta d’aiuto esplicita era relativa la sintomatologia del figlio di 5 anni, ma che dopo una consulenza alla coppia genitoriale mista cambia in una domanda di uno spazio di riflessione individuale rispetto alla storia familiare e migratoria. Si decide di lavorare insieme, concordando obiettivi e procedendo per cicli che affrontassero le seguenti tematiche: ricostruire la sua storia, a partire dalla famiglia d’origine; ricostruire il suo processo migratorio, dal Brasile verso l’Italia; lavorare sul tema dell’identità di bambina, donna, moglie e madre. Durante la relazione si evidenzieranno gli snodi critici di ciascuno di questi tre cicli dentro un processo di elaborazione delle sofferenze, che permette di dare significati differenti agli eventi dolorosi, ma soprattutto di aprirli ed esplorarli in una relazione di affidamento autentica. Si esplorerà questa relazione terapeutica, a sua volta interculturale, illustrando le difficoltà, il processo e i cambiamenti dell’operatrice nel vivere con gli occhi dell’Altra (la cliente) la realtà dell’essere straniera.

    • Roberta Riolo - Monica Teruzzi

      Il progetto “Star bene donna, star bene mamma – il Counseling a sostegno della maternità”, è finanziato dalla L.R. 23/99, ed è completamente gratuito per l’utenza. Finalità del progetto è la tutela della maternità, della genitorialità, della salute e del benessere della donna, rimuovendo ostacoli materiali e culturali tramite interventi integrati, con particolare attenzione alle situazioni di fragilità e in prevenzione all’uso dell’IVG. Il progetto, attivo da settembre 2011, prevede sei azioni svolte in modo integrato sul territorio cittadino, in collaborazione con alcuni Enti pubblici e strutture private: 1) Sostegno e accompagnamento alla donna, o coppia, attraverso sportello di Counseling attivo all’interno dell’Ospedale Macedonio Melloni e tramite lavoro di rete con Madre Segreta, servizio a tutela della maternità della Provincia di Milano. 2) Utilizzo del mediatore linguistico. 3) Formazione e orientamento al lavoro per donne in evidente stato di disagio economico all’interno di un’Associazione culturale per bambini, che offre servizi alle famiglie. 4) Fornitura pacchi alimentari per nuclei monoparentali o famiglie in provato stato di bisogno. 5) Formazione agli operatori su tematiche quali: la maternità migrante, la relazione e la comunicazione, la comunicazione difficile. 6) Formazione affettiva e sessuale ad adolescenti, volta a promuovere una sessualità consapevole e senza rischi. Il Counseling sistemico si inserisce in questo progetto come elemento di aiuto per la presa in carico tempestiva dell’utenza ospedaliera, offrendo un immediato spazio di confronto e di dialogo utile a raccogliere e identificare la difficoltà portata. Il lavoro del Counselor non è di ostacolo agli altri operatori in quanto si muove entro limiti ben chiari, anzi può essere di utilità alleggerendo, nello specifico, il lavoro di Psicologi e Psicoterapeuti per una presa in carico di tutte quelle situazioni di disagio evolutivo e può collaborare efficacemente in situazioni di intervento integrato. In particolare, il Counseling Interculturale è di supporto agli operatori sanitari, offrendo una risposta efficace nella relazione/dialogo multiculturale, rappresentato sia dalla presenza di persone di diversa cultura, sia da diverse abitudini e punti di vista, tra persone apparentemente di eguale provenienza etnica. Ponendo lo sguardo in ottica depatologizzante e non standardizzata della situazione, il Counselor favorisce la creazione di uno spazio adatto, affinché storie e significati diversi possano emergere permettendo così una miglior comprensione del bisogno e della persona.

    • PARTE III - Il lavoro con gli operatori: la cura della relazione con culture Altre

    • Ivo Lizzola

      Questa introduzione apre la seconda parte del numero monografico, i cui interventi focalizzano la loro attenzione sugli operatori impegnati nel lavoro di cura con persone che appartengono a culture Altre o sulla società d’accoglienza. Nella giornata congressuale, invece, il Prof. Lizzola apriva la giornata con un saluto e qualche riflessione; riflessioni riportate ora qui sotto.

    • Angela Infante

      Il progetto “L’Altro e io” è nato dal bisogno di integrare il percorso di cura delle persone straniere con la formazione degli ausiliari che se ne occupano, per condividere gli aspetti emozionali legati all’immigrazione. Con questo progetto si è voluto promuovere un percorso formativo atto a migliorare la comunicazione con il paziente straniero e il suo sistema familiare. Sulle basi della teoria della Comunicazione Interculturale e quelle del Counseling Sistemico Pluralista si è costruito un laboratorio teorico-esperienziale. Alla fine del percorso gli ausiliari hanno creato un prodotto originale: una raccolta armonica di pensieri e immagini, che risulta essere una co-costruzione di scritti realizzati a più mani (grazie all’aiuto di alcune tecniche poetiche come il petit onze). L’esperienza formativa teorica-esperienziale è stata un momento originale di incontro, con-dividendo il bisogno che ognuno di noi ha di essere autenticamente unico nel suo essere l’Altro. Inoltre, una definizione di diversità è affiorata da una lettura attenta dei testi e delle immagini che hanno composto l’elaborato. In conclusione, si auspica l’introduzione di un percorso di formazione specifico sull’interculturalità per tutti gli operatori che sono, o saranno, a con-tatto con tutti i cittadini del mondo.

    • Giancarlo Francini - Cristina Lorimer

      Nel corso del presente articolo vengono descritte le premesse epistemologiche e le metodologie adottate dagli operatori del Servizio Intercultura dell’Istituto di Terapia Familiare di Firenze (ITFF) nel lavoro con la popolazione migrante ed elencati gli interventi fatti nel territorio. Il Servizio Intercultura dell’ITFF si è interrogato in questi anni sul valore della cultura come porta d’ingresso nel rapporto con il migrante; nel chiedere loro di narrare aspetti della loro cultura condividiamo aspetti della nostra cultura. L’incontro con il malinteso, che come dice Jankelevitch «(…) è un quasi niente» (Jankelevitch, 1987, p. 233), perché se fosse stato qualcosa di più ce ne saremmo accorti e se fosse qualcosa di meno non sarebbe significativo, ci permette di aprirci a un rapporto che cambia entrambi, operatore e migrante, nella relazione. È nella relazione e attraverso il racconto dell’evento migrazione e del ciclo di vita che si costruisce e si cerca un linguaggio comune per la descrizione e l’espressione del disagio. Il lavoro con i migranti deve fare i conti con le difficoltà legate all’impiego, alla casa, al permesso di soggiorno e non ultimo alla brevità di alcuni incontri, perché per alcuni la nostra città è solo una tappa di un percorso che continua alla ricerca di una sistemazione migliore. Nel territorio di Firenze sono stati messi a punto una serie di servizi: oltre alla clinica e a uno sportello di consulenza, ci si dedica alla formazione degli operatori che lavorano con i migranti. Esempi di queste attività sono: un progetto di peer tutoring in alcune scuole superiori, uno di formazione per le assistenti sociali al fine di proporre un protocollo più efficace di presa in carico dei migranti, una serie di focus group con dipendenti Asl all’interno del progetto “Mamma segreta” della regione Toscana; inoltre, la collaborazione con le associazioni presenti sul territorio ha permesso un contatto privilegiato con una popolazione spesso nascosta e sfuggente.

    • Orietta Festa - Roberta Radich

      Nel presente articolo verrà presentata una ricerca condotta dalle autrici, volta a indagare gli aspetti specifici caratterizzanti la pratica terapeutica con i migranti. In particolare, attraverso il software ATLAS.ti, sono stati analizzati i trascritti di interviste condotte su otto terapeuti di differenti orientamenti teorici ma con esperienza di clinica con i migranti, al fine di individuare la frequenza di particolari codici attribuiti al testo. L’analisi di tali interviste si è avvalsa sia di un procedimento top down, partendo dalla teoria iniziale, sia di un processo bottom up, che implica un continuo ri-costruire le ipotesi sulla base delle scoperte fatte in fase di analisi. Dall'osservazione dei dati è emerso che, per quanto riguarda i contesti di intervento, sono stati nominati con la stessa frequenza contesti terapeutici e non; questi dati sono considerati dalle autrici una prova a favore del fatto che il lavorare con questo tipo di utenza richieda un cambiamento nella pratica clinica L’attenzione verte poi sui diversi tipi di setting: quello gruppale sembra essere considerato da tutti i terapeuti il più adatto con questo tipo di utenza; in relazione alla stessa emerge anche un nuovo livello di intervento, che coinvolge la sfera più spirituale. Dall’analisi degli strumenti, infine, viene evidenziato quello che dalle autrici è stato definito come il “Coraggio di essere sistemici”, cioè la necessità di estremizzare alcuni strumenti all’interno di contesti di lavoro con gli immigrati, portando alle potenzialità massime gli strumenti dell’approccio sistemico.

    • Caterina Mattea

      L’articolo illustra la genesi e l’evoluzione di uno dei progetti ideati e gestiti dal Centro Shinui in una cornice sistemico pluralista: “Famiglie, territorio, Inte(g)razione”. Il progetto è nato in risposta alla richiesta di collaborazione avanzata dai Servizi sociali, in merito ad alcuni bisogni e disagi specifici del territorio. Caratteristiche e punti di forza del progetto sono stati: l’attenzione alla territorialità; la costruzione di una rete di collaborazione con i Servizi del territorio, le università e i singoli e le famiglie immigrati, utenti; la promozione del ruolo dei tirocinanti del Centro come partecipanti attivi e, aspetto innovativo, la scelta metodologica di operare nella pluralità dei luoghi, con particolare riferimento al contesto domestico grazie alle visite domiciliari. Il progetto è stato una risorsa per il territorio, i Servizi e le famiglie, ma anche un’occasione di crescita e riflessione metodologica per gli operatori stessi; esso ha rappresentato una sperimentazione pionieristica in un ambito sempre più emergente e pregnante.



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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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