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  • Mappe domestiche: la casa e le sue memorie
    Marina Brancato (a cura di)

    M@gm@ vol.9 n.3 Settembre-Dicembre 2011

    LA DIMORA COME MICROCOSMO POETICO-MITICO NELLA SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA


    Orazio Maria Valastro

    valastro@analisiqualitativa.com
    Dottore di Ricerca in Sociologia, Università Paul Valéry Montpellier III, Presidente Osservatorio Processi Comunicativi (www.analisiqualitativa.com); Presidente Associazione Le Stelle in Tasca (wwww.lestelleintasca.org).

    Narrami
    “Prima dell’aurora
    narrami i tuoi sogni,
    l’immaginario sorride
    all’ombra delle torri,
    e la stella del mattino
    si ammanta di mistero
    infastidita dal tempo
    fa splendere la notte,
    il vecchio ulivo stanco
    emana odore di fragole,
    la scala piena di foglie
    della piccola casa
    abbracciava la danza
    dai mille giochi segreti
    delle bianche ginestre.”
    Maria Gemma Bonanno

    1. Una socio-antropologia dell’immaginario applicata alle scritture di sé [1]

    Le sofferenze che lacerano i processi identitari degli individui segnano profondamente la relazione delle donne e degli uomini con il loro corpo, condizionando finanche le modalità di appropriazione dello spazio e del tempo (Jean Foucart, 2004). Queste stesse sofferenze, psichiche, sociali ed esistenziali, ci interrogano sul desiderio di “reliance” [2] come desiderio di compenetrazione, brama di mutua comprensione tra le coscienze umane, e desiderio di condividere passioni che alimentano il legame emozionale con gli esseri ed il mondo. Il desiderio di “realiance” è presente nella scrittura autobiografica che da scrittura introspettiva diviene ricerca di sé e di senso, ricerca di nuovi legami con se stessi, gli altri ed il mondo, sostenendo una pratica profana che istituisce un nuovo spazio sacro.

    L’esperienza del viaggio nell’intimità degli esseri, sollecitata dalla creazione di un’opera autobiografica, è esperienza di una conversione anagogica [3] delle donne e degli uomini nel desiderio del viaggio pedagogico nella scrittura di sé: dove il desiderio di sé si fa desiderio di perdere di se stessi per aprirsi al discorso dell’altro. L’individuo che si identifica con la sua opera, l’elaborazione di un racconto autobiografico organizzato in un progetto di scrittura compiuto, mette in relazione il corpo individuale con il corpo sociale grazie all’arte dell’autobiografia, scoprendo nella scrittura ordinaria quella medesima sacralizzazione dell’arte e della cultura (Bernard Deloche, 2001) dove tempo poetico e mitico coesistono.

    Le scritture di sé in sofferenza [4] possono essere comprese esaminando le energie drammatiche che generano, costituite come un sistema dinamico e di materializzazione delle forme del fondo dell’immaginario autobiografico.

    La drammatizzazione delle sofferenze umane, colta nel movimento metaforico delle scritture di sé e negli stili narrativi utilizzati dai loro autori, sacralizza l’esistenza metamorfosizzando la vita nella forma estetica della scrittura. La scrittura della storia di vita diventa cerca di senso nella contemplazione dell’esistenza e nella speranza mitica di riunire ciò che è stato separato, il corpo in sofferenza con il corpo sociale, attraverso la creazione autopoietica dei soggetti che si autorizzano a divenire gli autori della propria autobiografia. Il viaggio nella scrittura autobiografica, divenendo discesa nell’intimità dell’essere, sollecita lo schema della discesa che genera l’archetipo della dimora mitica. L’immagine della dimora che alimenta lo spazio profano delle scritture di sé, le autobiografie di persone comuni, ordinando e strutturando la drammatizzazione di un corpo autobiografico.

    Seguendo l’archetipologia di Gilbert Durand possiamo cogliere ed interpretare questo immaginario autobiografico. Ritroviamo i regimi diurno e notturno dell’immaginario (Gilbert Durand, 1992) nelle presenze semantiche, come ad esempio quella della dimora, negli archetipi e nei simboli ad essa associata e che si configurano come delle costellazioni d’immagini. Privilegiando in questo modo una sociologia ed un’antropologia dell’immaginario applicata alla scrittura autobiografica, possiamo cogliere il regime multiforme dell’angoscia umana che articola le costellazioni dei regimi dell’immaginario rispetto allo scorrere del tempo, segnato dalla condizione dell’esperienza umana sottoposta al fluire inesorabile del tempo ed alle incognite della vita.

    2. Simbologia della dimora e schematismi figurativi: alcuni esempi di scritture autobiografiche

    Nella scrittura autobiografica di Lorella Giulia Focardi [5] ritroviamo lo schema dell’intimità che corrisponde all’immagine della casa, simbolo della dimora intima. L’autore sostiene il suo istinto di sopravvivenza attraverso la scrittura, la condizione di bulimia è causa di una profonda sofferenza, e nel movimento della scrittura di sé perviene ad un doppio sentimento: un sentimento d’indipendenza da questa condizione che la fa soffrire; ed un sentimento di dipendenza dal suo cuore. La discesa nel cuore, nel centro dell’essere, è confortata dall’immagine della casa della sua infanzia, il rifugio per bambini golosi, rifugio dalla fosca presenza dei grandi archetipi della paura (Gilbert Durand, 1992, p. 132.) che la circondano: le tenebre che scendono sul paesaggio circostante e la notte che accoglie l’autore mentre si affaccia alla vita nel momento della sua nascita.

    L’autore Silvia Maugeri [6] si circonda della magia dell’infanzia, nel suo racconto autobiografico, per sconfiggere e disfare ciò che è stato ammantato dal colore nero della vita. La casa costruita dai nonni, luogo mitico della sua infanzia vissuta ai piedi dell’Etna, immagine meravigliosa accentuata dal paesaggio circostante, evoca ricordi di passeggiate spensierate sui monti adiacenti. Una parte dalla vita dell’autore dimora su quelle vette, nell’esperienza dell’ascensione sui monti dove contemplare la luce, sollecitando uno schema diairetico attraverso gli archetipi ed i simboli della trascendenza. La visione bucolica dei pastori con i loro greggi sulla vetta dei monti, prelude al crepuscolo e allo schema delle tenebre, animando negativamente le immagini teriomorfe degli insetti, lo schema inquietante dell’animato e il simbolo dell’agitazione e del cambiamento.

    «In questo terreno proprio ai piedi dei monti Rossi i miei genitori con i miei nonni riuscirono a costruire la casa. Ormai la libertà era al completo, la nostra infanzia era segnata! Le nostre mattine, i nostri pomeriggi erano lì che si spegnevano ed insieme ai compagni di gioco salivamo più volte la pineta, lassù fino alla croce, incontrando i pastori con le greggi come un racconto delle bucoliche. Col pensiero sembra sia finita lassù parte della mia vita e quando tutt’ora la guardo luminosa di rosso, sembra che la terra dei pini protegga ogni mio ricordo, ogni mio piccolo compagno di allora. Ma all’imbrunire è triste questa campagna, questo via vai d’insetti, l’accendersi delle prime luci …»

    La casa nella scrittura autobiografica di Letizia Lampo [7], luogo simbolico della nascita interiore dell’autore, compagna di vita e di guarigione, assume la funzione di facilitare un contatto con l’esistenza ed intrattiene il desiderio della vita. La casa, compagna di vita e di guarigione, dimora mitica dell’infanzia collocata nella campagna immersa nel ciclo della natura e della vegetazione stagionale, si apre alla ciclicità del tempo ed è irradiata dalla luce purificatrice che illumina la vita.

    «Io ho avuto la fortuna, grande, di essere cresciuta per tanti anni della mia vita in uno scorcio di tempo e di spazio che si è confuso con la fantasia, un luogo ed un momento che parlava di natura, di campi fioriti, di case con i tetti rossi. Se chiudo gli occhi il quadro mi si compone velocemente : una grande casa in mezzo alla campagna, un selvaggio giardino colorato di semplici fiori, un grande albero, di quelli che senti compagno della tua intera esistenza. Io sono nata lì, almeno interiormente, in quello stesso momento in cui i miei genitori decisero di aiutarmi a crescere in un ambiente semplice e naturale che potesse darmi la salute che, da piccolina, sembrava mi mancasse. Nei miei ricordi, credo uno dei più antichi, c’è una grande stanza bianca. C’è una culla, anch’essa bianca, che mi accoglie, con tenere tendine di velo. C’è il sole che appare da una grande finestra e mi abbaglia così intensamente che non c’è immagine che mi catturi così tanto, ancora oggi, di un fascio di luce intenso ma sottile che attraversa una stanza. Potrei, in fondo, dire che anche nei momenti più bui quel fascio di luce non ha mai smesso di illuminare la mia vita.»

    La simbolica del cerchio e le tecniche del ciclo, spazializzazione della temporalità nel movimento mitico del cerchio, convocano la speranza di un nuovo inizio e della rinascita. Questa stessa simbolica la ritroviamo associata all’immagine serena e luminosa della dimora intima, nella scrittura di Salvatore Selis [8]. Immagine evocata per contrastare la ribellione e la disobbedienza dell’autore, la rivolta interna generata dall’esperienza dell’orfanotrofio, luogo di sofferenza che anima il suo divenire ribelle. La discesa nell’intimità di sé assimila l’immagine della casa dell’infanzia con l’ambiente che la circonda, un paesaggio rappresentato come paradisiaco, uno spazio attorniato da alberi per i giochi dei fanciulli. Un centro paradisiaco (Gilbert Durand, 1992, p. 280), microcosmo sacro e simbolo di uno spazio felice, delimitato dal recinto magico degli alberi che lo rende un centro incantatore, ricettacolo geografico e rifugio di ricordi felici.

    La dimora dell’infanzia nel racconto autobiografico di Lidia Avola [9], come luogo di esperienze dolorose, subisce un processo di gulliverizzazione raddoppiandosi nel simbolo archetipico del contenente. L’autrice, in sofferenza per l’abbandono del padre, descrive il giardino lussurioso che esisteva prima della costruzione della sua casa, precedentemente all’allontanamento del padre. Un ricordo felice deteriorato dall’immagine della caduta nei rovi, dal profondo dolore provato. La rosa bianca è tuttavia, come le rose della sua infanzia presenti in questo giardino, simbolo di purezza e speranza che può contrastare la fragilità della vita. Nella presenza semantica del fiore, il calice vegetale (Gilbert Durand, 1992, p. 288) come simbolo dell’intimità nel viaggio e nella discesa in sé, si opera l’inversione di quegli istanti dolorosi. Il ricordo felice dell’infanzia è reso eterno dalla contemplazione del simbolismo di un contenente più ridotto della stessa dimora, i piccoli calici delle rose.

    «Vi era di tutto in quel terreno, in quel terreno ricco di verde vegetazione, di alberi, di rovi, di frutta e di rose ... Un giorno vi caddi in quel rovo, correvo con spensieratezza e di colpo fui imprigionata da quelle spine. Quanto dolore patii mentre i miei cari cercavano di liberarmi, non osavo muovermi, restavo paralizzata. (…) In quel terreno vi erano tante rose e soprattutto vi residenziavano le mie rose, le mie adorate rose bianche ... Deliziata le ammiravo (…). Le amavo ardentemente. Quando mio nonno decise di costruire su quel terreno la casa in cui abito adesso, provai tristezza. (…) soprattutto non ebbi più occasione di poter ammirare ed amare le mie delicate rose bianche. Col tempo, durante il mio viaggio, ho incontrato ed osservato altre rose bianche, ma nessuna, nessuna di loro può essere equiparata alle mie rose. Nessuna. (…) Le mie candide e pure rose non torneranno mai più. Rimarranno un dolce e amaro ricordo. Mai più mi appariranno. La rosa bianca mi rappresenta, rappresenta i miei ricordi, la mia fanciullezza, le mie speranze.»

    Il versante negativo dell’universo mitico della dimora familiare, nel racconto autobiografico di Mario Toscano [10], è rappresentato dall’incapacità delle energie drammatiche, in questo caso dall’attante interattivo, a creare delle immagini che rendano possibile la comunicazione di mondi differenti e distanti. L’immagine del tunnel che collega due mondi, il mondo che impedisce all’autore di crescere e il mondo liberato dalla volontà del padre vissuta come autoritaria ed opprimente, ordina e struttura la cerca della sua anima perduta senza poter realizzare altri universi possibili. Il volo al di fuori del nido, della dimora familiare, fallisce lasciando cadere l’autore nelle tenebre del tunnel, attante interattivo incapace a sostenere ed accompagnare il suo slancio verso la luce.

    «Se mi chiedete cosa hai fatto dopo vi dico che non ricordo più, perché il raggio di luce che illuminava la mia strada si è spento e da allora vivo nel buio di un tunnel dove spero alla fine troverò la vera luce.»

    3. Speranze mitiche e sensibilità mitobiografiche: aperture verso una speranza antropologica

    La conciliazione delle speranze delle donne e degli uomini con la loro condizione umana, nutre l’immaginario che configura le speranze mitiche nella scrittura autobiografica: la speranza di trascendenza nell’ascesi diairetica, il viaggio in sé con il suo simbolismo verticalizzante che si contrappone al tempo ed alle incognite della vita; e la speranza nella penetrazione di un centro, la discesa nell’intimità dell’essere attraverso un simbolismo che governa e trasforma l’esistenza nel desiderio della rinascita e della comprensione simbolica dell’esistenza. L’immagine della dimora come speranza mitica, assumendo la possibile funzione di armonizzare queste speranze, la possiamo cogliere e comprendere in relazione ad un’analisi delle energie attanziali [11], delle forze drammaturgiche che reggono l’azione drammatica della narrazione e della scrittura di sé.

    La drammatizzazione eroica, individuata nell’attante di un universo mitico diurno, è definita dalla forza di coesione di uno schema ascensionale e designa le occorrenze drammatiche di una forza attanziale differenziatrice e separatrice, che si erge e struttura il racconto presiedendo a tecniche di ascensione diairetiche. Tecniche di purificazione che perseguono una trascendenza polemica e dualista, rivelando il regno della trasparenza e della luce contrapposto alle incognite del tempo. L’ascesi diairetica del viaggio in sé è in questo senso elevazione nei valori positivi dell’esistenza e affermazione del discorso di sé.

    Il viaggio nella scrittura di sé in sofferenza, convertendo i valori negativi dell’esistenza, si trasforma in un viaggio all’interno di se stessi sollecitando lo schema della caduta, la disfatta eroica dell’ascensione diairetica, o quello della discesa nelle profondità dell’essere che presiedono alle tecniche della penetrazione di un centro, generando un universo mitico notturno. Il viaggio nell’intimità dell’essere, nella costellazione d’immagini del regime notturno dell’immaginario, diventa un percorso d’interpretazione dell’esperienza vissuta che articola l’itinerario esistenziale e le peripezie drammatiche della vita, instaurando una nuova coscienza e comprensione simbolica dell’esistenza umana. L’instaurazione di una coscienza eroica notturna, generata da energie drammatiche alimentate dal desiderio di armonizzare le speranze mitiche di donne e uomini, diventa coscienza del senso tragico dell’esistenza e possibile apertura verso una coscienza antropologica comprensiva e solidale dell’avventura umana (Gilbert Duraqnd, p. 64), che si apre alla comprensione simbolica ed esistenziale del discorso di sé e dell’altro.

    Note

    1] Il presente contributo propone una riflessione sulla rappresentazione sociale della dimora come microcosmo e spazio sacro nella scrittura autobiografica, rifacendosi ad un’analisi approfondita delle forme di sensibilità e coscienze poetiche e mitiche collettive, analisi sviluppata nell’ambito di una tesi di dottorato in sociologia (Università “Paul Valéry” Montpellier III). L’esperienza di persone comuni, donne e uomini che diventano i biografi della loro storia di vita, è considerata in modo particolare, esaminando le funzioni dell’immaginario e del mito nel percorso d’interpretazione e ricerca di senso: un’esperienza che ci rivela un corpo autobiografico che prende senso e supporto metaforico e simbolico nel movimento della scrittura di sé. Il lavoro di ricerca è attualmente in corso di stampa: Orazio Maria Valastro, Biographie et mythobiographie de soi: l’imaginaire de la souffrance dans l’écriture autobiographique, Sarrebruk, Editions Universitaires Européennes, 2012, 436 p. ISBN 978-3-8417-8273-1.
    2] La nozione di reliance nella sociologia esistenziale di Marcel Bolle De Bal, da intendersi in quanto creazione o ripristino di legami con sé stessi, gli altri ed il mondo, è approfondita mettondo a confronto l’etica di reliance di Edgar Morin e l’etica della reliance di Michel Maffesoli. L’etica di reliance, norma etica ed imperativo intellettuale, sociale e morale, sostiene una mutua comprensione tra le coscienze umane; l’etica della reliance valorizza la comunità emozionale e il bisogno inconscio di esprimere il desiderio di uscire da sé, la perdita di se stessi nell’altro. Marcel Bolle De Bal, « Reliance, déliance, liance : émergence de trois notions sociologiques », Sociétés, n°80, 2003, p. 99-131 ; Marcel Bolle De Bal, « Éthique de reliance, éthique de la reliance : une vision duelle illustrée par Edgar Morin et Michel Maffesoli », Nouvelle revue de psychosociologie, n°8, 2009/2, p. 187-199 ; Edgar Morin (Dir.), La Méthode : Tome 6 Ethique, Paris, Editions du Seuil, 2004 ; Michel Maffesoli, Le réenchantement du monde, Paris, La Table Ronde, 2007.
    3] Il termine anagogico definisce il significato profondo e nascosto delle scritture nell’esegesi biblica, dove la scrittura procede da ciò che è visibile verso tutto ciò che è invisibile. (Cfr. Ugo di San Vittore, De scripturis et scriptoribus sacris III, citato da Nicola Abbagano in Dizionario di Filosofia, Torino, Utet, 1961.
    4] Le riflessioni e le analisi proposte in questo articolo, in continuità con il numero monografico pubblicato dalla rivista “Le scritture di sé in sofferenza” (M@gm@, rivista internazionale in scienze umane e sociali, vol.8 n.1, Gennaio-Aprile 2010), considerano in modo particolare le scrittura autobiografiche di persone comuni. Il corpo di testi autobiografici cui rimanda l’articolo fa riferimento agli archivi della Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Sfefano (AR), e agli archivi degli Ateliers dell’immaginario autobiografico dell’associazione Le Stelle in Tasca di Catania.
    5] Cfr. Lorella Giulia Focardi (Memorie golose, Archivio Diaristico Nazionale, MP/2004) in Orazio Maria Valastro, Biographie et mythobiographie de soi, op. cit., p. 170.
    6] Cfr. Silvia Maugeri (Magia: racconto autobiografico, Archivi Ateliers Immaginario Autobiografico, n.39, marzo-dicembre 2009) in Orazio Maria Valastro, Biographie et mythobiographie de soi, op. cit., p. 177.
    7] Cfr. Letizia Lampo (La cerca della felicità, Archivi Ateliers Immaginario Autobiografico, n.16, ottobre 2007 - marzo 2008) in Orazio Maria Valastro, Biographie et mythobiographie de soi, op. cit., p. 180.
    8] Cfr. Salvatore Selis (La storia di Selis, Archivio Diaristico Nazionale, MP/2003) in in Orazio Maria Valastro, Biographie et mythobiographie de soi, op. cit., p. 171.
    9] Cfr. Lidia Avola (Un’anima in un corpo, Archivi Ateliers Immaginario Autobiografico, n.17, ottobre 2007 - marzo 2008) in Orazio Maria Valastro, Biographie et mythobiographie de soi, op. cit., p. 175.
    10] Cfr. Mario Toscano (Il mio volo fuori dal nido, Archivi Ateliers Immaginario Autobiografico, n.18, ottobre 2007 - marzo 2008) in Orazio Maria Valastro, Biographie et mythobiographie de soi, op. cit., p. 202.
    11] Le ricerche sperimentali d’Yves Durand introducono alla modellizzazione degli universi mitici, ricorrendo all’analisi attanziale che considera l’immaginario come un modello scenico-drammatico. L’analisi degli attanti, forze drammaturgiche che reggono l’azione drammatica integrandola in quanto sotto sistema ad un sistema drammatico, è in questa accezione concepita come un sistema potenziale che ci rivela e ci permette di definire gli universi mitici attraverso le caratteristiche morfologiche, funzionali e simboliche delle energie attanziali (Yves Durand, L’exploration de l’imaginaire : introduction à la modélisation des univers mythiques, Paris, L’Espace Bleu, Bibliothèque de l’imaginaire, 1988).

    Bibliografia

    Bolle De Bal Marcel,
    - «Reliance, déliance, liance: émergence de trois notions sociologiques», Sociétés, n°80, 2003, p. 99-131.
    - « Éthique de reliance, éthique de la reliance: une vision duelle illustrée par Edgar Morin et Michel Maffesoli , Nouvelle revue de psychosociologie, n°8, 2009/2, p. 187-199.
    Deloche Bernard, Le musée virtuel: vers une éthique des nouvelles images, Paris, Presses Universitaires de France (Questions actuelles), 2001.
    Durand Gilbert, Les structures anthropologiques de l’imaginaire : introduction à l’archétypologie générale, Paris, Dunod, 1992.
    Durand Yves, L’exploration de l’imaginaire : introduction à la modélisation des univers mythiques, Paris, L’Espace Bleu (Bibliothèque de l’imaginaire), 1988.
    Foucart Jean, Sociologie de la souffrance, Bruxelles, Editions De Boeck Université (Ouvertures sociologiques), 2004.
    Maffesoli Michel, Le réenchantement du monde, Paris, La Table Ronde, 2007.
    Morin Edgar (Dir.), La Méthode : Tome 6 Ethique, Paris, Editions du Seuil, 2004.
    Valastro Orazio Maria,
    - (in corso di stampa) Biographie et mythobiographie de soi: l’imaginaire de la souffrance dans l’écriture autobiographique, Sarrebruk, Editions Universitaires Européennes, 2012, 436 p.
    - (Dir.) Scritture di sé in sofferenza, M@gm@, rivista internazionale in scienze umane e sociali, vol.8 n.1, Gennaio-Aprile 2010.

    Sitografia

    Ateliers dell’Immaginario Autobiografico
    Le Stelle in Tasca – Catania
    Associazione di Volontariato riconosciuta ai sensi della Legge n.266/1991
    Iscritta al registro generale regione siciliana: sezione socio-culturale ed educativa
    www.lestelleintasca.org

    Fondazione Archivio Diaristico Nazionale – Onlus – Pieve Santo Stefano (Arezzo)
    La Fondazione si propone di: promuovere la più ampia conoscenza dell’Archivio Diaristico Nazionale e del relativo premio annuale, quali mezzi per la valorizzazione di Pieve Santo Stefano come "Città del diario" e per la crescita dell’amicizia fra tutti coloro che scrivono i diari e conservano documenti di autobiografia e di memorie personali in forma di scrittura
    www.archiviodiari.it



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    M@gm@ ISSN 1721-9809
    Indexed in DOAJ since 2002

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