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  • La somatizzazione della precarietà
    Roberta Cavicchioli e Andrea Pietrantoni (a cura di)

    M@gm@ vol.9 n.2 Maggio-Agosto 2011

    L’INAFFERRABILE CONOSCENZA DELL’OPERATORE DI CALL CENTER

    Orazio Maria Valastro

    valastro@analisiqualitativa.com
    Dottore di Ricerca in Sociologia, Università Paul Valéry Montpellier III, Presidente Osservatorio Processi Comunicativi (www.analisiqualitativa.com); Presidente Associazione Le Stelle in Tasca (wwww.lestelleintasca.org).

    Vincenzo Gentile

    vincygentleman@hotmail.it
    Operatore di Call Center, Lombardia Informatica s.p.a.; Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi di Catania.

    «Il dio che un uomo della stirpe di Atreo
    Adunghiò in una spiaggia che il bochorno strazia,
    Si convertì in leone, in dragone, in pantera,
    In un albero e in acqua. Perché l’acqua è Proteo.»
    (Jorge Luis Borges, Poema del quarto elemento)

    1. Il mito di Proteo: riscattare storie di ordinaria precarietà

    Proteus, Emblem 183, Book of Emblems, Andrea Alciato (1531)

    Gli autori considerano in questo articolo la figura degli operatori di Call Center, riscattando storie di ordinaria precarietà rispetto alla problematicità di un’occupazione professionalmente debole [1], al fine di valorizzare risorse e conoscenze invisibili. Il testo è il frutto di un confronto e di un costruttivo scambio di idee ed esperienze, sollecitato da una collaborazione intergenerazionale e dall’interazione tra due esperti senior e junior con competenze di tipo sociologico e nelle scienze dell’educazione e della formazione. Il mito [2] di Proteo [3] ci è sembrato indubbiamente appropriato, riflettendo sull’operatore di Call Center come figura simbolica dell’alienazione del terzo millennio, per mettere in risalto quelle conoscenze e responsabilità che l’esperienza lavorativa quotidiana genera, trasformando identità professionali ed intimando un rinnovamento dei processi organizzativi e della formazione professionale. E’ questa la prima riflessione che proponiamo all’attenzione dei lettori per considerare la figura dell’operatore di Call Center.

    Proteo, dio greco delle metamorfosi, è una divinità sfuggente, le sue trasformazioni lo rendono inafferrabile ai mortali che sollecitano la sua conoscenza del passato, del presente e del futuro. Il senso della pratica metamorfica nel mito di Proteo, l’identità metamorfica come artificio per sottrarre la conoscenza divina allo sguardo dei mortali, rimanda alla metafora di una conoscenza inafferrabile. La metamorfosi del dio Proteo, dal greco metamorphòsis “scambio di forma”, evidenzia l’identità più profonda dell’essere che la subisce, un’identità articolata e sofferta che si rende invisibile. E’ questa l’immagine che rappresenta quell’identità tormentata della flessibilità lavorativa, segnata dalle problematicità del ruolo e del futuro della nuova figura professionale dell’operatore di Call Center. Un’identità alienata dal sapere organizzativo informale, contenuto nei processi e nelle procedure, sperimentato dalle persone nei contesti lavorativi in trasformazione.

    Il Call Center, in quanto sistema socio-tecnico organizzato di lavoro, ha una sua struttura formale di riferimento per l’agire degli operatori nella gestione del processo di comunicazione con i clienti e gli utenti. I principi, le regole e i criteri che conformano il processo organizzativo, collocano l’apprendimento collettivo, la produzione e la condivisione delle conoscenze, nelle procedure del sistema organizzativo. Gli operatori di Call Center acquisiscono in questo contesto un sapere individuale e organizzativo, attraverso un apprendimento continuo durante la loro esperienza lavorativa. L’elaborazione di conoscenze non formalizzate dal sistema organizzativo, attribuiscono agli operatori la capacità di formulare e sviluppare delle pratiche e dei saperi, veicolate dalla struttura informale delle relazioni e delle interazioni personali. Il potenziale vettore di nuove consapevolezze e competenze è questa stessa conoscenza, che paradossalmente si sottrae al nostro sguardo ed al tempo stesso alla coscienza degli attori sociali.

    Una prima analisi sui Call Center, in quanto organizzazioni della conoscenza [4], è approfondita attraverso la letteratura sociologica sulle organizzazioni della old economy e della new economy, o knowledge-based economy [5]. I cambiamenti del paradigma produttivo di matrice taylorista-fordista e il dibattito sociologico sui Call Center [6], sono esaminati alla luce del modello di analisi sistemica delle organizzazioni. Una chiave di lettura che ci permette di interpretare il passaggio dalla centralità delle strutture a quella dei processi aziendali [7], di servizio e commerciali, rimarcando una prima valutazione delle dimensioni formali e informali delle organizzazioni rispetto alle dimensioni dell’apprendimento e del cambiamento.

    Una seconda analisi sui Call Center, concepiti come reti e relazioni che trasferiscono conoscenze tacite e non formalizzate [8], confronta il modello di conversione delle conoscenze di Nohana e Tukeuchi [9] con una serie di osservazioni e interviste focalizzate a testimoni privilegiati. Una ricerca esplorativa sui giovani operatori di alcuni diversi Call Center della provincia di Catania, ci permette di valutare il fare e l’agire degli attori sociali, in relazione a conoscenze e pratiche condivise, a norme organizzative formali e informali. Una conoscenza non esplicitata dagli operatori di Call Center, coesiste in questo senso con la struttura organizzativa formale, con una conoscenza resa esplicita, sviluppandosi a partire dalle interazioni e dalle relazioni tra gli attori nel loro quadro strutturale di riferimento. Un’organizzazione che apprende tramite i suoi attori interdipendenti e le loro competenze, si valuta in questo senso proporzionalmente alla possibilità di riconoscere e trasformare la conoscenza che risiede negli attori sociali del sistema organizzativo.

    2. I Call Center: organizzazioni della conoscenza

    2.1 La modernità e la cerca della razionalità: un modello organizzativo che attiva conoscenza, apprendimento e cambiamento

    Chimaera, Emblem 14, Book of Emblems, Andrea Alciato (1531)

    Il modello paradigmatico della razionalità nelle organizzazioni ci permette di comprendere la cerca martellante della modernità, inseparabile dallo sviluppo delle realtà produttive che si trasformano modificando al tempo stesso le organizzazioni. M. Weber, associando alla consapevolezza del disincanto dal mondo la componente economica e il calcolo dei mezzi, ha descritto la razionalizzazione formalistica e la burocratizzazione della società moderna. L’ideal-tipo della razionalità assoluta che collega le organizzazioni ad una certa visione del mondo e un sistema di valori [10], analizza delle tendenze e ne ricava dei modelli interpretativi. La valorizzazione di una razionalità assoluta che orienta l’agire sociale, coglie il senso della tendenza di un cambiamento di prospettiva finalizzata alla razionalizzazione dei sistemi di produzione. F. W. Taylor [11] e H. Ford [12] sono i rappresentanti più significativi dell’organizzazione scientifica del lavoro, movimento sorto alla fine del XIX secolo negli Stati Uniti. I principi dell’organizzazione scientifica [13] del lavoro, sviluppano una concezione dell’organizzazione caratterizzata da postulati finalizzati a privilegiare soluzioni organizzative ai problemi della produzione ed al coordinamento delle attività produttive. Postulati e principi basilari sono quelli dell’analisi scientifica delle attività produttive, della specializzazione dei compiti e della definizione di regole precise della divisione del lavoro. Una razionalizzazione delle attività lavorative analitica e funzionale, legittimata da una scienza oggettiva che le adatta a mezzi e fini in modo razionale. F. W. Taylor introduce la scienza modernizzando i mezzi di lavoro per renderli più appropriati a finalità e obiettivi programmati, modificando la concezione della produttività con un sistema coerente alle norme razionali e scientifiche che lo attuano. H. Ford realizza a sua volta la divisione del lavoro orizzontale intensificata e sistematizzata, riguardo a sistemazione e distribuzione dei posti di lavoro e delle installazioni suddividendo ulteriormente il processo produttivo in attività specializzate e meccanizzate che influenzeranno anche il sistema verticale. Le trasformazioni del processo produttivo e l’organizzazione scientifica del lavoro, con il passaggio dalle manifatture alle fabbriche, operano una separazione ulteriore ed una divisione orizzontale del processo produttivo in operazioni specializzate e meccanizzate, una specializzazione del lavoro [14] caratterizzata dalla standardizzazione e dall’automazione.

    La scuola delle relazioni umane [15], movimento fondato dal sociologo statunitense E. Mayo [16], mettendo in risalto i limiti del modello tayloristico-fordista, recupera gli aspetti umani e sociali delle organizzazioni produttive, le motivazioni personali e le relazioni formali ed informali, per comprendere l’interdipendenza dei fattori tecnici ed umani delle organizzazioni. Le motivazioni dei lavoratori non sono soltanto economiche, come postula il modello razionale [17]. La scuola delle relazioni umane pone quindi l’accento sull’importanza dei rapporti sociali e sull’integrazione del lavoratore nei gruppi e nei luoghi di lavoro, rispondendo alle problematiche insite nella società industriale: sollecitare la cooperazione tra forze sociali che partecipano al processo produttivo, valorizzando la condizione di vita delle persone all’interno del contesto organizzativo per favorire i rapporti interpersonali.

    La teoria della razionalità limitata e dell’attore strategico [18] di M. Crozier e F. Friedberg, analizza il comportamento dei membri di un’organizzazione come un agire non determinato esclusivamente da regole formali, o dall’esigenza di soddisfare dei bisogni psicologici. I membri di un’organizzazione hanno degli interessi che non coincidono necessariamente con gli obiettivi della loro missione. Regole e strutture formali sono quindi incerte e contraddittorie, non potendo gestire zone di razionalità che coesistono nelle organizzazioni. Il sistema formale organizzativo, dovendosi adattare alle trasformazioni dei processi produttivi ed integrandosi con una dimensione aperta verso l’ambiente esterno, si evolve nell’esigenza di attivare conoscenza, apprendimento e cambiamento [19]. L’organizzazione non è più pensata come un modello gerarchico rigido, dove gli individui hanno uno statuto determinato e stabile. Il concetto di potere nell’analisi strategica [20], definito come relazione che implica reciprocità e negoziazione, una relazione concepita in termini di scambio, modifica l’assetto formale organizzativo che assegna ruoli e statuti ai singoli individui. I margini di azione tra i vincoli imposti dal sistema organizzativo e la libertà degli attori, introduce un elemento di incertezza riguardo all’imprevedibilità con cui ogni individuo assolverà i propri compiti. I ruoli, in questo modello interpretativo, non determinano le attese degli individui, e ciò sostiene il modo in cui gli attori regolano le loro relazioni, le regole formali e informali che si danno per far funzionare l’organizzazione. La teoria della razionalità limitata e dell’attore strategico è in definitiva un modello interpretativo, che pone l’accento sul senso che attribuiscono gli attori sociali al loro agire. Il sistema organizzativo non è in questa accezione indipendente dal sistema di relazioni esistenti. Un modello organizzativo dove la centralità dei processi si sostituisce alla centralità delle strutture, in un contesto nel quale le organizzazioni si evolvono in un costante rapporto dialogico con l’ambiente, con la dimensione della conoscenza, dell’apprendimento e del cambiamento organizzativo, è pensato in relazione al sistema di relazioni che strutturano il funzionamento sociale dell’organizzazione.

    2.2 Un’economia fondata sulla conoscenza: i Call Center come paradigma organizzativo

    One man can do nothing; two can do much, Emblem 41, Book of Emblems, Andrea Alciato (1531)

    Le teorie e i modelli socio-organizzativi devono essere considerati in funzione delle capacità di innovazione delle organizzazioni della conoscenza. Società della conoscenza, economia della conoscenza e lavoratori della conoscenza [21], sono dei termini che interpretano le trasformazioni delle forme di produzione, del lavoro e delle organizzazioni. Le nuove tecnologie trasformando il ciclo produttivo, attribuiscono una maggiore rilevanza alla conoscenza di processi diversamente collegati, rispetto alla società industriale e all’organizzazione taylorista-fordista [22]. In questo contesto, le nuove organizzazioni, intese come fabbriche di servizio [23], conservano alcuni elementi del modello lavorativo fordista, nell’accezione weberiana di strumento razionale finalizzato a conseguire scopi prestabiliti con un forte controllo sul lavoro (con relativa parcellizzazione delle mansioni e perdita del contenuto del processo lavorativo da parte dell’individuo), e si inseriscono in un’economia del lavoro fondata sulla conoscenza.

    Un’economia del lavoro fondata sulla conoscenza incorpora quest’ultima nella produzione di beni e servizi, qualificando i lavoratori della conoscenza come detentori di quelle competenze che contribuiscono allo sviluppo dei processi produttivi. Nelle organizzazioni della conoscenza [24] la relazione con il cliente non è orientata esclusivamente dal mercato, le soluzioni sono create insieme al cliente caratterizzando la learning organization come impresa che apprende sia dall’interno che dall’esterno. I lavoratori della conoscenza [25], noti nella letteratura come knowledge worker, gestiscono e assimilano informazioni cruciali per la competitività dell’azienda interagendo con l’ambiente esterno.

    I Call Center si inseriscono, in un’economia fondata sulla conoscenza, come elementi di innovazione rispetto alle caratteristiche ed alla logica del prodotto-servizio. L’interazione con i clienti e con gli utenti individua nuove soluzioni organizzative [26], potenziando le risorse umane e sviluppando strumenti e tecnologie, rinnovando e amplificando un’integrazione con i destinatari e i consumatori dei prodotti-servizi ed infine cogliendo e soddisfacendo la necessità di conoscenza delle organizzazioni. Il Call Center, incrementando e differenziando il valore dell’offerta del prodotto-servizio e creando una relazione facilitata con i clienti-utenti, si caratterizza come nuovo paradigma organizzativo della conoscenza.

    Possiamo definire come lavoratori della conoscenza, rispetto all’articolato e vasto aggregato di lavoratori [27], quei soggetti che operano all’interno di organizzazioni finalizzate a generare nuove conoscenze ed a renderle utilizzabili nel processo produttivo ed organizzativo. Le competenze tecniche, comunicative e relazionali, assumono pertanto una particolare rilevanza, trasferendo la valutazione dei processi aziendali dalla produzione alle capacità degli operatori di gestire informazioni e di potenziare ed accrescere esperienze e conoscenze. Creatività ed iniziativa individuale acquisiscono una maggiore rilevanza, mettendo in secondo piano logiche che sostengono un’omogeneità ed una conformità dei processi aziendali, promuovendo un’organizzazione flessibile dove le esperienze e le conoscenze diventano patrimonio comune e fruibile per l’intera organizzazione. La conoscenza risiede pertanto nel sistema organizzativo e nella comunità di professionisti e operatori di Call Center, nella rete e nella struttura relazionale che permette di cooperare e comunicare.

    2.3 I Call Center organizzazioni di frontiera tra old economy e new economy

    Unconquerable harmony, Emblem 40, Book of Emblems, Andrea Alciato (1531)

    Il dibattito sociologico sui Call Center si articola all’interno del continuum tra old economy e new economy [28], analizzando le corrispondenze con il paradigma taylorista-fordista o le attinenze con la knowledge-based economy, l’economia basata sulla conoscenza. Alcuni studi presentano un’analisi dell’organizzazione dei Call Center connotata dalla ripetitività e dai tempi rigorosi che scandiscono le attività lavorative; sottolineando il frazionamento dei compiti a discapito della capacità di gestione del processo lavorativo complessivo; considerando, infine, la bassa qualificazione e remunerazione e le limitate prospettive di carriera professionale. Un secondo filone di studi sociologici individua degli inediti paradigmi produttivi fondati sulla capacità di accrescere informazioni, esperienze e conoscenze; dove i lavoratori, diventando delle figure centrali e qualificate, beneficiano di queste competenze, sollecitando dei processi di formazione continua che facilitano lo sviluppo della conoscenza per la stessa organizzazione. Un terzo filone di studi si situa in una posizione intermedia, identificando degli elementi di continuità con il paradigma taylorista-fordista dell’organizzazione del lavoro e con quelli maggiormente innovativi che riguardano il modello organizzativo della società della conoscenza.

    La tecnologia e la struttura organizzativa sono dei fattori da analizzare, rispetto a queste analisi, per comprendere l’evoluzione dei Call Center. I Call Center nascono negli anni ’60 come risposta ai bisogni dei consumatori, adattandosi alle necessità aziendali di ristrutturazione dei processi di servizio e dei processi commerciali [29], trasformandosi gradualmente attraverso un’integrazione sinergica degli elementi che li caratterizzano [30]: la tecnologia; le risorse umane; la struttura organizzativa, i processi ed i clienti. Gli elementi tecnologici integrati nella struttura organizzativa attraverso pianificazioni a breve e lungo termine, in linea con le politiche aziendali, sono completati da una politica integrata delle risorse umane che operano nei Call Center per il soddisfacimento dei clienti. Soltanto alla fine degli anni ’90 [31] i Call Center si diffondono in Italia, quando l’integrazione delle tecnologie vocali con le moderne tecnologie ha indotto un tipo di gestione multicanale del traffico telefonico [32].

    La trasformazione organizzativa dei Call Center, orientata verso la gestione multicanale del traffico telefonico, è determinata dall’integrazione sinergica degli elementi tecnologici che influiscono sulla struttura della gestione delle relazioni dei clienti, nei processi di gestione aziendale e delle risorse umane. La struttura organizzativa come gestione dei reclami dei clienti, si è sviluppata migliorando le prestazioni dei processi comunicativi attraverso l’automatizzazione e la razionalizzazione della distribuzione delle chiamate agli operatori [33], integrando la tecnologia dei computer [34] e associando alla gestione multicanale altre funzionalità di telecomunicazione, tramite strumenti e sistemi informativi e di comunicazione [35].

    Il Call Center si configura in pratica come nodo di collegamento dei processi di servizio [36] mettendo in relazione l’azienda con la clientela, attraverso prestazioni front line o front office. Si tratta del segmento visibile e in contatto diretto con il cliente, attraverso gli operatori di rete fissa e mobile e quelli degli help desk per i servizi connessi a internet. Con il termine back office, si indicano al contrario quelle parti del sistema d’informazione e dei processi interni dell’azienda cui l’utente finale non ha accesso. Un nuovo modello, quello del rapporto cliente azienda, la customer relationship management, pone il cliente al centro degli obiettivi delle aziende e delle loro strategie e sistemi. La gestione complessiva e integrata con il cliente, modello diffuso prevalentemente nel settore privato che si estende al settore pubblico [37], si caratterizza per l’aumento della qualità e della quantità dei servizi, coinvolgendo attivamente i cittadini e sviluppando sistema di relazioni con il territorio.

    Tecnologia e innovazione sono quindi stimolate dal rinnovamento dei processi di servizio, il rapporto con il cliente, e dalle strategie aziendali, evolvendosi in una maggiore integrazione e unificazione dei processi di relazione con il cliente, all’interno di un complesso sistema e canali di comunicazione differenziati [38]. La gestione dei processi aziendali rivaluta e ridefinisce, in questo contesto di trasformazione, la figura professionale e il ruolo dell’operatore di Call Center [39]. Le complesse operazioni dell’operatore di Call Center presuppongono la gestione di conoscenze complesse, dai prodotti ai processi aziendali e gli strumenti informatici, sollecitando le aziende a valorizzare delle risorse umane che rappresentano un canale privilegiato nella relazione con il cliente. Le fasi evolutive della struttura organizzativa dei Call Center, caratterizzandosi come nodo di collegamento dei processi di servizio orientati al cliente mettono in risalto, come nuovo elemento determinante, la gestione e la creazione di sistemi di conoscenza. I fattori tecnologici e le politiche di gestione e coinvolgimento dei clienti e del territorio, sono per questa ragione da concepire in funzione di un paradigma sociologico delle organizzazioni della conoscenza.

    3. Reti e relazioni che trasferiscono conoscenze: i Call Center come modello di conversione delle conoscenze

    On human life, Emblem 152, Book of Emblems, Andrea Alciato (1531)

    I limiti dell’organizzazione formale e la difficile percezione delle reti di relazioni informali [40], caratterizzano l’agire degli attori sociali e le reti di conoscenze [41] tacite e implicite [42] trasferite da una sorgente di conoscenza ad un’altra sorgente. Le reti di conoscenze [43] in quanto strumenti euristici che permettono di schematizzare e misurare fenomeni che si rapportano a conoscenze [44], evidenziano delle sorgenti e delle relazioni di conoscenze attivate in situazioni e contesti sociali organizzativi. La differenziazione tra conoscenze tacite e implicite si fonda sul modello di conversione delle conoscenze [45], conosciuto come modello SECI e chiamato ciclo di creazione o ciclo di apprendimento delle conoscenze. Il fenomeno di esplicitazione delle conoscenze tacite è concepito come un ciclo incrementale che attiva dei processi permanenti tra socializzazione ed esternalizzazione, combinazione e internalizzazione.

    Modello di conversione delle conoscenze

    La rete di conoscenze degli operatori di un Call Center si distingue, coerentemente con il modello di conversione delle conoscenze, in due tipologie di reti: 1) una rete cognitiva, le cui conoscenze sono rappresentate da un insieme di nodi, insieme di membri e di legami interconnessi; 2) ed una rete sociale di sorgenti di conoscenze, rappresentate da persone o artefatti che costituiscono i nodi della rete cognitiva. Le sorgenti di conoscenze tacite sono connesse da relazioni attivate per gestire queste conoscenze. La socializzazione converte le conoscenze tacite in nuove conoscenze tacite, tramite le interazioni sociali e la condivisione delle esperienze tra i membri di un’organizzazione. L’esternalizzazione trasforma le conoscenze tacite in nuove conoscenze esplicite, attraverso il dialogo e la riflessione collettiva, ufficializzando delle regole applicate quotidianamente. La combinazione converte conoscenze esplicite in nuove conoscenze esplicite a valore aggiunto, per induzione o deduzione attraverso sistemi di informazione formalizzati. L’internalizzazione è il processo che rinnova le conoscenze esplicite collegandole a emozioni e ricordi, sentimenti e sensazioni. La condivisione delle conoscenze implica i diversi processi del modello di conversione delle conoscenze.

    L’approccio esplorativo che integriamo a complemento di questa riflessione, sollecita la descrizione di alcuni operatori di Call Center relativamente alle pratiche ed alle conoscenze non strutturate, stimolando una percezione maggiormente consapevole delle reti di relazioni e di conoscenze. Le informazioni potenzialmente disponibili ma non codificate, non espresse in forma documentale, e relative a competenze e valori, sono radicate nelle reti di relazioni e di esperienze condivise di chi opera quotidianamente determinando, condividendo e acquisendo conoscenze radicate nel contesto lavorativo. Le principali conoscenze sono attribuite ad un vissuto narrato in termini di esperienza, come occasione di apprendimento e potenziamento di un saper fare individuale e collettivo.

    «Le informazioni e conoscenze di cui ho avuto bisogno per il mio lavoro sono state acquisite attraverso dei corsi di formazione. (…) Devo dire che questo corso ovviamente è stato molto utile in quanto mi ha preparata alla gestione delle chiamate e mi ha fornito le informazioni di cui avevo bisogno, anche se la vera formazione credo che si faccia lavorando, gestendo le chiamate e quindi soprattutto con l’esperienza.» [sesso: f, età: 26 anni, istruzione: diploma]

    «Ho una conoscenza generale del servizio, ma ad ogni problema che l’utente mi presenta ho bisogno di avere supporto da parte dei miei colleghi. Non mi è stato fornito nessun manuale informativo e risulto essere quindi spesso poco autonoma, perché ho sempre bisogno dell’aiuto degli altri.» [sesso: f, età: 26 anni, istruzione: laureanda]

    «Le informazioni utili a svolgere la mia attività le ho acquisite in modo graduale. La mia crescita professionale si può suddividere in due fasi: la prima fase è stata la formazione teorica, accompagnata dall’affiancamento attivo di colleghi già al telefono. Questa è stata una fase breve e molto confusionaria, anche se grazie ad essa ho costruito la base delle mie conoscenze. La formazione iniziale da sola non basta, ci vuole la crescita attraverso l’esperienza. Dopo questa fase circoscritta e determinata ne è seguita un’altra, tutt’ora in corso, cioè la crescita personale e professionale.» [sesso: m, età: 23 anni, istruzione: diploma]

    «Le mie conoscenze sono migliorate molto attraverso l’esperienza, e la tenacia con cui ho intrapreso questo lavoro, e questo mi ha fatto sicuramente insistere per migliorare sempre più ed accrescere le mie conoscenze ed informazioni, cercando di migliorare il rapporto tra operatore ed utente.» [sesso: f, età: 26 anni, istruzione: diploma]

    La condivisione di conoscenze tacite rende comprensibile il trasferimento informale da sorgente a sorgente, da operatore ad operatore, quando la disponibilità e la sensibilità personale non sono contenute entro i limiti di un antagonismo sollecitato in maggior misura da una condizione di precarietà lavorativa. Le competenze percepite degli operatori, nonostante la scarsa valorizzazione della loro figura professionale nel contesto lavorativo, sono rafforzate e messe in risalto, particolarmente in riferimento alla conversione delle conoscenze tacite ed esplicite. Le reti di relazioni degli operatori di Call Center, presupponendo l’indispensabile disposizione a trasferire conoscenze, postulano delle matrici di trasferimento delle conoscenze tacite. Matrici che si riferiscono alle sorgenti disponibili ed alle caratteristiche delle reti di relazioni che facilitano il trasferimento informale di conoscenze tacite. Il trasferimento informale è veicolato da una rete di persone e di artefatti, finalizzate attraverso la condivisione di conoscenze tacite accrescono la comprensione e la gestione del processo di comunicazione con i clienti e gli utenti.

    «Un’altra cosa che mi fa rabbia e che mi impedisce di sfruttare le mie capacità, è quello di non essere valorizzata dall’azienda, per l’azienda non sei nient’altro che un numero, che deve semplicemente impegnarsi nel prendere più chiamate possibili, senza preoccuparsi della qualità del servizio, della formazione, ed alla scadenza del contratto non ci pensano più di una volta a mandarti a casa.» [sesso: f, età: 26 anni, istruzione: diploma]

    «Io utilizzo un metodo tutto personale. Ad ogni chiamata che ricevo prendo degli appunti, quindi scrivo in un quaderno che utilizzo appositamente per il lavoro, sulla problematica che mi viene presentata durante la chiamata, sulla richiesta dell’utente e la relativa risposta o soluzione, proprio per evitare di dover sempre chiedere agli altri e di trovarmi a non sapere di cosa si parla o di come risolvere il problema. Ho fatto presente ai miei colleghi il metodo che utilizzo ed ho trovato molte persone che condividono la mia idea, infatti, tanti colleghi hanno cercato di riproporre quello che ho fatto, addirittura hanno fatto delle fotocopie del mio quaderno, condividendo così le conoscenze.» [sesso: f, età: 26 anni, istruzione: laureanda]

    «Se un collega mi chiede aiuto per gestire qualche chiamata sono sempre disposto ad aiutarlo ed a trasferire ciò che ho acquisito.» [sesso: m, età: 23 anni, istruzione: diploma]

    «In qualità di dipendenti dell’azienda partecipavamo a dei corsi di aggiornamento solo contenutivi e spesso privi di utilità, soprattutto in corrispondenza di una nuova promozione da proporre ai clienti. Ma era soprattutto il lavoro quotidiano a consentirci un’applicazione pratica delle nostre competenze, non solo di quelle acquisite, ma soprattutto di quelle che ciascun operatore già possedeva.» [sesso: f, età: 23 anni, istruzione: laureanda]

    Conclusioni: il mito di Eidotea e le finalità educative della ricerca

    Peace, Emblem 177, Book of Emblems, Andrea Alciato (1531)

    Sollecitiamo un’altra figura mitica, la ninfa Eidotea figlia del dio Proteo, per riprendere il senso della metafora introduttiva. Eidotea, commossa dallo sconforto degli eroi Ellenici, stremati e preda delle insidie durante il viaggio di ritorno in patria, aiuta questi ultimi a catturare l’interprete del loro futuro, il dio Proteo. Gli eroi Ellenici, riconoscendo e afferrando le molteplici forme di Proteo grazie all’intervento di Eidotea, si conquistano la risposta della divinità proteiforme. L’assunto che mettiamo in rilievo nel simbolismo del mito, risiede nella conoscenza della divinità veicolata dalla parola, nella trasmissione del sapere che si trasforma in conoscenza. La figura di Eidotea compone in ultima analisi il riscatto di storie di ordinaria precarietà, trasformando il saper fare e le conoscenze degli operatori di Call Center in una rinnovata e consapevole identità lavorativa e professionale.

    Gli operatori di Call Center, considerando la trasformazione del saper fare in conoscenza, nei processi di trasferimento informali delle reti di relazioni, divengono delle figure maggiormente protagoniste del sapere organizzativo. Questo ci permette di ripensare altresì la formazione continua, intesa come opportunità per generare consapevolezze sulle risorse e le conoscenze invisibili, incarnate nella struttura informale delle relazioni tra le persone sul lavoro.

    Un ulteriore e necessario approfondimento metodologico e qualitativo dell’esperienza lavorativa dell’operatore di Call Center, che analizzi sociologicamente e antropologicamente la conversione delle conoscenze, non può essere che partecipe di questa stessa finalità formativa. Il cambiamento organizzativo è concepito in quest’ottica, come un problema di valorizzazione delle conoscenze degli operatori e di apprendimento collettivo dei processi informali che improntano le organizzazioni.

    Questa riflessione ci permette di orientare la programmazione di percorsi di formazione continua, finalizzati ad accompagnare gli attori sociali nel valorizzare saperi e conoscenze, pensando all’organizzazione come una realtà che apprende tramite i suoi attori interdipendenti e le loro competenze. Questo significa, infine, riconoscere la conoscenza che risiede negli attori sociali del sistema organizzativo.

    Note

    1] Toscano M. A. (a cura di), (2007), Homo instabilis: sociologia della precarietà, Milano, Jaca Book, pp. 312-313.
    2] Il mito e l’espressione figurata del suo simbolismo in un’accezione sociologica, come sottolinea Julien Ries definendo la parola mito e le differenti prese di posizione teorica, mettono in risalto il valore simbolico del racconto, teso a suscitare ed esaltare la partecipazione e la riflessione del lettore sull’oggetto e sui contenuti della ricerca: Ries J., (2005), Il mito e il suo significato, Jaca Book, Milano.
    3] Il mito di Proteo, dio marino, è riportato nell’Odissea (Libro IV, 350-570) e in Virgilio (Georgiche, IV).
    4] Butera F., Donati E., Cesaria R., (1997), I lavoratori della conoscenza, Franco Angeli, Milano; Bagnara S., Donati E., Schael T. (a cura di), (2002) Call & Contact Center, Il Sole 24 Ore Ed., Milano; Rullani E., (2004), Economia della conoscenza, Carocci, Roma.
    5] Le prospettive teoriche all’interno del dibattito sui Call Center: Campi M., Palamara R., (2002), Call center e risorse umane, Franco Angeli, Milano.
    6] Riprendiamo la definizione esemplificativa di Campi e Palamara: «centri dedicati alla gestione del traffico telefonico sia in entrata sia in uscita adottati dalle aziende allo scopo di incrementare significativamente l’efficienza e l’efficacia del rapporto con la propria clientela». Campi M., Palamara R., (2002), Call center e risorse umane…, op. cit., p. 13.
    7] Donati E., I Call Center: una nuova opportunità di business e di lavoro nell’economia della conoscenza, in Documento di Lavoro IRSO - Istituto di Ricerca Intervento sui Sistemi Organizzativi, 1/1999, paper preparato per OfficeAutomation, n. 3 marzo 1999.
    8] Nonaka I., (1994), A Dynamic theory of organizational knowledge creation, «Organization Science», 5(1), pp. 14-37.
    9] Nonaka I., Takeuchi H., (1995), The Knowledge-Creating Company: How Japanese Companies Create the Dynamics of Innovation, Oxford University Press, New York.
    10] Weber M., (1995), Economia e società: 1 teoria delle categorie sociologiche, Edizioni di Comunità, Milano.
    11] Frederick Winslow Taylor (Germantown, Pennsylvania, 1856 - Filadelfia 1915).
    12] Henry Ford (Greenfield, Michigan, 1863 - Dearborn 1947).
    13] Taylor F.W., (2004), L’organizzazione scientifica del lavoro, Etas Libri, Milano.
    14] Friedman G., (1955), Dove va il lavoro umano, Edizioni Comunità, Milano.
    15] Coraglia S., Garena G., (2008), Complessità, organizzazione, sistema, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN).
    16] Elton George Mayo (Adelaide, Australia, 1880 - Poles den Lacey, Gran Bretagna, 1949).
    17] Maslow A., altro esponente di questa scuola, individua nei bisogni i principali fattori motivazionali: Maslow A. H., (1982), Motivazione e personalità, Armando, Roma.
    18] Crozier M., Friedberg E., (1994), Attore e sistema sociale: sociologia dell’azione organizzata, Etas Libri, Milano.
    19] Crozier M., (1969), Il fenomeno burocratico, Etas Kompass, Milano.
    20] Il primo concetto chiave dell’analisi strategica è il concetto di potere: concetto che rinvia a quello di risorsa e capacità, le competenze dell’agire strategico dell’individuo. L’efficacia delle relazioni gerarchiche si fondano quindi non soltanto sulla legittimazione razionale-legale ma anche sul carisma.
    21] Una vasta letteratura introduce queste espressioni in contributi e orientamenti teorici differenti: Foray D., (2006), L’economia della conoscenza, Il Mulino, Bologna; Thurow L., (1996), Il futuro del capitalismo, Mondadori, Milano; Butera F., Donati E., R. Cesaria (1997), I lavoratori della conoscenza… , op. cit.; Butera F., Bagnara S., Cesaria R., Di Guardo S. (a cura di), (2008), Knowledge working: lavoro, lavoratori, società della conoscenza, Mondatori Università, Milano; Bologna S., (2006), I lavoratori della conoscenza fuori e dentro l’impresa, «Annali di storia dell’impresa», n.17.
    22] Sono diverse le definizioni che caratterizzano i modelli interpretativi delle trasformazioni del capitalismo: quella relativa a un’economia post-industriale di Bell D., (1973), The coming of post-industrial society, Basic Books, New York; il post-fordismo di Romano L., E. Rullani E., (1999), Il postfordismo: idee per il capitalismo prossimo venturo, Etas Libri, Milano; il regime di accumulazione flessibile di Harvey D., (1993), La crisi della modernità, Il Saggiatore, Milano; un’età informazionale di Castells M., (2002), La nascita della società in rete, Università Bocconi, Milano; il capitalismo cognitivo di Cillario L., (1990), L’uomo di vetro nel lavoro organizzato, La Mongolfiera, Bologna; un’economia dell’immateriale di Gorz A., (2003), L’immateriale: conoscenza, valore e capitale, Bollati Boringhieri, Torino.
    23] Bifulco L. (2002), Che cos’è una organizzazione, Carocci, Roma.
    24] Azzariti F., Bortali M., (a cura di), (2006), Le imprese che imparano: teorie metodi e casi aziendali di knowledge management, Franco Angeli, Milano.
    25] Drucker P., (1989), Economia, politica e managment, Etas, Milano.
    26] Donati E., (1999), I Call Center…, op. cit.
    27] Rullani E., (2004), La fabbrica dell’immateriale: produrre valore con la conoscenza, Carocci, Roma.
    28] L’articolazione del dibattito sociologico sui Call Center è compendiato da Silvana Greco nelle sue analisi sulla ricerca comparata degli operatori di Call Center, a cura del Dipartimento di Studi Sociali e Politici dell’Università degli Studi di Milano: Greco S., Le transizioni occupazionali degli operatori di Call Center in Lombardia e nel Nordrhein-Westfalen, Working Papers del Dipartimento di studi sociali e politici, Università degli Studi di Milano, 2006.
    29] E. Donati presenta un primo esempio di rinnovamento dei processi di servizio risalente al 1968. L’esperienza di una free phone line imposta alla Ford a seguito di un ricorso legale di una associazione di consumatori, per risolvere i problemi relativi ai reclami e fornire assistenza per l’uso dei prodotti venduti. La prima esperienza che si avvicina a ciò che oggi definiamo Call Center, risale al 1981, quando la General Electric istituisce il GE answer center permettendo ai clienti di entrare in contatto con l’azienda. Alcuni esempi di trasformazione dei processi commerciali sono quelli del servizio assicurativo, dove il Call Center si sostituisce alle agenzie del territorio, come nel caso del settore della telefonia mobile partecipando ai processi di marketing e di vendita dei servizi. Donati E., (1999), I Call Center…, op. cit., p. 2-3.
    30] Campi M., Palamara R., (2002), Call center e risorse umane…, op. cit., p. 15.
    31] L’analisi di P. Magliocca ci permette di esaminare l’evoluzione, il mutamento e la trasformazione dei Call Center. Magliocca P., (2004), Il contact center nelle imprese di telecomunicazioni: lo stato dell’arte delle applicazioni di contact center, Quaderni, Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali Giuridiche Merceologiche e Geografiche, Università degli Studi di Foggia.
    32] Il traffico telefonico in entrata, denominato inbound, è inerente la risoluzione di problematiche e richieste di informazioni da parte del cliente effettivo o potenziale, o la gestione contrattuale di quest’ultimo, e il traffico telefonico in uscita, denominato outbound, riguarda il contatto con la clientela rispetto alla vendita di servizi o la gestione delle condizioni economiche del credito.
    33] L’automatic call distribution distribuisce le chiamate agli operatori liberi e permette di monitorare in tempo reale il traffico delle chiamate in arrivo, gestendo le risorse umane e riducendo i tempi di attesa per i clienti.
    34] L’integrazione tra computer e telefonia, computer telephony integration, permette di operare esclusivamente con un personal computer.
    35] P. Magliocca sottolinea come non vi sia un criterio omogeneo per definire i Call Center ma è possibile considerare diverse tipologie che indicano l’evoluzione dal Call Center tradizionale, basato esclusivamente sulla gestione della comunicazione telefonica, verso caratteristiche di multimedialità e multicanalità: dal web call center o centro di interazione con il cliente (Customer Interaction Center), al contact center con il cliente o call center multimediale, integrando alla gestione dei tradizionali canali di comunicazione (telefono, telefax, messaggerie telefoniche, posta elettronica) a quelli più innovativi (interfacce ipertestuali di Internet e tecnologie per il collegamento di telefoni cellulari, computer palmari a sistemi internet di posta elettronica o a siti internet). Magliocca P., (2004), Il contact center nelle imprese di telecomunicazioni…, op. cit.
    36] Ronchi M., (2005), Call Center: istruzioni per l’uso, Franco Angeli, Milano.
    37] Schael T., Sciarra G., Tanese A., (2003), Il call center nelle amministrazioni pubbliche: migliorare la gestione dei contatti con i cittadini, Rubettino Editore, Roma.
    38] I dati dell’Associazione Nazionale Utenti Italiani di Telecomunicazioni, relativi all’anno 2000, rilevano 1.080 Call Center in Italia con circa 44.000 postazioni operatore, distribuiti nel settore delle comunicazioni (28.2%), dei servizi e della Pubblica Amministrazione (16.8%), dell’area finanziaria (10.4%), e del settore assicurativo (6.6%). Massone M., Call Center: la nuova comunicazione Azienda-Cliente, Intervento al Convegno Anuit - Roma, 21 novembre 2000.
    39] E’ interessante l’identikit dell’operatore telefonico presentato da R. Mercanti, comparato al concetto della società e dei lavoratori della conoscenza (knowledge worker). Mercanti R., (2001), Web call center, in rete le relazioni con il cliente, «Amministrazione & finanza», 16(8), pp. 32-37.
    40] Oriani G. (a cura di), (2008), La forza delle reti di relazioni informali nelle organizzazioni: l’organizational network analysis, Franco Angeli, Milano.
    41] Monge P.R., Contractor N.S., (2003), Theories of communication networks, Oxford University Press, New York.
    42] Il modello emergente nello sviluppo delle competenze distingue e definisce le conoscenze tacite e implicite. Le conoscenze tacite implicano una serie di informazioni non espresse in forma documentale, relative a competenze e valori, intuizioni ed esperienze della persona, informazioni disponibili potenzialmente ma non codificate. Le conoscenze esplicite implicano informazioni strutturate: documenti, regole, procedure, informazioni codificate e disponibili, trasmissibili e conservabili.
    43] Contractor N.S., (2000), Co-evolution of knowledge networks and 21st century organizational forms, Professional forum on new information technologies, Helsinki, Finland.
    44] Monge P.R., Contractor N.S., (2003), Theories of communication networks, op. cit.; Contractor N.S., Wasserman, S., Faust K., (2000), Testing multi-level, multi-theoretical hypotheses about networks in 21st century organizational forms: an analytic framework and empirical example, paper in the Organizational Communication Division, International Communication Association annual convention, Acapulco, Mexico.
    45] Nonaka I., (1994), A Dynamic theory of organizational knowledge creation, op. cit., pp. 14-37.


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