 
 
      Itinerari visuali
       Marco Pasini - Giorgio Maggi (a cura di)
M@gm@ vol.7 n.2 Maggio-Agosto 2009
IL CORPO, LO SPORT, LE IMMAGINI
        
      Nicola Porro
nicola_porro@fastwebnet.it
        Docente di Sociologia generale 
                    e Sociologia dello sport nella Facoltà di Scienze motorie 
                    all’Università di Cassino. Tutor alle XV edizioni dell’Erasmus/Socrates 
                    Intensive Corse of sport. Nel comitato scientifico di varie 
                    conferenze nazionali e internazionali come per la prossima 
                    European Associaton for Sociology of Sport. Già presidente 
                    nazionale della UISP (Unione italiana sport per tutti), è 
                    autore di numerose pubblicazioni dedicate allo sport come 
                    fenomeno sociale, tra le quali: N. L’imperfetta epopea, CLUP, 
                    Milano, 1989; N. Porro, Identità, nazione, cittadinanza, Edizioni 
                    SEAM, Roma, 1995; L’Italia in tv agli Europei ’96, ERI, Roma, 
                    1997; Francia ’98: il pallone globale, ERI, Torino, 2000; 
                    Lineamenti di sociologia dello sport, Carocci, Roma, 2001; 
                    Cittadini in movimento, La Meridiana, Bari, 2005; L’attore 
                    sportivo, La Meridiana, Bari, 2006; Sociologia del calcio, 
        Carocci, Roma, 2008.
E’ stato 
                    per primo Norbert Elias, nella sua critica al riduzionismo 
                    sociologico, a lamentare la difficoltà delle scienze sociali 
                    a misurarsi con le problematiche dello sport, così come delle 
                    emozioni, della sessualità, del gioco e della guerra. Attività 
                    umane che convergono in quell’autentico luogo sociale che 
                    è il corpo. Nel caso che ci interessa, si tratta di connettere 
                    il corpo, nella sua dimensione biologica, psichica e sociale, 
                    con quell’aspetto cruciale della civilizzazione che Elias 
                    definisce sportivizzazione. Una nozione controversa. Gli storici 
                    la intendono come istituzionalizzazione e regolazione delle 
                    discipline, ubicandola nella transizione dai loisir aristocratici 
                    alle moderne pratiche sportive. I sociologi inclinano a una 
                    rappresentazione più ampia, come elaborazione e diffusione 
                    di stili di vita, modelli di comportamento e linguaggi ispirati 
                    alle variegate e cangianti culture dello sport.
                    
                    Questa distinzione presenta implicazioni rilevanti per una 
                    sociologia critica dello sport. Nell’ottica tradizionale storiografica 
                    il riferimento alla sportivizzazione riguarda un processo 
                    insediato nella cultura occidentale. Con il tempo, però, si 
                    è cercato di dilatare l’ambito di analisi, prestando attenzione 
                    agli effetti della globalizzazione e, prima ancora, ai processi 
                    di recezione, osmosi e scambio fra esperienze di pratica di 
                    differente matrice geografica, sociale e culturale. La seconda 
                    interpretazione, più sociologica, conduce a osservare non 
                    soltanto come il corpo sportivo venga rappresentato nella 
                    figura dell’atleta - più spesso in quello del campione - bensì 
                    anche come ad essa si associno svariate icone materiali e 
                    simboliche. Il simbolismo sportivo associato ai leader politici, 
                    alle personalità dello star system commerciale, agli stereotipi 
                    del consumo di massa appartengono a pieno titolo a questo 
                    approccio di ricerca. Così come i volti anonimi dello sport 
                    come pratica collettiva di massa, sia quando essa si rappresenti 
                    nelle forme, più o meno coercitive, delle attività di regime 
                    politicamente orientate, sia quando esprimano l’esperienza 
                    diffusa dello sport per tutti, nella sua ricerca di una migliore 
                    qualità della vita.
                    
                    Più che di corpo sportivo occorre allora parlare di corpo 
                    sportivizzato e indagare, riprendendo la lezione di Mauss, 
                    l’impatto impresso sui corpi e sulle tecniche del corpo dei 
                    praticanti dalle diverse modalità storiche della sportivizzazione.
                    
                    Ma come sviluppare un’analisi di questo profilo senza far 
                    ricorso a strumenti che non si limitino a censire le parole 
                    sul corpo, ma indaghino tutti i linguaggi che il corpo e lo 
                    sport sanno parlare? E’ il territorio d’elezione per una sperimentazione 
                    della ricerca visuale. La sola che, occupandosi di un oggetto 
                    di osservazione come il corpo, possa evidenziare il sistema 
                    dei significati sotteso ai corpi sportivizzati. E costituisce 
                    anche una contestazione implicita ai tradizionali paradigmi 
                    sociologici, che insieme al corpo avevano cancellato l’occhio. 
                    Ciò richiede, come esige l'analisi semiologica, che si istituisca, 
                    attraverso l'analisi dei corpi in azione, una relazione fra 
                    segno e referente. Le rappresentazioni iconografiche, si tratti 
                    di riproduzioni d’arte o di fotografie, di produzioni cinematografiche 
                    o televisive e persino di videogame o di altri prodotti virtuali, 
                    diventano per questa via materiali testuali che concorrono 
                    alla ricerca esattamente come una sequenza di interviste focalizzate 
                    costituisce lo strumento essenziale per un’indagine non standardizzata, 
                    condotta con approccio qualitativo.
                    
                    Ch. S. Peirce individua, in proposito, tre tipi di segno, 
                    che definisce indici, icone e simboli.
                    
                    L’icona è un segno che riproduce alcune qualità dell’oggetto, 
                    un’immagine mentale, un dipinto, un diagramma, una metafora. 
                    E’ qualcosa, secondo Eco, che somiglia all’oggetto. Sono icone, 
                    per fare un esempio calzante, le immagini dei campioni sportivi 
                    che hanno rappresentato, nella plasticità dei loro corpi, 
                    le proprie discipline tecniche.
                    
                    L’indice, invece, testimonia l’esistenza di un oggetto con 
                    cui è implicato, ma non lo descrive. Un mozzicone di sigaretta 
                    in un posacenere ci rivela che qualcuno ha fumato in quel 
                    determinato ambiente, ma non ci dice nulla sul fumatore e 
                    sulle circostanze specifiche.
                    
                    Il simbolo è un segno convenzionale, sta per qualcosa d’altro 
                    in base a una corrispondenza codificata, a una sorta di ‘legge’ 
                    (per quanto la parola sia bandita dal lessico sociologico 
                    dai tempi di Weber). Designa l’oggetto in rapporto a una norma, 
                    ma non ci dice nulla della sua esistenza e delle sue qualità.
                    
                    Nella fotografia tutti e tre i segni possono essere presenti. 
                    Questo permette di decodificare un’immagine in relazione a 
                    fatti reali, come nel caso di una foto che ricordi un momento 
                    significativo di una manifestazione sportiva. Ma la foto, 
                    in quanto copia visiva, può rappresentare un simbolo, come 
                    il corpo della campionessa mondiale di body building, Lisa 
                    Lyon, ritratto in una posa indimenticabile dal fotografo d’arte 
                    Robert Mapplethorpe nei primi anni Settanta. Quell’immagine 
                    dal volto coperto evocava la capacità del corpo di parlare 
                    senza parole, esaltava la cultura del narcisismo, contestava 
                    implicitamente le mitologie conformistiche del potere e del 
                    consumo (il corpo massa e il corpo merce), ironizzava sulla 
                    gestualità virilistica della forza. Esattamente come, moltissimi 
                    secoli prima, il Diadumeno di Policleto o il Discobolo di 
                    Mirone avevano fissato nel marmo il corpo del Canone e, con 
                    esso, un costrutto fondante l’immaginario platonico.
                    
                    E’ chiaro che, nella costruzione intenzionale del simbolo, 
                    entrano in gioco fattori essenziali, che sono la creatività 
                    dell’artista e la sua visione del mondo, la sua ideologia 
                    nel significato etimologico del termine. L’analisi testuale 
                    dei repertori iconografici consente di leggere una stessa 
                    immagine come una semplice testimonianza, come la riproduzione 
                    di un fatto o come un simbolo più o meno elaborato.
                    
                    L’analisi deve sforzarsi di rintracciare le regole sintattiche 
                    che derivano dalle pratiche e dalle tecniche. Deve cioè disporre 
                    di una conoscenza di prima mano degli infiniti gesti dello 
                    sport, delle tecniche del corpo che alle pratiche, competitive 
                    e non, si associano. Disponendo di materiali lessicografici 
                    rappresentati dai corpi in azione, così come ci sono raccontati 
                    dalle immagini.
                    
                    
                  
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 Il corpo sportivizzato, indagato 
                    attraverso repertori di immagini selezionate in funzione dell’ipotesi 
                    di lavoro, si presenta come un costrutto sociale. Un costrutto 
                    sociale è sempre generato allo stesso tempo da costruzioni 
                    del significato e da rappresentazioni collettive. Nel nostro 
                    caso, appartengono alle categorie delle costruzioni sociali 
                    le preferenze accordate dai praticanti a questa o quell’altra 
                    tipologia di attività. Le immagini mentali o icone che si 
                    associano ad esse costituiscono invece esempi di rappresentazioni.
                    
                    La ricerca dovrà necessariamente prendere le mosse dalle icone 
                    e concentrarsi sulle rappresentazioni collettive che esse 
                    evocano e che contribuiscono a strutturare nell’immaginario 
                    pubblico. La costruzione del significato non potrà, invece, 
                    essere affidata ai soli repertori iconografici e richiederà 
                    l’impiego combinato di ricerca visuale, di analisi di casi, 
                    di storie di vita e biografie.
                    
                    Nell’immaginario collettivo della modernità sportiva le icone 
                    dello sport sono prevalentemente associate alla figura del 
                    campione, ma le rappresentazioni collettive del corpo sportivizzato 
                    possono accogliere altri significativi materiali lessicografici.
                    
                    Ciò che conta davvero, ai fini della ricerca, è che, attraverso 
                    i materiali iconografici, sia possibile descrivere paradigmi 
                    di pratica e identità, in quanto tali paradigmi si configurano 
                    come le regole sintattiche del corpo sportivizzato. Tali paradigmi, 
                    a loro volta, alimentano immagini mentali, simboli o metafore. 
                    I due termini, simboli e metafore, sono spesso confusi, ma 
                    sotto il profilo analitico andrebbero distinti, ricorrendo 
                    al concetto di simbolo quando l’astratto evoca il concreto 
                    (es. il corpo del fitness) e a quello di metafora quando il 
                    concreto esprime l’astratto. Un esempio efficace dell’applicazione 
                    della nozione di metafora al nostro caso sta nell’immagine 
                    meta-individuale del corpo sportivizzato come corpo macchina.
                    
                    Il corpo sportivizzato, esprimendo la sintassi delle tecniche 
                    del corpo associate alle diverse pratiche, produce archetipi 
                    e stilemi, ma è anche il soggetto e l’oggetto di una complessa 
                    trama narrativa che, con il tempo ha modificato molte delle 
                    rappresentazioni archetipiche delle discipline.
                    
                    I corpi sportivizzati, in quanto rappresentazioni sociali 
                    che rinviano a costruzioni di significato, raccontano emozioni, 
                    desideri e domande di identità. Il corpo dell’atleta racconta 
                    lo sport contemporaneo, una delle poche grandi narrazioni 
                    sopravvissute alla fine delle grandi narrazioni, ma i corpi 
                    sportivizzati non appartengono soltanto ad atleti.
                    
                    Come si è accennato, costituiscono oggetto di analisi a pieno 
                    titolo i corpi dei leader sportivizzati, così come quelli 
                    delle masse e dei singoli cittadini mobilitati nel corso del 
                    processo di sportivizzazione. E sempre è possibile distinguere 
                    fra un approccio che si concentri sulle immagini, che - come 
                    nel caso del repertorio iconico della classicità o dei ritratti 
                    dei fotografi contemporanei - ci raccontano una visione estetica 
                    e filosofica che ispira la produzione artistica e una lettura 
                    che attraverso le immagini ricostruisca storie e narrazioni. 
                    Una sfida epistemologica difficile e affascinante per una 
                    sociologia che restituisca corpi e occhi all’umanità osservata.
 
 
      
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