• Home
  • Rivista M@gm@
  • Quaderni M@gm@
  • Portale Analisi Qualitativa
  • Forum Analisi Qualitativa
  • Advertising
  • Accesso Riservato


  • Contributi su aree tematiche differenti
    M@gm@ vol.5 n.3 Luglio-Settembre 2007

    LA RANA CINESE



    (Riccardo Illy, La rana cinese: come l'Italia può ritornare a crescere, Mondadori, Collana Strade Blu Saggi, 2006, 163 p.)

    Augusto Debernardi

    augusto.debernardi@tiscali.it
    Laureato in Sociologia all'Università degli studi di Trento. Dal 1971: è stato componente dell’équipe del Prof. Franco Basaglia all’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste; diplomato all’INSERM di Pargi in epidemiologia Psichiatrica; coordinatore dell’équipe sociopsicologica dell’Alloggio Popolare Gaspare Gozzi di Trieste; componente dell’équipe O.M.S. per la psichiatria; collaboratore Unità Operativa dell’istituto di Psicologia del CNR per la prevenzione malattie mentali ed autore di parecchie pubblicazioni; editor del Centro Studi per la salute Mentale, Collaborating Center W.H.O.; fondatore dell’U.O. per l’epidemiolgia psichiatrica ed autore di numerose ricerche e valutazioni; specializzato in statistica sanitaria e programmazione sanitaria; esperto nel settore della cooperazione nel campo della salute mentale nella Repubblica di Argentina e del Cile; Coordinatore Sevizi Sociale presso l’ASS Isontina; direttore servizi minori Comune di Trieste; Collaboratore dell’Associazione Oltre le Frontiere per le questioni dell’immigrazione; collaboratore della CARITAS della diocesi di Gorizia per la questione del manicomio di Nis (Serbia); Direttore di Area Provincia di Trieste; Presidente dell’ITIS (Istituto Triestino per Interventi Sociali); componete dello staff del direttore generale ASS Triestina; Presidente Co.Ri. (Consorzio per la riabilitazione); animatore dell’associazionismo in temi culturali e dell’integrazione europea. Fino al 1971: collabora con l'ARIP di Parigi (Association pour l’intervention psycho-sociologique); è assistente all’Istituto di Psicologia Sociale e di Psicologia del Lavoro dell’Università degli Studi di Torino; componente in qualità di sociologo al Segretariato per la Psichiatria della Provincia di Cuneo; consulente del Centro di Orientamento Scolastico e Professionale di Cuneo dove tra l’altro ha lavorato alla taratura degli strumenti testistici; consulente per la P.O.A. per l'Istituto Psico Medico Pedagogico di Latte di Ventimiglia.

    Conoscevo una storiella sulla rana, anzi, sulle due rane. Entrambe erano cadute in un secchio pieno di latte da cui non riuscivano a saltare fuori. La prima, dopo aver provato inutilmente a saltare fuori incominciò a calcolare la temperatura, la vischiosità dell’elemento, la distanza dalla cima, la sua forza … e decise che non ci sarebbe stato nulla da fare e lo gridò anche alla collega. Poi si distese ed attese passivamente la morte. La seconda, anche lei dopo aver provato di tutto per saltare fuori, prese le parole della compagna con un acuto faffaun ... Si agitò, si mosse, nuotò, si tuffò e rituffò quel tanto da trasformare la superficie pannuta del latte in burro che le permise quella consistenza di base onde spiccare un poderoso salto verso la libertà. Insomma … l’elemento si trasforma, anche!

    Riccardo Illy conosce invece una storiella un po’ diversa (che va letta nel secondo capitolo del libro) e che a differenza della prima mette l’accento sul condizionamento pavloviano o sull’adattamento passivo, sul tirare a campà come fattore della perdizione, dell’involuzione, dell’annichilimento. Ci vuole ‘na scossa’. Una scossa cinese appunto!

    Un’ottima maniera per impostare un libro che sicuramente farà scuola nelle riunioni “formative” dei manager e che si collocherà in bella mostra nelle loro biblioteche. Ed a ragione. Intanto si osserva come le discipline psico-sociologiche, manipolate acutamente ed intelligentemente dal filone pragmatista anglosassone di marca statunitense, siano state ben utilizzate da tale corrente di pensiero applicata al successo imprenditoriale. Mentre, invece, non lo siano stato affatto usate allo stesso modo dalla politica nostrana. Sarà per questo che Illy si approccia alla politica, di cui è diventato emblema novatore, con un atteggiamento di “prestito” che lascia sempre le porte aperta alla via di rientro. Le sue parole esplicative del concetto “… dare una cosa con il patto che venga restituita”. Certo, la lettura di questo asserto può anche essere un’altra, più terranea, più legata allo scambio, ma sarebbe altra cosa, più politichese e fuori luogo in questo frangente. Il politichese di Illy, che ricorda il meme (gene culturale) amministrativistico pubblico nel fratello della bisnonna che fu podestà di Rovigno, non c’è, non si trova nel libro.

    Il suo linguaggio ha la levatura del managerialismo che oggi è assai di moda e diventa performativo. Come il titolo, appunto. In un’Italia la cui qualità della vita è elevatissima - di cui i vari confronti internazionali non tengono conto - mentre la sua potenza economica è scarsa e declinata e di molto per alcuni fattori capitali (detti svantaggi competitivi) che vanno dall’elevato fattore di imposta sul reddito d’impresa a quella sempre elevata sulle retribuzioni, dalla carenza di infrastrutture (si pensi che nel 1975 fu fatto divieto di legge di costruire nuove autostrade!) alla pubblica amministrazione (volubile e pesante, imprendibile) con competenze confuse. Aggiungerei questo: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli od associati per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà”, ultimo comma dell’art.118 Cost. che allinea la nostra Carta alla modernità. O quasi, infatti, notate come siamo ricchi di Enti che devono “favorire” … la libertà e il rispetto dei cittadini. Sussidiarietà … addio, mi sa. Ma Illy prende, invece, molte cose come sfida, si agita meno, dà retta alla “comunicazione” come baricentro dell’agire e dell’azione imprenditoriale e pubblica. Egli non appartiene all’alveo semantico di Albert J. Dunlop che affermava “l’impresa appartiene alle persone che investono in essa: non ai dipendenti, ai fornitori e neanche al luogo in cui essa è situata”. Il grande tagliatore di teste era ben sicuro di come si doveva risanare le aziende, licenziando, appunto. Illy segue più Peter Drucker - fuggito nel 1937 alle persecuzioni razziali - che ha una visione assai più olistica dell’impresa e che sa bene cosa serve al manager “ciascun manager ha bisogno di obiettivi chiari sia per quanto riguarda la produzione della sua unità, sia per quanto riguarda i contributi che deve dare alle altre unità per aiutarle a raggiungere i loro obiettivi ...” Inoltre Illy ricorda con decisa affezione l’importanza della piramide di Maslow, concepita nel 1954, e studiata da tutti i sociologi e psicologi del mondo.

    La piramide è quella dei bisogni e costruisce anche figurativamente una gerarchia su cinque livelli: 1° bisogni fisiologici (sete e fame, etc.); 2° bisogni di salvezza, sicurezza e protezione; 3° bisogni di appartenenza (affetto, identificazione); 4° bisogni di stima, di prestigio, di successo; 5° bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e compiendo le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo). Mi verrebbe da chiedere, in maniera indubbiamente retorica, se mai l’autore si sia soffermato, ad esempio, sulla teoria dei bisogni di Agnes Heller che fornisce un approccio prevalentemente filosofico ed etico ai bisogni e che, nel suo punto di vista, sono intesi come il terreno di scontro tra la soggettività ed il potere. Chi come me, ha incontrato Manfred Max Neef nel terzo mondo latino americano (venti anni fa), ciò che si insegna nelle scuole di management in termini di bisogni lascia del tutto indifferenti perché assai meno “vero” di ciò che si crede. Preferisco, infatti, la “matrice dei bisogni”, dove i bisogni non sono una gerarchia ma l’essenza della vita, dell’essere ai quali bisogna dare ed avere risposte. In quest’ottica il bushismo - che trasforma ogni arabo ed ogni musulmano in un’entità da perquisire - non sarebbe stato nemmeno concepito. La matrice dei bisogni ha un eclettismo che pone delle faglie con altre visoni che però sono vincenti ma che possono, anziché tagliare le teste, tagliare gli strumenti stessi, magari perché servono a bisogni sovrastanti. W quelli di sotto, ma per chi sta sopra!!! Ma qui non siamo nella critica della social responsibility, siamo nella sottolineatura di un libro nuovo per il panorama del “politico” e del suo management, ben attento, appunto, alla social responsibility che fa anche scrivere che in Italia si verifica troppo spesso il fenomeno di avere famiglie più ricche e imprese più povere. Ed Illy è in grado di dirvi il perché.

    La Rana cinese, un bel libro, pieno di ciò che si può fare pragmaticamente dal nuovo mondo politico che cerca di dare coraggio … è lì, alla portata di riflessioni e chissà, in attesa di maggiori agitazioni.



    Riccardo Illy, La rana cinese: come l'Italia può ritornare a crescere, Mondadori, Collana Strade Blu Saggi, 2006, 163 p.

    INDICE DEL VOLUME

    Prefazione (Luca Cordero di Montezemolo)

    Introduzione: Un imprenditore prestato alla politica

    1. L'Italia al palo
    2. Scenari in movimento
    3. La riscoperta delle vocazioni
    4. Cambiare per competere

    Conclusioni. Il tempo della polietica


    Collana Quaderni M@GM@


    Volumi pubblicati

    www.quaderni.analisiqualitativa.com

    DOAJ Content


    M@gm@ ISSN 1721-9809
    Indexed in DOAJ since 2002

    Directory of Open Access Journals »



    newsletter subscription

    www.analisiqualitativa.com