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  • Il counseling e le culture: le culture del counseling
    Massimo Giuliani (a cura di)

    M@gm@ vol.5 n.2 Aprile-Giugno 2007

    INTERCULTURÀ COME SAPER ESSERE / DIVENIRE

    Giancarlo Domenghini

    giancarlo.domenghini@fastwebnet.it
    Educatore professionale e formatore sui temi riguardanti immigrazione, integrazione e interculturalità, socio fondatore della cooperativa Interculturando.

    Franca Masera

    francamasera@libero.it
    Formatrice esperta sui temi della comunicazione interpersonale (linguaggi verbale e non verbale) con particolare riferimento alla comunicazione interculturale.

    Mariangela Perego

    francamasera@libero.it
    Psicologa, psicoterapeuta ad indirizzo sistemico, con abilità di counseling interculturale, insegnante di scuola primaria, socia fondatrice della cooperativa ‘Ajka-essenza’ che si occupa tra l'altro di temi legati all'interculturalità.

    Loretta Ramazzotti

    Counsellor professionale sistemico con specializzazione in counselling e terapie interculturali.

    L’incontro tra persone di diversa cultura in qualsiasi ambito (personale/privato, professionale/organizzativo) pone una serie di problemi, difficoltà, dubbi e genera atteggiamenti e comportamenti diversi, che vanno dal vivere l’altro come un pericolo, una minaccia alla propria identità; al vivere la propria e altrui diversità con un senso di inadeguatezza, di frustrazione, di confusione; alla negazione della diversità ricercando solamente gli aspetti comuni.

    In realtà, l’incontro con l’altro può essere foriero di scoperte, conquiste, crescite nella misura in cui prendiamo consapevolezza del fatto che i disagi che nascono dall’incontro con la diversità dell’altro segnalano l’esigenza di conoscerci meglio, di vedere meglio la nostra parte invisibile perché data per scontata. “Il mistero non è in quello che sta nascosto, ma in superficie”. (O. Wilde)

    Se questo è vero l’incontro con chiunque, perché ogni incontro è un incontro con la diversità, è tanto più vero quando l’altro è l’espressione di una diversa cultura perché appartiene ad un’etnia diversa.

    Entrare in una visione interculturale significa non solo abbandonare ideologicamente un atteggiamento etnocentrico, ma aver consapevolezza di quanto questo atteggiamento spesso impregna a livello profondo i nostri comportamenti, aldilà delle nostre intenzioni e della nostra volontà.

    La cultura che permea il mondo occidentale ci ha educati ad una visione lineare, improntata alla logica causa-effetto, molto razionale, che offre maggiore sicurezza, ci incasella in cornici che si confrontano e/o scontrano con le altre cornici, separando, scindendo, emarginando, nell’illusione di dare ordine, controllare, appiattire una realtà che, invece, è sempre più complessa e che spesso ci obbliga a fare i conti con questa complessità.

    Parole-chiave come coerenza, ordine, stabilità, uniformità, linearità, o/o, controllo, distacco andrebbero, in una visione cosmopolita e interculturale, sostituite con complessità, ascolto, flessibilità, scambio, instabilità, diversità, curiosità, emozioni, circolarità, e/e, immediatezza, coinvolgimento.

    Operare in senso interculturale significa collocarsi in questa visione sistemica, che vede la complessità dell’individuo, dei gruppi, delle organizzazioni come un dato di fatto che è un punto di forza per accogliere, conoscere, valorizzare e integrare le diversità.

    L’incontro con il diverso dentro e fuori di noi diventa, allora, un’opportunità di crescita, di arricchimento, di cambiamento.

    Questo processo attraversa varie fasi, che chiamano in causa, oltre al sapere, alla conoscenza, alla parola e al saper fare, la competenza tecnica, gli strumenti, anche il saper essere, il trasformare le conoscenze acquisite, le convinzioni, i modelli etici in comportamenti reali, attraverso un processo continuo di metabolizzazione, che attiva e produce un reale cambiamento. E qui entrano in gioco le nostre emozioni, il nostro sentire, il nostro corpo.

    Oltre a investire energie, tempo, impegno in un lavoro intellettuale che porta a conoscere la visione sistemica, a inquadrare intellettualmente il tema dell’intercultura, a dare un senso razionale al proprio ruolo, a conoscere il metodo narrativo (1^ fase: sapere), è necessario imparare le tecniche, acquisire gli strumenti, applicare una metodologia adeguata perché l’acquisizione teorica venga calata nella realtà operativa (2^ fase: saper fare).

    Ma ciò che può produrre il reale cambiamento è l’assunzione di comportamenti, di una forma mentis, di un sentire reale che diano corpo al proprio sapere e saper fare e che siano congruenti con la visione teorica e con l’impianto metodologico (3° fase: saper essere).

    Queste fasi non si succedono in modo lineare, ma sono interdipendenti, in una visione sistemica e circolare.

    E’ così allora che il sapere diviene ‘essere’, e questo un ‘divenire’.

    Se nell’essere è ancora implicito un rischio di fermare me stesso e l’altro in una forma, ‘io sono…’, ‘tu sei…’, che possa apparire data una volta per tutte, un fermo immagine incapace di vedere e comprendere i processi, una identità stabile e immutabile, allora con Von Foerster si può superare l’idea di un ‘essere umano’ a favore di un ‘divenire umano’.

      sapere  
         
    saper essere/divenire   saper fare

    Nell’approccio interculturale saper essere/divenire significa innanzitutto essere in contatto con se stessi, con le proprie emozioni, automonitorarsi nel proprio comportamento, nel proprio modo di sentire, per verificare costantemente la propria posizione rispetto all’altro, per individuare i propri pregiudizi, la propria visione della realtà, la propria cornice culturale nel qui ed ora dell’incontro.

    Questa costante tensione all’ascolto di sé, del proprio mondo interiore, del proprio vissuto emotivo consente di decondizionarsi dagli automatismi sia mentali (modo di concepire le cose) sia pratici (modo di operare), che spesso costituiscono routines difensive nei confronti della diversità e dei processi di cambiamento e di innovazione.

    Questa autoconsapevolezza rende più facile entrare in una visione sistemica, che evidenzia la dimensione relazionale, l’aspetto dinamico piuttosto che quello statico della struttura sia degli individui che dei loro rapporti.

    E allora ecco che interdipendenza, multidimensionalità, diversità culturale, scambio, complessità si trasformano da parole, concetti, principi in comportamenti, azioni, prassi operative nell’incontro con l’altro.

    Incontro che, in una dimensione interculturale, richiede un reale ascolto dell’altro, delle sue cornici culturali, delle sue chiavi di lettura della realtà.

    Essere in ascolto significa sospendere il giudizio, essere curiosi delle altre storie, rispettosi delle altre cornici, attenti ai segnali non verbali e non solo alle parole, aperti a visioni, interpretazioni, chiavi di lettura diverse, capaci di abbandonare momentaneamente i propri panni per entrare nei panni dell’altro, disponibili ad un processo di crescita e di cambiamento.

    Saper divenire interculturali, quindi, significa sapersi mettere in discussione, attivare la flessibilità, legittimando e valorizzando le diverse cornici culturali, perché l’incontro con l’altro ci cambia, non toglie le nostre cornici ma le arricchisce, le rende più flessibili e capaci di contenere nuovi colori, sfumature, paesaggi, senza timore che si spezzino.

    Nell’interazione con l’altro-diverso c’è la possibilità di vivere o di provocare degli ‘shock culturali’ (connotati da incomprensione, dove ci si sente stranieri, estranei), che bisogna imparare ad attutire, a disinnescare. L’altro, proprio in virtù della sua più o meno marcata diversità, rappresenta, infatti, una minaccia identitaria per cui ciascuno reagisce di ‘pancia’ di fronte ad alcuni comportamenti dell’altro che mettono in discussione o che sembrano attaccare alcuni pilastri valoriali della propria identità socio-culturale. Allora essere interculturali significa anche e soprattutto saper gestire le proprie emozioni, sospendere il giudizio e interrogarsi/interrogare l’altro, facendo lo sforzo di andare a capire il proprio quadro di riferimento culturale e quello dell’altro.

    Il cambiamento di visione può portare così a rileggere la propria operatività, si può acquisire, e via via affinare, la capacità di cogliere le differenze, di leggere i bisogni propri e dell’altro, le diversità culturali, la capacità di ricerca, la curiosità, la consapevolezza dei propri pregiudizi.

    In questa dimensione di incontro, di scambio, di co-costruzione di narrazioni, di esperienze, di mondi possibili diventa fondamentale, per tutti coloro che si collocano in un’ottica interculturale, lavorare sulla propria autostima e sull’autostima dell’altro (migrante, operatore), perché l’autoconsapevolezza e la sicurezza della propria identità, la coscienza delle proprie risorse espresse e potenziali, la fiducia nelle proprie capacità, permettono di aprirsi, confrontarsi, mettersi in discussione, accogliere altre cornici, senza temere di perdere la propria, assumersi la responsabilità dei propri comportamenti, senza subire passivamente quelli degli altri né difendersi attaccando.

    Crediamo, infine, che intercultura come saper essere/divenire richieda una continua negoziazione dentro e fuori di noi.

    Negoziare è principalmente un modo di pensare, di intendere il rapporto con gli altri, e di conseguenza un metodo di lavoro e un comportamento, che sposta l’ottica da un sistema di controparti ad un sistema di interazioni sinergiche.

    Quindi, non o/o, ‘io vinco/tu perdi’, ma ‘e/e’, ‘io vinco/tu vinci’, perché l’obiettivo, difficile e lontano ma possibile, per chi crede profondamente e cerca di praticare l’intercultura è l’integrazione in una società dove nei vari ambiti (famiglia, scuola, mondo del lavoro, strutture socio-sanitarie, rapporti interpersonali) si cerchino e si trovino nuovi fili conduttori e connessioni più sottili fra le diverse componenti sociali, culturali, religiose, etniche.


    BIBLIOGRAFIA

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    SITOGRAFIA

    www.shinui.it

    www.interculturando.it


    Collana Quaderni M@GM@


    Volumi pubblicati

    www.quaderni.analisiqualitativa.com

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    M@gm@ ISSN 1721-9809
    Indexed in DOAJ since 2002

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