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  • Il counseling e le culture: le culture del counseling
    Massimo Giuliani (a cura di)

    M@gm@ vol.5 n.2 Aprile-Giugno 2007

    A PROPOSITO DI INTERCULTURALITÀ: NOTE A MARGINE DEL SEMINARIO ITINERANTE COUNSELING, INTERCULTURA E TRANSDICIPLINARIETÀ

    Paola Pilato Gualini

    paolapilato@msn.com
    Laureata in filosofia teoretica, insegna da anni nella scuola superiore dove lavora con giovani, adulti, famiglie offrendo sostegno e consulenza soprattutto nell’ambito relazionale; si interessa di prassi filosofica; è attualmente in formazione come counselor sistemico presso Shinui-Centro di consulenza sulla relazione di Bergamo.

    L’uomo ha la propensione ad estendere universalmente l’orizzonte del dubbio.
    Egli pone e si pone continuamente domande; fra le altre, quella relativa al senso dello stesso porre domande.
    Può sembrare naturale che tale capacità conduca all’individuazione di risposte e in particolare di una risposta - anche una soltanto - che sia evidente, incontrovertibile ed universalmente condivisa, dalla quale far scaturire tutte le altre, conferendo un senso definitivo all’esistenza.

    Se venisse trovata una tale risposta, ne deriverebbe l’implicita invalidazione di qualsiasi risposta alternativa; nell’ottica dell’aut-aut emergerebbe un unico possibile punto di vista complessivo che annullerebbe, con le incertezze, anche le opinioni personali e le scelte, così come il senso stesso di porre domande, il quale al contrario si fonda sul rifiuto di risposte definitive, si evolve come ricerca di senso e si orienta verso le diverse proposte, cioè valori, che nello spazio e nel tempo l’uomo ha riconosciuto e riconosce come tali; esse spesso si collegano con i contenuti delle religioni e delle culture dei popoli.

    Nessuna cultura o religione, sia pur rivelata, si può certificare all’evidenza della ragione come risposta esaustiva alla domanda di senso; tutte si offrono invece come proposte alla ricerca di senso ed attendono non una passiva ed ovvia adesione ma, se mai, una scelta di fiducia (fede).

    La possibilità che gli individui ed i popoli si indirizzino verso i contenuti delle culture e delle religioni è radicata nell’essere ricercatori di senso; l’assenza di un preciso contenuto per tutti evidente e necessitante è la paradossale, necessaria garanzia per esser tali.

    Nel generale orizzonte della parzialità, ci rendiamo conto allora di coabitare due cornici che si intersecano e ci ospitano tutti:
    l’inclinazione alla ricerca di senso e la diversità.

    Le proposte verso le quali possiamo orientare le nostre scelte sono differenti, cioè non indifferenti, perciò stimolano attenzione, confronto, selezione; nessuna è esaustiva e incontrovertibile, quindi tutte ci orientano all’umiltà, al rispetto, alla tolleranza; da ricercatori di senso possiamo crescere insieme come co-costruttori di senso.

    La pluralità e la circolazione di punti di vista, che in molti genera il timore del diffondersi del relativismo e del nichilismo, se interpretate nell’ottica dell’et-et, possono portare nella direzione opposta, poiché dispongono al dialogo, alla comprensione e al cambiamento responsabile e condiviso.

    Chi cerca di tacitare la domanda di partenza in modo che non si sviluppi in onesta ricerca e cocostruzione di senso, contrabbanda per risposta completa uno dei tanti parziali punti di vista e adotta e provoca l’atteggiamento contrario a quello tipicamente umano del dubbio ipotetico:
    il rigido e cieco dogmatismo.



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