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  • Pratiche narrative per la formazione
    Francesca Pulvirenti (a cura di)

    M@gm@ vol.3 n.3 Luglio-Settembre 2005

    LA NARRAZIONE COME DISPOSITIVO CONOSCITIVO ED ERMENEUTICO


    Maura Striano

    maura.striano@unina.it
    Professore Associato di Pedagogia Generale e Sociale, Dipartimento di Scienze dell’educazione e dei processi cultura li e formativi, Università degli Studi di Firenze; Dottore di ricerca in Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Perugia; Laureata in Filosofia presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

    La narrazione è, come sottolinea Bruner, il primo dispositivo interpretativo e conoscitivo di cui l’uomo -in quanto soggetto socio-culturalmente situato- fa uso nella sua esperienza di vita (Bruner, 1988, 1992). Attraverso la narrazione l’uomo conferisce senso e significato al proprio esperire e delinea coordinate interpretative e prefigurative di eventi, azioni, situazioni e su queste basi costruisce forme di conoscenza che lo orientano nel suo agire. In effetti, le esperienze umane non rielaborate attraverso il pensiero narrativo non producono conoscenza funzionale al vivere in un contesto socio-culturale ma rimangono, invece, accadimenti ed eventi opachi, assolutamente non comprensibili all’interno di un universo di discorso e di senso in quanto, non sono interpretabili in riferimento agli stati intenzionali dei loro protagonisti, né tanto meno sono collocabili all’interno di un continuum che le renda parte viva e vitale di una storia (personale o collettiva che sia); restano quindi accadimenti ed eventi senza relazioni, privi di senso e di qualsivoglia significato sul piano culturale, personale, sociale e, di conseguenza, sono ineluttabilmente destinate all’oblio.

    Attraverso il “pensiero narrativo” l’uomo realizza invece una complessa tessitura di accadimenti ed eventi utilizzando trame e orditi paralleli e complementari, mettendo in relazione esperienze, situazioni presenti, passate e future in forma di ‘racconto’, che le attualizza e le rende oggetto di possibili ipotesi interpretative e ricostruttive. La narrazione ha quindi una funzione epistemica: quella di innescare processi di: elaborazione, interpretazione, comprensione, rievocazione di esperienze, accadimenti, fatti; dando ad essi una forma che renda possibile:
    a) descriverli e raccontarli ad altri;
    b) tentare di spiegarli alla luce delle circostanze, delle intenzioni, delle aspettative di chi ne è protagonista;
    c) conferire loro senso e significato, collocandoli nel contesto di copioni, routine, repertori socio-culturalmente codificati.

    Il dispositivo narrativo consente ai soggetti di ripensare le proprie esperienze e le proprie azioni ricostruendone il senso ed evidenziandone le possibili prospettive di sviluppo, portando alla luce le intenzioni, le motivazioni, le opzioni etiche e valoriali in esse implicate, inscrivendole all’interno di una rete di significati culturalmente condivisi, riconoscendo ad esse continuità ed unità; ciascun continuum all’interno dell’esperienza di una persona che acquista un significato unitario è così riconoscibile come “unità narrativa” (Connelly, Clandinin, 1997, 2000) e viene a far parte di una sequenza/intreccio di unità connotata da una direzionalità e un senso. La narrazione costruisce e dipana sequenze esperenziali da accadimenti, eventi, situazioni cui conferisce unitarietà e ne trae elementi conoscitivi sulla base di specifici interessi euristici. In questo modo, viene ad assumere una propria e peculiare connotazione epistemologica, in quanto genera forme di conoscenza che rispondono a richieste di chiarificazione di senso e di significato in merito ad accadimenti, esperienze ed eventi intesi come fenomeni su cui si esercita un processo ermeneutico.

    Il dispositivo narrativo risulta pertanto particolarmente efficace nella chiarificazione e comprensione di accadimenti, eventi, esperienze, situazioni umane connotate da forte intenzionalità e nella messa a fuoco di unità di analisi particolarmente complesse, in cui giocano un ruolo centrale i soggetti umani, le loro storie, le opzioni culturali, etiche, valoriali di cui sono portatori, le loro intenzioni, motivazioni, scelte e le relazioni intersoggettive che intessono sia su un piano cognitivo/culturale che su un piano affettivo/relazionale. Per questo motivo esso risulta estremamente funzionale alla comprensione delle diverse forme dell’agire umano (di cui l’agire educativo rappresenta una peculiare declinazione e specificazione) nonché alla comprensione delle diverse e differenti forme di conoscenza che ne scaturiscono. Non bisogna dimenticare, infatti, all’interno di un contesto socio-culturale logos e praxis che risultano di fatto inseparabili (Bruner, 1992). Vale a dire che tutte le forme di agire socio-culturalmente situate sono dotate di intenzionalità, senso, significato, sono razionalmente regolate ed intrise di rappresentazioni, teorie, visioni del mondo (spesso implicite) che ne orientano in qualche modo la direzione e lo sviluppo. Tutte le forme di agire umano -in quanto socio-culturalmente situate- sono, inoltre, sottoposte costantemente a processi decostruttivi e ricostruttivi, da cui scaturiscono nuovi e diversi elementi conoscitivi che andranno ad orientare l’agire futuro.

    Queste premesse epistemologiche giustificano l’uso di un dispositivo narrativo nell’ambito di processi euristici che hanno per oggetto l’agire educativo e le forme di conoscenza (esplicita, pratica, tacita) che in esso sono in gioco. In quanto unità di analisi complessa, in cui sono profondamente implicati elementi di intenzionalità ma anche forme di conoscenza teorica e pratica, l’agire educativo si presta, infatti, ad essere agevolmente indagato attraverso un dispositivo narrativo all’interno di un quadro di ricerca “naturalistica”, che consente di indagare non tanto e non solo forme di conoscenza preposizionali (direttamente esprimibili attraverso il linguaggio) ma, anche forme di conoscenza tacita o implicita, così come si producono ed agiscono nell’ambito di setting naturali. La ricerca che utilizza un dispositivo narrativo si configura quindi come “studio narrativo delle vite e delle azioni umane” con uno specifico focus sul presente, sul qui ed ora, sulla contestualità delle esperienze; essa fa uso di materiali narrativi, su cui esercita un processo ermeneutico, partendo dal presupposto che non vi è né una sola verità assoluta nella realtà umana né una sola corretta lettura e interpretazione di un testo narrativo; i suoi principali strumenti euristici e conoscitivi sono gli esseri umani, riconosciuti come osservatori, portatori di un proprio personale punto di vista che si incontra e dialoga con quello dei soggetti osservati.

    Pluralismo, relativismo e soggettività sono i presupposti teoretici della ricerca narrativa, in cui si parte dal presupposto che i soggetti umani sono per natura soggetti che raccontano storie, le quali forniscono coerenza e continuità all’esperienza soggettiva ed hanno un ruolo centrale nella comunicazione e nella costruzione di conoscenza intersoggettivamente validata; per questo motivo l’approccio narrativo deve necessariamente tener conto della presenza simultanea di realtà multiple ugualmente legittime, in quanto le esperienze e le azioni umane sono tali fintantoché esistono soggetti che a queste conferiscono senso e significato attraverso continue negoziazioni di posizioni interpretative ed epistemiche.

    La ricerca narrativa si sviluppa su diversi piani ed a diversi livelli. Essa infatti consente:
    a) di esplorare e comprendere il mondo interno degli individui in quanto conosciamo noi stessi e ci riveliamo agli altri attraverso le storie che raccontiamo;
    b) di esplorare esperienze individuali e collettive, campi e corsi di azione, situazioni problematiche di difficile interpretazione, consentendo di comprenderne e decostruirne/ricostruirne il significato culturale e sociale.
    Il lavoro di ricerca è, dunque, un lavoro profondamente ermeneutico, in cui l’interpretazione del ricercatore è sempre personale, parziale e dinamica e si realizza attraverso un costante processo dialogico con i testi ed i contesti indagati (Lieblich, Mashiach, Zilber, 1998).

    Attraverso il dispositivo narrativo si riesce a rendere visibili, esplicite, consapevoli non solo le intenzioni e le motivazioni delle azioni indagate e narrate, ma anche le strutture di conoscenza cui i soggetti si riferiscono nel pianificare e realizzare corsi d’azione nonché i processi di costruzione delle strutture di conoscenza implicati nell’agire; è in questo modo che la narrazione permette di esplicitare gli interessi conoscitivi di cui i soggetti sono portatori e le relative forme di razionalità cui fanno riferimento nel loro agire e costruire forme di conoscenza che hanno la funzione di trasformare costantemente la praxis declinando sempre nuove modalità di comprensione della stessa. Attraverso il dispositivo narrativo l’agire umano viene ad essere collocato in uno specifico tempo e spazio, viene attribuito ad un soggetto individuale e/o sociale, viene dotato di intenzioni e motivazioni, viene inscritto in rapporti di causa/effetto e/o di reciprocità con altre azioni ed eventi; viene, infine, connotato di un significato culturalmente riconosciuto e riconoscibile.

    La lettura che la narrazione offre dell’agire umano è di tipo idiografico, giacché intende conferire un senso ed un significato a specifiche azioni compiute da particolari attori in determinati contesti; in questo senso, essa sostanzia un dispositivo di descrizione/interpretazione/comprensione dell’agire individuale e sociale piuttosto che di osservazione/analisi/esplicazione dello stesso; si rivela, quindi, particolarmente utile ed efficace in una prospettiva euristica che sia:
    a) fortemente orientata alla individuazione di elementi di contesto e di implicazioni personali, storiche, culturali e sociali;
    b) focalizzata sulla fenomenologia dell’agire piuttosto che sull’azione intesa come singola unità di analisi, decontestualizzata e sezionata nelle sue diverse componenti o possibili declinazioni.

    I dispositivi narrativi nella ricerca educativa assumono perciò particolare rilevanza sia quando si intenda realizzare processi di ricostruzione di azioni in situazione (allo scopo di identificare caratteristiche precedentemente ignorate di una situazione o di assegnare nuovi significati ad elementi noti..); sia quando si intenda esplicitare la posizione epistemica di un soggetto agente in situazione da cui scaturisce la visione che questi ha del suo agire sulla base del proprio background culturale, della propria storia, delle proprie esperienze …; sia, infine, quando si voglia esercitare un processo di ricostruzione di credenze, preconcetti, teorie implicite che condizionano, orientano e vincolano l’agire di un soggetto in determinati contesti socio-culturalmente determinati come quelli in cui si inscrive l’agire educativo in tutta la sua complessità e pregnanza conoscitiva.


    BIBLIOGRAFIA

    Bruner J., (1988), La mente a più dimensioni, trad. it., Laterza, Bari.
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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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