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  • Il corpo come soggetto e oggetto di un'ermeneutica dell'educazione
    Magali Humeau (a cura di)

    M@gm@ vol.2 n.3 Luglio-Settembre 2004

    ACCOMPAGNAMENTO INIZIATICO E PERCORSI DI FORMAZIONE NELLA FACOLTÀ DI MEDICINA



    (Traduzione Paolo Coluccia)

    Philippe Bagros

    philippe.bagros@wanadoo.fr
    Facoltà di Medicina di Tours.

    Il contatto con la sofferenza, imprescindibile dall'esercizio della medicina, dovrebbe far sviluppare l'accompagnamento, tanto quello degli studenti quanto quello dei pazienti. Purtroppo ciò ha trovato resistenza, e questo ha fatto sì che, al contrario, l'accompagnamento sia stato respinto con argomentazioni forti. In realtà, l'accompagnamento si limita alla fine della vita e si è sviluppato soltanto recentemente. Esso presuppone che un posto centrale sia attribuito al soggetto. Nella formazione universitaria, in medicina come altrove, la conoscenza non tiene conto del soggetto. Il professore stesso vuole essere soltanto il trasmettitore di una conoscenza approvata dall'istituzione. Il suo ruolo è di portare agli studenti una parte di questa conoscenza e di distribuirla secondo il principio del fax: egli è l'emittente. Il messaggio deve imprimersi nello spirito degli studenti, con minore perdita possibile e in modo uniforme. La valutazione è realizzata riferendosi ad una norma. Questo è, almeno in parte, necessario per la gran quantità di conoscenze da acquisire. Ma gli anni di studio sono significativi: lasciano tracce soprattutto in coloro che vogliono continuare questa strada e diventeranno essi stessi insegnanti. Queste tracce sono l'opposto del concetto d'accompagnamento. Le metodologie d'insegnamento dovrebbero tendere a correggere quest'inconveniente.

    I L'insegnamento mediatico è un'iniziazione

    La formazione pratica ha un posto importante in medicina. È un confronto con la realtà, che non è artificiale, come spesso sono le metodologie. È emozionalmente forte, modifica la personalità: è una formazione iniziatica. Ma vedremo che non è un accompagnamento. Prendiamo due esempi: la dissezione nell'insegnamento dell'anatomia, in facoltà, e l'accesso ai primi tirocini, in ospedale.

    a) La dissezione

    La maggior parte degli studenti non ha mai visto cadaveri, né tanto meno cadaveri di persone anziane nude, e l'atto di incidere un corpo è, nella cultura ordinaria, una grave trasgressione. Fin dal primo momento delle attività di dissezione incontreranno tutto ciò. Ed è all'inizio del secondo anno di studio che segue la selezione. A causa del loro successo al corso, fanno ciò che nessun compagno della loro età, che non studia medicina, potrà mai fare. Questo passaggio da un gruppo umano ad un altro è una caratteristica fondamentale d'ogni iniziazione. Sono accolti ed aiutati da studenti degli anni superiori, che forniscono loro una certa conoscenza dell'anatomia tramite la dissezione. Potrebbero essere accompagnatori se il soggetto avesse il suo posto; ma non è così: si apprende a pensare da medico raggiungendo un profilo comune, generalizzato, in un contesto emozionalmente forte.

    La cosa essenziale dell'iniziazione sta nella trasformazione del modo di essere; ecco due concetti principali:
    - l'angoscia iniziale è superata dall'accesso ad un ordine: nervi, muscoli, vasi sanguigni appaiono con la dissezione come sui disegni dei libri d'anatomia. Si lascia il settore d'ombra in cui si situa il timore del cadavere, e si entra, con la visione delle parti che costituiscono il corpo, nel settore della razionalità e dell'ordine: un bell'esempio della macchina umana;
    - l'idea di progresso è introdotta con forza, poiché a partire dalla possibilità di vedere ogni parte di questo corpo, c'è la speranza di conoscere totalmente il corpo umano in modo universale, fino al codice genetico, grazie a strumenti adeguati che fanno "vedere" sempre più lontano. Sezioni della testa immerse in vasi trasparenti fanno vedere a loro volta il naso, le labbra e la massa del cervello: si spera di oggettivare persino il pensiero.

    Dopo la dissezione, non si sarà più come prima: c'è l'iniziazione. Non ci si è limitati soltanto a memorizzare la struttura dei nervi e dei muscoli.

    b) L'accessi ai tirocini

    Il primo tirocinio, l'anno successivo, rinnova questo processo iniziatico. Questa volta, l'elemento emozionale è costituito dalla vicinanza immediata di persone sofferenti, spesso debilitate, in procinto di morire presto.

    Il rimedio è ancora l'ordine permesso dalla conoscenza: la sofferenza diventa la malattia, che può essere una bella malattia. Il corpo del sofferente, e la sua persona, diventano la base della malattia. Del resto, queste persone che vengono a trovarci, le chiamiamo i "nostri pazienti". Si dice: "Il paziente presenta (...) i segni della propria malattia". Il corpo non è che una rappresentazione. Si porta fin dall'inizio del tirocinio un camice bianco, come i medici e gli infermieri. Con il camice si fa parte della casa, si può entrare ovunque, si può vedere tutto. L'abito ha un ruolo importantissimo in un'iniziazione.

    II Ma quest'iniziazione è molto immunizzante

    Quest'iniziazione, che continua negli anni successivi, permette agli studenti di trovare un senso quando sono di fronte a quelle situazioni di morte, di deterioramento del corpo, di sofferenza, che fanno emergere l'idea insopportabile di un mondo assurdo. Essa è un'arma per la loro ricerca di senso. Ma i pazienti subiscono ancor di più le stesse paure. Oppresso dalla malattia, il paziente è per il medico un mezzo per raggiungere i suoi scopi. Questo è, ovviamente, contrario ai precetti kantiani, che raccomandano sempre di trattare l'altro come un fine e mai soltanto come un mezzo. Così, la medicina è portatrice di una filosofia, senza volerlo né saperlo, in quanto propone il fondamento di una risposta alle grandi domande esistenziali. Ogni filosofia propone una concezione del corpo, perché il corpo è esistenziale. Le parole corpo, morte, sofferenza, salute acquistano per i medici un senso particolare. Il corpo diventa la base della malattia. Il male si riduce alla malattia. La ricerca permetterà il progresso, che prolungherà la durata della gioventù, ritarderà la morte, e alimenterà il fantasma spesso evocato dell'immortalità. In quanto il corpo è il nostro contatto con il mondo, il Male è soprattutto la frattura fondamentale per ogni uomo. Quanto all'allungamento della speranza di vita, dipende in gran parte dal miglioramento delle condizioni di vita. La differenza con una vera formazione filosofica sta nel fatto che l'iniziazione si fa senza una riflessione su tali questioni, e, soprattutto, mediante un pensiero unico, che si può chiamare "il discorso medico".

    Una vera formazione filosofica, al contrario, propone alla riflessione diverse e contraddittorie correnti di pensiero. È per questo che tale formazione somiglia più ad un indottrinamento, di cui non si è neppure coscienti, che ad un accompagnamento: non si aiuta il soggetto a sviluppare la propria identità; la si generalizza in un'identità collettiva. L'esempio dei medici che esercitano il loro lavoro non cambia per niente: il discorso medico è caratterizzato dalla volontà di controllo, quella del vivente (nella ricerca biomedica e le sue applicazioni), ma soprattutto il controllo della malattia, che deve essere raggiunto attraverso il corpo, e diventa un controllo della persona malata. Il soggetto-paziente è dunque cancellato.

    III L'accompagnamento verso la fine della vita

    È stato introdotto in medicina il concetto d'accompagnamento. Nella pratica medica, comincia quando non c'è più nessuna speranza di controllare la malattia. Infatti, si pensava all'accompagnamento solo nel momento in cui i medici cessavano di entrare nella camera e lasciavano il morente agli infermieri. È nella logica del discorso medico, poiché il medico è là per la malattia. All'epoca in cui si facevano ancora le autopsie, conformemente al metodo anatomico-clinico, il paziente, una volta morto, suscitava di nuovo l'interesse dei medici, poiché l'apertura del corpo offriva la possibilità di identificare meglio la sua malattia.

    Un passo avanti considerevole è stato fatto quando si è considerato che la scomparsa di qualsiasi speranza di cura rendeva inutili tutti i trattamenti che non miravano direttamente alla qualità della vita. Il trattamento diretto del dolore è diventato pertanto una priorità, indipendentemente dalla sua causa, allorché questa non era riscontrabile. Un altro passo avanti è stato fatto quando si è prestata attenzione al fatto che il morente poteva avere delle necessità diverse da quelle fisiche, in un momento particolarmente importante della sua vita. Ma i medici che si occupano dell'accompagnamento non sono gli stessi che prima garantivano i trattamenti a scopo curativo. E si sviluppa molto lentamente anche l'idea secondo la quale il paziente, che si avvia alla guarigione, non deve vivere la sua vita in un ambiente dove ogni luogo è occupato dalla medicina. Ci dovrebbe essere un accompagnamento alla guarigione.

    Le resistenze al concetto d'accompagnamento in medicina devono, ovviamente, essere comprese, se si vuole capire. Da una parte, queste resistenze sono condivise da tutta la società. Ci si sbarazza dei sofferenti e dei moribondi, perché fanno paura e turbano la società. Si affidano perciò ai medici. Si ospedalizzano. La scienza riassicura: saranno ben curati. E di conseguenza tutti credono nel progresso. Il discorso medico s'inscrive in un pensiero scientista, che resta vivo nella nostra epoca, benché attenuato. C'è dunque una certa complicità nell'oggettivazione del paziente. La sua soggettività fa pericolosamente uscire dal settore razionale proprio della scienza. La volontà di controllo è anche la difesa dell'istituzione medica. Si è rinchiusa nelle tradizioni sebbene oggi quest'istituzione sia molto meno minacciata.

    IV Per un'iniziazione alla realtà medica

    In realtà, l'esercizio medico è realizzato in una situazione paradossale. Si può razionalizzare la malattia, ma non il soggetto che ne è coinvolto, e le due cose sono indissociabili. Le difese elaborate dall'iniziazione classica eliminano il soggetto, ma questo crea ovviamente una falsa situazione. Occorre un nuovo tipo d'iniziazione, che permetta ai futuri medici di vivere la quotidianità delle situazioni paradossali, tra razionale ed irrazionale, senza perdere la propria capacità d'azione. La situazione nella quale esercitano i medici si situa al confine di due settori che coesistono in ogni essere umano, ma che non si arriva a conciliare. I medici devono giungervi:
    - il settore della chiarezza: è quello della scienza, che costruisce un mondo razionale. Gli studi medici tradizionali formano gli studenti come se fossero osservatori ed attori neutrali, la cui volontà sarebbe messa in atto soltanto secondo ragione;
    - il settore dell'ombra, dove la nostra coscienza penetra soltanto con fatica e nell'incertezza. È in questo settore irrazionale che sorgono i nostri desideri, con i quali viviamo, ma anche i nostri timori. La morte, la sofferenza, i deterioramenti del corpo, ma anche la nascita, che è esistenziale come la morte, appartengono a questo settore d'ombra.

    Pazienti e medici condividono questi due settori. Nelle circostanze più difficili, il medico è presente. Si tiene al confine dell'ombra e della luce, con mezzi d'azione che sono soltanto una risposta parziale, spesso irrisoria. Tuttavia, la sua conoscenza del corpo, che comunque è soltanto una conoscenza della malattia, e la sua presenza abituale in tali circostanze, fanno sì che gli sia riconosciuta una certa conoscenza della vita. Inoltre, la medicalizzazione in queste circostanze esistenziali, poiché si nasce e si muore in ospedale, fuori dall'ambiente naturale, determina che medici ed infermieri costituiscano tutto l'ambiente nel momento in cui la necessità del contesto culturale e sociale si fa più sentire. La sua assenza crea l'esclusione.

    La risposta ingenua è: "Occorre che i medici siano affezionati ai loro pazienti, che li capiscano". La realtà è molto diversa. Infatti, è nel momento in cui si crede di avere compreso l'altro che comincia il pericolo. Questa frase esprime l'alterità, la differenza radicale dell'altro, tanto che non si può mai capirlo completamente, al punto da decidere al suo posto. Ma esprime anche il pericolo costituito dal desiderio confuso e dalla necessità di potere che abbiamo tutti. La relazione d'aiuto sembra scagionarli, ma la diseguaglianza che caratterizza questa relazione e le trasgressioni (accesso al corpo, accesso ai segreti) che autorizza e richiede l'esercizio medico, ne fanno una trappola temibile.

    Ora l'alterità è così contraria alle nostre aspirazioni che non si riesce ad afferrarla completamente, soprattutto perché non si può accedere ad una piena coscienza della realtà della morte. Quando si è medico occorre tuttavia avvicinarsi alla coscienza dell'alterità. La nuova iniziazione dovrebbe dunque portare a tollerare l'irrazionale senza perdere di vista la ragione, ad avvicinarsi all'alterità e ad accettare l'idea che dei demoni abitano dentro di noi. E questo è contrario alle aspirazioni della maggior parte dei giovani che intraprendono gli studi medici.

    V Quale accompagnamento? Percorsi di formazione

    Non si apprende l'alterità a livello didattico. È un approccio che può essere soltanto personale, ma che non si può fare né da soli, né senza ricorrere alla conoscenza. È certamente un percorso individuale, che però occorre accompagnare. Siamo a conoscenza delle motivazioni iniziali degli studenti, in quanto ciascuno degli 825 nuovi iscritti si sottopone individualmente ad un colloquio d'accoglienza. Esse sono: desiderio di conoscenza del corpo, necessità di aiutare, alleviare la sofferenza, talvolta anche in relazione diretta con il proprio trascorso familiare, forse per qualche malattia da curare. L'attrazione per la conoscenza a volte può essere soddisfatta, pur tuttavia con qualche disillusione: il mistero del corpo, l'energia, il desiderio e le loro origini, non rientrano nell'approccio scientifico. È soprattutto sulla malattia che saranno illuminati. Tutto ciò che gira intorno alla relazione d'aiuto si scontrerà con la scoperta dell'alterità o con un tentativo disastroso di "psicologizzazione" del paziente. Abbiamo visto i pericoli dell'amore nella relazione. Gli studi non li condurranno molto più lontano in questo settore ed i pensieri generosi non alimentati dalla conoscenza, giudicati ingenui, saranno esclusi dal discorso medico regolarmente sostenuto.

    Nel primo anno, ciò che afferma l'insegnamento tradizionale è prima di tutto: "La medicina è scientifica", come testimonia il programma. Ciò è soltanto una parte della verità. Occorre dire loro che: la realtà dell'esercizio medico si situa ai confini del razionale e dell'irrazionale, perché c'è il soggetto-paziente ed anche il soggetto-medico. I programmi attuali danno un posto rilevante a quell'insegnamento detto "Scienze umane e sociali in medicina", inteso comunemente come "cultura generale". Ma questo insegnamento non descrive sempre il carattere paradossale dell'esercizio medico, che è occultato dal discorso medico, anche se si parla di psicologia, d'antropologia o d'economia. Colui che a Tours dice questa semplice verità è chiamato dagli studenti "lo stregone", non senza simpatia ed interesse. Si sa fin dal primo giorno che la medicina ha orrore di tutto ciò che non è realizzabile, che si chiama "oscurantismo". Il soggetto è percepito come appartenente all'oscurantismo, cioè facente parte di coloro che hanno a lungo fatto concorrenza alla medicina, quando cominciava a conquistare le sue basi scientifiche.

    Anche se la parte d'ombra, tuttavia assai importante, è occultata, è già molto che questi corsi, dotati di un riferimento importante, facciano loro capire a quale punto il medico è un attore sociale e che la filosofia e la storia permettano una riflessione sulla medicina. Così al primo anno appare la possibilità di uscire dal pensiero unico. S'induce ad una riflessione; occorrerà accompagnarla. Contrario a questi elementi positivi, si trova purtroppo l'atteggiamento d'alcuni insegnanti, che durante il corso dicono che a loro interessano i 132 allievi che saranno ammessi a medicina. In questa fragile fase della post-adolescenza si causa una rottura dell'identità, si fa un anti-accompagnamento.

    Nel secondo e terzo anno subentrano insegnamenti facoltativi per gruppi di 20 allievi, ad esempio "Letteratura e medicina", "Corpo e cultura", "Alimentazione", "Il corpo in immagine, a partire dall'arte e dalla radiologia", "Epistemologia", "La riproduzione voluta e rifiutata". Sono insegnamenti dove gli studenti sono molto attivi. Prendiamo due esempi di questi insegnamenti facoltativi dal punto di vista dell'accompagnamento.

    - Nell'insegnamento "Letteratura e medicina" abbiamo constatato che molti studenti da sempre lettori assidui, avevano completamente cessato di leggere durante gli anni al corso d'ammissione, e non avevano osato riprendere una volta che erano stati accettati, come se quel tempo fosse tolto indebitamente agli studi. Il nostro insegnamento è stato visto come un'autorizzazione a leggere ed hanno sviluppato ciò al di là di quanto fosse loro richiesto. L'insegnamento consiste nel far leggere romanzi o opere di teatro che riguardano la medicina (ad esempio: "Il padiglione dei malati di cancro", di Soljénitsine). Ogni studente deve parlare al gruppo della sua lettura (lo fanno spesso in due o in tre) dando agli altri lo stimolo di leggere ed individuando temi medici. Segue una discussione. Il gruppo funziona in modo autonomo, gli insegnanti si comportano da esperti e accompagnatori. Intervistando il gruppo abbiamo trovato che altri studenti che praticavano, prima degli studi medici, uno sport o un'arte ad un buon livello, avevano rinunciato a riprendere queste attività e consideravano questo importante per il loro equilibrio personale. Inducendoli a riprendere queste attività, abbiamo assai facilmente superato questo divieto culturale, affermato tacitamente dal discorso medico, che dice: "Il romanzo è irrazionale, dunque in contraddizione con la medicina" ed anche: "La crescita personale deve essere sacrificata agli studi". Favorendo queste attività diciamo al contrario "Il vissuto personale, l'irrazionale, trovano un loro posto in medicina" e "Come essere capaci di vivere situazioni esistenziali paradossali se non si è curata la crescita del proprio sviluppo personale?".

    - L'insegnamento "Corpo e cultura" consiste nel praticare dello sport con i professori di discipline sportive dell'università, quindi di discutere in gruppo della vita dello sport, accompagnati dai questi professori e da medici del CHU. Ci si accorge che gli studenti intervistati sul proprio vissuto corporale e relazionale nello sport dicono: " È semplice, si fa questo per comprendersi". È difficile parlare di ciò che si prova nel proprio corpo. I pazienti che devono dirci ciò che provano cominciano a dirci: "mi sento male", o qualcosa di vago. Potete dire di più? Lo stesso è per lo studente sportivo, al quale si spiega come sarà la sua "intervista al paziente" fin dal suo primo tirocinio. Appare chiaro, dunque, che non basta praticare perché lo sport intervenga nella formazione dello spirito. L'accompagnatore deve esercitare una forte incentivazione affinché lo studente rifletta sulla sua pratica sportiva. Occorre parlare del proprio vissuto, quindi scriverci (una mini memoria). Il primo passo è di analizzare la propria tecnica dello sport; si arriva in seguito ad un vissuto più personale, fisico e relazionale. Infine, in quanto si è in gruppo, si apprende anche a comprendere il vissuto degli altri, ad esempio quello dello studente che ha scelto il nuoto per superare il suo timore dell'acqua, o l'arrampicatore perché s'irrigidisce. Per il lavoro scritto, si danno infine letture. Questo lavoro è la condizione per poter fare sport nel quadro degli studi. Si vede pertanto come lo sport diventa cultura mediante la riflessione, sollecitata con metodi d'accompagnamento. Lo stesso avviene per la letteratura. Sarà lo stesso per l'esperienza acquisita nei tirocini.

    Ruolo dei resoconti di formazione

    Il tirocinio d'infermiere, della durata di un mese, è l'occasione del primo contatto con i pazienti e con l'istituzione ospedaliera, fin dall'inizio del secondo anno. Comporta l'acquisizione di un po' di pratica nel settore delle cure, ma anche una riflessione su vissuto personale di questo primo contatto. Per questo gli studenti devono tenere un giornale di formazione. Alla fine del tirocinio si sottopongono ad un colloquio con due medici, per gruppi di 3 studenti, a meno che non desiderino un colloquio individuale. La fanno sulla base del loro giornale: si tratta di fare un resoconto della loro formazione. Lo stesso vale in "Corpo e cultura". Ma è soltanto uno schema, poiché il resoconto della formazione non è nelle usanze!

    Conclusione

    Ciò che occorre è continuare la tenuta di un giornale di resoconto della formazione nel corso degli studi, con un accompagnamento da parte di insegnanti formati a questo metodo. È sul campo, nell'ospedale, che questo lavoro dovrebbe essere realizzato. L'acquisizione di conoscenze è necessaria: una gran parte della riflessione riguarda la relazione triangolare che intercorre tra lo studente, il vissuto e la conoscenza. Ma il settore è così vasto che il bagaglio di conoscenze può essere proficuo soltanto se è adattato ad un percorso personale.

    Riunioni pluri-disciplinari (tra infermieri, assistenti sociali, psicologi, invitati competenti in questo o quel campo) che riguardano casi clinici, farebbero da contrappeso necessario al discorso medico razionalistico, quindi si discuterebbe dei pazienti in quanto soggetti. Queste riunioni alimenterebbero il resoconto della formazione. Letture appropriate sarebbero proposte dall'accompagnatore e l'acquisizione di queste letture dovrebbe apparire nel giornale dello studente.


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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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