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  • Approccio dal basso e interculturalità narrativa
    Orazio Maria Valastro (a cura di)

    M@gm@ vol.1 n.2 Aprile-Giugno 2003

    PSICODINAMICA NELLE PRIME DIFFICOLTÀ DI ADATTAMENTO NELLE ATTUALI FORME DI IMMIGRAZIONE


    Francesco Spadaro

    095504669@iol.it
    Laureato in Medicina e Chirurgia; Specialista in Psichiatria; Responsabile del Servizio di Psichiatria Transculturale dell 'ASL 3 di Catania dal 1998, oggi Nucleo Operativo di Psichiatria Transculturale; nel Novembre del 1999 ha organizzato un simposio a carattere nazionale, "Verso la Multietnicità: Letture Interdisciplinari"; Psicoterapeuta Psicoanalitico, è membro Associato della Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica (SIPP) e dal 2000 a tutt'oggi è segretario regionale della SIPP, svolge attività clinica e di supervisore di psicologi ed operatori sociali che lavorano nel Terzo Settore.

    Recentemente si è avuta la possibilità di osservare da vicino le dinamiche di un gruppo di rifugiati in Italia composto da tre famiglie provenienti dall'Africa. Volutamente si cercherà di non fornire dettagli concernenti la possibilità di poter individuare le persone coinvolte, anche a costo di rendere meno "scientifico" il lavoro in questione, per ovvie ragioni deontologiche, che rientrano nell'ambito di quello che oggi viene chiamato diritto alla privacy. Questo gruppo di tre famiglie era sbarcato da una nave, dopo un lungo e faticoso viaggio insieme ad altri gruppi di immigrati. Appena sbarcati tutti erano stati portati in un centro di accoglienza per un breve periodo. Coloro che si erano dichiarati rifugiati politici, secondo la legge di quel periodo erano stati accolti da cooperative che li sistemavano in appartamenti nelle diverse regioni italiane, in attesa di un chiarimento governativo della loro posizione. Le tre famiglie in oggetto, costituite da marito, moglie ed uno o più bambini per nucleo, avevano raggiunto la città di K. Lì erano state alloggiate in un appartamento trovato dalla cooperativa che sorprendentemente era situato in una delle zone migliori della città. All'interno dell'appartamento, giornalmente era presente una rappresentante della cooperativa, Laura, che aveva la funzione di fornire un minimo di diaria giornaliera, ed occuparsi dei rifugiati.

    Ottobre: Primo periodo o Della Finta Dipendenza

    E' il periodo in cui le famiglie si insediano nella casa. Ognuno sceglie la propria stanza. Si dà il nome alla casa che viene chiamata La Barca. Comincia la conoscenza reciproca, e della conoscenza tra i nuovi arrivati e Laura. Laura comincia ad occuparsi della spesa, visto la diversità culturale del paese da cui provengono e le caratteristiche occidentali della città di K. Laura si occupa anche del fatto che non manchi niente in casa, dell'inserimento dei bambini a scuola, delle esigenze burocratiche ed amministrative varie, delle esigenze mediche, della diaria giornaliera. Il clima è di reciproca cortesia, a volte di entusiasmo ed eccitazione: "si ride, si scherza". I nuovi arrivati sono sempre più espliciti nelle richieste che riguardano i loro bisogni, che vanno dal tipo di cibo più gradito loro, ai prodotti per la cura del corpo. Laura inizia a mostrare i primi segni di ansia: le richieste sono sempre più pressanti e numerose. La diaria giornaliera non basta, il budget a disposizione per la spesa comincia a diventare insufficiente. Inoltre vi è discordanza sulla priorità dei bisogni: Laura pensa che sono più da attenzionare, per esempio, le iniziali difficoltà scolastiche dei bambini, e il loro disagio da scolarizzazione (una bimba è vivace e si comporta come un maschietto, l'altra messa in una classe di bambini più piccoli per via delle difficoltà linguistiche, manifesta un comportamento regressivo, come se avesse meno età). Gli adulti del gruppo dei rifugiati non prendono in considerazione questi aspetti ma sono attenti invece al fatto che ci sia un tipo di olio per i capelli o un tè particolare. La cooperativa, nelle persone dei responsabili, non dà alcuna indicazione di riferimento lasciando la massima autonomia al personale delle case di accoglienza.

    Appare chiaro che gli immigrati, sia bambini che adulti realizzano l'arrivo in una terra più ricca e più prosperosa della loro di origine, dove gravi carestie o altri disastri non erano infrequenti. Scatta in maniera crescente la fame, non più vanificata dall'assenza di cibo. Qui qualsiasi tipo di fame, sia quella biologica, sia quella più elaborata, può essere soddisfatta. Tanto più si è sofferto il digiuno, tanto più si sviluppa, in maniera crescente la voglia di riempirsi. La regressione è generale. Interessa i bambini ed anche gli adulti, i quali si disinteressano di tutti gli aspetti che riguardano la loro vita attuale e futura pensando ai loro bisogni primari cibo o anche vestiario, bevande, olii etc. I bambini regrediscono più vistosamente, quelli più grandi nel linguaggio e nel comportamento ("ha 12 anni e si comporta come una bambina di 6" oppure "non sa più parlare bene, balbetta come una bambinetta"), quelli più piccoli anche nell'identità che diventa meno differenziata ("si comporta come un maschietto"). La fame, tanto più avida quanto più viene soddisfatta, è tale che non viene più discriminato quello che viene ingurgitato o consumato. Tutto è sullo stesso piano. Anche il livello di allarme di Laura cresce perché non esiste nessun altro tipo di relazione che non quella di manifestazione del bisogno - soddisfazione del bisogno.

    Il gruppo sembra porsi in un assetto mentale che ricorda l'assunto di base di dipendenza (Bion, 1961). In questo assetto mentale, in cui vi è "l'immaturità delle relazioni individuali e l'inefficienza delle relazioni di gruppo", il gruppo esiste "allo scopo di essere sorretto da un capo, dal quale dipendere per ricevere nutrimento, materiale e spirituale, e protezione" (Bion, 1961). E' un tipo di dipendenza apparente, tuttavia, in cui Laura non assume tanto funzione di leader. L'assetto di accudimento stabilito dalle cooperative, seguendo le direttive progettuali nazionali, sempre ben ricordate, accolto dal gruppo dei rifugiati ed eseguito da Laura, fa sì che ella, più che essere un leader, sia assimilata ad un seno della nuova Madre Terra - Terra Madre da cui continuamente estrarre nutrimento. Un seno, però, all'interno della casa, non riconosciuto come espressione dell'esterno. L'ansia che Laura prova è proprio quella di essere, sì manipolata, come il capo di in un gruppo in assunto di base di dipendenza, ma soprattutto continuamente ed esponenzialmente sollecitata ad offrire cibo, senza alcun riconoscimento di tale leadership.

    Dicembre: Secondo periodo o Delle Ostilità

    Laura appare sempre più ansiosa e preoccupata per questo tipo di dipendenza, assoluta, dei rifugiati che abitano la casa. La chiamano a tutte le ore del giorno e della notte per i bisogni e le esigenze più svariate e meno gravi, nonostante le persone cominciano a parlare un po' di italiano, ad uscire dalla casa e a muoversi in città con una certa apparente libertà. Iniziano i contatti con le comunità della stessa etnia e con i parenti ed amici presenti in città. Laura reclama regole di comportamento. E che siano "rigide", anche se lei si sente, a tal proposito, a disagio ed è sicura di non riuscire ad attuarle: ha sempre avuto "problemi con il potere". Inoltre, sono in vista le prossime vacanze di Natale e vorrà prendere dei giorni di ferie. Ella dice, che "ormai sono più di quattro mesi che queste persone sono in Italia: devono sapere imparare adesso a vivere da soli!". In una riunione con le famiglie, Laura ed il responsabile dei rapporti con le cooperative che si occupano del progetto comunicano il loro periodo di assenza per un po' di giorni, in occasione del Natale e Capodanno. Gli ospiti della casa rimangono sgomenti e "feriti": "Come possiamo fare senza di voi, per tutti questi giorni?" E' il momento per imparare a fare da soli è la sostanza delle risposte degli operatori.

    Nel periodo di assenza degli operatori scoppiano le prime liti. Liti a causa dei bambini. Liti tra gli uomini. Una sera interviene persino la forza pubblica. Laura è preoccupata. La responsabile del coordinamento con le cooperative è arrabbiatissima. Minaccia il trasferimento di alcune famiglie. Invoca l'intervento dei responsabili delle cooperative, perché prendano provvedimenti. Non viene preso alcun provvedimento. Il clima all'interno della casa è teso. I rapporti tra le tre famiglie e la comunità di pari etnia presente a K sono più stretti ma si intuisce "della diffidenza". Del traduttore, a volte convocato, allorquando ci sono delle importanti comunicazioni amministrative e governative che riguardano il loro status di rifugiato, ci si lamenta che non svolga da semplice traduttore ma dà anche consigli. Uno dei rifugiati durante questo periodo parte e si reca in un'altra città a trovare dei parenti. Sua moglie, nel frattempo, sta male ed è sempre chiusa nella propria stanza. Invitati ad una festa da altre famiglie, rifugiate in un paese vicino K, scoppia una lite furibonda tra le donne del gruppo.

    L'annunziata scomparsa di questo particolare tipo di assetto di dipendenza provoca inizialmente sgomento e dolore, le persone della casa sono "ferite". E' un seno ricco, fruttifero, inesauribile che scompare. Sentimento subito sostituito dalla rabbia per la perdita che invade la casa e va oltre fino a dilagare nel territorio, con l'arrivo della Polizia, forza pubblica per contenerla. Ma c'è dell'altro. Non siamo solamente davanti ad un'esplosione della frustrazione e dell'odio che segue la scomparsa improvvisa del seno, ovvero, in assetto ontogeneticamente più evoluto, dell'oggetto amato. La regressione c'è e c'è stata, ma è una regressione transitoria, dinamica, legata alla contingenza, non patologicamente stabilizzata. Lo scompaginamento di questo tipo particolare di assetto di dipendenza riporta le persone della casa ad una situazione gruppale altra. Se l'assetto precedente negava la possibile presenza di un leader, anzi grazie ad una regressione gruppale così spinta, collusivamente si erano evitate qualsiasi dinamiche di tipo conflittuale, ecco che improvvisamente la nuova situazione sembra evocarlo. Compaiono parole come " regole", "potere", "forze di polizia". Gli uomini litigano tra di loro per affermare la loro leadership, le donne fanno altrettanto. Le relazioni con l'esterno sono in difficoltà. La comunità etnica della città di K si mantiene distante dal gruppo "La Barca", così come l'ambiente esterno ospite.

    Marzo: Terzo Periodo o Della Cronicizzazione

    Dopo le crisi del periodo natalizio, le cooperative impongono all'operatrice all'interno della casa di limitarsi a raccogliere le esigenze ed i bisogni delle persone e di accontentarli quanto più possibile. Il clima si rasserena. Gli operatori sono alle prese con le difficoltà inerenti all'apertura di un nuovo centro per rifugiati. Il Comune si mostra inadempiente od in ritardo nello svolgere tutti quegli aspetti legati agli allacciamenti indispensabili, come luce, acqua, gas. Le lamentele si estendono al piano nazionale per i rifugiati che, così come strutturato, impedisce che i rifugiati possano lavorare, per cui è "impossibile iniziare il processo di integrazione": Le persone così "isolate nelle case non possono inserirsi attivamente nella città". L'unica possibilità è il lavoro in nero oppure tirocini gratuiti. Gli operatori sostengono che le persone della casa non sono ancora pronti ad essere inseriti nel territorio cittadino. Inoltre, ancora non si sa niente dei colloqui con le commissioni governative nazionali che dovranno chiarire il loro status. Si chiederà pertanto una proroga di altri sei mesi, sui nove mesi stabiliti.

    Considerazioni

    La comunità dà il proprio nome alla casa che li accoglie: questo nome è "La Barca". Da questo vertice è possibile cogliere le dinamiche che si sono succedute nel corso dei mesi. I rifugiati sono scesi dalla nave che li ha portati in Italia, e sono entrati in un appartamento che essi considerano un equivalente della nave ("La Barca"). Essi sono in una zona particolarmente ricca della città di K. L'imbarcazione di immigrati per lo più in condizioni di disagio economico e fisico si trasforma in una nave da crociera. All'interno di questo appartamento-nave la regressione è, come abbiamo visto, immediata e vi si svolge la quasi totalità della vita. Ogni tanto si "scende a terra" come si fa per le crociere, ma si ritorna all'interno della nave. E' una crociera a termine della durata prevista dal progetto nazionale di nove mesi. Nove mesi è la durata di una gestazione. Alla fine dei nove mesi, si dovrebbero partorire i nuovi cittadini, i rifugiati potranno sbarcare sulla terra. Ciò nei fatti non avviene. Per resistenze interne dei rifugiati, per difficoltà oggettive date dai tempi burocratici prolungati, per difficoltà insorte dal confronto con le comunità della stessa etnia già presenti nella città, per le difficoltà della comunità indigena di K.

    Consideriamo le difficoltà interne della comunità dei rifugiati. Essi continuano a vivere nella loro" Barca" da crociera di lusso. La regressione è potente. L'assetto è quello della vita nel Claustrum (Meltzer, 1992). Il meccanismo dell'identificazione intrusiva è stato descritto da Meltzer a proposito dell'individuo, sviluppando il modello dell'identificazione proiettiva (Klein, 1946), ma ben si adatta a descrivere questo tipo di dinamica gruppale. Esso può realizzarsi precocemente durante lo sviluppo quando per diversi motivi scattano meccanismi di invidia e gelosia da parte del bambino verso la madre, oppure quando le ambizioni parentali sono particolarmente esagerate nei confronti del bambino, per cui i processi di identificazione, che si basano sul riconoscimento dell'oggetto esterno come tale, diventano intollerabili. Allora il corpo e la mente della madre vengono esplorati attraverso fantasie di intrusione. Le fantasie di intrusione infantile, se consolidate nello sviluppo, comportano una modalità relazionale e sociale particolare: "insinuarsi subdolamente nella confidenza di un altro, intromettersi origliando o spiando nella vita privata di qualcuno, sovrapporsi con minacce ai processi di pensiero d'altri, vincolare una persona ad uno stato di sottomissione attraverso comportamenti di pseudogenerosità -uniti a minacce per precluderne ogni via di riscatto- mille sono gli stratagemmi per insinuarsi nella mente di un altro".

    Il gruppo dei rifugiati arriva in Italia in maniera clandestina, salvo poi dichiararsi rifugiato. In effetti, i rifugiati vengono portati in un luogo dove sono confinati: da una nave ad una "Barca". Comincia la loro vita nel claustrum. Intrusivamente si sono introdotti nella nuova Terra Madre - Madre Terra. Cominciano a godere degli oggetti interni di questa: soldi, oggetti, quartiere, cibarie, vestiario, ecc, senza che essa se ne accorga; non possono lavorare, non possono essere ufficializzati fino al colloquio con la commissione governativa. E' una "vita segreta" . Laura è un seno internalizzato nel claustrum: non è un seno esterno riconosciuto come tale sia dal gruppo che dalla società ospitante. La scomparsa di questo seno interno, che, seppur negato, permette la vita nella Barca-Claustrum, mette in crisi l'assetto gruppale interno.Ciò che emerge è la resistenza del gruppo a mettere da parte l'uso (gruppale) del meccanismo mentale di identificazione intrusiva. In questo casa il gruppo della casa sarebbe costretto a riconoscere l'esistenza di un esterno e la possibilità-necessità di una relazione con esso: la necessità di riconoscere una dipendenza reale, cioè esterna. I processi identificatori, fondamentali per la crescita individuale, gruppale e sociale, sono collegati al riconoscimento di una reale dipendenza. Il fine, invece, delle liti, dell'aggressività slatentizzata, è la continuazione nella vita nella Barca, nel claustrum.

    La polizia, l'intervento governativo diretto, ed attraverso le cooperative, sono operazioni della società ospitante per colludere con questa modalità di funzionamento mentale gruppale, con lo scopo di perpetuare lo stato "clandestino" del gruppo, all'interno del proprio corpo. Una reciproca conoscenza manca. Nessuno conosce l'effettivo status sociale dei nuovi arrivati, il loro credo religioso, le loro storie individuali. A nessuno interessa: non interessa al gruppo del personale, non interessa alle organizzazioni governative conoscerle veramente nella loro realtà (non nella forma burocratica-amministrativa). Anche le storie che si sono sviluppate nella Barca, i dettagli dei litigi, le gelosie, le invidie, i desideri, le passioni sono solo accennate o dedotte dagli operatori attraverso analoghi meccanismi intrusivi ("ho sentito che dicevano ...", "ho visto che avevano quest'espressione ...", "mi sa che si prepara questo... ", ecc.). E' il meccanismo delle identificazioni intrusive che domina le relazioni, che regola la vita di tutti ( immigrati, interpreti, amici ed operatori) nel claustrum. Tutto ciò, se da un lato, sembra, apparentemente, facilitare la vita nella Barca, dall'altro, per l'appunto, impedisce lo sbarco dei nuovi arrivati sulla nuova Terra Madre - Madre Terra. Ne impedisce la definizione-identificazione individuale e gruppale, per cui anche le comunità della stessa etnia non possono relazionarsi con essi. L'unica cosa che è consentita loro è una visita a bordo, una visita nel claustrum. Come per l'individuo abituato a vivere attraverso l'identificazione intrusiva, così per questo gruppo si può dire che esso "è un esiliato dal mondo dell'intimità, dalla bellezza del mondo, tutt'al più quello che può vedere, sentire, odorare, toccare, gli arriva solo di seconda mano attraverso la mediazione dell'oggetto"(Meltzer; 1992).

    Conclusioni

    E' stato preso questo gruppo a riferimento perché le dinamiche sono più esplicite, sicuramente patologiche e rappresentano delle difficoltà che possono essere insormontabili in una società contemporanea sottoposta all'arrivo di nuovi cittadini che chiedono di farne parte. Queste dinamiche sono basate sull'elicitazione dell'identificazione intrusiva come modalità principale di apparente relazione. Se l'identificazione intrusiva è più evidente nell'individuo che immigra, più chiaramente nel clandestino meno nell'immigrato "regolarizzato", si afferma qui che lo stesso meccanismo può essere alla base dell'assetto mentale di un gruppo di immigrati. Le società accoglienti, attraverso le loro istituzioni governative e le organizzazioni del così detto Terzo Settore, manifestano una propensione collusiva e rispondono con una sollecitazione e disponibilità ad accettare l'uso dell'identificazione intrusiva. Sollecitare meccanismi di solo apparente relazione che hanno alla base l'identificazione intrusiva significa impedire la possibilità che si sviluppano validi processi di integrazione che devono passare attraverso processi di adattamento e crescita, grazie alla possibilità di parziali e totali identificazioni con l'oggetto, in questo caso rappresentato e dalla nuova Terra Madre - Madre Terra e dalle comunità di pari etnia già esistenti e dai loro appartenenti.

    L'uso di altri più autentici meccanismi mentali di relazione devono essere privilegiati. Si è, infatti, scritto su fisiologici meccanismi di adattamento alla nuova terra da parte delle persone che immigrano (Spadaro, 2003), ma ciò presuppone una limitazione dell'identificazione intrusiva. Conoscere ed individuare, nel senso di restituire l'individualità specifica di una persona e di un gruppo, è la premessa perché l'intrusione come meccanismo mentale e relazionale gruppale non si realizzi. Altrimenti, l'intrusione realizzerà una reciproca creazione di ignoranza ed intollerabilità nella reciproca saccenza, che non ha niente a che vedere con il conoscere e l'essere autentici. Non sarà possibile lo sviluppo di una progettualità legata allo sviluppo di un proprio Ideale (Chasseguet-Smirgel, 1975) legato a nuovi processi identificatori. Dunque, questo nuovo apporto che è dato dall'arrivo di questi nuovi cittadini non porterà alcun beneficio né alla società ospitante, né all'immigrato.


    BIBLIOGRAFIA

    Bion WR. (1961) Esperienze nei gruppi. Torino, Armando Editore, 1971.
    Chasseguet-Smirgel J. (1975) L'ideale dell'Io. Milano, Raffaello Cortina Editore, 1991.
    Klein M. (1946) Note su alcuni meccanismi schizoidi. Trad. It. in Scritti 1921-1958. Torino, Bollati Boringhieri, 1978.
    Meltzer D. (1992) The Claustrum. An Investigation of Claustrophobic Phenomena. The Roland Harris Education Trust.
    Spadaro F. (2003) Meccanismi di adattamento in un paese straniero: la ricerca del gemello. Psicoterapia Psicoanalitica in press.


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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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