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  • L'osservazione partecipante
    Orazio Maria Valastro (a cura di)

    M@gm@ vol.1 n.1 Gennaio-Marzo 2003

    L'OSSERVATORE PARTECIPANTE E L'INTERVENTO SOCIALE


    (traduzione Orazio Maria Valastro)

    Hervé Drouard

    HDRO101688@aol.com
    Operatore-ricercatore-formatore; Dottore in Sociologia; DECEP (diploma di Stato di Consulente per l'Educazione Popolare); Presidente fondatore dell'IRASS (laboratorio di ricerca composito, operatori ed universitari); fondatore d'AFFLUTS (Associazione francese per le formazioni Dottorali nel settore del lavoro sociale che raggruppa operatori e ricercatori sociali); promotore dell'Università del territorio di Sèvre e Logne, regione dei vigneti di Nantes; Redattore Capo della rivista FORUM, rivista francofona della ricerca nel lavoro sociale; responsabile della commissione ricerca de l'AFORTS (Associazione francese degli organismi di formazione e ricerca nel lavoro sociale).

    INTRODUZIONE: OPERATORE / ESPERTO / MILITANTE
    Il paradosso dell'educazione emancipatrice

    " ... La paradossale eredità dei Lumi potrebbe essere formulata nel modo seguente: spetta di diritto agli operatori di un certo settore di erigersi in qualità di studioso di quest'attività, ai militanti di rendere conto della loro adesione ..."

    "Ma d'altra parte, questo discorso della generosità emancipatrice rispetto al quale la rivoluzione francese assume, durante i secoli, l'orientamento sempre più evidente di un'azione multiforme in seno alla quale, usciti dai ranghi degli emancipatori, competono per incarichi d'affari, veri conoscitori e presto depositari esclusivi della conoscenza sull'emancipazione. La loro comune posizione in seno stesso all'irriduttibilità delle loro intenzioni è di erigersi in effettivi paradigmi della conoscenza sui fatti umani che sono giustamente dei fatti, che l'agire degli attori non è comprensibile che per la sua semplificazione metodica della configurazione degli agenti, che gli interessati sono gli ultimi a poter essere qualificati per parlare di ciò che li interessa, che il luogo dell'uomo è radicalmente altro ma che egli è, in alcune condizioni, esplorabile da chi ne ha ricevuto la disposizione. Emancipare diventa l'appannaggio professionale dei sociologi, psicanalisti, socioanalisti, sociolinguisti, ecc."

    HAMELINE Daniel, 1985, in DU DISCOURS A' L'ACTION le scienze sociali s'interrogano su sé stesse (diretto da BoutinetJ.P., Paris, L'Harmattan, Logiche Sociali).

    Inizierò da questo testo di Daniel HAMELINE, professore onorario all'Università di Ginevra, illustre pedagogo ed esperto in "pedologia", mi perdonerete questo neologismo che mi evita d'impiegare il termine ancora tabù in Francia di "prassiologo".

    Le scienze umane sono state obbligate ad inventare recentemente il termine e la tecnica "d'osservatore partecipante" perché l'osservatore era stato posto fuori del mondo creando il ricercatore professionale quando, fin dal principio, il partecipante si è fatto osservatore (altrimenti noi non saremmo a questo punto) ed ogni creatura ripete coscienziosamente il percorso altrimenti oggi non ci sarebbe nessuno in grado di scrivere e leggere qualcosa.

    Che cosa fanno Adamo ed Eva nel giardino dell'Eden? Che cosa fanno le piccole creature all'inizio della loro vita? Osservano (nei due sensi del termine: osservanza e osservazione) il loro corpo e l'ambiente circostante e la legge fondatrice dell'umano, il proibito dell'onnipotenza e dell'estremo godimento. Fino a quando un terzo non arrivi ad affinare la loro curiosità, portare ai limiti, alla trasgressione "voi sarete come delle divinità, conoscerete tutto e avrete tutto [1]. Come resistere ad un tale appello? La curiosità pungente apporta in effetti e per sempre la conoscenza, la coscienza del vero e del falso, del bene e del male, del manifesto e del dissimulato, del comprensibile e del recondito. Essa scopre e dischiude ciò che mi è utile, ciò che mi nuoce, ciò che inganna e fa soffrire l'altro. S'inquieta del mistero d'origini mostruosamente aleatorie.

    Ogni uomo è dunque partecipante e osservatore della sua vita e del mondo per esistere, sopravvivere, crescere. Nello stesso movimento, osserva i fatti e li valuta (la parola ha conservato anche il suo duplice significato con le sue connotazioni morali e piuttosto negative: non amiamo per niente ricevere delle "osservazioni"). Ma ci sono dei livelli, delle modalità, degli orientamenti, delle inclinazioni, delle scelte. La società oggi valorizza, a suo dire per l'efficienza! la curiosità feconda, super orientata, l'inconsapevole erudito e senza coscienza morale. Io pretendo che sia giunto il tempo di ristabilire ogni uomo nella sua dignità d'esperto-ricercatore-insegnante in tutti gli ambiti della sua vita e particolarmente in questa parte essenziale che è il mestiere, la professione. Svilupperemo quindi successivamente: 1) Perché innanzi tutto la partecipazione? 2) Perché e come un' "osservazione scientifica"? Perché e come degli esperti-ricercatori?

    1) TUTTI PARTECIPANTI E TUTTI OSSERVATORI

    Perché la partecipazione innanzi tutto e al di sopra di tutto? Ma impossibile da separare dall'osservazione a tal punto che sarebbe meglio parlare di "partecipazione-osservazione" o di "partecipazione per l'osservazione" ? Per il fatto che è la vita stessa, condizione della sopravvivenza, del nostro sviluppo fisico, intellettuale, morale. Fin dal nostro primo istante il nostro corpo "osserva" la legge dei suoi geni e il nutrimento uterino del suo ambiente fisico-chimico e affettivo-culturale che lo costituiscono come individuo unico, forte o debole, curioso di questo o di quest'altro, più ricercatore o ricercato.

    Credo di avere avuto la fortuna (ma quanti altri ancora più di me!) di avere esercitato molti mestieri, di aver vissuto in luoghi tanto diversi, di avere realizzato o diretto numerosissime ricerche su soggetti molto diversi. Non posso enumerare quest'inventario alla Prévert ma credo importante dare qualche indicazione per mostrare l'importanza dell'implicazione, la produttività dell'unione "partecipante-osservatore". Nell'ordine cronologico e inizialmente per i mestieri: giovane guardiano di vacche, istruttore in villaggi di vacanze e colonie estive, operaio alla catena di montaggio di una fabbrica, "custode nel nord-africa", marinaio-segretario nella Royale (Marina Nazionale), Direttore di una scuola elementare a classe unica, membro dell'equipaggio del Commerce (aiuto cuciniere), magazziniere portuale, sorvegliante d'imbarcazioni, ricercatore sul campo, ricercatore in laboratorio, insegnante-ricercatore presso la facoltà di sociologia d'Algeri, formatore-ricercatore in un centro di formazione al lavoro sociale, e contemporaneamente incaricato di docenze in parecchie università, promotore di un metodo d'iniziazione e formazione alla ricerca, Redattore Capo di Forum, rivista di ricerca nel lavoro sociale.

    Per quanto riguarda i luoghi di vita: villaggi e borgate rurali, quartieri di grandi città portuali e non, centri urbani e periferie, ex villaggio coloniale attaccato ad una città composita (cooperatori di parecchie nazioni e lavoratori algerini).

    Ogni insieme professionale ed ogni nuovo insediamento obbliga ad un adattamento, a rimettere in discussione ed a distanza favorendo la sensibilità e l'osservazione del nuovo ambiente. Tutti i sensi sono in allerta, tutte le informazioni hanno bisogno di essere decodificate, classificate, trattate per elaborare delle risposte coerenti e soddisfacenti per gli uni e per gli altri. Nessun bisogno di tecniche d'osservazione, di metodi formalizzati, d'ipotesi formulate: tutto procede dal principiare e, secondo le personalità, è necessario un periodo più o meno lungo per sentirsi a proprio agio e farsi accettare come un pari.

    2) PERCHE' E COME UN'OSSERVAZIONE SCIENTIFICA?

    Abbiamo compreso di aver parlato fino ad ora dell'osservazione spontanea, vitale, fondamentale, condivisa, comune. Come si è affermata l'idea che vi erano degli osservatori migliori, che si poteva apprendere come osservare più adeguatamente, che la curiosità naturale poteva affinarsi maggiormente e concentrarsi su particolari questioni sfocianti verso nuove azioni. Tutte le civiltà conosciute sono state erette sulla divisione delle arti e delle tecniche che alcuni hanno iniziato, insegnato, sostenuto e la maggioranza ha messo anonimamente in atto.

    Il demone della curiosità ha spinto Prometeo ad impossessarsi del fuoco del cielo, Noè a fare del vino ed una imbarcazione-mondo, Imotep a progettare delle piramidi e Tolomeo a piazzare gli astri nel cielo. L'osservazione, la sperimentazione, la stesura di note - appena la scrittura è stata inventata - hanno messo a distanza, in dubbio le certezze riconosciute valide, i riti trasmessi e rinnovati e generalizzati delle nuove pratiche. Dei nomi, delle personalità leggendarie o storiche emergono dunque e incitano altri uomini a proseguire, a condurre a compimento il lavoro: delle filiazioni d'eruditi emergeranno ad ogni generazione.

    Le classi di dotti-inventori, artigiani-realizzatori, apprendisti e tirocinanti d'ogni genere, semplici esecutori che si adopereranno con gioia, classificandosi, surclassandosi, declassandosi, ripartendo le loro conoscenze, accumulandole come un tesoro, nascondendole ai non iniziati. Poiché la conoscenza dà potere, onore, danaro, prestigio in misura della sua origine che abbiamo interesse a considerare divina, impenetrabile, racchiusa, non comunicabile ai comuni mortali. Chi crede di detenere le leggi del mondo domina gli altri uomini.

    L'idea che questa conoscenza accumulata da qualche d'uno debba essere condivisa da tutti ha messo molto tempo a germogliare. Eccetto un tipo di conoscenza, supposta essenziale ed utile agli ignoranti: quella che permette ad ognuno di accettare la sua condizione, di restare al suo posto, d'obbedire ai potenti che conoscono; una minima conoscenza religiosa che si fonda nel sacro e nell'insondabile, il vero in cui credere ed il bene da fare per gli altri ora e subito (e per una salvezza personale ipotetica in un incerto al di là!).

    Quando le condizioni della divulgazione sono state create, l'aspirazione ad apprendere altro da quello imposto o il direttamente utile si è propagata e le possibilità di acquisire si sono moltiplicate; non molto tempo fa ormai ma non ancora per tutti, ben al contrario! Che cosa è accaduto immediatamente dopo? Dei nuovi "dotti" hanno deciso quello che poteva essere insegnato, a chi e secondo quali modalità. Hanno decretato come si edificava la conoscenza, si formalizzava e si faceva riconoscere; chi erano legittimati per questo e potevano parlare e quelli che non avevano niente da dire.

    Ed è così che nacquero altri monopoli, altri cani da guardia, altre distinzioni; delle forme di conoscenze fondamentali, superiori o inferiori; valorizzate o disprezzate, dei nobili o dei plebei. Delle gerarchie sottili tra formazioni, mestieri, scuole, e all'interno, degli strati e delle differenziazioni infinite.

    Sicuramente la ricerca e l'insegnamento meritano di essere degli effettivi mestieri! Le tecniche si sono affinate; le procedure, i metodi hanno lentamente dimostrato la loro efficacia al fine di interpretare e comprendere; che le discipline devono istallarsi garantendo rigore, accumulazione, perfezionamento!

    Ma rafforzando alcune posizioni, per esempio, la frattura epistemologica, o l'obbligo di scindere l'oggetto, il suo isolamento, della massima distanza, abbiamo dimenticato, soprattutto nelle scienze umane e sociali che il soggetto è sempre implicato, che il ricercatore fa parte del mondo nel quale ricerca, che ha sempre un rapporto, più o meno segreto, un interesse o un conto da saldare, un interessamento personale. L'oggettività annunciata, promessa, si rivela spesso un inganno, un'illusione, la soggettività negata, rimossa, un vantaggio.

    A quali condizioni la prossimità, la complicità, l'esperienza dell'oggetto possono apportare dei concetti, degli equilibri, delle complessità necessarie prima di qualsiasi tentativo d'intervento controllato sull'oggetto ed il suo ambiente? All'opposto, di che cosa si privano i ricercatori-esperti che esortano sistematicamente la diffidenza rispetto agli operatori immersi necessariamente nelle loro abitudini, la loro auto giustificazione, il loro corporativismo conservatore? Chi è il più conservatore e interessato a preservare i privilegi associati alla sua competenza?

    Per fortuna si levano sempre, tra i "veri" sapienti, dei ricercatori appassionati che ammettono la limitatezza del loro sapere, che si preoccupano di tutti i punti di vista, che mettono in azione e associano tutti gli attori, condividono i loro dubbi e le loro ipotesi, le loro tecniche ed il loro saper-fare.

    Non sarò mai sufficientemente riconoscente ai miei maestri di pensiero e di ricerca che mi hanno pazientemente insegnato sul campo l'oscillare permanente tra l'immediato ed il distante, il microscopico e l'insieme, il giusto equilibrio e la ragionevole distanza. Ero ancora un animatore nel settore marittimo quando la mia organizzazione datrice di lavoro decideva di promuovere un vasto studio sull' "universo del marinaio francese". Il direttore di ricerca, parigino ma originario di Haiti, invece di incaricare un'armata di ricercatori più o meno formati e polivalenti ebbe l'idea di attivare e formare un gran numero di persone, esperti o vicini ai marinai della pesca e del commercio, di associarli all'insieme del processo di ricerca: monografie esplorative, - sia di villaggi costieri, porti, imbarcazioni, di biografie o genogrammi - interviste in profondità di diverso tipo e grado, indagine di gruppo, costruzioni d'ipotesi, elaborazioni di questionari sull'insieme dei temi interessanti, somministrazione, analisi dei dati; solo la redazione è stata assegnata ad una équipe ristretta di persone (di cui facevo parte) che si erano formate in loco partecipando all'iniziativa. Non avevo fatto degli studi di sociologia come tanti altri in quel periodo nel settore del lavoro sociale (gli anni sessanta), ero piuttosto attirato dallo psicologico, dal relazionale.

    Quei tre anni di lavoro sul campo mi hanno insegnato il mestiere del sociologo e dello psico-sociologo. I tre anni di facoltà successivi hanno soltanto collocato i concetti già manipolati e schiusi verso altri orizzonti. Non ho mai dimenticato la duplice lezione appresa da quest'esperienza: l'importanza della pratica, dell'immersione nell'oggetto e la continuità tra agire e ricerca. Il pensiero nasce dall'agire, dalla manipolazione degli oggetti e quest'evidenza per il neonato è valida anche per l'adulto. Nel mio mestiere d'insegnante e formatore, ho sempre associato e alternato lavoro sul campo e teoria; ho concepito un metodo di formazione per la ricerca; riavvicinato raccomandazioni e applicazioni pratiche; fatto scegliere dei temi motivanti e implicanti, promosso una ricerca "pratica" sull'assistenza infermieristica, sul servizio sociale, la formazione ... .

    3) PERCHE' E COME DEGLI ESPERTI-RICERCATORI-DIVULGATORI?

    Affermare che ogni esperto di qualche cosa - e chi non lo è? - può e deve accedere alla ricerca ed alla trasmissione delle conoscenze sembra alla maggioranza delle persone serie come una cosa inverosimile. Anche dopo l'invenzione della certificazione delle competenze dell'esperienza realizzata dall'Università. Come può un profano, inghiottito nell'agire quotidiano, entrare in concorrenza con un sapiente che consacra la sua vita ad informarsi, ad osservare, a scrivere?

    Ciononostante dei grandi pensatori come Marx, Bachelard [2], Paul Valéry, hanno sognato che ognuno di noi può dare il suo contributo alla conoscenza universale, a partire dalla sua posizione vitale, famiglia, territorio, professione, occupazioni diverse. Si, l'esperienza insegna, l'esperienza costruisce conoscenze e saper-fare. Quale genere d'apporto specifico ed essenziale? Ed a quali condizioni?

    Le stesse denunciate dai tecnocrati che prendono delle decisioni spesso obbligate, inadeguate alla complessità della situazione perché non conoscono nulla del settore, non hanno una comprensione intima delle realtà, rifiutano agli operatori il diritto di apportare questa conoscenza dall'interno, obbligatoriamente multireferenziale e transdisciplinare, necessaria all'agire. Quando un esperto (un operatore sociale per esempio) diventa studente, e propone un soggetto non troppo radicato nella sua pratica e orientato verso una trasformazione di quest'ultima, il suo direttore di ricerca lo conduce verso l'ortodossia monodisciplinare che padroneggia. Che sia il pedagogo della perifrasi, della molteplicità dei punti di vista, della messa a distanza temporanea, va bene! È il suo lavoro! Ma che arrivi a persuadere lo studente che bisogna fare tabula rasa del suo passato, della sua implicazione, della sua esperienza, della sua preoccupazione a perfezionare l'agire, non è un omicidio? Un crimine contro delle professioni che hanno, tutte, bisogno di ricercatori "endogeni" (fuoriusciti dai ranghi professionali) per progredire, farsi riconoscere, difendere la loro utilità sociale.

    Riguardo alla diffusione e soprattutto alla distribuzione che sappiamo rigorosamente assente in quanto gli eruditi hanno solo bisogno di pubblicare nelle riviste scientifiche e sanno raramente tradurre in linguaggio accessibile a tutti i risultati delle loro ricerche, gli esperti-ricercatori sono ben piazzati - se rifiutano di rappresentare l'originale impenetrabile! - per analizzare semplicemente il loro approccio e le loro conclusioni. Spetta a loro lanciare e sviluppare le riviste di divulgazione. Paradossalmente, queste ultime sembrano poco redditizie e poco prestigiose. Noi ne abbiamo unicamente esperienza nel lavoro sociale.

    Abbiamo creato una rivista regionale "Azione sociale in Auvergne" che permetteva di valorizzare le ricerche realizzate dai nostri stessi studenti, nel quadro della loro iniziazione, o quelle realizzate da esperti d'altri settori, in occasione di formazioni d'aggiornamento o per altre esigenze relative a queste attività. Ogni gruppo di ricerca ed ogni autore apprendeva in questo modo a redigere una sintesi od un articolo di divulgazione destinato ai colleghi o alla popolazione interessata dallo studio. Gli imperativi finanziari e soprattutto l'investimento richiesto al Redattore Capo, l'assenza di fede in questa attività di lunga durata ha avuto la meglio nei finanziatori, alla fine di cinque anni, di questa iniziativa, quando andavo in pensione.

    La rivista FORUM [3], trimestrale diffuso a livello nazionale, realizzata trenta anni fa dal Comitato di collegamento tra i centri di formazione superiore o continua nel lavoro sociale e che si era data progressivamente gli stessi obiettivi, sopravvive sempre con qualche difficoltà. Festeggia oggi il suo centesimo numero intitolato "Costruire i saperi professionali del lavoro sociale". Sebbene sia difficile valutare il proprio pubblico di lettori: la rivista è soprattutto indirizzata ai centri di formazione o gli organismi dove può essere consultata da numerosi studenti ed esperti, la sua produttività è assicurata con molta difficoltà e gli amministratori non sembrano darsi considerevolmente da fare per trovare soluzioni soddisfacenti.

    Se ci si riferisce tuttavia agli ultimi orientamenti del CNRS, sembra che le cose stiano cambiando nel senso che noi preconizziamo da molto tempo, e in relazioni ai numerosi punti precedentemente sollevati: interesse della ricerca, relazione con gli attori, transdisciplinarietà - facendo eco alle diverse specie di "costruittivisti" che promuovono un approccio olistico e non atomistico. Ci perdonerete se in conclusione e come possibile prospettiva citiamo degli estratti da questo stesso documento sottolineandone qualche brano.

    ESTRATTO DALLO SCHEMA STRATEGICO DEL CNRS 2002 [4]

    (Il testo integrale in francese è pubblicato al seguente indirizzo
    https://www.cnrs.fr/Strategie/DocPDF/Projetetab.pdL.
    Selezione fatta da J.L.Le Moigne, 30 juin 2002, estratto delle prime quattordici pagine del documento.)


    "Le distinzioni classiche meritano di essere riconsiderate."

    "Il primo registro è quello della distinzione tra 'ricerca fondamentale' e 'ricerca finalizzata'."

    "Esaminare la ricerca non come uno spazio distribuito in diversi settori, più o meno isolati gli uni dagli altri, ma come uno spazio integrato d'attività.

    I differenti settori della conoscenza non si sviluppano 'al di fuori di un contesto': intrattengono delle strette relazioni con saper-fare, mezzi di produzione, luoghi e molteplilci interessi che contribuiscono a modellarli e orientare il loro sviluppo che risulta così il frutto dell'incrocio di parecchie logiche di produzione e appropriazione della conoscenza, cui le logiche strumentali fanno parte.

    Gli scienziati non sono i soli interessati, né i soli competenti in questo campo d'attività. Sanno per esempio che la loro attività è sempre più obbligata a svilupparsi seguendo delle direzioni e dei tempi che sono influenzati, se non addirittura prescritti, da esigenze sociali, politiche ed economiche.

    L'approccio della ricerca si trova dunque indotto ad incorporare, in modo esplicito e deliberato, la presa in carico dei propri sbocchi sul terreno dell'azione, e ne accompagna gli effetti di 'ritorno' sul terreno della conoscenza.

    E' essenziale tuttavia, reciprocamente, considerare le aspettative e le risposte dell'ambiente nella costruzione degli oggetti di lavoro della conoscenza.

    Questa situazione non modifica la natura del processo d'elaborazione delle conoscenze in quanto tali, ma sposta i riferimenti tradizionali permettendo di distinguere tra una ricerca in principio attenta esclusivamente a progressi teorici ed una ricerca orientata verso delle implicazioni più direttamente pratiche: in effetti, bisogna vedere la ricerca non come uno spazio distribuito in differenti settori, più o meno isolati gli uni dagli altri, ma ??=` ?come uno spazio integrato d'attività.

    Il secondo registro, è quello della distinzione tra 'priorità teoriche' della conoscenza e gli 'strumenti della ricerca'. Allargando il campo delle possibilità, si rinnovano le metodologie, e quindi le problematiche della ricerca.

    La definizione di tematiche di ricerca è ormai sempre più dipendente dalle scelte fatte in materia d'infrastrutture di ricerca.

    Non è più possibile pensare queste ultime come proprietà dell'amministrazione e subordinate rispetto alle scelte che impegnano l'avanzamento della conoscenza.

    Le scienze umane, le scienze e le tecnologie dell'informazione, le scienze dell'ambiente, la fisica e l'astrofisica come anche le scienze dell'uomo e della società si costruiscono oggi in maggior misura a partire da nuovi dati che le strutture tecnologiche gli permettono di costituire. Queste ultime, aprendo il campo dei possibili, rinnovano le metodologie, e quindi le problematiche della ricerca e ugualmente i suoi modi d'organizzazione, su scala nazionale e internazionale.

    Il terzo registro, e probabilmente il più fondamentale, è quello della distinzione tra discipline differenti, assegnate a 'settori' e 'metodi' specifici e disgiunti, almeno relativamente, gli uni dagli altri.

    Una serie di riferimenti fondatori del pensiero e dell'azione sono oggi sconvolti dall'avanzamento delle conoscenze.

    I grandi settori dell'innovazione scientifica si situano definitivamente all'intersezione di parecchi spazi disciplinari facendo, allo stesso tempo, andare in frantumi le frontiere tradizionali.

    In questo modo il settore delle scienze e delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, che si costituiscono non soltanto in una dinamica delle scienze dell'informazione e dei sistemi, ma anche nell'associazione delle scienze umane e sociali, le scienze dell'uomo, le scienze cognitive o le nanoscienze, illustra perfettamente questo movimento transdisciplinare (si potrebbe dire la stessa cosa del settore dell'educazione o del settore sociale).

    In modo più generale, lo sviluppo dei nuovi settori della conoscenza ai confini delle discipline non lascia ormai da parte alcun dipartimento scientifico.

    La costruzione operativa d'oggetti transdisciplinari deve notoriamente permettere di ridare il loro posto alle scienze umane e sociali, oltre un semplice contributo agli altri settori in termini d'umanizzazione della scienza.

    L'intervento di queste scienze nel processo interdisciplinare non riguarda in effetti soltanto gli 'interessi sociali' della scienza, né le 'implicazioni delle nuove tecnologie'. Entra pienamente nella costruzione degli oggetti stessi della ricerca, nel momento in cui una serie di riferimenti fondatori del pensiero e dell'azione si trovano oggi spinti dall'avanzamento delle conoscenze".


    NOTE

    1] Ricordiamo che in ebreo il verbo 'conoscere' vuol dire anche nominare le cose, penetrare la loro intimità (giacere con la propria donna), impadronirsene e gioirne.
    2] Bachelard G. - 1935, le nouvel esprit scientifique.
    3] Forum, Revue de la recherche en travail social, aforts@aforts.fr.
    4] Rinviamo alla recensione dell'Università estiva di Nantes, settembre 2002 che riuniva tra gli altri Edgard Morin, Jean-Louis Le Moigne, Jacques Ardoino e Marcel Jollivet.


    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


    BOUQUET B., DROUARD H., DUCHAMP M., 1989 La recherche en travail social, Centurion.
    DROUARD H., LEGROS M., PASCAL H., 1991, Sociologie et intervention sociale, Centurion.
    Collectif, 1999, Praxéologie et recherche en travail social, contribution à un débat, édit. ONFTS; article de H.Drouard "Pourquoi une praxéologie?" pp 11 à 20.
    MACKIEWICZ MP., (sous la direction de), 2OOO, Praticiens et chercheurs, parcours dans le champ social, (préface de H.Drouard), L'Harmattan.

    Collaborazioni: "Manuel d'initiation à la recherche en travail social", 1997, ENSP.

    Raccolta di poemi: "N'empêche pas la musique" Editions St Germain des Près.
    - "Chansons d'amour et d'insomnie", La Nouvelle Proue.

    Romanzi: "Le Galopeur", éditions Odyssée.
    - "Les Chercheurs" (en cours d'édition).

    Articoli: pubblicati in numerose riviste scientifiche o di divulgazione.
    "Stratégie de développement régional de la recherche en travail social", Produire les savoirs du travail social, actes du 3ème colloque de la recherche en travail social, Comité de liaison des centres de formation permanente et supérieure en travail social, 1987.
    "Vers un doctorat en travail social", Prospective et travail social, actes du colloque de Toulon, Université du Var, 7 & 8 oct. 1993.
    "Problèmes de discipline professionnelle", Agora, débats/jeunesse n.5, L'Harmattan, 1996.
    "Construction des savoirs par les praticiens-chercheurs", Programa intensivo Erasmus E-4071 "La construccion y transmision de los saberes en el trabajo social", Universidad de valencia, Juin 1997.

    Recensioni: di libri o ricerche sul sociale in "Bulletin du livre en français" e.net (BCLF) et Journal de l'Action Sociale https://lejas.com.


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