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  • Il m@gm@ costitutivo dell'immaginario sociale contemporaneo
    Orazio Maria Valastro (a cura di)

    M@gm@ vol.6 n.3 Settembre-Dicembre 2008

    IL SENSO COMUNE NELL'ERA DELLA MONDIALIZZAZIONE


    (Traduzione Marina Brancato)

    Panagiotis Christias

    panagiotischr@yahoo.fr
    Professore Assistente in Storia delle Idee, Università di Cipro; Ricercatore Post Dottorato in Sociologia, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università René Descartes Sorbonne; Dottorato in Sociologia, Università René Descartes Sorbonne; D.E.A. di Studi Politici, Centro Raymond Aron, EHESS; D.E.A. di Scienze Sociali, Sociologia, Paris V; Laurea in Sociologia Generale, Paris V.

    Senso comune e grammatica sociale

    Alfred Schütz faceva notare che le tipizzazioni della vita quotidiana non sono mai delle tipologie generali ma che ogni tipizzazione corrisponde ad un problema particolare, concreto. Ogni tipizzazione quotidiana è dunque una risposta ad un problema specifico che gli attori affrontano nella loro vita di tutti i giorni. Se il senso comune è, seguendo Schütz, un insieme di conoscenze che consiste nel riconoscimento delle tipizzazioni, cioè, il ruolo tipico che ogni attore è chiamato a giocare in ogni circostanza della vita quotidiana, allora il senso comune così definito non è né dato una volta per tutte né statico ed immutabile. Comporta una dinamica propria che è quella della interazione di una comunità data con il mondo esteriore oppure, per riprendere il linguaggio della teoria sistemica, la sua dinamica è quella delle interazioni costanti ed incessanti tra un sistema sociale e il suo ambiente circostante o il suo centro. Se ogni sistema sociale non è mai isolato ma è sempre un sistema-in-un-ambiente, allora ciò che Schütz chiama “senso comune” traduce la dinamica di questa interazione.

    Come abbiamo detto, ogni tipizzazione, ogni gioco del ruolo sociale, riguarda un problema concreto. Costituisce un tipo di corto circuito tra il momento della comparsa del problema e il momento in cui è data una risposta sociale. In tal modo, ogni insieme di attori non è obbligato a riprendere i termini del problema dall’inizio e a risolverli daccapo. La soluzione tipizzata dei problemi sociali è un genere di rituale, di atti al limite del non-cosciente, poiché la necessità della maggior parte delle tipizzazioni è persa con la scomparsa del problema iniziale che li ha creati. Un esempio del genere è esaminato d Georg Simmel nel suo studio sulla sciabilità. Nondimeno, anche quando la necessità persiste, non è sempre quella che si presenta agli occhi degli attori. Gli attori apprendono le tipizzazioni della vita quotidiana così come imparano l'alfabeto, le parole ed i complessi significati linguistici, la sintassi e la grammatica: così senza la grammatica le parole non hanno più senso. Non si può spiegare ad un bambino il perché di una regola grammaticale prima dell’apprendimento e senza averlo già familiarizzato all’uso nel linguaggio corrente. In altre parole, prima di spiegargli la regola, si è obbligati a fornirgli i mezzi per la comprensione di questa regola, e questi mezzi non sono altro che l'uso di queste stesse regole. Non dobbiamo chiederci: "cosa significa spiegare una regola grammaticale ad un bambino?", ma piuttosto: "come far comprendere ad un bambino le regole della grammatica?". A questa domanda, non si può rispondere che nel modo seguente: "alla stessa maniera con cui i bambini apprendono le altre cose della vita". In altre parole, grazie alla la messa in opera di un complesso sistema di passaggio delle conoscenze socialmente trasmissibili, per la regola infallibile della prova e dell'errore. Il bambino incorpora poco a poco ed impara ad utilizzare lo stock di conoscenze dei suoi genitori e, più generalmente, del suo ambiente. Brevemente, se noi parliamo di una "grammatica sociale", le tipizzazioni della vita quotidiana costituiscono le regole di questa grammatica, che i membri di una determinata comunità imparano a dominare come imparano a dominare la loro lingua materna. Dunque, c'è un momento della loro vita in cui la questione "perché questa regola e non un’altra?", diventa pertinente. Per due ragioni: da un lato, perché le regole di base della grammatica sociale sono state così ben apprese che si potrebbe porre una simile questione in termini socialmente riconosciuti. Cioè, si può formulare la domanda sulla competenza delle regola solo quando queste regole sono davvero conosciute ed utilizzate. Dall’altro, perché le regole della grammatica sociale corrispondono a dei problemi concreti. Ciò significa che le tipizzazioni in vista di un problema inesistente diventano obsolete e che altre tipizzazioni sono necessarie per fare fronte a nuovi problemi. Simili rimesse in causa dei generici quadri della grammatica sociale possono essere causati, per esempio, dal passaggio di una determinata società, dall'economia agricola all'economia dei servizi o il passaggio di una modo di vita tradizionale ad una modo di vita moderna.

    La cornice della globalizzazione

    Non sorprende che nella metà del diciannovesimo secolo Dostoïevski considerava l'introduzione del duello nei costumi russi come un "problema di traduzione". L'influenza dei costumi occidentali sulla "piccola" provincia della civilizzazione occidentale fu enorme. La Russia del diciannovesimo secolo era una società in cerca di un'identità, tormentata tra il passato zarista ed ortodosso, dunque profondamente tradizionalista, ed un presente in cui i modi di vita occidentale cominciarono ad invadere prima l'aristocrazia e poi le classi borghesi. Il duello era un costume francese, inglese e prussiano molto ammirato dai giovani aristocratici russi che vedevano in questo rituale l'espressione della loro superiorità. Era, infatti, una tipizzazione del "buon senso" aristocratico la cui essenza si riassumeva nell’idea che l'onore della famiglia che ciascuno dei suoi membri difendeva era al di là di ogni istituzione umana: solo la giustizia divina, che guida le mani dei nemici nel momento del duello, era in grado di giudicare un tale conflitto. Abbiamo dunque la soluzione tipizzata ad un problema comune dell'epoca. Ora, nella società aristocratica russa lo Zar o la Chiesa erano in grado di arbitrare un tale conflitto tra famiglie. Dunque, non solo il duello non corrispondeva ai costumi russi ma di più, ne metteva in discussione i fondamenti stessi: l'autorità suprema dello Zar. Questa riflessione di Dostoevskij mostra la maniera in cui opera la grammatica sociale: essa è inesistente quando tutto sembra andare per il meglio ed appare quando è commesso un errore. Allo stesso modo in cui le regole della grammatica sono necessarie quando si ha bisogno, solo in un questo caso mobilitiamo le nostre conoscenze grammaticali, le regole della grammatica sociale diventano evidenti quando sono rimesse in causa dall'azione concreta degli attori sociali.

    Così come ci insegna Geertz, il senso comune, malgrado la sua apparenza caotica, è un sistema, ciò significa che ogni proponimento del senso comune è legato a tutte gli altri. Questo non per la scappatoia di una strapiombante e divina razionalità, piuttosto per il fatto che il senso comune si sviluppa in modo sistematico, creando dei ponti e degli incroci tra i suoi molteplici proponimenti, durante un periodo abbastanza lungo e per avere passato il test dell'adeguamento tra fini e mezzi. Il senso comune non vi detta né ciò che è bene o male né ciò che è accettabile o no in una determinata società. Vi dice se una certa pratica è comprensibile, se è "sensata". Proprio come la grammatica filosofica, così come sostiene Wittgenstein, non può dirvi se una proposizione è vera o falsa, può solo dirvi se essa ha un senso o meno, la grammatica sociale non può dirvi se un determinato atto ha un senso oppure no. Dl resto, si può capire l'omicidio condannandolo in tutte le regioni della terra. Il senso comune non vi dice che non bisogna uccidere: vi dice quando "uccidere" ha un senso, al di là delle considerazioni morali che un tale atto può suscitare. Il "problema di traduzione" di cui ci parla Dostoevskij consisteva precisamente in questo, che uccidere un uomo in un duello ritualizzato era "ridicolo", "insensato", una provocazione deliberata contro l'ordine stabilito. Per altro, i russi non avevano il problema di ammazzarsi l’un l’altro per determinare gli amori di una bella donna: un atto simile aveva perfettamente senso. Ritualizzando questo atto all'occidentale, introducevano un elemento straniero e perturbatore nei costumi russi. Rimaniamo dunque fedeli allo spirito di Dostoevskij se diciamo che l'introduzione di questa usanza nella società zarista del diciannovesimo secolo era l'inizio della fine del regime zarista in Russia.

    Bisogna dunque generalizzare la nostra riflessione a partire da questa nota isolata. Cos’è dunque la mondializzazione del punto di vista del senso comune? Possiamo sottolineare due elementi, classificandoli nel modo seguente:
    1. La mondializzazione dal punto di vista del senso comune è un esercizio di grammatica proposto a tutte le società “locali”. Ogni regione locale sarà obbligata a mobilizzare le regole della propria grammatica sociale al fine di reperirne le mancanze dall’introduzione di elementi stranieri e perturbatori. Da ciò derivano due cose: da un lato, un disorientamento generalizzato e una perdita di senso, in modo che la stravaganza diventi una banalità; dall’altra, un apprendimento approfondito della grammatica locale. Non è un caso se l’etnologia è nata nello stesso momento in cui le società tradizionali hanno cominciato a sparire e ad occidentalizzarsi. Ugualmente, i primi trattati sistematici di grammatica di lingua ellenica furono scritti durante l’epoca ellenica, in un momento in cui la lingua classica di Platone e di Aristotele era talmente tormentata dai neologismi che gli “amanti della lingua”, i filologi, hanno deciso di agire contro il degrado della lingua. A questo punto, essi avevano bisogno di una espressione esplicita di ciò che era conosciuto da coloro che utilizzavano in maniera “sensata” la lingua classica, dunque, una grammatica scritta.
    2. La mondializzazione crea una nuova tipologia di problemi quelli della “traduzione”. Se lingua è orientata verso le cose e non verso altre lingue, ugualmente il senso comune è orientato verso i problemi pratici della vita quotidiana, è un sistema di tipizzazione capace di fornire delle soluzioni a dei problemi urgenti della vita corrente. Nondimeno, a comunicazione è un problema simile. Non possiamo quindi sostenere che la “traduzione” non faccia parte dei problemi da cui la grammatica sociale si è sviluppata. Forse è questo il problema fondamentale ciò che è nuovo invece, è il fatto che i meccanismi del senso comune che regolano il problema comunicativo sono stati messi in guardia dallo stesso senso comune una volta che, nel quadro di una società tradizionale e chiusa, questo problema troverà una soluzione adeguata. La cornice della mondializzazione mobilita di nuovo i meccanismi stessi del senso comune – locale, o, nel nostro linguaggio, i meccanismi di creazione delle regole d grammatica sociale.

    Questo doppio aspetto dell’impatto della mondializzazione sulle grammatiche sociali locali, cioè, la mobilitazione delle forme di mantenimento della grammatica esistente e delle forme di rinnovamento di questa grammatica, è ciò che noi chiamiamo comunemente “evoluzione sociale”.

    La complessità, la fiducia e la “storia mondiale”

    Senza dubbio, il primo teorico moderno della mondializzazione fu Hegel. Nel momento in cui la modernità occidentale, già evoluta, cominciava ad elaborare consapevolmente il proprio racconto di legittimazione, i suoi corsi sulla Storia mondiale (Weltgeschichte) pubblicati postumi con il titolo: Lezioni sulla Filosofia della Storia e La Ragione nella Storia hanno messo in luce a mondializzazione come il fondamento stesso e come l’unico destino dei Tempi moderni. La “storia mondiale”, e non la “storia universale”, può essere compresa come un progresso costante: non come un progresso lineare della morale umana o della Ragione universale, come si può interpretare, è vero, gli scritti di Hegel, ma come, ciò che risalta ugualmente dai test di Hegel, una complessità costante delle relazioni internazionali e interculturali. Ciò che impara il lettore attento non è che la Ragione trionferà alla fine della Storia, intesa come un processo teleologico formale, e non certamente che lo spirito germanico è la realizzazione della Ragione nella Storia, in sé e per sé; il lettore attento impara, è che una certa ragione è presente nello sviluppo storico dei rapporti internazionali e internazionali su scala mondiale (da qui la necessità di tradurre Weltgeschichte con “storia mondiale” e non con “storia universale”). Questa ragione non è altro che quella che regge i sistemi sociali e le complesse politiche. In altre parole, un sistema non è mai isolato ma è sempre un sistema in un ambiente. Ciò che abbiamo definito come senso comune è la dinamica del rapporto tra un sistema e il suo ambiente. Adesso, per una tribù, l’ambiente può essere l’ambiente naturale e ostile ma per una società politica complessa come lo Stato-nazione occidentale, gli altri Stati nazione rappresentano il suo ambiente. Cioè, per un sistema, ciò che costituisce il suo ambiente sono gli altri sistemi. Quindi possiamo affermare che un sistema non è mai isolato ma è sempre un sistema-tra-sistemi. Quello che Hegel ci inviata a comprendere è, in fin dei conti, come la terra non è infinita, ci sarà un momento nella storia della modernità in cui tutti sistemi-tra- i sistemi saranno chiamati un giorno, per la promiscuità dello spazio planetario, a riflettere sul loro complesso modo di essere, cioè a pensarsi come sistemi-tra i-sistemi.

    Hegel vuol far riflettere, non su una solenne deliberazione dei membri della specie umana ma sulla loro sorte. I sistemi sono dotati di una specifica maniera di “riflettersi”. Questa riflessione consiste a sforzarsi di ridurre la complessità nello scopo di meglio gestirla nella vita quotidiana. Il senso comune è il meccanismo per eccellenza della riduzione della complessità dei sistemi complessi. È come il cane da guardia: si fida di chi consoce e diffida di chi no conosce. In altre parole, la distinzione essenziale introdotta dal senso comune è quella tra il familiare e lo straniero. È la regola fondamentale della grammatica sociale. La fiducia non è un fatto primario, indipendente, come fu pensato da John Locke (cfr. l’analisi del concetto di trust nell’introduzione di Peter Laslett in Locke J., Two Treaties of Government, Cambridge University Press, 2004) fino a Niklas Luhmann (cfr. Luhmann, N., Vertrauen. Ein Mecanismus der Reduktion sozialer Komplexitat, Stuttgar, Lucius & Lucius, 2000).

    La fiducia si manifesta come la grammatica sociale. È come quando leggiamo un testo che ci sembra trasparente: il sentimento che accompagna questa lettura è la fiducia. In altre parole, la fiducia è un meccanismo riflessivo, un rapporto del sé a sé che non comprende altro che per caso, si tratta, per usare il linguaggio di Aristotele, di un caso necessario. Così, l’attore sociale ha fiducia quando si trova a giocare il suo ruolo sociale tra gli altri attori sociali del quotidiano seguendo le regole e le tipizzazioni della vita corrente: il denaro,l’amicizia, il lavoro, la famiglia, la città, ecc.. È quando il suo “mondo”, come egli lo conosce, cambia: il suo sentimento verso questo mondo non è più u sentimento di fiducia ma d’incomprensione, di angoscia, di ostilità, di minaccia e di perdizione. È questa perturbazione del sentimento di fiducia che mobilizza ancora una volta i meccanismi di assimilazione al nuovo, e del suo “matrimonio” con il vecchio senso comune. Se esiste una regola delle più fondamentali della grammatica sociale, è quella che tutto ciò che non si evolve perisce. Possiamo dire che lo straniero minaccia il familiare, lo sconosciuto che strapiomba il conosciuto, rappresenta lo scatto di un complesso sistema immunitario del senso comune. Il corpo sociale reagisce all’intruso come il corpo biologico rispetto al nutrimento e, talvolta, ad un virus.

    Riassumendo la nostra riflessione, possiamo dire che il senso comune è un corpo complesso di proposte che determina ciò che, in una determinata società, ha un senso o meno. L’attore sociale è ad occhi chiusi rispetto ad una situazione che può tradurre con delle tipizzazioni “sensate” e non lo è quando la situazione specifica non gli evoca alcuna tipizzazione comune. Questo sistema è retto da alcune regole di un altro livello come quello della fiducia o dell’adattamento alle nuove realtà che lo circondano. È dunque un sistema complesso costruito come una grammatica. E’ possibile definire un simile sistema di conoscenze comunemente costruito e condiviso nella vita di tutti i giorni una “grammatica sociale”. Rispetto alla definizione di mondializzazione, il senso comune è obbligato a reagire e a mobilitare nuovamente i meccanismi di difesa e l’autoproduzione che sono stati messi in guardia durante il periodo in cui fu colpito uno stato di equilibrio tra un sistema e il suo ambiente. Questi meccanismi mirano a tradurre gli avvenimenti esterni, i problemi concreti della vita quotidiana, in un linguaggio trasparente e comprensibile che auspica la fiducia di tutti gli attori sociali.


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    M@gm@ ISSN 1721-9809
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